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Il sionismo ai tempi del Reich
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Al processo di Norimberga, i giudici interrogarono Julius Streicher, il teorico della razza, sulla parte da lui avuta nell’elaborazione delle leggi razziali, emanate dal Congresso del NDSAP nel 1935, proprio a Norimberga.

L’accusato Streicher rispose:
«.... Ho scritto articoli in questo senso, ed ho sempre ripetuto che noi dovevamo prendere la razza ebraica, il popolo ebraico, come modello. Ho sempre ripetuto nei miei articoli che gli ebrei dovevano esere considerati come un modello da parte delle altre razze, poichè essi si sono dotati di una legge razziale - la legge di Mosè - che dice: ‘se andate in un Paese straniero, non dovete prendere mogli straniere’. E questo, signori, è d’importanza essenziale per giudicare le leggi di Norimberga. Sono le leggi ebraiche che sono state prese a modello. Quando, secoli dopo, il legislatore ebreo Ezra (Esdra) constata che, nonotante questo, molti ebrei avevano sposato donne non ebree, queste unioni furono rotte. Questa fu l’origine dell’entità ebraica che grazie alle leggi razziali sussiste nei secoli, mentre tutte le altre razze, e tutte le altre civiltà, sono state annientate».
Non era affatto un tentativo di ingraziarsi il tribunale dei vincitori. Nel ‘35, due dei giuristi che sotto l’egida del ministero degli Interni avevano elaborato le leggi razziali, Bernard Losener e Friedrich Knost, avevano così scritto nel commento che accompagnava il testo ufficale delle leggi:
«Secondo la volontà del Fuehrer, le leggi di Norimberga non implicano misure intese ad accentuare l’odio razziale e a perpetuarlo; al contrario, tali misure significano l’inizio di una pacificazione tra il popolo ebraico e il popolo germanico. Se gli ebrei avessero già il loro Stato (...) la questione ebraica potrebbe considerarsi risolta, tanto per gli ebrei come per i tedeschi. Per questa ragione i sionisti più convinti non hanno elevato la minima opposizione contro le leggi (razziali) di Norimberga».
Ancora una volta: non era affatto un infingimento. Reinhard Heydrich, il futuro «protettore» della Cecoslovacchia, nel 1935, quando era capo dei servizi di sicurezza del corpo SS, sull’organo ufficiale della milizia «Das Schwarze Korps»,  spiegava ai suoi sottoposti:
«Dobbiamo separare gli ebrei in due categorie, i sionisti e gli assimilazionisti. I sionisti professano una concezione strettamente razziale e, con l’emigrazione in Palestina, aiutano a edificare il loro Stato ebraico... I nostri auguri e la nostra uona volontà ufficiale sono con loro».
Lo stesso Alfred Rosenberg, l’ideologo del razzismo biologico, aveva decretato:
«Il sionismo dev’essere vigorosamente sostenuto in modo che un contingente annuale di ebrei tedeschi sia trasferito in Palestina» (A. Rosenberg, «Die Spur des Juden im Wandel der Zeiten, Monaco 1937).
Intendiamoci, già nel 1933, al Madison Square Garden di New York, membri della comunità avevano scomunicato il regime hitleriano con una speciale «pulsa denura».

«Furono accesi due ceri neri e si soffiò tre volte nello shofar, - scrisse il Jewish Daily Bulletin il 6 gennaio descrivendo la cerimonia - mentre il rabbino B. A. Mendelson pronunciava la formula di scomunica: A partire da oggi ci asterremo da qualunque commercio di materie provenienti dalla Germania. Saremo vigilanti sull’uso di merci tedesche. La validità di tale decisione durerà fino alla fine del regime di Hitler».  Il 5 gennaio 1935 il banchiere Untermeyer, del B’nai B’rith, annunciò  un embargo totale su tutte le merci tedesche, ‘a nome di tutti gli ebrei, massoni e cristiani’».

Di fatto, la Germania fu colpita da blocco commerciale da parte di decine di Paesi, a cominciare dalla Gran Bretagna. Il mondo ebraico si dichiarò «in guerra» con il Reich. Ma una minoranza ben organizzata di sionisti sollecitarono invece patti con i nazisti.

Il 2 giugno 1933, la Federazione Sionista di Germania rivolge al NDSAP un memorandum, in cui si legge:
«Nella fondazione del nuovo Stato, che ha proclamato il principio della razza, noi desideriamo adattare la nostra comunità a queste strutture... La nostra coscienza della nazionalità ebraica ci consente di instaurare relazioni chiare e sincere col popolo tedesco e la sua realtà nazionale e razziale... Poichè anche noi siamo contro i matrimoni misti e per mantenere la purezza del gruppo ebraico... crediamo nella possibilità di relazioni leali tra gli ebrei coscienti della loro comunità e lo stato tedesco (...). La propaganda per il boicottaggio (commerciale) attualmente diretto contro la Germania è essenzialmente non-sionista».
Non era un tentativo di lisciare il pelo della tigre, ma un’offerta di collaborazione attiva: se i nazisti si impegnavano ad inviare ebrei in Palestina, la Federazione si impegnava a sua volta.

«Se i tedeschi accettano questa cooperazione», si legge nel memorandum, «i sionisti si sforzeranno di dissuadare gli ebrei all’estero dal blocco anti-tedesco».

E di fatto, il blocco fu aggirato a cura dei sionisti tedeschi. Allo scopo furono create due ditte di facciata, la «Haavara Company» a Tel Aviv (allora sotto mandato britannico) e la «Paltreu» a Berlino.

Il meccanismo era il seguente: un ebreo che voleva emigrare doveva depositare mille streline (cifra minima) alla Banca Wasserman di Berlino, o alla Warburg Bank di Amburgo. Con questa somma gli esportatori ebrei compravano merci tedesche con destinazione Palestina, e  pagavano il controvalore il lire palestinesi sul conto della Haavara di Tel Aviv presso la locale Banca Anglo-palestinese. Una volta arrivato in Palestina, l’emigrato riceveva l’equivalente della somma che aveva depositato in Germania.

Con questo sistema, il blocco commerciale antinazista veniva aggirato (i sionisti riuscirono a vendere merci tedesche anche in Inghilterra) e i sionisti mandavano in Palestina ebrei selezionati, ossia solo quelli dotati di capitali da usare per l’insediamento delle colonie ebraiche; capitali ebraici venivano trovavano così il modo di uscire dalla Germania con l’accordo del regime.

Molti futuri capi di governo ebraici parteciparono a questo scambio («Haavara»): da Golda Meir che appoggiava l’operazione da New York a Ben Gurion, a Moshe Shertok (poi Moshe Sharett) fino a Levi Eskol che agiva da rappresentante  a Berlino.
Nahum Goldman, presidente dell’Organizzazione Sionista Mondiale, ricorda nella sua autobiografia come Edward Benes, allora ministro degli Esteri ceko, gli rimproverasse aspramente di aver reso nullo, attraverso la Haavara, il blocco commerciale anti-nazista.

«... Non mi sono mai sentito più imbarazzato e vergognoso che in quelle due ore. Sentivo, con tutte le fibre del mio essere, che Benes aveva ragione».

L’organizzazione sionista ebbe una sede legale in Germania, e continuò a pubblicare il suo giornale «Judaische Rundschau», fino al 1938. Il gruppo sionista Betar, cambiato il nome in «Herzlia», continuò le attività anche paramilitari in Germania, con l’autorizzazione della Gestapo.

Quanto i rapporti fra le due entità fossero cordiali, lo dimostra un episodio narrato dallo storico principale del Betar, Ben Yehuram:
«Un giorno, un gruppo di SS aggredì un campo estivo del Betar. Il capo del movimento se ne lamentò con la Gestapo, e in capo a qualche giorno la polizia segreta comunicò che le SS responsabili erano state punite». Anzi, «la Gestapo chiese al Betar quale compensazione gli sembrasse adeguata. Il movimento chiese che fosse abolito il divieto, di recente fatto loro, di indossare camicie brune; la richiesta fu esaudita».
Una circolare di Bulow-Schwante, del ministero degli Esteri, al ministero dell’Interno, dettava: «Non c’è alcuna ragione di ostacolare con misure amministrative l’attività sionista in Germania, poichè il sionismo non è in contraddizione con il programma del nazionalsocialismo» (Lettera numero Z U 83-21.28/8 del 13 aprile 1935).

Il gruppo più estremista del sionismo, la terrorista  Lehi («banda Stern» per gli inglesi) continuò la collaborazione con il Reich fino al 1941, al punto da proporre un’alleanza militare anti-britannica.

Nel gennaio del 1941 Franz von Papen, ambasciatore tedesco ad Ankara, invia a Berlino un rapporto stampigliato «Segreto» in cui riferisce delle avances ricevute dal gruppo Stern.

Al rapporto è allegata la relazione con cui l’agente segreto Werner Otto von Hentig, stanziato  a Damasco, riporta i suoi colloqui con i dirigenti della banda Stern e le loro offerte di partecipazione alla guerra a fianco della Germania.

Esiste a tal proposito un documento, firmato da un altro futuro capo di governo israeliano, Ysrael Shamir (che allora si chiamava ancora col suo nome polacco,  Yezernitsky) e dallo stesso Avraham Stern, in cui costoro dicono ai nazisti: «In materia di concezione, noi ci identifichiamo a voi. Perchè dunque non collaborare?»

E inoltre:
«L’Organizzazione Nazionale Militare in Palestina (ONM, l’Irgun, di cui la Lehi era una costola), conoscendo la disposizione benevola del governo del Reich verso l’attività sionista all’interno della Germania, e i piani sionisti d’emigrazione, ritiene che

1- Potrebbero esistere interessi comuni tra l’instaurazione in Europa di un ordine nuovo secondo la concezione tedesca, e le vere aspirazioni del popolo ebraico, incarnate dalla Lehi.

2 - La cooperazione tra la nuova Germania e una nazione ebraica rinnovata (Volkisch Nationalen Hebraertum) sarebbe possibile.

3 - L’instaurazione dello Stato ebraico storico su base nazionale e totalitaria, e legato per trattato al Reich tedesco, potrebbe contribuire a mantenere e rinforzare in futuro la posizione della Germania in Medio Oriente. A condizione che siano riconosciute dal governo tedesco le aspirazioni nazionali del movimento per la libertà d’Israele (Lehi), l’Organizzazione Militare Nazionale offre di partecipare alla guerra a fianco della Germania.

(...)

Per la sua struttura e concezione del mondo, il NMO  (Irgun) è strettamente collegato con i movimenti totalitari europei
».
Se la alleanza fallì, fu solo perchè nel giugno 1941 le truppe alleate catturarono a Damasco, nella sede stessa dei servizi segreti nazisti, Naftali Lubentchik, ossia l’emissario di Avraham Stern e di Ytzak Shamir e latore della proposta.

Nel dicembre dello stesso anno Ytzak Shamir venne incarcerato dagli inglesi per «terrorismo e collaborazione col nemico nazista».

L’episodio è ben noto in Israele, e l’hanno più volte rievocato storici come Tom Segev e David Yisraeli. Meno noto è che il documento sopra citato è conservato con tutti gli onori nel Memoriale dell’Olocausto a Gerusalemme, classificato col numero E234151-8.

Così, Gianfranco Fini e tutti gli altri politici che, in visita in Israele, vanno a visitare lo Yad Vashem ad esprimere il loro «pentimento» e ad inchinarsi alle vittime del nazismo, si inchinano - senza saperlo - anche a questo reperto del Male Assoluto.

Ovviamente Shamir, Golda Meir, Sharett e Ben Gurion, non hanno mai espresso alcun «pentimento» per la loro complicità attiva col Male Assoluto, nè tale pentimento è stato mai chiesto loro dalla comunità israeliana o israelita.

Nessun movimento d’opinione ebraico ha mai chiesto a questi personaggi di farsi da parte, a causa della loro militanza razziale filonazista; al contrario, essi sono stati votati, l’uno dopo l’altro, perchè governassero Israele secondo «la concezione del mondo» assorbita in quegli anni.




(La fonte: Roger Garaudy, «Les mythes fondateurs de la politique israélienne», Ed. La Vielille Taupe, inverno 1995, edizione fuori commercio).


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