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Jan Hus, il Donatismo, il Montanismo e il Sedevacantismo
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Prologo

Giovanni Hus (1369-1415) riteneva, come i Donatisti (IV sec.), che i Sacerdoti privi della Grazia santificante per motivi di Fede o di Morale non conferissero i Sacramenti validamente (DS, 1208), ma non si fermava qui come vedremo più giù. Il Sedevacantismo presenta delle analogie forti con questi punti della dottrina hussita e donatista. Cerchiamo di vedere brevemente cosa è il Donatismo e l’Hussismo per capire le loro analogie (somiglianze dissomiglianti) con il Sedevacantismo.

Donatismo classico

Il “DONATISMO CLASSICO”[1] è un’Eresia seguìta da uno Scisma nata da DONATO IL GRANDE († 330 circa) del quale purtroppo sono andati persi gli scritti, ma dei quali ci parlano S. GIROLAMO (De viribus illustris, 93) e SANT’AGOSTINO (De haer, 69; Epist., 185; De corrept. Donatist., I, 1).

Dottrinalmente, il Donatismo si ricollega all’errore dei “Ribattezzanti” di TERTULLIANO († 240 circa), che sosteneva essere invalido il Battesimo conferito dai Vescovi e Sacerdoti eretici, i quali – essendo privi di Grazia santificante non potevano trasmetterla ai fedeli.

Tertulliano

TERTULLIANO[2] (nato verso il 160) era un avvocato di grido, che si era convertito al Cristianesimo verso il 195. Tuttavia nel 213 divenne Montanista e preparò, così, il Donatismo. Egli,  “come accade spesso ai neoconvertiti, era fornito di un carattere fortemente rigorista e questa tendenza lo portò ad aderire al Montanismo [vedremo cosa fosse, ndr]. Era di carattere tenace, intransigente e fiero, proteso sempre verso la verità assoluta e senza sfumature, sia teoretica sia morale. […]. Gran polemista, ma, nel desiderio di polemizzare, si faceva trascinare dalla voglia di stravincere e da un ardore polemico fine a se stesso e ciò lo spingeva verso posizioni dottrinali singolari e pericolose.”[3] Infatti divenne Montanista, morì tale e precorse il Donatismo.

Montanismo

MONTANO IL GRANDE († 190-200 circa) asseriva di essere ispirato dallo Spirito Santo per dar via ad un nuovo Cristianesimo moralmente più rigido ed asceticamente più spirituale di quello petrino o romano.

Il Montanismo fu chiamato, perciò, anche “Nuova Profezia” analogamente al Gioachimismo (XIII sec.) che venne poi definito “Nuovissima Alleanza”. Montano – dal punto di vista della Morale – era assai rigorista e proibiva, sotto pena di peccato grave, ai vedovi di risposarsi, spingeva a digiuni prolungati come fossero di precetto e non di consiglio, obbligava a dure penitenze e mortificazioni.

Papa ZEFIRINO († 217) condannò definitivamente il Montanismo, che non dette ulteriori gravi fastidi alla Chiesa[4]. Il Montanismo –  dogmaticamente ed asceticamente – precorreva l’eresia millenarista di GIOACCHINO DA FIORE († 1202 circa) poiché Montano proclamava di essere lo strumento privilegiato del Paraclito, che si sarebbe manifestato pienamente su di lui, in maniera ancora più copiosa che nel giorno della prima Pentecoste quando discese sui Dodici Apostoli riuniti nel Cenacolo assieme alla Madonna. Solo la seconda discesa dello Spirito Santo o “la Nuova Pentecoste” su Montano avrebbe introdotto la Chiesa in tutta la Verità, che nella Nuova Alleanza era ancora manchevole ed imperfetta. Essa avrebbe conosciuto una specie di trasformazione in meglio rispetto alla Chiesa della Nuova Alleanza fondata su Pietro. Infatti nella nuova Chiesa non più gli Apostoli ed i loro successori (Papa e Vescovi), ma i “Nuovi Profeti” e i “veri spirituali” avrebbero governato i fedeli, non gerarchicamente e giuridicamente, ma spiritualmente o “pneumaticamente” (v. TERTULLIANO, De pudicitia, 21; PL 2, 1080). Un errore simile è riscontrabile anche nel neo-conservatorismo della TFP e satelliti italiani (Alleanza Cattolica e Lepanto) neo-modernismo o carismatismo “cattolico” lanciato da Helder Camara e Leo Suenens – i due prelati che durante il Concilio Vaticano II (1962-1965) parlavano frequentemente di Carismi e di Nuova Pentecoste – e ripreso nel postconcilio da CL, Neocatecumenali, Rinnovamento dello Spirito e dalla galassia che gravita attorno a Medjugorie ...

TERTULLIANO si oppose alle decisioni di Roma, convinto di possedere solo lui la pienezza del Paraclito e quindi di essere superiore alla Gerarchia istituita da Cristo, ma priva dell’abbondanza dello Spirito Santo. Così attorno al 207-213 ruppe formalmente con la Chiesa romana, designandola come “Chiesa degli psichici” (ossia dei Vescovi e fedeli forniti della semplice “anima razionale”, in greco “psiche”); mentre la sua era la “Chiesa dei pneumatici” (cioè delle anime riempite totalmente di Spirito Santo, in greco “Pneuma”). La Chiesa montanista avrebbe segnato la terza ed ultima fase (una sorta di “Nuovissima Alleanza” gioachimita) dell’economia della salvezza dopo l’Antica e la Nuova Alleanza (cfr. De virginibus velandis, I; PL 2, 938).

Il suo moralismo rigido ed esagerato portò Tertulliano a bollare come irrimediabilmente caduti i “traditori”, ossia i “consegnatori” (dal latino “tràdere” = consegnare) dei Libri Sacri ai persecutori romani per evitare il Martirio. Il Montanismo precorre non solo il Gioachimismo (XIII sec.), ma lo Hussismo (XC sec.), il Protestantesimo (XVI sec.) e persino il Carismatismo “cattolico” odierno[5], in quanto la sua dottrina pullula di soggettivismo, individualismo, rifiuto della Gerarchia, profetismo esasperato, esperienza sentimentalistica religiosa e possesso esclusivo (da parte di pochi esaltati o “eletti”) dei Carismi del Paraclito[6]; inoltre presenta  non poche analogie con il gioachimismo o millenarismo mitigato della TFP e anche con alcuni  aspetti del sedevacantismo (come vedremo in appresso).

MONTANO, che si era convertito al Cattolicesimo, iniziò ad avere degli strani fenomeni “mistici” straordinari, che in realtà erano preternaturali o diabolici (false estasi, ispirazioni, rivelazioni …). Due pseudomistiche, Massimilla e Priscilla, lo seguirono ed iniziarono ad avere manifestazioni simili. Ben presto si fece di Montano un Profeta anzi “più che un Profeta” e si formò un movimento di sequela del Santone e delle due false mistiche.

San Cipriano Da Cartagine

Il Vescovo SAN CIPRIANO DA CARTAGINE († 258) fu l’oppositore strenuo del DONATISMO e si appellò al Supremo Magistero di papa S. STEFANO I († 257). San Cipriano, terminata la persecuzione di Decio (250), si trovò ad affrontare la spinosa questione dei “lapsi” o “caduti” nel peccato di apostasia per evitare di essere martirizzati. Egli condannò fermamente l’apostasia, ma nello stesso tempo insegnò che di fronte all’apostata pentito si doveva usare misericordia e perdonare il peccato pur infliggendo la dovuta penitenza; mentre i Montanisti e i Donatisti volevano escludere l’apostata, anche se pentito e penitente, per sempre dalla Chiesa mediante una scomunica irremissibile (Dio perdona, Montano e Donato no!).

Tuttavia anche San Cipriano, nel 255, insegnò pro tempore la dottrina erronea secondo cui i Sacramenti amministrati dai “lapsi” erano da considerarsi invalidi, come si riteneva allora comunemente nella Chiesa locale dell’Africa mediterranea. La questione venne portata davanti al Supremo Magistero della Chiesa Universale di Roma, donde papa Stefano I (nel 256) ribadì la dottrina, fondata sulla Tradizione apostolica, circa la validità dei Sacramenti, che traggono la loro efficacia dal solo Rito compiuto (“ex opere operato”) secondo l’Istituzione divino/ecclesiastica e non dalle disposizioni soggettive (“ex opere operantis”) dei Ministri. Purtroppo Cipriano in un primo momento rifiutò l’insegnamento della Prima Sede fondato sulla Tradizione apostolica. Papa Stefano I minacciò, allora, di scomunicarlo ed il Vescovo Dionigi di Alessandria riuscì a comporre il dissidio. Nel 258 Cipriano, che aveva oramai accettato il Magistero papale sulla validità dei Sacramenti ex opere operato, venne catturato durante la nuova persecuzione scoppiata sotto l’imperatore Valeriano e venne condannato a morte per decapitazione. Il suo corpo fu seppellito dai Cristiani presso Cartagine.  Egli, nonostante lo sbandamento temporaneo del 256, si mantenne sempre fedele alla dottrina sulla Tradizione e la S. Scrittura come le due fonti della Rivelazione divina, che vanno, però, interpretate non soggettivamente, come vorrebbero i Protestanti (quanto alla S. Scrittura: “Sola Scriptura”), gli scismatici “Ortodossi” ed alcuni “teo/conservatori” odierni (quanto alla Tradizione: “Sola Traditio”), ma dal Magistero ecclesiastico (De lapsis, cap. 2; capp. 15-16; cap. 29; Epist. LXIII, 10, 2; Ib., 71, 1, 3; De Catholicae Ecclesiae unitate, cap. 5). Cipriano nell’Epistola LXIII De traditione calicis invita a “non discostarsi da quanto Cristo ha rivelato ed ha fatto” (Ibidem LXIII, 2, 1), a “non allontanarsi dal Magistero divino continuato nella Chiesa” (Ib., 10, 2) e a “custodire la verità della Tradizione” (Ib., 19, 1). In lui sono chiare le nozioni a) di S. Scrittura e Tradizione come le due fonti della Rivelazione e b) di decisioni della Chiesa o Magistero come organo o strumento interpretativo del vero significato delle due fonti del Dato Rivelato. Tale dottrina è stata perfezionata da Sant’Agostino (C. ep. fundamenti 5) che asserisce: “Io non crederei al Vangelo, se non me lo presentasse l’Autorità o l’Insegnamento [Magistero, ndr] della Chiesa cattolica”

Jan Hus

Jan Hus estendeva questo principio secondo cui i Sacerdoti privi della Grazia santificante (per motivi di Fede o anche di Morale privata) non conferissero i Sacramenti validamente ed estendeva questo principio anche al potere che riguarda il Governo o la Giurisdizione della Chiesa. In breve, secondo Hus, un Papa che non segue S. Pietro nei buoni costumi e nella confessione della Fede[7], non è Papa, successore di Pietro, ma è vicario di Giuda Iscariota (DS, 1212-1213); se il Papa è cattivo o infedele, allora, al pari di Giuda, è un demonio, un ladro, destinato all’eterna rovina, e non è Capo di una Santa Chiesa Militante, non essendo neppure membro di questa (DS, 1220). 

Secondo Hus ciò vale per tutti i Cardinali e i Vescovi ed anche per i titolari dei poteri civili[8]: “Nessuno è pubblica autorità civile sin da che è in stato di peccato mortale” (DS, 1230)[9].

Conclusione

Con i Pontificati recenti (a partire da Giovanni XXIII) e specialmente con quello attuale di Francesco I una sorta di dubbio spontaneo, istintivo e irriflesso sulla validità dell’elezione del Papa attuale (o Sedevacantismo viscerale e non teologico) da parte del semplice fedele[10] – che si limita a porsi la domanda: “come può essere Papa costui?” – può essere compreso.

Attenzione però 1°) a non porre un’Ipotesi dubitativa o  condizionale e trasformarla sùbito in Tesi assolutamente certa, facendone addirittura una specificazione di un atto di Fede e 2°) a trarne tutte le conclusioni teologiche, canoniche e liturgiche (professando la “Vacanza” della S. Sede da Giovanni XXIII): la nullità delle Ordinazioni e Consacrazioni a partire dal 1970, la invalidità della Messa (1968) e di tutti gli altri Sacramenti (1970), annichilano la Chiesa gerarchica, privandola di Sacerdozio, Episcopato e Sommo Pontificato, di Sacramenti e Sacrificio, che sono gli elementi essenziali della Religione fondata da Cristo, senza i quali la Chiesa e non la sola Sede sarebbe vacante.

L’Ipotesi del Sedevacantismo teologico – spacciata per Tesi assolutamente certa e financo per la specificazione di un atto di Fede – farebbe della Chiesa di Cristo ciò che i Romani nel 70 fecero della Religione giudaica, privata del Tempio, del Sacerdozio e della Shekinah o “Presenza reale” di Dio: una “Tabula rasa”, cioè una “lavagna totalmente cancellata”…, nella quale nulla si trova più in atto, ma solo virtualmente.

Però ciò cozza contro la Indefettibilità della Chiesa gerarchica[11], che è veramente un Dogma di Fede, secondo cui la Chiesa di Cristo, fondata sul Papa e sui Vescovi quali successori di San Pietro e degli Apostoli durerà sino alla  fine del mondo.  Infatti, essendo la Chiesa la continuatrice della Redenzione di Cristo deve durare sino a che vi sarà sulla terra una sola anima da salvare. 

Sant’Ignazio nelle  “Regole sul Discernimento degli spiriti” dei suoi Esercizi Spirituali (n. 332-333[12]) sostiene che occorre sempre verificare l’inizio, la prosecuzione e il termine di un pensiero, di una mozione, di un suggerimento, di un’ipotesi per vedere dove ci conduce; se tutto è buono (inizio, medio e termine) allora si può accettare il pensiero o l’ipotesi; ma se essa comincia apparentemente bene (p. es., l’Autorità religiosa deve perseguire il bene comune spirituale della Chiesa; anche il Magistero Ordinario può essere infallibile), però conduce ad un’assurdità (la Chiesa gerarchica è annichilata attualmente, essa sussiste solo virtualmente), allora bisogna rigettarlo  come veniente dal cattivo spirito.

Questo Dogma dell’Indefettibilità della Chiesa è fondato sulla promessa esplicita e solenne di Gesù: “Io sarò con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt., XXVIII, 20); “Le porte dell’Inferno non prevarranno contro la Mia Chiesa” (Mt., XVI, 19).

Esso fu definito  infallibilmente dal Concilio Vaticano I (1869/1870) sotto papa Pio IX (DB, 1794) e non è una Ipotesi trasformata in Tesi ed inoltre elaborata da un teologo o dottore privato per quanto intelligente potesse essere (il quale non può sostituirsi al Magistero), che per di più è stato  radicalizzato dai suoi allievi, i quali hanno portato alle estreme conseguenze le sue premesse, le quali pur avevano un fondamento nella realtà, giungendo  a delle conclusioni assurde, ossia all’annichilazione della Chiesa gerarchica in atto: (Papato ed Episcopato a lui subordinato in atto), con la mera sussistenza in atto di un gruppo di fedeli, Preti e Vescovi senza Giurisdizione e di un Papato ed Episcopato subordinato, ma soltanto virtuale.

“Chi troppo vuole, nulla stringe…”, Novaziani, Donatisti, Tertullianisti, Hussiti, Luterani, Carismatici, Teo/conservatori gioachimiti, pseudo-Profeti e “Sedevacantisti teologici” o “Tesisti”.

d. Curzio Nitoglia



[1] Cfr. A. PINCHERLE, voce Donatismo, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1950, vol. IV, coll.1851-1857; G. RICCIOTTI, L’era dei Martiri, Roma, 1955; A. PIOLANTI, voce “Donatismo”, in Dizionario di Teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, pp. 129-130; ristampa Proceno - Viterbo, Effedieffe, 2018.

[2] Cfr. A. VELLICO, La Rivelazione e le sue fonti nel “De praescriptione haereticorum” di Tertulliano, in “Lateranum” n. 4, Roma, 1935; A. D’ALÈS, La théologie de Tertullien, Parigi, 1905.

[3] B. MONDIN, Storia della Teologia, Bologna, ESD, 1996, I vol., pp. 144-146.

[4] Cfr. A. MAYER, voce “Montanismo”, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1952, vol. VIII, coll. 1343-1347; P. PARENTE, voce “Montanismo”, in Dizionario di Teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, p. 281; ristampa Proceno – Viterbo, Effedieffe, 2018.

[5] Cfr. F. SPADAFORA, Pentecostali e Testimoni di Geova, Rovigo, Istituto di Arti Grafiche, V ed., 1980.

[6] Cfr. A. FAGGIOTTO, L’eresia dei Frigi, Roma, 1923.

[7] Omettendo di tener conto 1°) del triplice rinnegamento di Gesù da parte di Pietro; 2°) della sua arrendevolezza verso i Giudaizzanti manifestata ad Antiochia e corretta pubblicamente da S. Paolo e 3°) del suo tentativo di fuggire da Roma durante la persecuzione di Nerone, che per intervento divino terminò al “Quo vadis Domine?”.

[8] Teoria questa ripresa dai “Testimoni di Geova”, secondo i quali ogni potere politico è intrinsecamente perverso.

[9] Cfr. G. Perini, I Sacramenti, Bologna, ESD, 1999, II vol., Battesimo, Confermazione, Eucarestia, pp. 87-88; Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1951, vol. VI, coll. 1513-1516, voce “Hus, Jan, a cura di Arnaldo Maria Lanz.

[10] Analogo al dubbio spontaneo e irriflesso di chi si domandava, semplicemente, se un simoniaco, un eretico o uno scismatico potesse ordinare o essere ordinato validamente.

[11] Cfr. C. Mazzella, De Ecclesia, n. 738; C. Algermissen, La Chiesa e le chiese, Brescia, 1942; Martin Jugie, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1951, vol. VI, coll. 1792-1794, voce “Indefettibilità della Chiesa”; Id., Où se trouve le Christianisme integral, Parigi, 1947; B. Bartmann, Manuale di Teologia dogmatica, 3 voll., Alba, Paoline, 1949, II vol., pp. 437-441; C. Mazzella, De Ecclesia, Roma, Gregoriana, 1896, pp. 572 ss.; C. Pesch, De Ecclesia Christi, Friburgo in Br, VII ed., 1924, pp. 219-222.

[12] “Dobbiamo esaminare con molta cura il processo dei pensieri. Se l’inizio, il mezzo e il fine sono tutti buoni e tendono pienamente al bene è segno che procedono dall’angelo buono; ma se il corso dei pensieri termina a qualche cosa cattiva […] è chiaro segno che essi procedono dall’angelo cattivo” (n. 333).


 
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