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Londra, Berlino, Roma: il sogno genocida degli Windsor
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Il filmato di 17 secondi recentemente emerso con la piccola regina Elisabetta ad otto anni con il braccio teso ha dato la stura a centinaia di articoli che hanno riesumato i non pochi legami tra la Germania nazista – cioè, i suoi massimi gerarchi, Hitler incluso – e Casa Windsor.

Noto è certamente il caso dello zio Edoardo VIII, che abdicò per sposare l’americana – quasi certamente una spia – Wallis Simpson; Edoardo era un fan sfegatato di Adolf Hitler, che andò a trovare in Germania; di suo, il Führer contava di piegare la Gran Bretagna con un’invasione e mettervi a capo Edoardo come una sorta di Quisling incoronato.

Un’allegra famiglia germanica


Meno noto invece è quanto raccontato in un documentario della rete britannica Channel FourThe Plot to make a King”, che era programmato per andare in onda ieri, 30 luglio.

La trasmissione racconta dei rapporti tra il Principe Filippo e la svastica, ivi compreso il curioso fatto che tutte e tre le sue sorelle hanno sposato aristocratici teutonici poi membri del Partito Nazista o delle SS. Il 19 luglio il Times of Israel ha pubblicato un’intervista alla storica anglo-britannica Karina Urbach, docente alla University of London e autrice del libro fresco di stampa The Go-Betweens for Hitler («Gli intermediari di Hitler»), dove tutti i legami antebellici – taluni patenti altri più misteriosi, esoterici – tra Londra e Berlino sono sviscerati e discussi.

Tra le due nazioni vi è stata nei lustri, dopo la Grande Guerra, un’alleanza, sulla quale peraltro Londra basava la sua geopolitica: sconfitta militarmente, Berlino non si classificava più come contendente di Heartland ––l’isola-mondo il cui controllo garantisce la supremazia mondiale, come da ossessivo imperativo strategico britannico di Halford John Mackinder e della Chatham House. D’altra parte, non dimentichiamo qui che la famiglia Windsor è tedesca: fu solo nel 1917 che questo ramo dei germanici duchi e prìncipi Wettin cambiò nome (per volontà di Giorgio V che desiderava contenere i sentimenti antitedeschi che infuriavano nella Gran Bretagna durante la prima guerra mondiale) da Sassonia-Coburgo-Gotha (più europeo, più tedesco di così) nel ben più anglofono «Windsor»

Fu di fronte a questa sfacciata operazione di rebranding, che il Kaiser Guglielmo II, ultimo imperatore tedesco, fece la storica battuta: aveva voglia, disse, di andare a teatro e vedere un’opera di Shakespeare, «Le allegre comari di Sassonia-Coburgo-Gotha».

C’è da chiedersi perché, d’improvviso, alla stampa scandalistica inglese – la peggiore del pianeta – siano state fornite queste piccanti immagini inedite che riallacciano le allegre comari di Windsor con il loro lato teutonico. Il motivo, sostengono gli informati, è da ricercarsi in una faida per il trono attualmente in corso. Una fazione del clan vorrebbe l’incoronazione del Principe Guglielmo, molto più popolare del padre Carlo per la sua mansuetudine e per la scelta di avere sposato – come il prozio Edoardo con la Simpson – una borghese, Kate Middleton. «Un’altra fazione – scrive Helga Zepp sull’EIR – è convinta che la Gran Bretagna possa salvare la propria rilevanza solo se si applica in una fondamentale ristrutturazione dell’intero Commonwealth. Questa seconda fazione è apparentemente dietro alle rivelazioni».

Prìncipi che si reincarneranno in virus


In realtà, ad accomunare il primo Stato ecologista del pianeta – la Germania nazionalsocialista – e la monarchia britannica è, per l’appunto, l’adesione ad una sorta di ideologia di ambientalismo totalitario. Vi sono sul globo poche realtà attive quanto la Monarchia Britannica nello spargere la balla del cambiamento climatico antropogenico, con relativa «decarbonizzazione dell’economia mondiale», ossia la nuova religione globale – interamente abbracciata anche dal Vaticano con tanto di Enciclica dedicata – che ha sostituito il peccato originale  con la carbon footprint, la quantità di CO2 che portiamo sul pianeta per il solo fatto di consistere in quanto umani viventi.

Conoscete la canzone: con la scusa di massimizzare le fonti dette «rinnovabili» – le uniche oramai giudicate moralmente accettabili – sono emarginate, e financo proibite, le energie dell’atomo e dei carburanti fossili; ancora più importante, è la riduzione della popolazione terrestre di 6/7, ossia un «rientro» sotto la soglia del miliardo di unità, come ai bei tempi del secolo dei lumi.

Il Principe Filippo è apertis verbis propugnatore della riduzione a meno di un miliardo, ed è famoso il suo sogno, pubblicato nella prefazione del suo libro del 1986 If I were an animal («Se io fossi un animale»), di reincarnarsi un giorno come un virus mortale, per poter contribuire ad un giusto sterminio di questa umanità in eccedenza. Ripeté questo suo desiderio varie volte, anche di fronte alle agenzie di stampa.

Sua Viralità il Principe consorte è anche fondatore del WWF e di numerose altre agenzie eco-centriche che hanno impedito negli anni lo sviluppo di infrastrutture in ogni angolo del pianeta, in perfetto stile coloniale british: girate per l’India, per il Sudafrica, per la Birmania, per le terre arabe un tempo sotto il controllo di Londra: non troverete un ponte, una ferrovia, una grande opera, niente. Andate ad Asmara, od Addis Abeba, o Tripoli, Misurata, e guardate come ancora oggi gli africani vivano sulle strutture – strade, scuole, acquedotti, industrie – messe in piedi dagli italiani, che quando arrivano, arrivano per restare, non per saccheggiare, come gli inglesi, che poi tolgono il disturbo scegliendosi antagonisti innocui come il fantoccio Gandhi.

Lo scorso 24 luglio il membro della Lok Sabha (il Parlamento indiano) ed esponente del Partito del Congresso Shashi Tharoor ha parlato all’Università di Oxford dei 200 anni di crimini perpetrati da Albione nei confronti della popolazione indiana, che produceva, all’epoca, il 24% dell’economia mondiale. La dominazione anglica li portò al 4%. Ne conseguirono carestie sfrenate che costarono, dicono alcuni storici, fino a 29 milioni di morti.

Un esempio, di questa insana propensione di Londra verso lo sterminio la si vide nel 1943, quando Winston Churchill ordinò di rimuovere le scorte alimentari del Bengala, ottenendo una fame che uccise quattro milioni di persone. Quando alcuni ufficiali britannici gli chiesero di rendere conto di questa mostruosa catastrofe, lui rispose con britannico sarcasmo: «perché, Gandhi non è ancora morto?». Era una domanda a trabocchetto. Gandhi non era morto perché incarnava il pupazzo perfetto per i progetti di de-colonizzazione dell’India.

Si tratta della prova del nove della doppiezza inglese: la storia britannica è fatta di regicidi, guerre intestine, principesse schiantate a duecento all’ora. Perché, di grazia, non uccisero Gandhi? Se lo chiedeva, ma sul serio, anche Adolf Hitler: «la soluzione per i problemi della Gran Bretagna in India? Uccidere Gandhi».

I reali inglesi da sempre combattono lo sviluppo perché sanno che con esso viene il benessere e quindi maggiori pretese dei colonizzati: meglio tenerli in povertà, privi di movimento, schiacciati da qualche dittatore cannibale che si compra con poco.

Sovrani dell’eco-sterminio


Va ricordato che il massimo teorico della de-carbonizzazione e della riduzione dell’umanità, quello Schellnhuber che ha strutturato l’enciclica Laudato Sì, è Commander of the British Empire (CBE), titolo assegnatogli da Elisabetta, che lo portò anche ad altre conferenze internazionali sul clima lanciando pubblici discorsi sulla bontà delle sue idee, come fece alla Conferenza sul Clima di Berlino –– altro strano intreccio, questo tra Schellnhuber e i Reali Inglesi, con gli Windsor appassionati alle idee sterminatrici di un tedesco.

Il Principe Filippo ha un altro advisor per la questione religioso-climatiche: Martin Palmer, organizzatore del «Summit delle coscienze» di Parigi dello scorso 21 luglio, un aperitivo in attesa dell’eventone di quest’inverno. Il Palmer in veste di segretario dell’ARC, cioè l’Alliance for Religion and the Environment («Alleanza per la religione e l’ambiente») alla conferenza parigina ha attaccato il «vangelo antropocentrico», quella strana tendenza di Cristianesimo e altre religioni a ritenere l’uomo come creatura centrale del disegno terrestre.


Martin Palmer con il Principe Filippo


La sua intenzione è di riunire i capi delle religioni mondiali per dibattere, e convincerli ad abbandonare la pazza idea per cui l’umanità è qualcosa di unico.

È anche in questa ottica che si sta preparando, per il prossimo dicembre, la Conferenza sul Clima COP21. Si terrà a Parigi, e rappresenterà, scrive sempre l’EIR, «l’erezione conclusiva di una dittatura mondiale attraverso cui i climate goals prescritti strangoleranno tutto lo sviluppo di quei Paesi un tempo chiamati “in via di sviluppo”».

Non è difficile vedere qui emergere quella cultura anti-umana, prepotentemente gnostica, che animava il nazismo, che – come abbiamo scritto in queste colonne – fu il primo stato al mondo a legiferare contro la vivisezione, la caccia, la crudeltà verso gli animali, mentre poi in ambito umano praticava l’eutanasia. Armin Mohler, già presidente della Fondazione Siemens, scrisse nel suo libro del 1949 La rivoluzione conservatrice di come questa volesse un ritorno alla mitologia pre-cristiana della dea Gaia. Per l’industriale tedesco, l’uomo imago dei proposto dal Cristianesimo era latore di un ineffabile ottimismo sociale, che altro non può sfociare che nello sviluppo dell’umanità.

Va detto del resto che il movimento della Konservative Revolution, tanto amato dai destroidi italioti, recava con sé evidenti germi di dissoluzione, come nell’inevitabile personaggio di Ernst Jünger, che tra sperimentazioni drogastiche e romanzi di assassinio non poteva finire in pieno se non nelle collane della Adelphi.

È da più di un secolo che questo continuum di influenza di Albione su Berlino va avanti –– almeno dalle dimissioni di Bismarck, la cui visione geopolitica era per gli inglesi da abbattere quanto prima. La Germania, martoriata da due guerre di ferocia inaudita, cremata dalle bombe al fosforo del carpet bombing, umiliata, stuprata in ogni suo angolo di dignità, si è finalmente piegata ai padroni angloidi. Guardatela mentre ricatta, more anglico, la Grecia. Guardatela mentre tradisce se stessa per scagliarsi contro quello che è il suo alleato naturale ma il nemico eterno di Albione, la Russia. Sanzioni, minacce: nonostante il presidente russo, in un tedesco impeccabile, vada a parlare di pace e cooperazione al Bundestag.

La caduta di Roma


La Germania, invasa dai tentacoli di Londra, non è, purtroppo, l’unica realtà domata dagli apprendisti stregoni d’oltremanica.

Di recente, abbiamo visto la capitolazione del vero, grande nemico di tale “potere”. Quest’ultimo aveva investito nella sua distruzione cifre folli, sguinzagliato agenti spietati, convinto re mediocri ad indebitarsi per usarli come proxy nella loro guerra sporca.

Il risorgimento fu questo: la guerra sporca di Londra contro il Papato, per mezzo di agents provocateurs con base a Londra e nell’ebraica Livorno (Leghorn: unica piccola città italiana che gode di un nome totalmente anglofono) come il massone Mazzini e il massone Garibaldi, condotta per conto terzi dall’infame casato savoiardo, che terminò di pagare le cambiali dovute ad Albione con la Prima Guerra Mondiale.

La Santa Sede resistette, conosceva fin troppo bene la scia di morte che questo scontro generava sin dallo scisma di Enrico VIII, dalle persecuzioni atroci che ne seguirono (con relative, ondate di martiri), e il riaffiorare della magia intesa come arma politica (ne abbiamo parlato qui) a corollario di questo processo satanico.

Sì, Roma sapeva che trattare con Albione significava trattare con il nemico. Tutto questo ora è archiviato: agenti britannici – con tanto di onorificenza – scrivono le Encicliche per conto del Papa, convertito al sogno windsoriano del genocidio tramite balla del Riscaldamento Globale.

Narra la leggenda che fu un Papa, Gregorio Magno, a dare agli inglesi il loro nome: vedendo degli splendidi pargoli biondi venuti da quell’isola sino a Roma, disse che erano angeli, da qui angli. Oggi sono demoni.

L’impero giapponese, durante l’ultimo Conflitto, aveva per essi un epiteto assai significativo: 鬼畜米英 –– Kichiku Beiei, ossia «i bestiali anglo-americani».

Non a caso, anche loro sono stati piegati dagli sterminatori anglofoni. A suon di bombe atomiche.

Roberto Dal Bosco



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