La corte di Karlsruhe, una bomba orologeria
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«Direttore, la corte costituzionale tedesca mi ha deluso. Il suoplacetha salvato leuro e appianato la strada allEuropa federale, che infatti Barroso ha già salutato con parole di minaccia versonazionalismi e populismi’. Lei che ne pensa?».

Un lettore


La Corte di Karlsruhe non ha fatto altro che confermare l’ambiguita tedesca. Una decisione negativa avrebbe provocato la fine dell’euro, perchè la Germania non avrebbe potuto partecipare con la sua quota al finanziamento del Fondo di Stabilità, e con ciò detto Fondo avrebbe perso il suo pilastro principale, dato che Berlino vi apporta più di un quarto dei fondi.

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Però la sentenza della Corte lega le mani ai futuri governi; ai quali sarà praticamente impossibilechiedere al Parlamento germanico, e a un’opinione pubblica contrarissima a «pagare per le cicale europee», altri soldi per rifinanziare il Fondo. E si sa benissimo che i capitali del Fondo sono fin d’ora ampiamente insufficienti per «salvare» la Spagna, e non parliamo dell’Italia. Per giunta, i giudici costituzionali dalla buffa toga rossa e dal buffissimo copricapo a caciotta hanno sancito quanto segue: «La Germania deve assicurarsi una clausola d’esenzione se ritiene che i suoi interessi non sono presi in considerazione».

Sicchè il Barroso ha un bel salutare l’Europa federale come cosa fatta. Sì, i nostri (ed altrui) politici continuano a cedere pezzi di sovranità ai Barròcrati, a legarsi le mani e piedi approvando «Patti di Stabilità», imponendosi austerità castranti e impegnandosi a versare centinaia di miliardi dei contribuenti allo ESM, insomma a rinforzare l’eurocrazia e i suoi poteri indebiti (di recente, gli eurocrati hanno imposta all’Italia di coltivare mais Monsanto OGM...).

Ma la Germania si riserva una «clausola d’esenzione». Come potrebbe Berlino accettare una evoluzione federalista della UE, dove rischia di essere messa in minoranza e, di conseguenza, a pagare per gli altri? La recente decisione di Draghi di acquistare titoli dei Paesi in dificoltà, contro il parere della Bundesbank, benchè molto limitata e ancor oggi non attuata, già ha fatto rizzare i capelli in testa ai tedeschi sui pericoli – per il loro portafoglio – dell’Europa federale.

Conclusione: la Germania non vuol prendere l’iniziativa di distruggere la moneta unica. Con l’euro ci guadagna, l’uscita dall’euro dei concorrenti (vedi Italia) la danneggerebbe. Continua a stare coi piedi in due staffe. La decisione di Karlsruhe lo conferma ancora una volta: un «sì» che però sparge bombe ad orologeria sul cammino europeista. Che esploderanno inevitabilmente.

Maurizio Blondet