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Hezbollah battezza la missione Unifil
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«Il popolo è con noi. Le dichiarazioni del presidente iraniano su Israele non ci impegnano»

Incontri non ufficiali di particolare importanza. Questi i rumours sulla due giorni romana del leader di Hezbollah Abdallah Kassir, direttore di Al Manar, la televisione del Partito di Dio. Noi lo abbiamo incontrato a qualche giorno dall'elezione del presidente Suleiman mentre in Libano si susseguono incontri per la formazione di un nuovo governo di coalizione, che potrebbe essere guidato dal premier uscente Fuad Siniora. Hezbollah è ovviamente il massimo protagonista di questa importante fase politica del Paese e la radio dell'esercito israeliano ha diffuso la notizia, poi smentita da un alto funzionario israeliano, che Israele sarebbe pronto a liberare cinque detenuti libanesi e a restituire i resti di dieci miliziani di Hezbollah in cambio del rilascio di due soldati catturati quasi due anni fa.

Perché avete accettato l'elezione a presidente del generale Suleiman?

«Perché è un patriota. In dieci anni poi è riuscito a trasformare l'esercito e a guidarlo secondo sani principi. Lo sosteniamo perché ha mantenuto la pace sociale evitando per il Libano un'altra guerra civile. Non è stato scelto solo da noi, ma da tutte le parti del panorama politico libanese».

Facciamo un passo indietro. Il colpo di mano militare che ha preceduto la sua elezione non ha infranto il vostro mito di resistenti? Vi siete sempre appellati a questo per giustificare il possesso di armi e avevate più volte promesso che non le avreste mai usate contro i libanesi?
«È stata una forte reazione da parte di tutta l'opposizione a una vera e propria dichiarazione di guerra contro Hezbollah del governo Siniora. Un governo che noi non consideriamo legittimo per la mancanza di una componente sciita al suo interno. Hanno voluto mettere le mani sulla nostra rete di comunicazione sotterranea, che ha permesso di resistere agli israeliani nel 2004. Questo è stato un diretto attacco alla resistenza. Abbiamo fatto 18 mesi di opposizione a Siniora e al suo governo e neanche quando abbiamo portato in piazza un milione e mezzo di persone ci hanno dato attenzione».

Cosa c'entra tutto questo con il gravissimo attentato alla televisione Futura?
«Non siamo stati noi a bruciarla, ma un piccolo gruppuscolo dell'opposizione, il Partito Sociale Nazionalista Siriano. Hanno anche issato la loro bandiera, dopo essere entrati negli studi, tutto il Libano è al corrente di questo. Hezbollah è sempre stato per la molteplicità dell'informazione e ha invitato subito gli amministratori della televisione a riprendere le trasmissioni. E così è avvenuto».

Armi, rete di telecomunicazione, controllo dell'aeroporto. Siete uno Stato nello Stato, come può il Libano considerarsi uno stato sovrano?
«Quello che dice è il risultato di una deformazione della nostra immagine. Hezbollah non è altro che un movimento di liberazione, il suo compito è difendere il Paese da qualsiasi aggressione nemica. Dal '92 tutti i governi hanno riconosciuto il nostro ruolo e vedrà sarà lo stesso per il prossimo. La nostra scelta non è quella di conservare in eterno il possesso delle armi e non è questa la nostra forza. Abbiamo un largo consenso tra la gente, combattiamo la corruzione, offriamo servizi e una mano ai diseredati, difendiamo tutti i libanesi, non solo gli sciiti».

La presenza di Unifil è un problema per voi?
«Assolutamente. Abbiamo accettato la risoluzione 1701 che ha messo fine al conflitto con Israele. Unifil è di grande aiuto. L'importante è che non interferisca con le questioni interne del Paese».

Lei oltre che parlamentare è un uomo di comunicazione. Non crede che sarebbe mediaticamente vincente, oltre che moralmente, la liberazione dei due soldati israeliani che dal 12 luglio del 2006 custodite impunemente e illegalmente?
«Hezbollah da tanto tempo sta facendo un appello alle Nazioni Unite, al mondo arabo e a tutte le organizzazioni internazionali per la liberazione dei molti libanesi che sono stati rapiti dal nostro territorio durante l'invasione israeliana e ancora non sono stati restituiti. Sono in prigione in Israele da 23 anni, mentre i soldati israeliani lo sono solo da due. Noi leghiamo la loro liberazione a quella dei nostri, credo sia così per ogni conflitto».

Che ne è di loro, sa dirci qualcosa della loro condizione?
«Io non posso dare dettagli. Solo il segretario generale del Partito, Hassan Nasrallah, in stretto rapporto con gli organi di sicurezza, può dare le giuste risposte. Io posso dirle che guardiamo a questo sequestro anche con un occhio alla questione umanitaria».

Il presidente Ahmadinejad è atteso a giorni qui a Roma. Cosa pensa delle sue dichiarazioni sulla distruzione dello Stato di Israele?
«Quanto dichiara Ahmadinejad non ci impegna per nulla. Sono sue parole e riguardano solamente lui. Noi auspichiamo che palestinesi ed ebrei vivano assieme pacificamente. Però attenzione spesso l'informazione deforma la realtà, si estrapolano frasi da un discorso più articolato. Personalmente riconosco l'olocausto degli ebrei, ma allo stesso tempo ritengo che a volte lo si strumentalizzi per giustificare l'occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele».

Francesco De Leo

Fonte > 
Il Riformista (29 maggio)


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