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Note per i lettori dell’eredità culturale di Auriti
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Premettiamo che non stiamo esclusivamente rispondendo ai lettori che hanno commentato l’articolo del 24 febbraio «L’eredità culturale di Giacinto Auriti».
Si tratta piuttosto di note integrative che possano esaltare le tesi dell’autore.
E’ un invito alla riflessione il pensiero di un filosofo e storico della filosofia che a proposito della moneta: «…perché la sua unica realtà consiste nella previsione che sarà accettata [grassetto nel testo] e prevedere il come, il quanto e il quando di tale accettazione diviene impossibile».
La moneta debito li renderà  possibili.
Il filosofo cattolico è Vittorio Mathieu (1).

1) Al signor Sblano di Bari ricordiamo, a conferma, il punto di Dahrendorf,  liberale, ex rettore della London School of Economics & Political Science, segretario di Stato (agli Esteri) nel governo Brandt,  mondialista di rango (per essere stato uno degli unici sette membri «internazionali» del Bilderberg Group), a proposito della frattura fra società «pattizia» e società «contrattuale». Dahrendorf attribuisce (2) ad Henry Maine la dichiarazione: «Si può dire che il movimento delle società progressiste è stato finora un movimento dallo status al contratto» assunto che il «movimento» viene eletto a denominatore comune delle definizione che i diversi intellettuali hanno dato della modernità.
Faremmo attenzione al concetto di «personalismo» per la scivolosità procuratagli dall’individualismo; riteniamo che Auriti avesse in mente il «civis romanus», e si servisse del concetto di persona (umana) per poterlo contrapporre a quello di persona giuridica.
Costretto, cioè, dal dover trattare della persona giuridica (come astrazione), accetta per intero il termine (ma poco il concetto) di persona.

2) A Giuseppe Tp dobbiamo dire che non si fa questione circa l’ingestibilità della politica monetaria da parte dello Stato per via di un suo ipotetico stampare moneta à gogo e di un profittarne a proprio beneficio; si fa la questione, ben più grave, di dismissioni, di cessioni, divenute  ricorrenti nei confronti dell’economia e della finanza, delle proprie prerogative (sovranità) da parte del politico a vantaggio di soggetti sociali (privati) che nulla avrebbero potuto senza il suo consenso.
Il protestante Guglielmo III d’Orange, diventato re d’Inghilterra, abbandona l’emissione di banconote e la gestione del debito pubblico nelle mani della neonata Banca d’Inghilterra.
Avversato in ciò solo dai tories.
Comunque sia, la storia e la cronaca (monetaria) d’Italia e della UE sono un esempio facilmente riscontrabile di tale inconsapevolezza politica.
Si tratta, insomma, di una molto più ampia crisi delle aristocrazie e delle élite, incapaci culturalmente di «leggere» gli eventi; non riconoscono la natura della rivoluzione (francese), non padroneggiano il concetto di valore (si pensi, da ultimo, alla «quota ‘90» da raggiungere a tutti
i costi) e così via.
Nel vuoto storico della politica si sono precipitati poteri «altri», divenuti successivamente ingovernabili.
D’altra parte gli avvoltoi non si presentano se non «sentono» l’odore di morte.
Puntuale la citazione dal «Capitale» di Marx.

3) Milva di Ancona troverà in queste ultime righe la risposta ai quesiti.
E’ ai politici che si deve chiedere ragione di dismissioni di tale portata.
Guglielmo III per via del suo carattere, favorì il diffondersi di una certa fiducia sociale
«…in cui poterono svilupparsi il debito pubblico e la Banca d’Inghilterra».              
Gli eventi evolvono rapidamente e duole essere consapevoli di non potere quasi più sperare, dopo la morte del «professore» (era così che anche i più confidenti chiamavano, e addirittura si riferivano a Giacinto Auriti), in una loro interpretazione «autentica».
Dunque, occorre che essa resti saldamente la più fedele al pensiero espresso da lui, ed occorre che vengano respinte in radice le voglie di aggiustare quell’impianto ideologico poiché una simile operazione, oltre che ad essere disonesta, renderebbe disfunzionale l’intera struttura di pensiero del nostro.
Quell’impianto infatti viene chiamato  non più e non solo ad essere strumento interpretativo di fatti di rilevante gravità oltre che ipotetica guida (pensiamo alle azioni legali personalmente intraprese da Auriti) di possibili ribellioni popolari, ma deve essere impegnato, alla stregua dei basamenti su cui gli edifici vengono edificati, a reggere i carichi imposti da nuovi pesi.
Eventi sempre nuovi e gravidi di conseguenze preoccupanti, si sovrappongono rapidamente gli uni agli altri ed impongono, quindi, la verifica della solidità del pensiero di Giacinto Auriti.
Di essa siamo da tempo più che convinti ma, chiediamo, del suo pensiero non può che restare l’identificazione con il signoraggio?
Una volta che esso sia stato vagliato in profondità, oggi, Auriti può dirci che cosa ed a chi?
In quello che potremmo considerare il suo testamento spirituale (3), sintesi di anni fantastici, si trova la risposta: cinque risposte alle cinque domande di Pound costituiscono le fondamenta adeguate per leggere con grande chiarezza gli eventi correnti ed, eventualmente, per individuare possibili linee d’azione.

Intendiamo dire che il valore, la moneta, la circolazione, il credito e l’interesse (4) costituiscono
i riferimenti fondanti di altrettante questioni attuali.
Vediamo alcuni esempi: la carta filigranata e stampata da Bankitalia., in quale momento cessa di essere «materia signata quantitate» per diventare titolo individuabile per singolo esemplare ed avvalorabile per convenzione quando ancora non è stata immessa nella circolazione?
Quando viene apposta sui conti di Bankitalia e del Tesoro o quando viene immessa materialmente sul mercato?
Quando i contanti, freschi di stampa, escono dallo stabilimento di Bankitalia ne escono come titoli o come carta stampata?
Il primo prenditore è lo Stato che ne riceve una parte ovvero egli è solo un intermediario di carta stampata in cerca di allocazione, carta che sarà «avvalorata» quando le banche commerciali la metteranno in circolazione dopo averla ricevuta da Bankitalia?
Sul concetto di valore, che Auriti concepiva come rapporto tra fasi di tempo occorrerebbe, con utili note a margine, dire di più, molto di più (5).
Di esempi potrebbero esservene ancora; un questione che si pone con urgenza e che trova ancora una volta premesse corrette nel suo pensiero, è quella relativa alla moneta elettronica così come è stata definita da Bankitalia e nelle nuove forme del credito che interferiscono gravemente con la circolazione monetaria tanto più compromessa se si considera che esiste una direttiva dell’ABI diretta ad incentivare o addirittura a forzare l’uso di strumenti alternativi al contante («contro il contante») quali sono le carte di debito o carte di credito od ordini di addebito.
Detto in altri termini, il progetto sarebbe quello di indurre i cittadini ad eseguire i pagamenti inferiori ai 50 euro mediante carta piuttosto che mediante contante.
Il progetto dovrebbe rientrare, si badi, in un disegno di «radicale cambiamento culturale» (6).

Ancora una volta le premesse poste da Auriti sono in grado di chiarire anche quest’ultima espressione con particolare riguardo nei confronti del concetto sostenuto dal termine culturale.
Non si dimentichi che la circolazione creditizia - che potremmo definire «orizzontale» per via del fatto che si svolge ancora fra soggetti che immaginati per comodità come giacenti sul piano costituito dalla base della piramide dritta contrapposta da Auriti alla piramide rovesciata (7) - ha subito un  brusco rallentamento con l’utilizzo sempre più frequente della apposizione delle clausola di non trasferibilità sugli assegni.
Scriveva Marx: «Il denaro è il legame che mi unisce alla vita umana, alla società, alla natura ed ai miei simili: non è dunque il legame dei legami?» (8).
Ha scritto Auriti: «La moneta è per la società quello che il sangue è per il corpo umano».

Giuliano Rodelli




1) Vittorio Mathieu, «Natura sociale ed evoluzione del denaro», si trova in «Il denaro nella cultura moderna», Bulzoni 1998, pagina 24.
2) Ralf Dahrendorf, «Il conflitto sociale nella modernità», Laterza, 1990, pagina 28.
3) Giacinto Auriti, «Il Paese dell’Utopia», Tabula Fati, 2003.
4) Ivi, pagine 15-32.
5) Si vedano, ad esempio, Carl Schmitt, «La tirannia dei valori», Pellicani s.d.II ed, e anche John Maynard  Keines, «Trattato della moneta», Feltrinelli, 1979.
6) Diana Pugliese, «E’ guerra alla banconota», da Rinascita del 29.11.06.
7) Giacinto Auriti, «Il valore del diritto», Zolfanelli, 1988, pagina 15.
8) Citato in: Giovanni Giovannelli (a cura di), «Segui il denaro», Associazione Culturale Mimesis, 2003, pagina 15.



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