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Perché l’ICI prima casa è un furto di Stato
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«Chi si ricorda quanto pagava di ICI sulla prima casa prima che fosse cancellata? La reintroduzione dellImposta Comunale sugli Immobili (o come verrà chiamata) viene data per certa tra i primi provvedimenti del governo guidato da Mario Monti. Come una clava che già pende sulla testa delle famiglie italiane. La UIL si è presa la briga di andare a spulciare tra i dati catastali in tutti i capoluoghi di provincia e ha calcolato quanto ciascun proprietario dovrà versare al fisco. Ciò che emerge è che a Perugia e a Terni si pagherebbe meno che negli altri capoluoghi. I criteri. Secondo lindagine del Servizio politiche territoriali del sindacato la nuova Ici’, qualora venisse realmente reintrodotta, costerebbe mediamente 136 euro lanno ad ogni famiglia italiana (185,40 euro per un casa accatastata in A/2 e 86,62 euro per una casa in A/3). Lindagine ha preso a campione il costo annuo dellimposta riferita alla media di un appartamento di 80 mq., di categoria A/2 (abitazione civile) e A/3 (abitazione economica e popolare) che è il taglio medio delle città capoluogo, analizzandone le rendite catastali rapportate a 5 vani e siti in zona censuaria semiperiferica. Le aliquote e la detrazione sulla prima casa, prese in considerazione, sono quelle deliberate dai Comuni per il 2011» (Monti: ipotesi Ici sulla prima casa, costerà 80 euro a famiglia a Perugia e 65 a Terni).

Per anni le famiglie italiane sono state costrette a versare questo contributo a dir poco illegittimo.

Il governo Prodi, prima, ed il governo Berlusconi, poi, e definitivamente, hanno eliminato l’imposta comunale gravante su terreni ed immobili.

Ora, la sua inevitabile reintroduzione.

Sappiamo dai tagli operati che gli Enti pubblici territoriali non avranno le solite sovvenzioni di Stato. Buon modo per recuperare liquidità è pertanto quella di spremere limoni già secchi!!!

L’ICI prima casa costituisce tuttavia un atto immorale – uno dei tanti – dei poteri forti volti a disintegrare sempre più i nuclei famigliari e a penalizzare il fulcro ed il centro della vita.

Semplici considerazioni sui contenuti delle disposizioni normative facenti parte della costituzione italiana, ci possono aiutare a riflettere sulla portata di tale continua reiterata illegittimità.

Il secondo comma dell’articolo 1 della carta costituzionale afferma: «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione». Affermazione dal sapore tautologico e beffardo, se si confronta con la realtà attuale della politica e dell’economia globale che ci investe.

Al governo, un tizio da nessuno eletto, ossequiante dei poteri forti che decidono le sorti di popoli e di nazioni, nella disgregazione sociale ed economica funzionale ad intereressi superiori ed oscuri, fautrice di una vera schiavitù, per lo più inconsapevole e mascherata di democrazia ilare ed illusa, di ingenti masse.

All’articolo 2 si legge:

«La repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede ladempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale», da leggersi in combinato disposto con l’articolo 29 e con il 31: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», da cui «La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose».

Ebbene, chiunque volesse leggere il dettato normativo disegnato dai costituenti alla luce delle vere e volute necessità e difficoltà economiche che una famiglia ordinaria incontra nel cammino della propria esistenza, soltanto per cercare di ottenere il luogo della propria dimora, si potrebbe facilmente rendere conto della disapplicazione di fatto dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico.

Non occorre l’atteggiamento del censore per accorgersi come la finanza (italiana ed estera) abbia operato nel dettaglio contro la famiglia a 360 gradi: il costo degli immobili, i relativi mutui per l’acquisto. Frenare le speculazioni finanziarie sull’immobile e sull’usura praticata dalle banche con la veste di legittimo prestito ad interesse, dovrebbe essere il primo compito di qualunque governo, se volesse davvero tradurre in realtà il pletorico asserto costituzionale favorevole alla famiglia.

Dove risiede invece questa sbandierata tutela?

Le necessità primarie dell’essere umano sono quelle di mangiare (e bere), dormire, vestirsi degnamente ed avere un tetto sotto cui stare e nel quale vivere. Un individuo che formi una famiglia abbisogna che quest’ultimo aspetto venga tutelato con ancora maggior vigore, viste le contingenti fragilità della giovane prole. Anche gli uccelli del cielo nidificano per accudire e far crescere i propri piccoli. Dimenticare questo è pura barbarie. Sulla carta, nessuno lo nega; anzi, ci si riempie la bocca di slogan elettorali e promesse di battaglie chimeriche mai intraprese.

Ma i fatti smentiscono i proclami. Le banche lucrano su mutui, prestando soldi che effettivamente non hanno (riserva frazionaria, si presta dieci volte l’ammontare del depositato) ottenendo di solito quasi il doppio del prestato, proporzioni di guadagno a dir poco immorali, ma che costituiscono l’unica via possibile (per la comune famiglia, senza redditi berlusconiani o proprietà ereditate) per riuscire a comprare una dimora recente, che dovrebbe costituire un diritto. Lo è per diritto naturale; dovrebbe esserlo per la costituzione.

In questo quadro, si incardina l’imposta sull’immobile. L’ICI è un appropriarsi di un bene primario, tassandone la proprietà. Se l’abitazione, la prima casa (ossia quella destinata a dimora abituale) deve essere oggetto di imposta, allora il diritto di proprietà a tutela della famiglia, ne subisce uno svilimento ed un impoverimento concettuale, che va ben al di là dell’importo oggetto di pagamento.

Non è forse superfluo riportare quanto Pio XII nel 1944, riprendendo il perenne Magistrato ecclesiastico:

«… la Chiesa ha sempre riconosciutoil diritto naturale di proprietà e di trasmissione ereditaria dei propri beni’ (Enciclica Quadragesimo anno) non è tuttavia men certo che questa proprietà privata è in particolar modo il frutto naturale del lavoro, il prodotto di una intensa attività delluomo, che lacquista grazie alla sua energica volontà di assicurare e sviluppare con le sue forze lesistenza propria e quella della sua famiglia, di creare a sé e ai suoi un campo di giusta libertà, non solo economica, ma anche politica, culturale e religiosa. La coscienza cristiana non può ammettere come giusto un ordinamento sociale che o nega in massima o rende praticamente impossibile o vano il diritto naturale di proprietà, così sui beni di consumo come sui mezzi di produzione…» (radiomessaggio di Sua Santità Pio XII nel V anniversario dall’inizio della guerra mondiale venerdì, 1 settembre 1944).

Stefano Maria Chiari



La presente traduzione è da noi commissionata a traduttori di nostra fiducia ed effettuata appositamente per EFFEDIEFFE. Diffidiamo dal copiare su altri siti, blog, forum e mailing list i suddetti contenuti


 
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