>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
Fabbricano una nuova crisi. Cavia, l’Italia.
Stampa
  Text size
Sì, sembra che sulla plancia di comando di Italia Discordia ci siano un centinaio di comandanti Schettino troppo occupati ad azzuffarsi per prendere il timone. Tutti i media si occupano della decadenza di Berlusconi, non della decadenza dell’Italia che ha perso il 15% del suo complesso industriale, che prima era il secondo dopo quello tedesco, e ha visto chiudere 32 mila imprese. Si fa finta di credere che il Cav farà cadere il governo Letta-Alfano, cosa che non sa fare e l’ha già dimostrato: nulla è più solido del governo Letta.

Viene un dubbio: che sia una distrazione di massa? Come l’ammuina su Datagate, la Merkel che scendendo dal cielo scopre che gli americani intercettano il suo cellulare e decide – una volta – di indignarsi? E il Tesoro Usa che risponde accusando la Germania di ostacolare l’anemica ripresina globale (per chi l’ha vista) insistendo ottusamente con la sua politica di solo export – ormai ha un surplus commerciale triplo della Cina – e niente consumi interni: che è verissimo, ma uno dice: che cosa c’entra? (U.S. Blasts Germany's Economic Policies)

Già: e se fosse tutta una finta zuffa? Se stessero distraendoci per preparare qualcosa?

Lo Spiegel ha lamentato: i leader della UE radunatisi a Bruxelles, nonostante le loro promesse, «hanno rimandato i piani per una maggiore integrazione politica e di bilancio»; le promesse di affrontare «gli argomenti difficili» sono state messe da parte con la «distrazione dello spionaggio Usa in Europa». Il fatto è che i politici non sentono più l’urgenza della crisi, sicché hanno scartato le decisioni di «stabilire un bilancio europeo congiunto con un Tesoro Europeo, la mutualizzazione del debito, creando fra l’altro un sussidio di disoccupazione europeo (sic)».

E Spiegel lascia la parola conclusiva al Bruegel Institute di Bruxelles: «I progetti di unione politica e di bilancio sono stati tolti dal tavolo. Occorrerà una nuova, più grossa crisi per riportarceli». La frase è pronunciata da tale Zsolt Darvas, ricercatore e fellow del suddetto Bruegel.

Probabilmente non avete sentito mai nominare né l’uno né l’altro, e vi chiederete come mai sembrano decidere loro i nostri destini. Il Bruegel è un pensatoio (think tank) alla cui testa c’è Trichet, l’ex governatore della BCE che ha praticato la più stolida politica di restrizione monetaria. Darvas è (avete indovinato) un ebreo ungherese, fratello o parente stretto del rabbino Istvan Abel Dervas di recente immigrazione a Budapest (in Ungheria sono tornati 80 mila ebrei) che ha cambiato aria ed ora è entrato negli ingranaggi dell’europeismo tecnocratico, a fare il suggeritore bruxellese.

Ricordiamoci il loro piano generale: indurre i cittadini e i governi europei ad implorare, nelle tempeste di crisi asimmetriche e ingovernabili, una totale «integrazione», rinuncia alla sovranità, costituzione degli Stati Uniti d’Europa. È il progetto cui hanno accennato i Delors, i Monnet, i Padoa Schioppa, i Mario Monti, Draghi, Napolitano, Letta... da cui lo slogan «mai sprecare una bella crisi». Il fatto è che la crisi in corso non li ha accontentati; sì, ci sono milioni di disoccupati, centinaia di migliaia di imprese chiuse per smpre, danni irreparabili dall’euro sui paesi deboli – è proprio una bella crisi. Però, invece che governanti imploranti di entrare negli Stati Uniti d’Europa, ha formato partiti «populisti» da una parte, e una Germania che fa una politica di egemonia non coordinata, e tedeschi che hanno votato Merkel proprio perché lei ha promesso di non accollarsi mai il debito italiano...

Dunque occorre un’altra crisi. Viene pianificata. E si pensa farla scatenare dall’Italia. Allo Spiegel, «Darvas suggerisce che una perdita di fiducia da parte dei mercati sulla economia italiana così altamente indebitata, essendo la terza come dimensioni, potrebbe essere la carta jolly per forzare la UE a riconcentrarsi sulla coordinazione di bilancio».

Un sito americano che seguo, Daily Bell, commenta che forse per questo c’è una certa fretta di liquidare Berlusconi politicamente. «Assente Berlusconi, l’Italia è un bersaglio che vale la pena di colpire perché è politicamente divisa, mostruosamente tassata, eccessivamente regolamentata, e abbastanza grossa da avere un vero impatto mondiale se venga provocata una vera crisi».

Oddio, non Berlusconi sia mai stato l’intrepido paladino degli interessi italiani. Ma è vero che tolto di mezzo lui, il partito di centro-destra, quello maggioritario nel Paese, rappresentante in qualche modo del ceto medio e dei produttori, cade nel marasma e non troverà mai più la saldezza necessaria per opporsi al gran disegno, anzi a nessun disegno. Di fatto è già spaccato: nani col governo, ballerine «leali» col pregiudicato. Così quando la Discordia andrà sullo scoglio, potranno dire: eravamo distratti; noi non c’eravamo, vi abbiamo tolto l’IMU...

Voi direte: ma questo complotto sarebbe contro la Merkel, contro i tedeschi – che mai vorrebbero un bilancio comune con Italia, Spagna, Grecia, Portogallo, con l’emissione di titoli di credito comuni, mettendo a disposizione il loro tasso bassissimo che pagano per indebitarsi con quello delle cicale. Ha fatto la sola vera svalutazione competitiva, tenendoci nell’euro «forte» per noi, e svalutato rispetto al marco... Berlino, il Bruegel e il Darvas se lo mangia in un boccone.

Vero. In apparenza. Ma siete proprio sicuri che questa sia la volontà politica di Angela Merkel e del suo governo?

Prendete Wolfgang Schauble, il suo ministro delle Finanze e suo intimo confidente. Ecco cosa ha detto al New York Times nel novembre del 2001. In inglese, lontano dal suo elettorato. «C’è un limitato periodo di transizione in cui dobbiamo gestire la nervosità dei mercati. Se è chiaro che per la fine del 2012 o metà 2013 abbiamo tutti gli ingredienti per nuove rafforzate e più profonde strutture politiche unitarie, penso che funzionerà». Commentò il New York Times: «Egli vede il disordine non come un ostacolo ma come una necessità». «Possiamo conseguire una unione politica solo se abbiamo una crisi», ha detto mister Schauble.

E questo è Schauble: quello che continua a ripetere che per l’Italia la ricetta è «il rigore», mettere a posto i conti, che ha criticato Mario Draghi perché fa acquistare dalla BCE titoli dei Paesi del Sud...». È un aiuto di Stato occulto.

Ebbene: anche Schauble vuole l’integrazione europea preconizzata dai congiurati, da Monnet, da Padoa Schioppa e Delors. Non è diverso da Romano Prodi, che nel 2001 disse al Financial Times: «Sono certo che l’euro ci obbligherà a introdurre un nuovo armamentario di strumenti di politica economica. È politicamente impossibile proporlo adesso. Ma un giorno ci sarà una crisi e nuovi strumenti verranno creati».

Lo disse beninteso in inglese: «I am sure the Euro will oblige us to introduce a new set of economic policy instruments. It is politically impossible to propose that now. But some day there will be a crisis and new instruments will be created». Per orecchie italiane, ci aveva detto nel 1999: «Con l’euro lavoreremo un giorno in meno e guadagneremo come se lavorassimo un giorno in più».

Scahuble non è diverso da Mario Monti che s’è vantato con la
CNN di «distruggere la domanda interna per mezzo della disciplina fiscale» in Italia, e in numerose interviste si è augurato una bella crisi economica, da disastro, per forzare gli Stati Uniti d’Europa. Non si distingue da Letta, che al New York Times ha annunciato: alle elezioni europee del 2014, «C’è il grosso rischio di avere il Parlamento europeo più anti-europeo di sempre», sostiene il premier, per il quale i principali partiti europeisti del Vecchio Continente, nelle prossime elezioni europee, dovranno ottenere almeno il 70% dei seggi per evitare una «legislatura da incubo... Combattere il populismo è oggi a mio avviso una missione, in Italia e negli altri Paesi».

Tutti questi sono «congiurati» alla Monnet: non sono lì per ridare fiato all’economia, innescare un po’ di crescita, salvare l’Italia, e forse nemmeno la Germania, ma per salvare l’euro e fare gli USE, United States of Europe. E precisamente: sono lì per creare la bella crisi, da sempre perseguita, che precipiti l’unificazione europea.

Così si spiegano certe cose. Non solo gli Schettino che si azzuffano sulla motonave Discordia; non solo la studiata inconcludenza del governo di larghe intese mentre lampeggiano in rosso tutti i segnali d’allarme: collasso produttivo, disoccupazione che galoppa (altri 80 mila a settembre), desertificazione industriale, aumento inarrestabile della spesa pubblica, esazione fiscale a livelli mortali, come vedete qui sotto:



E non fanno niente. Quella di Letta è «una politica completamente passiva, siamo in una trappola del debito, e diversamente dalla Spagna continuiamo a perdere competitività del lavoro rispetto alla Germania», confida il professor Giuseppe Ragusa della Luiss al Telegraph, e confessa di non capire. Ma che c’è da capire?

Stanno solo aspettando che l’Italia imploda. Forse come mezzo per costringere la Germania, forse per dare a Berlino la scusa: «Vi ho promesso che mai e poi mai, però, la forza maggiore...». Così si spiegano molte cose. Si spiega come mai la BCE e Mario Draghi abbiano lasciato rincarare l’euro di un altro 8% sul dollaro e dunque sullo yuan cinese (ora per noi esportare nel mondo dollarizzato è come offrire le merci a quasi il 40% in più), «condizione bizzarra per una regione l’Europa, impantanata in una disoccupazione-record e che sta indietro al resto del mondo (per crescita) di una lunghezza», commenta il Telegraph: economia debole come si concilia con moneta forte?

Ciò perché gli Usa stampano a manetta svalutando a rotta di collo, il Giappone stampa (dopo decenni di deflazione) ed ha svalutato lo yen del 22%, e persino la Svizzera tiene «basso» il suo franco sull’euro, facendo le operazioni semplici e ben note che le altre banche centrali sanno fare. Tutto il mondo è impegnato nella svalutazione competitiva. Draghi no. Perché i tedeschi non vogliono: loro, adottando l’euro al posto del marco, già hanno realizzato la loro svalutazione competitiva. Letta potrebbe farlo pesare, ma no. Tutti passivi, in attesa che l’Italia imploda, il numero dei disoccupati decuplichi e allora sarà «forza maggiore».

La Cancelliera (o i suoi industriali) hanno creato un «successo mostruoso»: il loro attivo dell’import-export ammonta a 1400 miliardi di euro, un surplus «cinese», una cifra inimmaginabile: è il 50% del Pil tedesco. È una disparità insostenibile specie perché a spese delle nostre industrie; dov’è la «solidarietà europea»? Tiene duro, la cancelliera. Forse, sta accumulando per creare una riserva e un atterraggio morbido quando dovrà dire al suo elettorato: Facciamo gli USE, non c’è alternativa...

Uno studio di Mediobanca riconosce tutto questo, mostra che l’Italia ha perso entrando nell’euro e perdendo la sua moneta, accusa la Germania. Ma non per dire che a noi conviene uscire; per dire che «il Nord deve venire incontro alla periferia a metà strada». (Mediobanca hints at Italian euro exit unless Germany shifts on EMU policy)

Ecco, questo è il pio desiderio su cui si basa Letta. Ovviamente, Berlino non accederà se non dopo averci fatto pagare un prezzo altissimo: la sua insistenza su «rigore» non si è addolcita, anzi si incrudirà. Dove vuole portarci? A che la crisi economica ci faccia implodere come la Grecia. E poi, rovinati per sempre e senza ritorno, metterci sotto la tutela della Troika, dell’agente pignoratore globale.

Ancor oggi, l’Italia ha un attivo primario (pari al 2,5% del Pil), una esposizione al debito estero relativamente più bassa di Spagna e Portogallo, una ricchezza delle famiglie: il che significa che potrebbe uscire dall’euro e tornare a far concorrenza ai tedeschi. Una nuova, «bella crisi» italiana provocata da «sfiducia dei mercati» lo dovrà impedire. Prima, ci si deve prosciugare come un osso di seppia delle imprese strategiche che ancora abbiamo, e a ciò sta procedendo Saccomanni. Alla fine, resterà una cosa da dare: i prelievi sui patrimoni familiari, le esazioni forzose sui depositi bancari, che il Fondo Monetario già consiglia. La ricchezza patrimoniale mediana italiana (non media, mediana) è sui 170 mila euro, quattro volte di più di quella tedesca che è 51.400. Ecco a cosa mira la Cancelliera: hanno troppo grasso questi italiani, è uno scandalo, prendete da lì.

* * *

Quanto al destino che hanno in serbo noi, noi come esseri umani di lingua italiana, non faccio che riportare quel che ha scritto il sito Bassa Finanza:



Quest’articolo di Jeff Thomas, un signore piuttosto esperto e alquanto smart, che analizzando gli eventi storici (dal crollo dell’impero romano, a Weimar, all’Argentina…) ha stilato una sorta di decalogo: le dieci fasi in cui si evolve un collasso. Sottolineando innanzitutto che dopo un collasso e una depressione ci vogliono anni e anni prima di avere uno straccio di ripresa. Anche nella famosa depressione Usa degli anni ’30 ci vollero 10 anni solo per arrivare a toccare il fondo. E non fu il crash del ’29 a creare la mega disoccupazione, ma piuttosto gli interventi restrittivi e i sempre maggiori controlli soffocanti da parte del governo dei burocrati negli anni seguenti, che stroncarono via via le imprese che già faticavano a sopravvivere. Questo sì portò all’incremento esponenziale, tragico della disoccupazione.

E veniamo al Decalogo. Secondo l’autore l’evolversi degli eventi funziona come un domino, seguendo quasi sempre lo stesso ordine. Questo perché in fondo la natura umana (e quindi le reazioni agli eventi) è sempre la stessa, anche se i dettagli della storia cambiano. Ovviamente non è detto che lo schema si ripeta sempre alla lettera in tutti i suoi fattori; e però come diceva Mark Twain: “La storia non si ripete, ma fa rima”.

LE DIECI FASI DI UN CRASH

(Secondo l’autore le prime tre si sono già verificate – compresa l’inflazione, che non è quella sbandierata nei tiggì – e siamo quindi alla fine dell’inizio, in attesa della quarta).

1 CROLLI INIZIALI

Crash del mercato degli immobili residenziali
Crash degli immobili commerciali
Crash delle Borse

2 PRIME REAZIONI A CATENA

Espropri/perdita della casa
Perdita del lavoro
Inflazione

3 PRIME REAZIONI DEI GOVERNI

Salvataggi per alcuni soggetti selezionati
Drammatico incremento del debito
I politici vanno nella direzione opposta a quella delle soluzioni concrete

La prima reazione impulsiva arriva immediatamente, con il governo che cerca di “far sparire il problema” il più velocemente possibile. Quasi sempre in questa fase le strategie correttive sono preparate in fretta e furia e poco lungimiranti, garantendo di fatto un ulteriore peggioramento dell’economia.

Il problema si aggrava progressivamente fino allo scatenarsi di una nuova serie di effetti a catena, che avviene in genere all’improvviso e fa cadere altre tessere del domino.

4 SECONDA ONDATA DI CROLLI

Crolli significativi in Borsa
La valuta precipita
Aumentano le bancarotte
Incremento della disoccupazione

5 REAZIONI DEI PARTNER COMMERCIALI INTERNAZIONALI

I paesi stranieri rifiutano di comprare altro debito
Il commercio estero rallenta in modo drammatico

A questo punto il Governo introduce cambiamenti radicali, come i malaugurati provvedimenti protezionistici, che si ritorcono contro quasi subito.


6 IL GOVERNO ISTITUISCE MISURE DISPERATE E AUTO-DISTRUTTIVE

Default sul debito
Tariffe restrittive sulle importazioni
Controlli valutari

7 L’ECONOMIA REAGISCE DI CONSEGUENZA ALLE AZIONI DEL GOVERNO

Iperinflazione – drammatico incremento nei prezzi di cibi ed energia
Disoccupazione massiccia
Pignoramenti diffusi
Bancarotte difffuse

A questo punto il domino va giù veloce e gli eventi cominciano ad andare fuori controllo.

8 COLLASSO SISTEMICO

Chiusura delle banche
Notevole incremento dei senzatetto
Scarsità di cibo e carburante
L’energia elettrica viene fornita a singhiozzo; i blackout diventano comuni

Al susseguirsi di questi eventi, l’umore della folla oscilla fra rabbia cieca e paura.

9 COLLASSO SOCIALE

Incremento drammatico del crimine (specialmente per le strade)
Rivolte per il cibo
Rivolte contro le tasse
Ribellione dei senza tetto, con occupazioni abusive delle proprietà

10 LEGGE MARZIALE

Creazione di corpi speciali di polizia.
Provvedimenti restrittivi della libertà personali.


***

Segue un consiglio pratico per te, per me e per noi:

«Se vuoi uscire da questo periodo essendo ancora tutto intero è essenziale smettere di pensare nel presente. La maggior parte di noi tende a dire a sé stesso: Beh, le cose non vanno bene come prima, ma non sono neanche una tragedia. Mi posso adattare. Non so come enfatizzare abbastanza quanto un atteggiamento del genere sia miope. Piuttosto che permettere al tuo pensare di essere una semplice istantanea della tua situazione di oggi, fai lo sforzo di esaminare la direzione che gli eventi prenderanno e immagina cosa avrai bisogno di fare per non diventare una vittima di tali eventi. Questo è un principio fondamentale, se vuoi cavartela bene nei prossimi anni».

È un invito agli italiani a pensare. Pensare?! Non sia mai. Valga il detto di Thomas Edison:

«5% della gente pensa, 10% pensano di pensare, e l’altro 85% preferisce morire che pensare».

E quest’altro, di Van Loon: «Ogni tentativo di attaccare l’ignoranza è destinato a fallire perché le masse sono sempre pronte a difendere il loro più prezioso patrimonio: la loro ignoranza».

In inglese:

Five percent of the people think;
ten percent of the people think they think;
and the other eighty-five percent would rather die than think
- Thomas Edison

Any formal attack on ignorance is bound to fail because the masses are always ready to defend their most precious possession – their ignorance - Hendrik Willem van Loon



L'associazione culturale editoriale EFFEDIEFFE, diffida dal copiare su altri siti, blog, forum e mailing list i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright.   


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


La Dittatura Terapeutica
L’unica ed estrema forma di difesa da questo imminente, sottovalutato, tragico pericolo particolarmente grave per l’Italia, è la presa di coscienza
Contra factum non datur argomentum
George Orwell con geniale e profetico intuito, previde l’oscuramento delle coscienze, il tramonto della civiltà, l’impostura e apostasia dalla verità che viviamo, quando scrisse “nel tempo...
Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità