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India: una base in Tagikistan (!)
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INDIA - Da quando Washington glielo ha fatto credere, Delhi ritiene di essere pronta a fare dell’India una «potenza globale».

Sta cercando di ottenere una base aerea militare in Tagikistan.

Con sua sorpresa, si trova in rotta di collisione con Mosca, vecchio alleato (1).

La base è quella ex-sovietica di Ayn, a 10 chilometri dalla capitale tagika Dushanbe, abbandonata dagli anni ‘80 (serviva come base per l’intervento russo in Afghanistan) e che gli indiani hanno rimesso in sesto dal 2002.

Nella base, dove sono presenti 150 militari indiani, la nuova «potenza globale» voleva inizialmente piazzare una squadriglia di MiG-29, quasi certamente su suggerimento dei nuovi amici dell’India a Washington.

Ayn dava all’India una testa di ponte nell’Asia centrale, la zona oggi più contesa dalle ambizioni petrolifere USA e cinesi, e di incalcolabile valore strategico.

Il Tagikistan infatti confina con Cina, Afghanistan, Uzbekistan, e Kirghizistan.

Una striscia sottile di territorio afghano (il corridoio di Wakhan) separa il Tagikistan dal Pakistan,

il tradizionale nemico.

India e Tagikistan hanno stretto cordiali rapporti dai tempi della resistenza anti-Talebana, quando entrambi sostenevano l’Alleanza del Nord capeggiata da Massud (tagiko).

In Tagikistan l’India riparava i caccia sovietici dell’Alleanza, mandava istruttori militari e gestiva un ospedale per i feriti a Farkhor, a sud-est di Dushanbe.

Niente di più facile per i fiduciosi indiani che chiedere - e a tutta prima ottenere - dagli amici tagiki la base di Ayn.

Solo che, dall’idea iniziale di spiegarvi la squadra di MiG-29, Delhi ha ridimensionato il progetto: solo una squadriglia di elicotteri Mi-17 V1.

Poi, ancora meno.

Oggi si parla persino di un abbandono della base.

«Problemi tecnici», ha detto il ministro indiano della Difesa, Arackaparambil Kurian Antony.

Ma la verità sarebbe un'altra: la Russia sta premendo sui tagiki per rifiutare all’India l’accesso alla base.

Sorpresa di Delhi: si aspettava proteste dal Pakistan e dalla Cina, ma non da Mosca da cui è unita da decenni di collaborazione anche militare.

Tanto più che, nel 2002, la Russia aveva dato un assenso silenzioso alla testa di ponte indiana nel suo ex-cortile di casa.

Solo che a quel tempo l’India non aveva stretto la relazione speciale con Bush, quella che sembra una vera alleanza (o almeno così credono gli indiani), con tanto di trasferimento di tecnologie nucleari dagli USA.

L’India ha stanziato una quarantina di miliardi di dollari da spendere nei prossimi anni per rinnovare l’armamento, quasi tutto sovietico.

Ora Mosca attende di vedere se Delhi, diventata «occidentale», si fornirà in USA, Francia e Paesi NATO.

Frattanto, la consegna all’India della portaerei  «Ammmiraglio Gorshko» viene ritardata, e i costi dei caccia a bordo (Sukhoi) sono molto aumentati.

Secondo Phunchok Stobdan, dell’Institute for Defense Studies and Analyses di Nuova Delhi, Mosca ha fatto capire che gradirebbe che il dispiegamento indiano nella base di Ayn avvenga sulla base di «un accordo multilaterale nel quadro della Shanghai Cooperation Organization», la semi-alleanza centro-asiatica costituita da Putin radunando i Paesi preoccupati dell’infiltrazione americana nell’area.

La Cina ne fa parte, e l’Iran vi viene invitato come osservatore.

Ciò farebbe perdere all’India il suo nuovo amico americano, data la colorazione dello SCO. Insomma Putin ha fatto capire che per realizzare le sue ambizioni «globali», l’India ha pur sempre bisogno di Mosca.
Delhi è sospesa in una scelta difficile; l’esito della faccenda è incerto.


Ma in ogni caso, è una lezioncina: per essere «potenza globale» come gli hanno fatto credere a Washington, l’India deve anzitutto studiare la geopolitica del ventunesimo secolo.

Forse comincia a capire che il Grande Gioco in corso in Asia centrale non ammette troppo numerose «potenze globali», e che la sua funzione, agli occhi di Washington, rischia di essere quella di subordinato satellite.

E’ da valutare se questo coincida con i veri interessi nazionali indiani.

 


Note

1) Sudha Ramachandran, «Russian turbulence for Indian airbase», Asia Times, 1 febbraio 2008.


 
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