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Massoneria: troppe alte ramificazioni - Pagina 2
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«Stimato Direttore,

mi dispiace ma non mi ha risposto, forse mi sono espresso male. Nell’articolo ‘Un oscuro segnale massonico?’ da Lei scritto dice che la visita di Berlusconi in Israele va probabilmente inquadrata in un contesto di guerra tra massonerie attualmente in corso. Volevo semplicemente che ci spiegassi qualcosina in più al riguardo. L’articolo è lungo e condivisibile ma la mia domanda era un’altra. Spero di essermi spiegato meglio.

Grazie
F.T.
»

Il lettore chiede troppo. Anzi: non sa che cosa chiede. Per un povero giornalista senza mezzi nè coperture, esplicitare meglio lo «scontro interno massonico», lanciandosi in ipotesi arrischiate, significherebbe esporsi a querele imparabili da parte di altissimi personaggi, istituzionali e aziendali, che hanno alle loro dipendenze uffici legali affollati di avvocati di grido, e una quantità astronomica di soldi e di altri mezzi di persecuzione.

Ma il motivo ulteriore e più grave è che su certe cose si può solo intuire qualcosa, cogliere un «tono», linguaggi, «stili», che in certi eventi lasciano indovinare  mani massoniche. Più in là è quasi impossibile andare.

Perchè? Provo ad illustrarlo con due episodi da me vissuti; che anche se apparentemente non hanno a che fare con gli eventi attuali su cui il lettore vuol sapere troppo, gli faranno un poco capire le imprevedibili ramificazioni e gli altissimi intrecci in cui sboccano certe faccende.

William Boykin
   Edgardo Sogno
Dunque. Negli anni ‘80 conobbi e frequentai un tal L. B., un estremista di destra che era stato notevole organizzatore delle manifestazioni di piazza di quella che a Milano si chiamò la «Maggioranza Silenziosa» (primi anni ‘70). Era un agitatore di piazza, se vogliamo un pesce piccolo in quell’ingranaggio della strategia della tensione che – come poi si seppe – faceva capo alla Rosa dei Venti e alla medaglia d’oro della Resistenza Edgardo Sogno, ritenuto vicino alla famiglia Agnelli.

Accusato di non ricordo più quale «strage fascista» (da cui anni dopo sarà prosciolto), L.B. si diede alla latitanza, riparando all’estero. A quanto mi raccontò lui stesso, abitò per qualche mese in una villa fuori Parigi appartenente ad una sorella... di Valéry Giscard D’Estaing. Ossia dell’immarcescibile grand commis (ne conosciamo anche in Italia), che è stato presidente della repubblica francese dal 1974 al 1981. E che oggi, grande «europeista», ha stilato il trattato di Lisbona.

L.B. non mi disse, ovviamente,  per quali canali era giunto a godere di così insospettabili protezioni internazionali. Nella mia infinita ingenuità di allora, pensai solo che se io fossi stato costretto a scappare all’estero, inseguito da un mandato di cattura, non avrei saputo a che santo votarmi, da chi farmi aiutare. Pensai anche a reti atlantiche «Stay Behind», tipo Gladio, di cui avevo avuto sentore frequentando certe feste della Baviera democristiana...

L’altro episodio ha a che fare col Sudamerica, zona del mondo dove anche i meno informati sanno che la Massoneria ha posizioni istituzionali, forma governi, e dove sia Gelli che Giancarlo Elia Valori hanno interessi ed altissimi amici, specie ma non solo nell’Argentina dalla significativa bandiera:



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Nel 1998, il mio giornale mi invia in Nicaragua per seguire una catastrofe naturale (un enorme vulcano aveva sepolto villaggi interi sotto il fango rovente). L’ambasciatore italiano, da cui m’ero recato per il consueto briefing che noi inviati sollecitiamo quando arriviamo per la prima volta in un Paese, mi fa sapere che due giudici italiani si trovano a Managua allo scopo di raccogliere una testimonianza che doveva scagionare Adriano Sofri, il pluricondannato per l’omicidio del commissario Calabresi. Il personaggio che stava per dare la testimonianza salvifica era un latitante «rosso» coinvolto nella strage di via Fani (rapimento Moro) ed altri delitti, con una decina di ergastoli sulle spalle: Alessio Casimirri.

William Boykin
   Alessio Casimirri
Nella mia infinita ingenuità, tentai perfino di intervistare Casimirri, che abitava in una villa sfarzosa sul mare e, indisturbato, aveva una scuola per immersioni subacquee. Ovviamente non potei vederlo neppure in faccia, fui respinto al cancello della villa da certi individui. Però scrissi su Avvenire l’informazione ricevuta dall’ambasciatore. Risultato: i due magistrati rinunciarono a raccogliere la testimonianza (la cui validità giuridica ognuno può valutare ad occhio) e Sofri non fu salvato. Il risultato voluto, credo, dall’ambasciatore o dai suoi referenti.

Alessio Casimirri era libero in Nicaragua da anni. Inizialmente sotto la protezione del regime sandinista (per il quale si dice abbia compiuto varie «operazioni»). Ma i successivi governi liberali non hanno mai concesso l’estradizione del personaggio, più volte richiesta dall’Italia, adducendo pretesti anche platealmente falsi: come il fatto che Casimirri (che entrato in Nicaragua da clandestino, non aveva rivevuto la cittadinanza) era comunque un «protetto» perchè aveva sposato una nicaraguense.

Potente è la protezione della significativa bandiera del Nicaragua dall’allusivo triangolo:



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Immagino che la maggior parte dei lettori non abbiano mai sentito parlare di Casimirri, che pure è ritenuto un protagonista del rapimento Moro. Eppure il tizio ha una provenienza molto curiosa per un terrorista rosso. Suo padre, Luciano Casimirri, è stato portavoce del Vaticano dal 1947 al 1977, per trent’anni; il matrimonio del padre fu celebrato da Paolo VI; il nonno materno del terrorista rosso, Tommaso Labella, era stato segretario Vaticano dal 1907 al 1957.

Non è un po’ strano che il rampollo di tale famiglia scelga la strada della lotta armata? E ancora: fino a che punto questa ascendenza è servita a continuamente proteggerlo in tanti anni di latitanza? 

In Nicaragua, il latitante e ricercato per pluriomicidi Casimirri ha fondato... la locale Croce Rossa. La Croce Rossa Internazionale è la più benemerita organizzazione umanitaria sorannazionale; il fatto che certi suoi alti dirigenti godano di immunità e passaporti diplomatici consente a volte, ai meno scrupolosi di loro, operazioni e traffici sotto un ombrello insospettabile.

Ma Casimirri non è il solo a godere di alte protezioni. Gugliemo Guglielmi, fondatore delle UCC (Unità Comuniste Combattenti), ricercato con la moglie Rita Cauli, per varie faccende (fra cui uno scambio di armi fra l’OLP palestinese e le Brigate Rosse), arrivano in Nicaragua nel 1981 da clandestini (si dice, sullo yacht dell’attore Gian Maria Volontè); lui fa l’addestratore per l’esercito sandinista, e poi il medico per organizzazioni umanitarie. Sua moglie Rita Cauli, benchè latitante e ricercata, lavora in Nicaragua per... l’ONU. Lei stessa deporrà d’essere stata osservatrice delle Nazioni Unite per le elezioni in Nicaragua.

William Boykin
   Cesare Battisti
Infatti, tornata in Italia, è stata arrestata ed ha fatto un breve periodo agli arresti domiciliari a Milano, nella sua casa di via Lamarmora. Assolta, è tornata a lavorare per l’ONU e, con il passaporto azzurro e lo status diplomatico, ha gestito milioni di euro in attività «umanitarie» in Cambogia, nei Balcani, in Salvador, eccetera.

Adesso marito e moglie si sono stabliti in Brasile, sempre con un incarico ONU, entrambi con passaporto diplomatico, e si sono riuniti al loro grande amico, Cesare Battisti il pluriomicida che-mai-sarà-estradato.

In Brasile vive anche Achille Lollo, condannato per l’assassinio dei fratelli Mattei (i due missini di Primavalle, di cuir riparlerò più sotto). Del resto Battisti, prima di decidere di trascorrere la latitanza a Parigi come scrittore di successo, abitò un anno e mezzo in Nicaragua. E sarebbero stati i servizi francesi a suggerirgli di squagliarsela in Brasile, sotto la protezione della significativa bandiera:



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William Boykin
   Achille Lollo
Giuseppe De Lutiis, che ha indagato a fondo sul delitto Moro, nel suo libro «Il golpe di via Fani» afferma che Rita Cauli faceva parte di Hyperion, la «scuola di lingue» parigina in cui ha insegnato Toni Negri, per cui sono transitati i capo BR Renato Curcio, Alberto Franceschini e Mario Moretti, e che sembra essere stata una centrale di riferimento per gruppi terroristici come BR, Eta basca, OLP, e l’IRA irlandese, e nello stesso tempo – secondo Giovanni Pellegrino, che per sette anni ha presieduto la Commissione stragi – era «un punto d’incontro fra servizi segreti» apparentemente contrapposti (CIA, KGB e Mossad) necessario nella logica di conservare gli equilibri derivanti dagli accordi di Yalta. L’Hyperion quindi sarebbe stato un mezzo per azioni comuni contro eventuali perturbazioni dell’ordine di Yalta, come avrebbe potuto interpretarsi la politica di apertura al PCI  di Moro».

Non basta ancora. In Nicaragua vive da decenni un altro latitante, Manlio Grillo, autore con un altro terrorista rosso, Achille Lollo, della strage di Primavalle, dove finirono inceneriti due missini, i fratelli Mattei. Condannato a 18 anni per questo duplice omicidio, Grillo ripara dapprima in Svezia, dov’è ben accolto grazie ad una lettera di Olof Palme (il capo del governo svedese) nel 1973. Rientra in Italia nel 1978. Nel 1986 se la squaglia in Nicaragua, protetto anche lui da un passaporto ONU.

Ed anche Manlio Grillo viene da una famiglia insolita per un terrorista rosso: sua madre è sorella di un generale, e la famiglia è addirittura imparentata con il generale Carlo Alberto della Chiesa. La prima moglie del leggendario generale dei CC (membro della P2 e ucciso a Palermo dalla mafia o chi per essa) era una zia di Manlio Grillo. Anzi il fratello di Manlio, Glauco Grillo, è oggi generale dei Carabinieri. Molti anni fa, giovane ufficiale, secondo alcune testimonianze era in servizio all’aeroporto di Catania dov’era parcheggiato l’aereo di Enrico Mattei (il capo dell’ENI) che da lì decollò per schiantarsi più tardi a Bescapé (Pavia).

William Boykin
   Francesco Pazienza
Ah, Sudamerica, Sudamerica! C’è da far la figura degli ingenui a voler districare certi intrecci fra «gente di destra», «terroristi di sinistra» familiari di CC, passaporti ONU e Croce Rossa. Persino Francesco Pazienza, il faccendiere e agente che tanto sa, ha ammesso d’aver fatto la figura da ingenuo. Ha raccontato che a Panama i servizi segreti dello Stato gli diedero le foto di 13 latitanti italiani in Nicaragua che si recavano spesso a Panama in istituti bancari. Tornato in Italia, Pazienza porta tutto contento le foto al generale Santovito (capo del SISMI e membro P2): e questo le fa sparire intimando a Pazienza di scordarsi tutta questa storia. Pazienza l’ha scritto nel suo libro «Il Disubbidiente». Titolo del capitolo: «I tredici santini del Nicaragua».


Mi affretto a dire che gran parte delle informazioni di cui sopra non sono farina del mio sacco. Le devo a Solange Manfredi, ricercatrice che ha abitato in Nicaragua, vi ha conosciuto i suddetti latitanti, e indaga da anni su questi intrecci, e che su queste faccende ha presentato denunce tutte insabbiate e finite nel nulla.

Allego in appendice un articolo della Manfredi. Se il lettore avrà la pazienza di leggerlo, vedrà che con il Nicaragua hanno avuto legami lo sfortunato Roberto Calvi del Banco Ambrosiano suicidato a Londra, Calisto Tanzi, e Maurizio Gelli figlio del venerabilissimo. Si farà un’idea delle frequentazioni di Alvaro Robelo, Gran Maestro della loggia autonoma di Nicaragua e «fratello» di Roberto Calvi nella loggia di Andorra; frequentazioni vaste e disparate, con alti banchieri e alti prelati vaticani, con sandinisti  e con ricercati siciliani. Vi apprenderà l’onorificenza di cui il nostro presidente ha insignito nel 2008 Carlos Pellas Chamorro, discusso banchiere proprietario del Banco de America Central, «amico» di Tanzi nonchè console onorario d’Italia nella nicaraguense Granada: una decorazione che somiglia alquanto a quella conferita nel Giorno della Memoria a Giancarlo Elia Valori, per meriti olocaustici della madre, prima ignoti. Vi apprenderà che l’ambasciatore d’Italia in Nicaragua è il fratello di Margherita Boniver, una delle personalità più vicine a Craxi eppure (come Giuliano Amato)  rimasta intoccata da Mani Pulite, tanto che oggi è sottosegretario agli Esteri.

Se il lettore avrà la pazienza di leggere. Perchè è intellettualmente difficile seguire tanti e così complicati intrecci e relazioni senza perderci la testa. Ma almeno intuirà perchè chiede troppo ad un povero giornalista senza coperture nè protezioni di bandiere con triangoli, quando esige da lui un chiarimento sulla (probabile) «guerra tra massoneria attualmente in corso». Il giornalista non può che additare certi stili, certi toni, certi rituali, senza nemmeno la speranza di capire chi è contro chi.

Hanno una bella insistenza, i lettori. Mentre completavo questo articolo, mi giunge un’altra mail:

«Dalla stampa di oggi emerge questo: ‘Secondo Ciancimino jr., Riina era spinto a continuare nelle stragi da qualcuno, che è rimasto nell’ombra. C’era una persona che pressava Riina, che gli diceva ad andare avanti nelle stragi. Provenzano e mio padre erano contrari a questo modo di fare’. Il nostro amico è molto pressato da un ‘grande architetto’, dice infatti un pizzino letto in aula e inviato da Provenzano a Ciancimino. Uno che ‘riempiva la testa di minchiate’ a Totò Riina Ma chi è ‘l’architetto’ di cui si parla nel pizzino? ‘Il nome non mi fu mai fatto da mio padre’, ha detto Ciancimino. Secondo Lei, Direttore, è possibile ipotizzare che dietro questo riferimento al ‘Grande Architetto’ si celi un codice per indicare i framassoni, adoratori del Grande Architetto dell’Universo?
Pellegrino
».

Ecco, appunto. Ma se non risponde Ciancimino junior, perchè dovrei saper rispondere io?




Di Solange Manfredi:


«Lo stretto rapporto che lega l’Italia al Nicaragua è di lunga data, continuo e imbarazzante, eppure se ne parla solo come terra d’esilio dorato per ex (presunti) brigatisti. E, invece, il rapporto che lega la nostra penisola al Nicaragua è molto più ‘ricco’, un rapporto che dura da decenni, fatto di traffici illeciti, riciclaggio, banche, tesori scomparsi ed immunità diplomatiche.
Era il 1977 quando Roberto Calvi, iniziati i problemi del Banco Ambrosiano in Italia, decise di aprire a Managua, terra del fratello massone Somoza, il Banco Commercial, sicuro di poter trovare  nel Paese centroamericano amici fidati pronti a dargli una mano nei suoi traffici. Amici che poi hanno, probabilmente, continuato nella loro attività di mutuo soccorso, come testimonierebbero alcuni fax trovati durante una perquisizione a Villa Altachiara, la residenza di Portofino della contessa Francesca Vacca Augusta e il suo convivente Maurizio Raggi, in cui si parlava del vecchio Banco Ambrosiano e si suggeriva di rivolgersi ad alcuni uomini d’affari del Nicaragua: gente fidata che aveva già aiutato Roberto Calvi nelle situazioni più difficili.
Quali fossero questi ‘amici’ non si sa, quello che è certo è che ‘fratello’ di Roberto Calvi nella temibile loggia Andorra era Alvaro Robelo. Avvocato con doppia nazionalità italo-nicaraguense, Robelo è stato Gran Maestro della Loggia autonoma di Nicaragua, Ambasciatore del Nicaragua in Vaticano, vicepresidente dell’istituto di credito nicaraguense BECA, socio di Paolo Pillitteri nella Bielonica (società che possiede i traghetti che navigano sui laghi del Nicaragua) e fondatore del partito ‘Arriba Nicaragua’ (fotocopia, in tutto e per tutto, del partito Forza Italia).

Molto attivo anche in tutta la penisola italiana, Robelo venne segnalato a Giovanni Falcone sin dal 1987, quando gli investigatori americani, estensori di due rapporti su Michele Sindona, gli inviarono, attraverso il comando generale della guardia di Finanza - IV reparto, una relazione sull’OSJ (Sovereign Hospitallers Order of Saint John of Jerusalem), una sorta di Cavalieri di Malta  che venivano impiegati per riciclare denaro grazie al tipo di organizzazione (ambasciatori, sedi diplomatiche, passaporti, indennità di valigetta).

Insieme a Robelo nell’OSJ vi erano, oltre al faccendiere Francesco Pazienza, anche Pietro Calacione, maestro venerabile della loggia coperta Diaz di Palermo (cui risultano iscritti boss mafiosi del calibro di Salvatore Greco, fratello di Michele e Giacomo Vitale, cognato di Stefano Bontade).

In Sicilia Robelo risulta collegato anche con Victor Busà (presidente del Parlamento mondiale per la sicurezza e la pace), Salvatore Bellassai (capogruppo siciliano della loggi P2), Carmelo Cortese (iscritto alla P2 elemento di collegamento tra la mafia calabrese e quella siciliana) e Giuseppe Mandalari, commercialista di Riina.

Per una strana coincidenza ai tempi della latitanza di Riina correva voce che il boss di Corleone usasse, per i suoi spostamenti, un’auto con targa diplomatica nicaraguense. Ma, se queste sono ‘voci’, i fatti invece raccontano che  il 25 agosto 1992, a poco più di un mese dalla strage di via D’Amelio, durante una perquisizione presso gli uffici dell’imprenditore Salvatore Sbeglia (proprietario di una villa in via Bernini 38,  via e numero civico dell’ultima residenza di Totò Riina) vennero ritrovati, dietro una parete mobile, computer, floppy e documenti in cui erano riportate operazioni immobiliari in tutto il mondo. Sullo stesso pianerottolo dell’ufficio di Sbeglia vi era una porta con su scritto: del Nicaragua - Ufficio per le relazioni culturali ed economiche. Peccato che, secondo la Prefettura e la Questura a Palermo non fosse mai stata ufficialmente aperta alcuna sede diplomatica di quel Paese. Si scoprirà, poi, che si trattava di una associazione nicaraguense fondata da Pietro Calacione nominato da Robelo  rappresentante diplomatico del Nicaragua in Sicilia.

A cosa si riferissero i documenti concernenti trasferimenti immobiliari trovati nell’ufficio di Salvatore Sbeglia non è dato sapere, certo è che Robelo risultava coinvolto, in quegli anni, anche nell’inchiesta Phoney Money/nuova P2 di Aosta (inchiesta poi finita a Roma ed archiviata) che aveva individuato una complessa organizzazione specializzata in truffe, e riciclaggio a livello internazionale, operate dando in garanzia o immobili già più volte ipotecati ad istituti di credito con funzionari compiacenti, o titoli falsi emessi da banche inesistenti.

Ma veniamo ai nostri giorni. Robelo è stato infatti recentemente accusato di tentata truffa in Spagna, insieme all’ex presidente della squadra di calcio Real Madrid, Lorenzo Sanz. Pare abbiano  cercato di rifilare all’istituto di credito Banesto di Cordoba titoli falsi di una inesistente banca di Hong Kong per centinaia di milioni di dollari. Lorenzo Sanz è stato immediatamente arrestato, mentre Robelo, grazie al passaporto diplomatico, è potuto rientrare immediatamente nel Paese centro americano. Certo è che, questa volta, Robelo ha dovuto faticare per ottenere l’immunità diplomatica. Il Nicaragua, infatti, ha prima cercato di proporlo come ambasciatore del Nicaragua in Vaticano, senza ottenere il gradimento della Santa Sede, poi ha cercato di proporlo come console onorario in Belgio, anche in questo caso ricevendo un no, alla fine il presidente Ortega ha dovuto creare un nuovo incarico diplomatico per l’amico massone; oggi Alvaro Robelo è «ambasciatore itinerante per missioni speciali» (?).

Ma che c’entra il nicaraguense Robelo con lo spagnolo Sanz?

Secondo Sanz, che si dichiara estraneo alla tentata truffa, Robelo gli sarebbe stato presentato da alcuni amici italiani. Anche in questo caso non si sa chi siano questi amici. Certo risulta strana la coincidenza che vede Sanz interessato all'’acquisizione del Parma calcio nel 2005 (poi non andata in porto) e le poco chiare vicende della Parmalat Nicaragua. Per capire facciamo un passo indietro.

Tanzi sbarca in Nicaragua alla fine degli anni ‘90. Presidente della repubblica centroamericana è Arnoldo Aleman Lacayo. La Parmalat in pochi anni diventa leader della produzione del latte con un fatturato annuo che si aggira intorno ai 60 milioni di dollari. A dirigere la centrale nicaraguense Aldo Camorani, fedelissimo di Tanzi fin dai tempi di Odeon TV e del relativo buco di 90 miliardi.

Le cose per la Parmalat Nicaragua vanno a gonfie vele, tanto che Tanzi tenta di acquistare il Banco Nicaraguense de Industria y Comercio (Banic). Ma nel 2003 tutto cambia. Arnoldo Aleman, definito dall’ex presidente degli Stati Uniti Carter: ‘Uno dei politici più corrotti dell’emisfero’, viene arrestato per riciclaggio e condannato a 20 anni. Quasi contemporaneamente il più grande scandalo di bancarotta fraudolenta ed aggiotaggio perpetrato da una società privata viene scoperto: è il crac Parmalat.

Come già segnalato in precedenti articoli della Voce, pochi mesi prima del crac Tanzi fa uno strano viaggio che lo porta a Quito, dove, secondo un’importante agenzia investigativa internazionale, incaricata dal team del commissario straordinario Bondi, si incontra con Carlos Pellas Chamorro.  Pellas, presidente del Gruppo Pellas proprietario Banco de America Central (BAC), uno dei più grandi istituti di credito centroamericani con sportelli in utilissimi paradisi fiscali, è stato grande sostenitore, nel 1996, della candidatura di Arnoldo Aleman a presidente della repubblica del Nicaragua. Il motivo dell’incontro è sconosciuto. Quello che è certo è che il ‘tesoretto’ di Tanzi non è mai stati ritrovato, Arnoldo Aleman ha ottenuto l’amnistia ed oggi si trova, accanto a Daniel Ortega, alla guida del Paese centroamericano; nel 2008, Carlos Pellas è stato nominato console onorario dell’Italia a Granada (Nicaragua) e gli è stata concessa, dal nostro presidente della repubblica, l’onorificenza delll’‘Ordine Della Stella Della Solidarietà Italiana’, nel suo massimo grado di Grande Ufficiale. All’atto della consegna il nostro ambasciatore in Nicaragua Alberto Boniver (fratello di Margherita Boniver, craxiana di ferro) ha affermato che il gruppo Pellas: ‘si è dedicato all’ambito sociale aiutando i meno fortunati. Questo aspetto è molto ammirabile perché non tutti i gruppi economici dedicano tanto tempo e denaro alle opere sociali come fa il Grupo Pellas’. Non si sa a quali opere l’ambasciatore facesse riferimento, quello che, invece, ancora una volta è certo, è che la nomina è stata ufficializzata a pochi giorni dalla decisione del Tribunale Permanente dei Popoli (TPP) di condannare eticamente e moralmente il Gruppo Pellas, per essere responsabile della malattia e morte di migliaia di ex lavoratori delle piantagioni di canna da zucchero dell’Ingenio San Antonio, nonché del loro abbandono al momento di ammalarsi di Insufficienza Renale Cronica (IRC).

A completare il quadro delle nomine proposte dal Nicaragua, ed immediatamente accettate dal nostro Paese, si deve segnalare quella di Maurizio Gelli, già incarcerato a Vienna nel 1999 per sospetto riciclaggio, ad aggregato economico e di finanza onorario del Nicaragua in Italia, con tanto di ufficio a Roma in via Brescia. Maurizio Gelli, inoltre, è anche console onorario del Nicaragua nello Stato di San Marino, negli ultimi anni al centro di una vera e propria guerra, senza esclusione di colpi, portata avanti dal potere per cercare di bloccare le inchieste giudiziarie che vedono coinvolti impresari, massoni e politici italiani nel riciclaggio di denaro che si opererebbe nel piccolo Stato - nazione.

Ma si sa che il Nicaragua è un Paese generoso verso i nostri connazionali, cui dispensa immunità e protezioni da decenni, tanto da disseminare la penisola italiana di consoli onorari e ad honorem: per la città Milano, per la provincia di Arezzo, per la città di Cuneo, per la città di Parma, per la città di Padova, per la città di Firenze, per la città di Palermo, e via dicendo. Tutti questi consolati, con relative immunità, sparsi per tutta la penisola non possono certo trovare giustificazione nel flusso di turismo verso il Paese centro americano. E allora di quale flusso si tratta?».



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