La lezione di Lega Terrona
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Nella infinita chiacchiera mediatica esplosa sullo scandalo-Lega e dalle dimissioni di Bossi, nei dibattiti, commenti e talk-shows, trovo sia mancata vistosamente la comprensione della causa prima, e reale, che ha portato al disastro «padano».

La causa non è la corruzione dei colonnelli e del «cercho magico», nè l’imbecillimento del capo, nè i vizi dei figli scemi. La causa prima e reale è questa, semplicissima:

La Lega ha mancato di attuare il programma politico che aveva proclamato ed esibito fin dalla fondazione.

Il resto, corruzione, figli scemi, avidità di mogli e badanti, non è che la conseguenza di questa mancanza. La sola veramente imperdonabile.

Chiamatale secessione, indipendenza del Nord, «meno tasse ai terroni» e a Roma ladrona, il programma della Lega era abbastanza chiaro. Il fatto è che era una finzione, o più precisamente una recita, che Bossi inscenava ad ogni occasione: ampolle del Po, corna celtiche di stagnola, finti Crociati sul pratone, giuramenti di Pontida, era tutto un mondo di fantasia in cui erano riconoscibili spezzoni di fantasy di poco prezzo (1): un po’ Hobbit e un po’ Harry Potter e un po’ Braveheart con Mel Gibson. Mescolato a gestacci, urlacci e rigurgiti da osteria. Ed a un’esibizione dell’ignoranza e rozzezza come fossero meriti tipicamente «padani». Ciò elettrizzava i militanti ubriachi in fazzoletto verde e corna celtiche sul Pratone, spaventava i meridionali, e dava materia di scandalo ai giornalisti politici romani, che facevano finta di scandalizzarsi, e di riconoscere nel neanderthaliano un «animale politico».

Tutto ciò è bastato, finchè la Lega è stata piccola. I suoi guai veri sono cominciati col suo successo. Quando, cioè, l’elettorato – non solo del Nord – ha cominciato a dare alla Lega i voti, e dunque la forza, per attuare il suo programma.

È stato poco tempo fa. La Lega si è trovata al governo, e non solo: si è trovata a governare due regioni del Nord, e ad avere una maggioranza determinante nella terza, la più importante, la Lombardia. Gli elettori le hanno dato in mano il potere e l’occasione per «fare», o almeno per tentare. E la recitazione delle secesiùn, dei barbari scesi dalle valli coi «proiettili», non bastava più.

Un politico serio dovrebbe preoccuparsi quando riceve tanti voti: accidenti, adesso comincia il lavoro duro, la lotta in cui ci si gioca tutto. Adesso mi tocca attuare il programma, è quello che l’elettorato si aspetta da me.

Invece il politico mediocre all’italiana, quando riceve un sacco di voti, ha il riflesso opposto: bene, adesso posso riposarmi, accomodarmi sulle poltrone, mettere il mio figlio scemo in Regione a 12 mila mensili, procedere all’assegnazione di posti lucrosi ai miei yes-men; oppure – nell’altro noto caso – posso godermela con le mie puttanelle, metterle a posti ministeriali, insomma a carico dei contribuenti. Tanto, questi mi votano. Il trionfo elettorale è il momento di dormire sugli allori e godere degli ori e similori che vengono col potere.

Non è un caso che politici ugualmente mediocri, ma più accorti e sperimentati – tipo Rutelli, Casini, Fini, Di Pietro – non vogliono avere il 40-50%. Troppo impegno. Molto meglio avere il 6-10%. Abbastanza da fare miliardi coi rimborsi elettorali, ma non tanti da doversi assumere responsabilità gravose e dirette. Abbastanza da essere «condizionanti», da entrare in «coalizioni» dove la responsabilità è condivisa e l’immobilismo è la regola per i «veti incrociati»: la politica italiana è forte nei veti incrociati, e nient’altro. È più comodo e più facile. Quando non si vuole, in realtà, fare niente.

Da quando la Lega e il Pdl hanno avuto in mano le tre cruciali regioni del Nord, e le poltrone a Roma, si è capito, erano sull’orlo del precipizio. Dovevano, come dicono in America, «consegnare» la merce: fare ciò che avevano promesso e per cui erano stati votati.

E s’è visto che non erano, non sono capaci. L’hanno dimostrato nel modo più caricaturale, ciascuno secondo il suo carattere. Berlusconi s’è dato alle puttanelle in villa, ed ha cercato di formare un governo di sole puttanelle. Bossi s’è lasciato costruire attorno – ironia – la cosca più «meridionale» (nel senso deteriore) che immaginar si possa: succubo della moglie sicula che badava ad arraffare i soldi e a far avanzare i figli che sono «pezzi e’ core»; ha affidato i fondi ad un tesoriere terronico con la faccia e le amicizie da camorrista; in mano ad una adulatrice un po’ maga come Rosy Mauro (detta «la badante» e anche «la capetta del Senatur») nonchè dagli adulatori del «cercho magico»che si facevano promuovere dal rimpirlito Fondatore. E infine, ecco la meridionalistica riduzione del partito a proprietà privata familiare – ottusa idea della moglie – e la discesa in quel «familismo amorale» che è tipico modus operandi meridionalista, assurto a caricatura di irresistibile comicità: vedi alla voce «Trota». E con attorno personaggi come Calderoli, la jena ridens grassa che volava a Cuneo su Boeing di Stato per incontrare la sua amante...

Non è solo Lega Ladrona. È Lega Terrona, il che è infinitamente peggio.

E non si dica che c’è stato «il complotto della magistratura». Quello andava scontato, si doveva sapere che intercettano. E che al primo segno di debolezza, avrebbero colpito. La causa prima, però, è quella: non aver nemmeno provato ad attuare il programma.

Senza quella, diventano imperdonabili cose che l’elettorato ha sempre perdonato: le puttanelle di Berlusconi messe a carico dello Stato, come le auto di lusso e le cariche al figlio Trota Bossi. Ma non sono la causa; sono l’effetto della mancanza, del vuoto politico, dell’incapacità o non-volontà di «fare» politicamente. Di essersi accontentati della finzione e recitazione di governo, quando occorreva affrontare la realtà.

Dopo pochi mesi dal trionfo, in certi comuni, la Lega si è dimezzata. L’elettorato è perso. E non conta, oggi, asserragliarsi, indicare «i militanti» che sono «con noi», lacrime agli occhi ma sempre fedeli. I militanti vanno bene per gestire le bancarelle coi wurstel sul Pratone, loro si accontentano della recita, hanno sempre pronti gli elmi di cartapesta con le spade di stagnola. Quelli da conquistare, la vasta società, l’hanno persa.

Questa è una lezione per noi elettori. Amarissima. E la cosa peggiore è che nè Lega nè Pdl scompariranno. Come dicono i Maroni, Salvini e Calderoli, «è un nuovo inizio». È questo, infatti: diventeranno partiti del 6%, del 10%. Ossia si accomoderanno, contenti e ingrassati, nella irresponsabilità e nelle rendite da «veti incrociati», che costituisce la normalità politica italiota.





1) Non c’è dubbio che Umberto Bossi abbia finito per credere a quella recitazione. Non dimentichiamo che, da giovane, aveva fatto credere ai suoi di essere laureato in medicina: aveva comprato uno stetoscopio che si metteva in borsa ogni mattina, dicendo che andava in ospedale. La mitomania patologica è lo stigma del personaggio, come in Berlusconi la sindrome maniaco-depressiva.



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