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Draghi ci protegge. E non è il solo
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La notizia è già apparsa su qualche giornale economico, ma vale la pena di  tornarci. La notizia è questa: «Lo scorso 10 luglio, su indicazione della Banca d’Italia il sito italiano di lending online Zopa.it è stato cancellato dall’elenco degli intermediari finanziari ex articolo 106».

La Zopa fa - o faceva - social lending, credito sociale. Di fatto, agevolava i prestiti che i privati offrono ad altri privati su internet, senza passare per le banche. A dire dei dirigenti, non faceva altro che mettere in contatto gli aspiranti prestatori e gli aspiranti debitori. E’ un fenomeno che ha già una certa ampiezza in USA e Inghilterra. Un risparmiatore che dispone di 500 o 100 euro (le cifre in gioco sono modeste) anzichè metterli in banca o nei BOT, li rischia prestandoli a un privato che li chiede.

Il vantaggio reciproco  sembra  evidente. Il prestatore, anzichè lo 0 virgola x dei BOT o il 3% offerto dalle banche se vincola i suoi soldi per cinque anni e più, ottiene il 7,8 % lordo medio. Il debitore deve pagare un interesse medio del 9,6% anzichè  il 14,7% che  le finanziarie esigono per prestiti personali inferiori ai 5 mila euro (sono dati Bankitalia).

E come e cosa ci guadagna Zopa? Riprendo dal sito: ci guadagna esigendo dai richiedenti (i debitori) «una commissione sul valore totale del prestito in base alla classe di rischio (dallo 0,50% al 2,50%), a cui si aggiungono 15 euro per anno di durata del finanziamento. Zopa percepisce inoltre gli interessi per la quota di 10 euro con cui partecipa a ogni prestito e condivide con i prestatori il rischio di credito».

Inoltre, «al fine di ridurre i rischi, i prestatori prestano solo piccole porzioni ad un singolo richiedente; un prestatore che offre 500 € o più ha infatti il prestito frazionato su almeno 50 richiedenti. Zopa, a coloro che richiedono un prestito, impone di firmare un contratto con il quale si riconoscono debitori dei prestatori».

Cito frasi ufficiali per prudenza, potrebbe essere tutta una truffa; ma a me non sembra. Se lo è, spero che qualcuno mi illumini.

Oltre a Zopa, opera in Italia un’altra agenzia del prestito tra privati, la Boober, per adesso graziata da Draghi: «Per ricevere un prestito con Boober bisogna innanzi tutto essere lavoratori dipendenti oppure pensionati di età compresa tra i 18 ed i 75 anni. Sulla base di tali requisiti, bisogna poi fornire tutta una serie di documenti per accedere al prestito: oltre al contratto firmato, anche la copia dell’ultima busta paga, il codice fiscale, un documento di identità ed una copia dell’ultimo estratto conto della banca. Con Boober si possono richiedere prestiti da 2.000 a 5.000 euro, restituibili con rate entro un massimo di 60 mesi».

Ripeto: sarò ingenuo, ma mi pare un modo di procedere serio e limpido. Come mai Bankitalia è  intervenuta a bloccare Zopa? Mi limito ancora una volta a citare da un giornale: «Alla società, ha spiegato l’amministratore delegato Maurizio Sella, ‘è stato contestato di aver fatto raccolta del risparmio (e non semplice intermediazione di pagamenti) a causa della giacenza sul Conto Prestatori Zopa del denaro in attesa di uscire in prestito’».

Cioè i creditori depositavano i soldi (500 o 1.000 euro) presso la Zopa, il tempo perchèla Zopa li piazzasse. In tal modo, secondo Bankitalia, «la società acquisiva la titolarità e la disponibilità dei fondi conferiti dai prestatori, violando l’obbligo di separatezza delle disponibilità di terzi da quelle della società. In tal modo - sottolineano le fonti della Banca d’Italia - si realizza una abusiva attività di raccolta del risparmio, con rischio per i terzi i cui fondi non vengono più scambiati immediatamente tra creditore e debitore come dovrebbe essere nello schema di social lending ma rimangono nella disponibilità della Zopa».

Sono ingenuo e mi domando: le banche, quando mettiamo soldi nel nostro conto corrente, non acquisiscono forse «la titolarità e la disponibilità» dei soldi nostri? Se la accaparrano, eccome.  Tant’è vero che in caso di crisi di sfiducia, come è accaduto in Gran Bretagna, quando troppi clienti corrono a ritirare i loro risparmi, le banche chiudono loro gli sportelli in faccia. I soldi nostri non sono più nostri.

Ma le banche danno garanzie, dice Bankitalia. Invece con Zopa «il creditore si trova inconsapevolmente in una posizione analoga a quella di un depositante senza le tutele previste dall’ordinamento per i risparmiatori».

E’ bello e commovente vedere Bankitalia che si precipita a tutelare i risparmiatori  per soli 4,3 milioni di euro (a tanto ammontava la raccolta di Zopa in un anno e mezzo), a difendere depositi di 500 o mille euro. Magari avesse mostrato lo stesso zelo persecutorio quando le banche rifilavano ai risparmiatori miliardi in bond argentini, titoli Parmalat e Cirio, e derivati strutturati - spesso come condizione per concedere prestiti - che hanno devastato professionisti, piccole imprese e Comuni.

Ma  effettivamente Zopa si tratteneva effettivamente per 45 giorni in media, i fondi versati dai prestatori prima di giungere all’assegnazione definitiva ai prenditori. Quando è arrivato l’altolà di Draghi, dice Zopa, «sul conto corrente di transito c’era un milione di euro, somma che da lunedì è in redistribuzione ai conferitori». Non sembra una grossa cifra, in confronto a quella «in transito» in  Unicredit e  Intesa.

Il social lending muove cifre minime, prestiti personali quasi sempre sotto i 5 mila euro, che le banche non trattano. Disprezzano cifre così piccole, invitano a rivolgersi a «finanziarie» ossia ad usurai. Quanto a Zopa, la clientela non si lamentava, anzi era contenta, ha persino formato una «community» sul web.

Ma tant’è, se Zopa ha violato le norme «a tutela dei terzi e del mercato», che venga pure bastonata.

Piccolo particolare: Zopa era stata autorizzata al social lending, a mettere in contatto i privati prestatori coi privati debitori, dall’Ufficio Italiano Cambi. Che evidentemente non ci aveva trovato niente di truffaldino.

Poi, da gennaio 2008, l’Ufficio Italiano Cambi è stato inglobato da Bankitalia, che ne ha assunto le funzioni. Un istituto pubblico è stato inglobato da una istituzione privata, che appartiene alle grandi  banche.

E da qual momento, Bankitalia ha eccepito. Ha fatto un’ispezione, gli ispettori sono parsi convinti; Zopa ha offerto di trovare una soluzione al problema (dice) «proponendo delle soluzioni con controparti istituzionali che avrebbero di fatto reso nulla la contestazione che ci era stata mossa».

Se ben capisco, s’è offerta di piazzare il suo conto di transito presso una banca padrona di Bankitalia. Per mesi, nessuna risposta. Poi, di colpo, il divieto di operare. Che è venuto attraverso il ministero del Tesoro, perchè Bankitalia - istituzione privata, società per azioni - ha in mano il bastone pubblico. Lei ordina, e il governo obbedisce.

Siccome sono un ingenuo e di queste cose non mi intendo, mi faccio due o tre domande. In questo momento le banche «istituzionali» e padrone di Bankitalia non fanno credito  a nessuno. Però non vogliono che siano altri a fare credito, specie a tassi che sono la metà di quelli che percepiscono loro? Faccio solo una domanda. Magari dà loro fastidio che il risparmio giacente - una cifra enorme, che è paralizzata perchè nessun risparmiatore si fida più delle «proposte d’investimento» delle banche, che ha provato truffaldine - sia mobilitato anche solo marginalmente in questo modo diretto, da persona a persona? Che magari, se la cosa prende piede, si constati la inutilità, anzi dannosità delle banche? Domando solo.

L’altra domanda è: Zopa usava il trucco della riserva  frazionale? E’ questo trucco che distingue le banche dai privati prestatori. Quando mettete 100 euro in banca, la banca  chiama questo deposito  «riserva», su cui concede fidi, diciamo, per dieci volte tanto, diciamo per mille euro (che non ha).

Dunque  lucra gli interessi (del 14%) non su 100 euro, ma su 1.000: ossia il 140% del deposito.

Come nella celebre definizione della Encyclopaedia Britannica: «La  banca lucra gli interessi su tutto il denaro che crea dal nulla».

Mi chiedo se Zopa, invece, faceva come fanno i privati quando prestano i soldi a un amico: se riceveva mille euro da un aspirante prestatore, prestava quei mille a un aspirante debitore, oppure diecimila? Perchè se faceva così, era una banca, degna della protezione di Bankitalia. Se invece prestava solo quel che riceveva e non di più, commetteva un delitto, per cui è giusto che sia punita.

Una cosa sola mi è chiara: Draghi  agisce nel nostro interesse. Bankitalia si consuma e si adopera giorno e notte per tutelare i nostri risparmi.

DIGITALE TERRESTE: ECCO PERCHÉ - Aggiungo qui una notizia molto simile a quella di cui sopra, anche se su un settore diverso. Vi siete mai domandati perchè la TV, da analogica, cioè  captante onde che navigano nell’aria, passa al digitale terrestre? E questo in modo obbligatorio, e ampiamente pubblicizzato? Per darci immagini migliori e più canali, dicono quelli che credono che i poteri globali agiscano nel nostro interesse di piccoli uomini. Perchè lo vuole Berlusconi, diranno gli ossessionati dal Salame.

Invece ecco cosa ha rivelato Patrick Redmond, un canadese che è stato alto dirigente della IBM per 31 anni, prima di andare in pensione: il passaggio dall’analogico al digitale è stato deciso per liberare frequenze per l’uso dei RFID chips (1).

Questi chips (la sigla significa Radio Frequency Identification Devices) sono micro-circuiti elettronici  sempre più diffusi. Sono nei nuovi passaporti, nelle carte di credito e tessere sanitarie.

In Canada e in USA li hanno inseriti senza dirlo nelle targhe delle auto, li usano per marchiare le merci nei supermercati. Li cominciano a mettere nei vestiti, ci marchiano tutti gli animali di allevamento e tutti gli animali da compagnia, così non li perdiamo (pensano sempre a noi, lorsignori). Alcuni sono «attivi», ossia hanno una fonte d’energia e un’antenna che manda un segnale costante, che apparecchi elettronici di lettura, ovunque posizionati (e noi non sappiamo dove) possono leggere. Sicchè lorsignori sanno in ogni momento dove siamo, cosa facciamo, cosa compriamo. Ci possono contare quanti siamo, in un dato  momento, a vedere un film, il che è utile per i pubblicitari. Ci vedono quando passiamo un confine, quando andiamo in banca, o con quale amante stiamo copulando. Ovviamente, chi  legge il chips attivo che ci portiamo addosso senza saperlo, ha accesso ai nostri dati medici, ci può fare il profilo come consumatori, viaggiatori o clienti. E può anche clonare la nostra identità elettronica per mingere il nostro conto corrente.

«L’uso crescente di RFID  necessita di un maggiore e crescente uso della banda UBF-UHF», scrive Redmond: «Non vogliono (chi?) che i segnali di questi chips vengano disturbati dai segnali televisivi, così sono i chips che si prendono le frequenze analogiche. Esse saranno vendute a primarie aziende e altri gruppi  interessati. Tutte le frequenze saranno abbandonate dalla TV entro il 2009».

Il massimo produttore di chips RFID è VeriChips di Florida, una filiale della Applied Digital Solutions, che nel suo sito vanta siti impiantabili nel corpo umano, «sotto il tricipite del braccio destro di un individuo. Una volta «interrogato» alla giusta frequenza, il chip risponde con un numero a 16 cifre che identifica in modo unico il portatore, per controllarne l’identità, accedere ai suoi dati medici  eccetera». In quell’eccetera c’è l’accesso ai vostri dati bancari, fiscali, e al vostro profilo come consumatori (avete comprato merci dotate di RFID chisp), come viaggiatori (avete un passaporto attivo in tasca), come esseri viventi.

Il chips è già stato impiantato a malati di Alzheimer in diversi ospedali, così non li perdono se  vagolano in giro. Costa solo 200 dollari. Dice Redmond che presto saranno inseriti nei bambini, «e  la soluzione sarà promossa dai media, come mezzo per proteggerli meglio». Poi toccherà ai militari, ai detenuti, ai lavoratori, ai pensionati - il pretesto sarà trovato via via, e sempre i media promuoveranno l’idea: è per il vostro bene, per la vostra sicurezza. E avete pure il digitale terrestre, tanti canali in più, alta definizione... Come Bankitalia, «loro» non fanno che pensare a noi.

Una cosa mi preoccupa: la Applied  Digital Solutions, padrona di VeriChips, ha cambiato nome.

Adesso si chiama Digital Angel corporation. Angelo dell’Apocalisse? Domando solo.




1) Patrick Redmond, «An introduction to new technologies»,  http://www.michaeljournal.org/newtechno.htm



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