La tassa sui più poveri
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Mese dopo mese l'Istat ci conferma: primo, che il Paese si impoverisce; secondo, che l'impoverimento colpisce i redditi più bassi. Il processo è in atto ormai da anni, con il risultato di un abbassamento del tenore di vita medio e di un aumento della sperequazione distributiva. In Europa l'Italia non è solo il Paese che cresce meno, è anche il Paese nel quale il divario tra le categorie con i redditi più bassi e quelle con i redditi più elevati (statisticamente calcolato con l'indice di Gini) è il maggiore.

Questo divario ha ormai raggiunto quello degli Stati Uniti, dove è particolarmente ampio a motivo di una immigrazione per lo più derelitta di proporzioni assai più ampie di quella che, solo in anni recenti, si registra da noi. Per la nostra cultura, come per la cultura dell'intera Europa, quell'aspetto del sistema economico e sociale degli Stati Uniti è sempre apparso come un elemento distintivo del divario di valori attribuiti alla dignità delle persone, alla serenità ed alla giustizia sociale, ad un temperamento della competizione, pur necessaria per selezionare i più meritevoli ed i più capaci, con interventi di solidarismo con i quali assicurare a tutti almeno una dignitosa sussistenza.

Ma oggi scopriamo che siamo diventati come loro, anzi peggio. Peggio intanto perché non abbiamo le giustificazioni storiche che spiegano) l'assetto sociale ed economico degli Stati Uniti; e peggio perché dall'altra parte dell'Atllantico la sperequazioni distributiva è accettata come conseguenza della grande varietà di origine delle diverse componenti sociali, mentre da noi non può esserlo perché veniamo tutti (o quasi) da una stessa origine, da una stessa storia, da una stessa cultura, da un ordine sociale e da una giustizia distributiva che oggi, magari col senno di poi, possiamo dire che avevamo raggiunto e che eravamo legittimati a ritenere che potesse solo migliorare ulteriormente.

Insomma, non è solo una questione di declino economico, ma anche  e forse soprattutto  un arretramiento marcato rispetto ai principi che ritenevamo insiti nel concetto di nazione e nei dirritti di cittadinanza. Il processo, per altro, non solo mese dopo mese si conferma, ma accelera, spinto com'è dal combinatto disposto di un progressivo ammento del prezzo internazionale di prodotti di base (l'eneirgia, il grano, materie prime come il ferro o il rame) con un elevato potere di contagio dei prezzi di prodotti derivati e di servizi, e dell'incapacità del sistema produttivo di aumentare proporzionalmente la ricchezza prodotta.

Nei programmi e tra le proposte dei partiti, dai più grandi ai minori, che si contendono il nostro voto non appare la percezione della rilevanza e della progressività che questi temi hanno ormai assunto e dimostrato. Vi possiamo trovare, certo, il problema di salari e pensioni che costituiscono un potere d'acquisto sempre più esiguo, ma i rimedi prospettati non vanno al dilà della reiterazione di misure già fallite. Sono fallite le misure di redistribuzione, come le detassazioni, che a questo punto non redistribuiscono reddito, ma impoverimento, e comunque vengono travolte dalla velocità con la quale i prezzi continuano ad aumentare.

E sono fallite le misure di sostegno alle imprese, come le detassazioni o la normativa sul lavoro, che, abbassando l'asticella della competitività che devonc raggiungere per poter vivere, hanno reso meno cogente la loro ristrutturazione e smorzato il loro impegno ad investire per competere con produzioni più redditizie e, dunque, generatrici di maggiore ricchezza.
Mese dopo mese, ci ritroviamo così a chiederci a che punto di impoverimento e di sperequazioni occorrerà arrivare perché si prenda atto del fallimento delle politiche finora perseguite e tentare di affrontare il problema della generazione di ricchezza e della relativa distribuzione per altra via; una via radicale almeno quanto lo è il mutamento che in questi anni ha subito il mondo dal quale l'economia italiana dipende e nel quale deve farsi valere.

Se neanche ci si prova, saremo sempre qui, mese dopo mese, a sgranare i dati statistici che marcano il progressivo impoverimento di fasce sempre più ampie della popolazione.


Alfredo Recanatesi

Fonte >
  L'Unità


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