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Buon compleanno, Iran!
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Il reale significato dell’apertura

Il tentativo di Obama di rivolgersi direttamente agli Iraniani usando l’approccio del bue che dice cornuto all’asino, sembrerebbe andare incontro ai suoi dichiarati obiettivi. Bisogna dunque pensare che il suo messaggio era realmente indirizzato agli Iraniani? In un momento in cui ulteriori guerre di aggressione sono assai difficili da rivendere, diventa essenziale persuadere l’America e il resto dell’opinione pubblica occidentale che gli Stati Uniti hanno fatto l’impossibile per rendersi disponibili ad una risoluzione pacifica della disputa con l’Iran – e venendo irrazionalmente respinti, dimostrare in via definitiva le malvagie intenzioni dell’Iran e giustificare perciò un’azione militare contro di esso. Vale la pena notare che, mentre Obama discetta di “cambiamento” e “diplomazia”, ha appena prolungato le sanzioni contro l’Iran di un altro anno.

In occasione del Capodanno persiano, il Presidente Obama ha videoregistrato un messaggio personale per il popolo iraniano, che è stato dipinto dai media occidentali come un cambiamento significativo, nei toni e nei contenuti, della politica americana e dei suoi sforzi di tendere una mano all’Iran. Tuttavia, a leggere le affermazioni effettive riportate qui sotto, è lecito dubitare che esso verrà letto nello stesso modo dagli Iraniani.

“La mia amministrazione ora è impegnata in una serie di scelte diplomatiche che riguardano l’intera gamma di problematiche che ci hanno preceduto, con l’intento di perseguire rapporti costruttivi…Questo processo non sarà portato avanti con le minacce. Piuttosto ricercheremo un impegno basato sull’onestà ed il rispetto reciproco. Anche voi avete l’opportunità di scegliere. Gli Stati Uniti desiderano che l’Iran conquisti il posto che gli spetta nella comunità delle nazioni. Ne avete il diritto – ma esso deve essere accompagnato da reali responsabilità, e quel posto non può essere guadagnato in virtù del terrore e delle armi, piuttosto attraverso gesti pacifici che dimostrino la vera grandezza del popolo iraniano e della sua cultura. E la misura di quella grandezza non è la capacità di distruzione, ma la vostra provata abilità di costruire e di creare”.

Si può indubbiamente essere d’accordo che il miglioramento delle relazioni tra i due Paesi “non sarà portato avanti dalle minacce”, ma chi subisce le minacce di chi? Per caso l’Iran minaccia gli Stati Uniti di un attacco preventivo (leggi non provocato e aggressivo)? E’ l’Iran ad insistere che ‘l’opzione militare” resta una delle carte sul tavolo se gli Stati Uniti non si inchinano alle pretese iraniane?

Si può certamente essere d’accordo che nessun Paese dovrebbe conquistare “il posto che gli spetta nella comunità internazionale in virtù del terrorismo e delle armi”. Eppure bisogna constatare che sono gli Stati Uniti  che hanno portato “sorpresa e sgomento” (che è lo slogan americano per indicare il terrorismo quando è praticato da loro) nella regione ormai da sei anni, e sono sempre gli Stati Uniti che spendono negli armamenti più di tutti gli altri Paesi messi insieme.

Si può anche essere d’accordo che la “vera grandezza” di una nazione è dimostrata dai suoi “gesti pacifici”. L’Iran infatti non ha mai invaso alcun Paese in oltre due secoli. Difficile si possa dire altrettanto degli Stati Uniti.

E si può persino essere d’accordo sulla constatazione che “la grandezza non sta nella capacità di distruzione”. Solo di recente, l’America ha seminato distruzione in Afghanistan e in Iraq, applaudendo alla distruzione di Gaza e, per decenni, ha vantato il possesso di armi nucleari in quantità tale da minacciare di distruggere la vita sulla Terra per molto tempo. La sua capacità e la sua propensione alla distruzione ne determinano il suo particolare “posto nella comunità internazionale”.

Questo speciale sforzo di “arrivare agli Iraniani” che ogni Iraniano ragionevole, il quale abbia realmente ascoltato o letto queste parole, è probabile interpreti come condiscendente e oltraggioso, è logicamente conseguente alla linea stabilita fin dal discorso di inaugurazione del Presidente Obama, in cui egli offriva una mano tesa ad alcuni non meglio specificati Musulmani (in seguito identificati con gli Iraniani) a patto che essi aprissero il loro pugno. Ma chi ha minacciato col pugno chiuso chi, per primo?

E’ naturalmente possibile che il Presidente Obama stia cercando, a suo avviso, di aprirsi ai musulmani in generale e agli Iraniani in particolare (a parte, è chiaro, qualunque riferimento alla questione israelo-palestinese). Però le parole e i concetti utilizzati nei suoi tentativi continuano a riflettere la cieca ipocrisia e la miope dimenticanza della realtà e del modo in cui gli altri possano percepire l’America, il mondo ed il loro posto in esso, che erano caratteristiche del suo predecessore, consapevolmente violento e grossolano.

Questo è il vero problema, dal momento che la finestra di opportunità per costruire una migliore relazione tra l’Occidente ed il mondo musulmano, e prevenire così l’ennesima guerra in Medio Oriente, per niente necessaria e per giunta potenzialmente ancora più catastrofica, può non restare aperta ancora a lungo.

Comunque, e soprattutto in virtù del fatto che il Presidente Obama è un uomo intelligente, deve necessariamente essere considerata un’altra interpretazione, più cinica e sinistra, dello spettacolo offerto in merito all’ “apertura”. Dopo la debacle irachena, ulteriori guerre di aggressione sono difficili da proporsi. Se “l’opzione militare” (israeliana, americana o di entrambi) contro l’Iran rimane davvero sul tavolo (ed il Presidente Obama, che avrebbe potuto toglierla di mezzo, ha scelto di non farlo) potrebbe diventare essenziale convincere gli Americani e l’opinione pubblica occidentale che gli Stati Uniti hanno fatto l’impossibile per rendersi disponibili ad una risoluzione pacifica della disputa con l’Iran – e venendo irrazionalmente respinti, dimostrare in via definitiva le malvagie intenzioni dell’Iran e giustificare perciò un’azione militare contro di esso.

In base a questo scenario, il contenuto di questo messaggio videoregistrato potrebbe venire meglio spiegato ritenendolo indirizzato all’opinione pubblica americana e a quella occidentale in genere (che con ogni probabilità non ci troverebbe niente di stonato) piuttosto che a quella iraniana. Dennis Ross, di recente nominato consulente speciale di Hillary Clinton per l’Iran, è ufficialmente impegnato a favorire un prospetto di accordo, ma ha visibilmente intensificato le pressioni “diplomatiche” per convincere l’Iran a piegarsi alle richieste di Israele e Stati Uniti – tentativo che potrebbe rivelarsi inevitabilmente destinato al fallimento – prima di procedere all’attacco dell’Iran che egli stesso giudica essenziale per la protezione degli interessi israeliani.

Se è stato Dennis Ross a raccomandare al Presidente Obama di celebrare il Capodanno persiano in questa maniera particolare ( e magari ha addirittura scritto l’intervento letto dal Presidente), allora l’interpretazione più cinica e sinistra può rivelarsi, sfortunatamente, anche quella più realistica.

John V. Withbeck,
avvocato internazionale consulente del gruppo diplomatico palestinese nei negoziati con Israele, è autore de “Il mondo secondo Withbeck”.

Traduzione per EFFEDIEFFE.com a cura di Milena Spigaglia

Fonte >
Voltairenet.org | 21 marzo

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