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L’essenza della società umana e l’origine del potere
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I Parte - LA NATURA DELLA SOCIETÀ

Introduzione

Inizio una serie di “Specchietti Riassuntivi” sulla Filosofia politica aristotelico/tomistica, la quale – approfondita e “aggiornata” sanamente dalla Seconda Scolastica del Cinquecento e dalla Neo/Scolastica dell’Otto/Novecento – è più attuale che mai soprattutto nei tempi che corrono.

Il lettore che avrà la pazienza di leggere questi brevi articoletti non rimarrà deluso, notando il divario enorme esistente tra la scienza politica come fu concepita da Aristotele (e perfezionata da S. Tommaso) e la pratica dei politicanti moderni post/machiavellici, che, soprattutto oggi, non cessano di disgustare i poveri cittadini, i quali avrebbero bisogno di un buon governo che li aiuti a vivere tranquillamente, onestamente e virtuosamente; ma – nella maggior parte dei casi – trovano spesso una masnada di pasticcioni, praticoni e disonesti, i quali invece di pensare al bene comune temporale dello Stato pensano ai loro interessi privati, non necessariamente di ordine economico, ma sovente dettati dall’ambizione personale, che è la rovina del bene comune.

Natura Della Società

Vi è a) chi individua l’essenza della Società civile nell’autorità, asserendo che la Società è composta da due elementi essenziali: 1°) quello materiale, costituito dalla moltitudine degli uomini, e 2°) quello formale, costituito dalla pubblica autorità; b) secondo altri, invece, l’essenza della Società è da individuare nelle sue quattro causeI) la causa finale, ossia il bene comune; causa materiale, cioè le persone e le famiglie; II) la causa efficiente, vale a dire Dio che ha creato l’uomo socievole per sua stessa natura; III) la causa materiale, gli uomini, le famiglie e i villaggi che formano la Società; IV) la causa formale, ovvero l’unione morale tra gli individui che s’impegnano in vista del bene comune – essendo l’autorità una proprietà della Società e non l’essenza, ossia un elemento che deriva direttamente e necessariamente dall’essenza della Società ma che, da sola, non ne costituisce l’essenza; ad esempio la capacità di vedere, ridere, capire sono  una proprietà dell’uomo, ma la sua essenza o natura consiste nell’essere un “animale razionale”, ossia un “composto di anima razionale e di corpo”.

II Parte L’ORIGINE DEL POTERE

1°) Il Potere Assoluto Del Capo

Secondo questa prima Tesi il potere verrebbe al Capo della Società immediatamente e direttamente da Dio stesso, senza passare attraverso il popolo come canale. Dio sceglierebbe un individuo cui conferire il potere. Ciò è vero per la Chiesa Cattolica, per i Re dell’Antico Testamento[1], ma non per l’autorità civile/umana nel Nuovo Testamento; infatti l’autorità viene da Dio come da causa remota, però Dio (per se o normalmente) non manifesta direttamente quale sia la persona che debba esercitare il potere (può farlo per accidens o eccezionalmente, ma in filosofia si considera il per se e non l’eccezione che conferma la regola) e normalmente la persona del Capo è scelta dal corpo sociale. Il popolo, che non è la massa, però non crea il potere, ma designa soltanto le persone che lo debbono esercitare. S. Tommaso riconosce la legittimità del suffragio nelle piccole Società o villaggi, in cui ciascuno conosce in cosa consista l’interesse della comunità; ma lo critica nelle grandi Società: gli Stati o Nazioni (S. Th. I-II, q. 97, a.1). L’Angelico non parla, inoltre, di suffragio universale “che dà lo stesso valore a tutti i voti, e assicura, così, il predominio della massa amorfa, incompetente e facilmente ingannabile, sulla sanior pars societatis; il predominio della preoccupazione degli interessi individuali immediati sull’interesse generale futuro della Società, che è così sacrificata all’interesse di ognuno”[2]. Francisco Suarez insegna che “nessun monarca ottiene il suo potere immediatamente da Dio; ma mediante la volontà degli uomini”[3], i quali lo scelgono e poi Dio gli conferisce l’autorità, che passa transitoriamente attraverso il popolo come “un canale” senza restare in esso.

La Monarchia di diritto divino o il potere assoluto di un unico Capo, in cui il re otterrebbe il potere direttamente da Dio, si presta a una duplice interpretazione: a) il potere deriva, come da fonte remota, da Dio, e questo è di Fede, “ogni potere viene da Dio” (Rom. XIII, 1); b) l’autorità regale deriva direttamente al Principe da Dio, quindi è sciolta (“assoluta” dal latino “ab/solutus”) da ogni legame o dipendenza (dal Papa, dalla Chiesa e infine pure dal popolo, anche quando il monarca diventa tiranno).

Solo il Papa riceve direttamente il potere da Dio, dopo esser stato eletto dai Cardinali, che non gli trasmettono alcun potere, neppure come canale; ma che designano solo una persona, alla quale Dio direttamente dà il potere, mentre il re (o qualsiasi autorità temporale) riceve il potere da Dio, mediatamente. Quindi se si vuole utilizzare il termine “Monarchia di diritto divino”, occorre specificare: mediatamente divino.

2°) Il Potere Delegato Dal “Popolo Canale”

È la tesi insegnata comunemente dai Padri della Chiesa sino a S. Tommaso d’Aquino, e poi da S. Roberto Bellarmino e Francisco Suarez. La scelta del Capo appartiene al corpo sociale, come sanior pars: il popolo e non la massa, di modo che l’autorità lavori per il bene comune. Occorre specificare che il popolo (che non è la massa amorfa) “ha” o “riceve” il potere solo per comunicarlo al Capo, ossia il popolo è soggetto imperfetto o transitivo o “viale” del potere (come il canale trasmette l’acqua dal serbatoio al rubinetto e non può, poi, richiedere indietro l’acqua al rubinetto), non lo mantiene costantemente; mentre il Capo è soggetto perfetto e permanente di esso, ossia il Capo detiene stabilmente il potere come suo; una volta datogli, esso non può essere ripreso dal popolo a suo capriccio (tranne il caso di tirannia). Il Capo non è il “deputato” o il semplice rappresentante del popolo. Egli ha l’autorità stabilmente, che gli viene, mediante il popolo-canale, da Dio. “Poiché tutti gli uomini nascono liberi, non esiste uomo che possa pretendere di avere giurisdizione su altri uomini per sua natura. Dunque, Dio non ha potuto attribuire immediatamente e direttamente la sovranità a qualcuno. La sovranità risiede [...] nell’insieme degli uomini, ossia nella comunità. È questa dunque che ha il diritto di scegliere liberamente una certa forma di governo (Monarchia, Aristocrazia o Politia) e di designare il Capo o i Capi cui viene delegato il potere sovrano[4]. Questa è la dottrina scolastica e cattolica o teoria tradizionale del potere-delegato, come la si chiama in etica sociale ed essa non ha nulla a che spartire con la Democrazia moderna. Dio è fonte remota di potere, il popolo ne è solo canale di traslazione o trasferimento; e siccome la comunità, normalmente, non sa, perfettamente e stabilmente, esercitare il potere, ecco la necessità di scegliere una persona (o più, a seconda delle tre forme di governo) alla quale trasferire il potere, come canale, e nella quale il potere resta stabilmente.

d. Curzio Nitoglia



[1] S. Th., I-II, q. 90, a. 3.

[2] H. Collins, Manuel de philosophie thomiste, Parigi, Téqui, 1927, vol. III, pp. 349-350.

[3] Defensio fidei, III, cap. 2, Conimbricae, 1613.

[4] J. J. Chevalier, Storia del pensiero politico, Bologna, Il Mulino, 1989, vol. II, L’età moderna, p. 138.

 
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