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Il rabbino Hen, massacratore di bambini
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Il Brasile ha finalmente concesso l’estradizione di Elior Noam Hen o Chen, il rabbino  ricercato da Israele per avere, con diversi seguaci, commesso inenarrabili violenze su almeno otto bambini fra i tre e quattro anni. Sono stati usati martelli, coltelli e seghe; le piccole vittime sono state costrette a mangiare le proprie feci, a bere alcool mescolato con trementina, rinchiuse in una valigia per giorni, ustionate; è stato spillato loro sangue, forse per scopi rituali; uno dei bambini ha subito danni cerebrali permanenti ed è in stato vegetativo. Rabbi Hen o Chen era fuggito in Brasile dopo che i suoi delitti erano stati scoperti, nel marzo 2008. L’evento ha sollevato un velo sinistro sulla «religiosità» dei gruppi haredi più chiusi, fanatici e cabbalistici.

L’orribile verità comincia ad emergere ai primi di marzo 2008, quando due bambini  sono portati in un ospedale di Gerusalemme con bruciature e lesioni gravissime, il più piccolo in coma (i medici gli rileveranno fratture multiple del cranio e delle costole). Sono due degli otto figli di una donna di 38 anni, nata in una ricca famiglia della comunità ebraica di New York e che ha compiuto «l’ascesa»  nella terra promessa una decina di anni prima; anche suo marito è tuttora cittadino americano (1).



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Gli attrezzi usati dalla setta per torturare i bambini. In alcuni casi, si è appurato che le fratture delle piccole vittime  sono state prodotte con i martelli



Dove abitano entrambi vengono arrestati per le violenze sui figli. La donna prima confessa di esserne l’autrice, e poi ritratta. Il marito viene rilasciato perchè dimostra di non essere stato in casa da giorni. In casa, nel quartiere ultra ortodosso di Beith Shemesh, la polizia trova oggetti usati della tortura, calze di nylon sporche di sangue usate per legare i bambini. I figli più grandicelli della coppia ammettono di essere stati sistematicamente maltrattati dalla madre per ordine del loro rabbino, Elior Chen, 30 anni. Vengono arrestati altri due adepti, due uomini (Shimon Gabai e Avraham Maskali, studente di yeshiva) che il rabbino aveva istruito per fare esorcismi (tikkunim) sui bambini della donna con pietre roventi e stufe al calor bianco. Il rabbino è lesto a fuggire ancor prima di essere incriminato, dapprima in Canada poi in Brasile, si ritiene nel seno di altre cellule della setta.

Le indagini si rivelano subito difficili, ammette l’agenzia ufficiosa Ynet il 6 aprile, per l’omertà della «comunità haredi sui casi di violenza contro i bambini» (2). Violenza sessuale particolarmente frequente in quei gruppi chiusi e auto-isolati, anche se non risparmia gli altri strati della popolazione (alla magistratura arrivano 38 mila casi l’anno, su una popolazione di 6 milioni di abitanti). «Un caso recente e inquetante è quello di una madre di Netivot che molestava sessualmente il suo piccolo, e la cosa è venuta alla luce solo quando il bambino, che aveva cominciato a frequentare una scuola, prese a molestare un altro scolaro». La violenza sessuale sui bambini è condonata dal Talmud: una bambina sotto i tre anni può essere penetrata, perchè «è come un dito in un occhio, escono lacrime... la verginità torna a una bambina di tre anni» (3).

Tali comportamenti sono tanto comuni», che in Israele esiste una Shlom Banecha Foundation per il sostegno delle vittime di pedofilia, abusi e incesti nelle comunità haredi. Il direttore, Doron Aggasi, dice: «Questi casi sono stati sepolti in passato, perchè gli haredi non vogliono rivelare niente agli estranei. Lavano i panni sporchi in famiglia. Ora però le cose vanno meglio, i rabbini sono più consapevoli sui temi dell’abuso sessuale e della violenza familiare». Convincere i membri della comunità haredi a collaborare con la polizia è quasi impossibile, dice Miki Miller, assistente sociale: «Essi credono che la loro società, per essere pura, dev’essere chiusa. E dietro la chiusura, nascondono una quantità di perversioni». Nel quartiere di Beit Shemes si ricorda ancora una famosa donna, a suo modo una rabbina, che per modestia nascondeva la faccia dietro un velo nero; questo particolare le attrasse una quantità di discepole. Poi si scoprì che la santa donna picchiava selvaggiamente i figli da anni; quando fu arrestata, uno dei figli confessò che la mamma li incoraggiava ad atti sessuali tra i fratelli, ancora bambini. Gli uomini, barbuti e riccioluti, vestiti di nero come polacchi del 18mo secolo, sono padri-padroni: picchiano le mogli e i figli di preferenza nello Shabbat, quando la famiglia è riunita  per il pasto rituale. Le donne sopportano e tacciono, per mantenere l’onore della famiglia. La credibilità del marito come «studioso della Torah» (gli uomini non lavorano, solo «studiano la Torah») deve restare immacolata come la neve. Nel 2007, si sono registrayi ben 1.402 casi di donne che hanno chiesto aiuto dalle percosse e dalle violenze, e la polizia ritiene siano solo una minoranza infima; i casi non denunciati sono molto di più. La cosa sta peggiorando, dice Anat Zuria, una regista cinematografica che ha fatto documentari nell’ambiente ultra-religioso, perchè «gli hared stanno diventando ogni giorno più messianici, pensano che l’arrivo del messia sia imminente, e che verrà solo se le donne sono pure e modeste. Ragazzi e bambini vengono tenuti separati molto presto. Qualunque argomento sul sesso è bandito. Tutti questi tabù sono intesi a farli santi; spesso, ne fanno dei pervertiti».

Nonostante le difficoltà, la polizia ricostruisce a poco a poco la vicenda. Elio Chen, il rabbino soggiogatore, è cresciuto nel quartiere di Romema a Gerusalemme, uno dei sette figli di una madre che serviva nel locale bagno rituale per le donne mestruate, e di un padre, Yaakov, fervente sionista religioso, militare da giovane in un commando e decorato per audacia. A fine degli anni ‘70, l’ex eroe di Tsahal accentua la sua religiositòà; accetta un modestissimo impiego al servizio del rabbinato-capo di Gerusalemme, dà ai suoi figli una educazione ultra-ortodossa, e sogna per Elior, il preferito, un brillante futuro come erudito della Torah. Compra molti libri religiosi; fra cui numerosi volumi sulla Kabbala, in cui Elior s’immerge fin dai 12 anni di età. Alla bar miztvah della giovane speranza, nel ‘92, c’era tutto il fior fiore del rabbinato sefardita e askenazita. Elior fu mandato a studiare alla yeshiva ultra-fanatica di Oz Levissachar, dove è rimasto a studiare la Torah e la cabbala per dieci anni. Fondata dal rabbino Haim Pinto per i ragazzi più poveri della comunità hassidica, questa scuola segue gli insegnamenti di Nachman di Bratislava (1772-1818): un bisnipote di Baal Shemtov, il fondatore dell’hassidismo, grande cabbalista-mago. Secondo la Enciclopedia Judaica si faceva passare per Messia (cosa che i suoi adepti negano) e secondo alcuni studiosi, era influenzato dall’anomismo di Sabbatai Zevi e Jacob Frank: la sua credenza nel tikkun olam, il risanamento kabbalistico del mondo, ha molte somiglianze con il pensiero di Sabbatai  Zevi.

Fatto sta che la yeshiva di rabbi Pinto non è affiliata a nessuna scuola  hassidica particolare. Anzi, i suoi allievi sono in rotta con gli ambienti dell’establishment ultra-ortodosso, da cui si dicono  «oppressi» e «feriti». Hanno formato un gruppo chiamato «Pitzuei Hanahal» (Brocca Traboccante, o qualcosa del genere), fortemente militante. I suoi membri, che non si sposano, spregiano l’ingegnamento nelle yeshivot più rinomate (dove del resto, i ricchi rabbini non li lasciano entrare) e si istruiscono vagando nelle boscaglie o sulle tombe di vecchi santi  talmudici. Ma trovano il tempo di spargere il terrore  fra gli arabi costretti a passare nel quartiere Shmuel Hanavi di Gerusalemme;
lì hanno il loro covo, e lì picchiano  i goym che ci passano. Spesso con violenza tale, da finire davanti alla magistratura israeliana, pur così leniente verso i «religiosi» picchiatori. Propprio per il suo estremismo religioso e  militante, la scuola ha attratto ogni sorta di rifugiati dagli insediamenti resisi insopportabili agli altri membri, neo-convertiti americani all’ebraismo «duro», e scacciati dalle altre yeshivot per eccessi diversi.

elior_hen_1.jpgIn questo  ambiente è cresciuto Elior Chen, studente preferito di rabbi Pinto, che se l’è affiancato come «ba’al shi-ur» (assistente, o qualcosa del genere) e gli ha anche trovato una moglie askenazi; di famiglia prestigiosa per lui che, sefardita, non poteva aspirare alla figlia di un askenazita. Senza essere ancora formalmente rabbino, Elior già ha cominciato ad attrarre seguaci affascinati non solo dalla sua conoscenza della cabbala, ma per il fatto che la praticava, ossia che praticava la magia. Il giovanotto aveva dei «poteri». La sua popolarità crebbe tanto, dicono i suoi ex compagni di studi, che Elior cominciò a disprezzare la scuola Oz Levissachar, troppo «piccola» per le sue doti. D’altro canto, rabbi Pinto cercò di vietargli di insegnare e praticare la cabbala: «Ai giovani non è permesso insegnare la cabbala». Finirono per litigare.

Elior Chen se ne andò, portando con sè diversi studenti: il primo nucleo dei suoi adepti, che gli obbediscono ciecamente. «Se lui ordina di buttarsi dalla finestra, loro si buttano», dice un ex studente. Rabbi Chen dominava la vita di queste persone totalmente. Decretava come dovessero educare i figli. Combinava matrimoni fra i seguaci, o li rompeva. La ricca ebrea americana che ha torturato i figli ha avuto l’ordine di separarsi dal marito, ed entrambi hanno obbedito senza fiatare. Il marito, anche lui americano, se n’è andato di casa lasciando gli otto figli alla moglie e agli «assistenti» di rabbi Chen. Per questo, almeno, s’è salvato dall’incriminazione, Non ha partecipato alle torture.

Adesso un altro rabbino, Ytzak Batzri, ricorda che circa due anni prima negli ambienti «mistici» si cominciava a parlare di un «santo nascosto», un giovane talmudico con poteri sovrannaturali, da cui la gente accorreva per farsi fare a pagamento esorcismi e purificazioni (tikkunim), per farsi dare amuleti, acqua «benedetta» e partecipare ad  altri rituali più inquietanti. Di fatto, rabbi Elior Chen aveva cominciato ad «invocare i nomi» delle potenze invisibili per «influenzare la realtà», e secondo i suoi seguaci otteneva guarigioni e faceva miracoli. La «invocazione dei nomi» fa parte della cabbala, o della sua pretesa di «rivelare i segreti della creazione». E’ un settore proibito, contro cui metteva in guardia i neofiti anche il grande (diciamo) Isaac Luria, il massimo cabbalista del sedicesimo secolo.

«Chi pratica l’invocazione dei nomi si espone all’influsso di spiriti maligni e demoni», dice rabbi Batzri ad Haaretz, «come Samael e Lilith. Certamente sono stati spiriti del genere ad indurli a compiere atti innominabili sui bambini, come i pagani bruciavano i figli a Moloch» (4).

Un cognato di Chen dice ad Haaretz: «Certe cose le ho viste coi miei occhi. Poteva starsene seduto a far muovere le cose nella stanza recitando versi. Una volta mi ha letto la mano e mi ha detto cose che sono sicuro non potesse sapere». Un altro studente della yeshiva, che non vuol dire il suo nome perchè convinto che Chen possa lanciargli il malocchio a distanza: «Era uno che poteva guidare da Gerusalemme a Tel Aviv e poi al nord e ritorno senza pagare niente... Chiedeva quanti soldi ci volevano, e diceva: «Prendi un libro qualunque e  aprilo» e c’erano dentro i soldi. L’ho visto coi miei occhi». Lo Shin Bet, la sicurezza interna, conosceva Chen e il suo gruppo come «estremisti politici molto decisi».

Nel maggio 2005, quando Sharon ordinò il ritiro degli insediamenti ebraici a Gaza e i coloni si ribellarono con vasti disordini, la polizia politica fu informata di un gruppuscolo che aveva in animo di provocare una guerra totale contro tutti gli arabi, compiendo un attentato contro la spianata delle moschee, il Monte del Tempio per gli ebrei. Due allievi di Chen, due fratelli di nome Avtalion e Akiva Kadosh, si preparavano a sparare un missile «Lau» verso il monte del Tempio da una scuola rabbinica collegata, la Bratslav Shuvu Banim yeshiva; a tirare granate alla polizia sopraggiunta, e poi a suicidarsi. Ci furono degli arresti e un processo. Naftali Wurtzburger, uno dei legali d’ufficio assegnati al gruppo, ricorda: «Erano allucinati della setta di Bratslav, parlavano di voler redimere il mondo facendo saltare il Monte del Tempio». Si ricorda di Chen: «Era il capo, il guru. Ma non era solo una personalità dominante; è che tutti parlavano a livello religioso. Parlavano di redimere il mondo con azioni grandiose, erano messianici. Alla fine anche lo Shin Bet si convinse di avere a che fare con degli allucinati innocui».

Fatto è che dopo questo episodio, rabbi Chen rese il suo gruppo ancora più chiuso: benchè la sua fama di «santo nascosto» e miracoloso continuasse a crescere, rifiutò altri adepti e mantenne solo un nucleo di fedelissimi, di non più di 15 persone su cui esercitava un potere psichico totale. E’ stato lui a ordinare alla madre degli otto bambini di abbandonare il marito, e ad espellere l’uomo dal gruppo. Gli agenti sospettano che fosse nata una relazione sessuale fra il rabbino-guru e la donna, perchè dopo, il rabbino stava spesso nella casa da cui aveva fatto cacciare il marito.



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Rabbi Elior Chen (terzo da sinistra, con l’abito bianco) con tre dei suoi seguaci, co-imputati nei delitti



I capi religiosi ebraici sono ambivalenti. Yona Metzger, il rabbino-capo degli askenaziti, dice che i genitori e Chen devono essere «scomunicati»; Vicki Polin, psichiatra che ha trattato vittime di abusi del genere, scrive una lettera aperta in cui esprime meraviglia: «E’ strano che rabbi Yona Metzger faccia tali dichiarzzioni, tanto più che egli è stato accusato anni fa di abusi sessuali con quattro clerici maschi». Rabbi Levi Brackman, famoso per un libro intitolato «Jewish Business success», invita a non criminalizzare l’intera comunità  haredi.

Intanto Chen, dal Canada, si trasferisce in Brasile - Stato che non ha un accordo di estradizione con Israele - dove vive protetto dalla comunità ebraica locale. Ma infine la comunità brasiliana lo spinge a consegnarsi, perchè la faccenda è diventata troppo pubblica (lo ricerca anche l’Interpol) e il rabbino massacratore danneggia l’immagine degli ebrei. Per lunghi mesi Chen, assistito da avvocati ebrei, conduce una lotta giudiziaria per non essere estradato. Singolare l’argomento che usa: siccome i fatti criminosi sono avvenuti a Beitar Ilit dove abitano i membri della setta, e siccome Beitar Ilit è un insediamento abusivo in Cisgiordania ossia in territorio «autonomo» palestinese, la  difesa del rabbino sostiene che Israele non ha alcun diritto legale di esigerne la consegna. Se mai, a chiedere che il rabbino sia estradato dovrebbe essere l’Autorità Nazionale Palestinese.

Un bell’esempio di «chutzpah». E un grave imbarazzo per lo Stato ebraico. Il ministero della Giustizia israeliano deve spiegare per iscritto alla corte suprema brasiliana, dove la causa è giunta,  che la Cisgiordania è territorio occupato da Israele e non già - come fanno notare i difensori di Chen - quello che sostiene il governo israeliano, un territorio autonomo o in via di autonomia. Alla fine la spinosa questione trova un escamotage da legulei: la Autorità Palestinese, viene detto, ha deferito ad Israele questo genere di rapporti con l’estero... Il Brasile, stante anche la gravità dei delitti di cui Chen è accusato, consegna il «santo nascosto» all’entità sionista.

Il processo, imminente, promette di diventare una «cause célèbre», forse distruttiva per quelle che gli studiosi chiamano «il misticismo ebraico», i suoi metodi, le sue superstizioni e le sue perversioni e la sua amoralità (ricordiamo che al «misticismo» haredi appartiene il potente gruppo Lubavitcher).

Possiamo essere certi che sui nostri media non ne apparirà una riga.




1) Jonathan Lis, «Parents held in case of Jerusalem child abuse», Haaretz, 15 marzo 2008.
2) Yael Branovsky, «State helpless in face of skeletons in haredi closet», YNet.News, 3 aprile 2008
3) Trattato Ketuboth, 11b. Si veda anche il Trattato Sanhedrin, 55b: una bambina di tre anni e un giorno «può essere presa in matrimonio per coito». «Sanhedrin, 54b: un ebreo «può sodomizzare un bambino se questo ha meno di nove anni». O ancora Ketuboth 11°: «Quando un bambino di meno di nove anni ha rapporti sessuali con una donna adulta, o quando una bambina sotto i 3 anni è accidentalmente ferita (nell’imene, evidentemente per masturbazione) con un pezzo di legno, non vale a loro riguardo l’accusa di non-verginità».
4) …«Child-abuse case leaves investigators stunned; Israel seeks to prepare international warrant, extradite rabbi», Kingston Whig-Standard - April 9, 2008, http://www.thewhig.com/ArticleDisplay.aspx?e=978454



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