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Hillary... prova l'amore duro!
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Immagina Edmud Olmert, il primo ministro israeliano uscente, che dice a Barack Obama:

"Gli Stati Uniti hanno sbagliato a firmare ogni anno ad Israele un assegno in bianco; hanno sbagliato a chiudere un occhio sugli insediamenti dei coloni sulla Sponda Ovest; hanno sbagliato a non essere più espliciti sul bisogno di dividere in due Gerusalemme; hanno sbagliato ad equipaggiarci con armamenti così sofisticati  che ora noi pensiamo i militari possano risolvere tutti i nostri problemi; ed hanno sbagliato nel non aiutarci a comunicare con la Siria. Il tuo segretario di stato designato, Hillary Clinton, ha detto in campagna elettorale che "gli USA stanno dalla parte di Israele, ora e per sempre." Bene, questo non basta, tu devi stare contro di noi qualche volta in modo che noi si possa evitare la maledizione di un eterno militarismo."

Magari sembrerà impossibile, ma Olmert ha già detto qualcosa di simile. In un'intervista sincera data a settembre al quotidiano Yedioth Ahronoth, e pubblicata nuovamente questo mese dal The New York Review of Books, il capo israeliano ha scelto di venir fuori con un mea culpa per la politica della sua nazione, linea politica incoraggiata dall'amministrazione Bush, la cui guerra al terrore è stata sposata dal governo israeliano come mezzo per inserire il confronto israelo-palestinese come parte di tale lotta. Che Al-Qaeda ed il movimento nazionale palestinese siano due entità distinte non conta. Tale superficiale con-fusione ha messo Bush perfettamente al passo con qualsiasi cosa Israele facesse.

Ne deriva che Olmert, dicendo che Israele aveva sbagliato, ha anche detto che gli Stati Uniti hanno sbagliato, senza nemmeno doverli citare.

Quello che ha detto Olmert - sulla soglia di un'accusa di frode - nella sua "ricerca di redenzione per conto della nazione di Israele" è che egli - quale duro sostenitore dell'ala destra - ha commesso degli "errori" e che la forza militare non allontanerà dalle angosce esistenziali il suo sessantenne paese .

Olmert ha detto : "Potremmo batterci contro qualunque dei nostri nemici e contro tutti loro combinati insieme, e comunque vincere."

"Quello che io mi chiedo è : cosa succederebbe se vincessimo? Prima di tutto, dovremmo pagare un prezzo doloroso dopo averlo pagato, che cosa diremmo loro ? Ora parliamo."

A questo punto Olmert è convinto del bisogno di negoziare con Palestinesi e Siria, rinunciando a parte di Gerusalemme e delle Alture del Golan. Il fatto che una tale visione venga da uno che era un Likudnik, è indice di quanto sia mutato il terreno in Israele in previsione delle elezioni che si terranno all'inizio dell'anno prossimo.

Io ritengo che queste parole di Olmert dovrebbero decorare i muri degli otto piani dell'ufficio di Hillary Clinton al Dipartimento di Stato : "Dobbiamo accordarci coi Palestinesi, cioè ritirarci da quasi tutti, se non da tutti, i territori. Una percentuale di tali territori  potrebbe rimanere nelle nostre mani, ma in tal caso dovremmo darne ai Palestinesi una analoga percentuale altrove - senza fare ciò, non ci sarà pace."

Richiesto se questo includesse un accordo su Gerusalemme, Olmert ha detto : "Inclusa Gerusalemme."

Ha anche detto : "Mi piacerebbe sapere se nello stato di Israele ci sia una sola persona seria che possa credere che noi si possa concludere la pace con la Siria senza, alla fine, cedere le Alture del Golan." Anche queste parole dovrebbero finire sui muri della Clinton.

Per Olmert, "conservare questa o quella collina" è "privo di valore" ed i generali israeliani saranno delusi nel loro volersele tenere strette.

Difficilmente queste idee potranno convivere con quel collegio elettorale pro-Israele con il quale deve fare i conti la Clinton, Senatrice Democratica dello Stato di New York; nessuno è infatti mai stato più solidamente pro-Israele di lei. Per essere efficiente, in nome dei compromessi di Olmert, dovrà diventare una dura tiranna, cosa che coincide con gli interessi israeliani a lungo termine.

La Clinton, durante la sua campagna elettorale, ha fatto presente che gli Stati Uniti, in caso di attacco nucleare da parte dell'Iran, potrebbero "cancellarlo". Olmert ha scelto un linguaggio differente, egli ha sottolineato "una megalomania ed una perdita delle proporzioni nelle cose dette sull'Iran in questa occasione."

Ancora una volta, le sue parole sono istruttive: "Io tengo fortemente alla sicurezza di Israele, ma ogni cosa dipende, comunque, da come viene vista tale sicurezza. Certo, Israele può proseguire nell'umiliare i Palestinesi,  facendo mostra della sua forza con fare da bullo, potrà sopravvivere con tale modo di fare, ma sarà disperatamente corrosa dall'interno. Nel tempo, Israele non beneficerà nè della dominazione nè della demografia : la sua autorità morale è ormai compromessa da una occupazione durata 40 anni, la Diaspora Ebrea non è andata a Sion per costruire la stato ebreo in mezzo alle altre nazioni."

Questa è la realtà dietro l'avvertimento di Olmert che "abbiamo una finestra di opportunità - una piccola quantità di tempo." E questa è la realtà dietro il suo appello a "definire una linea di confine esatta e definitiva fra noi ed i Palestinesi."

Per questo, i Palestinesi dovrebbero scendere anche essi a compromessi, specialmente sul proprio diritto alla restituzione, e dovrebbero rinunciare al terrorismo. La restituzione deve essenzialmente significare restituzione di un nuovo e vivibile Stato Palestinese. Arrivare ad un accordo a due-stati - o lì vicino - simile ai confini del 1967, richiederà un impegno concorde degli USA dal primo giorno dell'amministrazione Obama. Il suo tono dovrà essere quello dell'amore duro, con la sottolineatura su duro.

ROGER COHEN

Tradotto per EFFEDIEFFE.com da Massimo Frulla

Fonte >
  New York Times | 1 dicembre


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