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La folle squadra dei Tea Party
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Un ritratto del Tea Party. Ridere o piangere?

La novità e l'imprevisto della campagna elettorale 2010. Nati come un movimento spontaneo, i Tea Party sono diventati una spina nel fianco non solo per i Democrats ma anche e soprattutto per i Repubblicani. Per il partito dell'Elefante il rischio è che candidati altamente estremisti spaventino l'elettorato moderato. La riconquista da parte dei repubblicani della maggioranza al Congresso dipende anche da loro. Scavalcato a destra dagli oltranzisti che si ispirano ai «padri fondatori» degli States, il Gop è in difficoltà. I candidati ufficiali del partito dell'Elefante sono stati estromessi alle primarie dagli emergenti aspiranti congressman del Tea party.

Movimento eterogeneo e stravagante, ha trovato in Sarah Palin, l'ex candidata vice presidente nella sfida con Obama, la sua leader. Trascinatrice di folle, la Palin è riuscita a lanciare anche un metodo per conquistare il consenso. Slogan di pronta presa sugli elettori, stile personalissimo, è arrivata a presentarsi sul palco con il nipotino in braccio con un cartello al collo per chiedere fondi. Mentre il presidente Obama guarda sconsolato la discesa agli inferi della sua popolarità e i democratici litigano tra loro, il Tea Party sogna già Capitol Hill. Una squadra agguerrita che scopre il consenso su temi impensabili. Il faccione rubicondo di Christine ÒDonnell fa capolino in tv mentre recita «Non sono una strega».

Affermazione necessaria visto che in un'intervista aveva ammesso di aver flirtato con la stregoneria. È la paladina della campagna contro l'aborto e la masturbazione, ma in Delaware non dovrebbe riuscire a spuntarla con il candidato democratico. Lanciato alla conquista del seggio nel Sunshine State, la Florida, è invece Marc Rubio: il bello dei TP. Figlio di emigrati cubani, il padre era un barista e la madre una cameriera, parla perfettamente lo spagnolo e può contare su una dinamica presenza televisiva. Ha bocciato la riforma sanitaria del presidente, ma non chiede di abrogarla quanto di migliorarla. È considerato l'anti Obama in salsa cubana. Le sorprese non finiscono e il folle team degli ultraconservatori sfida i Democrats in Nevada con Sharron Angle, uno dei candidati più estremisti e bizzarri delle elezioni che dovrà vedersela con il leader della maggioranza al Senato Harry Reid. Secondo lei Washington dovrebbe ritirarsi dalle Nazioni Unite perché l'Onu promuove ideologie antiamericane e «idee scientifiche fraudolente come il riscaldamento globale».

Angle vuole l'abolizione delle pensioni ma è mantenuto dal marito pensionato. Nel Kentucky, l'oculista Rand Paul vuole abolire le tasse come è nel manifesto del Tea Party ma voleva, poi si è corretto, abolire anche la legge contro la segregazione razziale. Contrario all'uguaglianza e ai diritti degli immigrati anche Rich Iott, sconosciuto candidato nell'Ohio, ritratto in divisa da SS. Un passato discutibile anche per Ilario Pantano ex marine in Iraq accusato di aver ucciso civili iracheni: ha conquistato la sua candidatura forte di un milione di dollari di sovvenzione raccolti come «eroe di guerra». Nello Utah Mike Lee è favorevole a cancellare interi ministeri, dall'Istruzione all'Energia, e ad eliminare il ruolo del governo nella sanità. Idee e proposte che attirano la gente ma non i fondi. Il comitato elettorale del Grand Old Party ha incassato in queste ultime settimane 677 milioni di dollari, mentre quello del partito di Obama ha accumulato la bellezza di 856 milioni di dollari. Una vittoria di carta che non aiuta a far cambiare l'esito di un voto che sembra già tutto conservatore.

Maurizio Piccirilli

Fonte >
  Il Tempo


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