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Dai sacrifici antichi ai massacri attuali
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In questo tremendo frangente storico penso che una delle più adeguate letture per chi invoca il nome di Abramo e specialmente per la gioventù ebraica di buona volontà, sia il noto testo che segue.  Esso proviene da un ebreo, uno dei più grandi uomini della storia dell’umanità. Uomo di fede e di opere, di pensiero come di azione; che rimane l’eccezionale maestro della realtà religiosa di ogni epoca. Qui si tratta di conoscere la fede di Abramo per non ripetere l’assurdo che religioni diverse e anche opposte hanno lo stesso Dio di Abramo.

E’ certo che tutti e tutto ha lo stesso Dio, creatore onnipotente; cristiani come mussulmani, ebrei come gnostici, chi crede come i Santi e chi non si sa cosa creda come Barak o Veltroni. Dio è Signore dell’universo: delle montagne come delle foreste, della Terra come delle più smisurate galassie.

La domanda religiosa è, però, ben altra: se si crede in Dio come Egli è, come si è rivelato. Altrimenti si crede in un dio secondo le proprie idee, superstizioni o anche tradizioni; si crede di essere «capaci» di conoscere Dio da sé, senza il suo Verbo. E così anche l’ancestrale idea di sacrificio finisce deturpata.

«Primo che Abramo fosse, Io sono» (Giovanni 8, 58)

Veniamo allora a questo testo ispirato che chiarisce tante ombre.
«Così come Abramo credete a Dio e questo fu per lui un titolo di giustificazione, sappiate che quelli che sono dalla fede, costoro sono figli di Abramo. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i gentili per mezzo della fede, annunciò in anticipo ad Abramo: Saranno benedette in te tutte le nazioni. Cosicché quelli che si basano sulla fede sono benedetti con Abramo credente. Infatti quanti si basano solo sulle opere della legge, sono soggetti a una maledizione, poiché è scritto: maledetto chiunque non persevera nel fare tutte le cose scritte nel libro della legge. Che poi nessuno, rimanendo nell’ambito della legge, venga giustificato, è manifesto, poiché il giusto vivrà per la fede. La legge però non proviene dalla fede, ma chi farà queste cose vivrà per esse. Cristo ci ha riscattati liberandoci dalla maledizione della legge, divenuto per noi maledizione, poiché sta scritto: Maledetto chiunque è appeso ad un legno, e ciò affinché la benedizione di Abramo arrivasse ai gentili in Cristo, in modo che ricevessimo lo Spirito, oggetto di promessa, per mezzo della fede».
       
La benedizione data ad Abramo

«Fratelli, parlo secondo un punto di vista umano. Nessuno invalida o muta con aggiunte un testamento ratificato, anche se è di un uomo. Ora ad Abramo e alla sua discendenza furono fatte le promesse. Non dice: e alle sue discendenze, come se si fosse voluto riferire a molte, ma a una sola: e alla discendenza che è Cristo [...]. La Scrittura ha chiuso tutte le cose sotto il peccato, affinché la promessa fosse data ai credenti per la fede in Gesù Cristo. Prima che venisse la fede, noi eravamo custoditi come prigionieri sotto il dominio della legge, in attesa della fede che sarebbe stata rivelata. Cosicché la legge è divenuta per noi come un pedagogo che ci ha condotti a Cristo, perché fossimo giustificati dalla fede. Sopraggiunta poi la fede, non siamo più sotto il dominio del pedagogo. Tutti infatti siete figli di Dio in Cristo Gesù mediante la fede; quanti siete stati battezzati in Cristo siete rivestiti di Cristo. Non esiste più giudeo né greco, non esiste schiavo né libero, non esiste uomo o donna: tutti voi siete una sola persona in Cristo Gesù. Se poi siete di Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa».
   
La filiazione divina compiuta da Dio nello spirito

«Ora io dico: per tutto il tempo in cui l’erede è un minorenne, in niente differisce da un servo, pur essendo padrone di tutto, ma è sottoposto a tutori e ad amministratori, fino al giorno stabilito dal padre. Così anche noi, quando eravamo minorenni, stavamo sottoposti agli elementi del mondo in uno stato permanente di servitù. Ma quando giunse la pienezza del tempo, Dio inviò il Figlio suo, nato da una donna sottomesso alla legge, affinché riscattasse coloro che erano sottoposti alla legge, affinché ricevessimo l’adozione a figli. Poiché siete figli, Dio inviò lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, il quale esclama: ‘Padre nostro!’ E così non sei più servo ma figlio; se figlio, sei anche erede secondo la parola di Dio».

Il sommo sacerdote della sublime promessa

«Ogni pontefice, preso tra gli uomini, è costituito in favore degli uomini nelle cose che riguardano Dio, perché offra doni e vittime per i peccati, essendo capace di usare indulgenza per gli ignoranti e gli sviati, dal momento che anch’egli è avvolto di debolezza umana, e a motivo di questa deve offrire sacrifici per i peccati, come per il popolo, così anche per se stesso. E nessuno ha l’onore da se stesso, ma dalla chiamata da Dio, come Aronne. Così anche Cristo non glorificò se stesso nel divenire gran sacerdote, ma lo fece sacerdote Colui che gli disse: Mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato. Come in altro luogo dice: Tu sei sacerdote per l’eternità secondo l’ordine di Melchìsedek. Il quale, nei giorni della sua carne, implorò e supplicò con grida veementi e lacrime colui che poteva salvarlo da morte, e fu esaudito nel suo rispetto, da ciò che soffrì per obbedienza, pur essendo Figlio. Nella perfezione diventò per tutti quelli che gli prestano ubbidienza autore di eterna salvezza, proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchìsedek».
    
Alcune conversioni divengono impossibili

«Quelli che sono stati una volta illuminati e hanno gustato il dono celeste e sono divenuti partecipi dello Spirito Santo, e hanno gustato la bella parola di Dio e le energie del mondo futuro, e caddero, è impossibile rinnovarli a pentimento, perché per il loro tornaconto di nuovo crocifiggono il Figlio di Dio e lo espongono all’ignominia. La terra che assorbe la pioggia che cade frequente su di essa e genera piante utili per quelli che la lavorano, riceve benedizione da Dio. Al contrario quella che produce spine e triboli è riprovata e vicina alla maledizione, e la sua fine è essere bruciata. Benché parliamo così, carissimi, nutriamo tuttavia fiducia in condizioni migliori per la vostra salvezza per voi. [...] Dio volendo manifestare agli eredi della promessa una prova dell’immutabilità del Suo disegno, si fece garante con un giuramento, affinché mediante due cose immutabili, nelle quali è impossibile che Dio mentisca, noi, i rifugiati in lui, avessimo un inestimabile incoraggiamento ad afferrare la speranza che ci è messa davanti. E’ questa che abbiamo come ancora sicura e solida per l’anima, penetrante oltre il velo, dove è già entrato per noi, precursore, Gesù, sommo sacerdote in eterno, secondo l’ordine di Melchìsedek» [il Sacrificio Eucaristico].
    
Il sommo sacerdote del supremo sacrificio

«Melchìsedek, re di Salem, sacerdote del Dio Altissimo, venne incontro ad Abramo che ritornava dalla sconfitta dei re e lo benedisse. A lui Abramo assegnò come sua parte la decima di tutto. Egli viene interpretato anzitutto come re di giustizia, poi re di Salem, cioè re di pace. Presentato senza padre e senza madre, senza genealogia, non avente né principio di giorni né fine di vita, assimilato al Figlio di Dio, rimane sacerdote in eterno. Considerate quanto grande deve essere colui al quale Abramo diede la decima della parte più eccellente, lui il patriarca. E quelli tra i figli di Levi che ricevono il sacerdozio hanno ordine, secondo la legge, di prelevare le decime dal popolo, cioè dai loro fratelli, usciti come sono dai lombi di Abramo. Costui invece, che pure non è della loro stirpe, ha prelevato la decima su Abramo e ha benedetto colui che aveva le promesse. Ora è fuori discussione che viene benedetto il più piccolo dal più grande. E qui sono uomini mortali quelli che ricevono le decime, là invece è uno di cui è testificato che vive. E, per modo di dire, in Abramo anche Levi, che pure ora preleva le decime, le ha pagate, perché quando Melchìsedek si fece incontro ad Abramo, Levi era ancora nei lombi del padre. Se, dunque, mediante il sacerdozio levitico si fosse raggiunta la perfezione - infatti sotto di esso il popolo fu sottoposto a una legge -, che bisogno c’era ancora che sorgesse un sacerdote differente, secondo l’ordine di Melchìsedek, e non fosse denominato secondo l’ordine di Aronne? Infatti se viene cambiato il sacerdozio, necessariamente avviene anche un cambiamento di legge. Colui infatti del quale queste cose sono dette è partecipe di un’altra tribù, della quale nessuno si è consacrato all’altare. E’ notorio infatti che il Signore nostro è germinato da Giuda, della quale tribù Mosè non ha detto nulla trattando dei sacerdoti. E tutto ciò è ancora più evidente, se sorge un sacerdote differente, secondo la somiglianza di Melchìsedek, il quale è stato costituito non secondo la legge di precetti carnali, ma secondo una forza di vita indistruttibile. Riceve infatti la testimonianza: Tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchìsedek; il precedente ordinamento era da abrogare a ragione della sua debolezza e inutilità. La legge non porta nulla a perfezione, mentre era nel mondo una speranza più alta, per la quale ci avviciniamo a Dio. E in quanto Gesù ha ricevuto il sacerdozio col giuramento di Colui che dice: Il Signore ha giurato e non se ne pentirà: Tu sei sacerdote per l’eternità. Così, a differenza di sacerdoti senza giuramento, Gesù è il garante della suprema Alleanza. Molti sono di un sacerdozio che la morte impedisce di permanere. Il Suo, invece, è perpetuo; rimane in eterno. Onde, essendo sempre vivo per intercedere a favore di quelli che, mediante Lui, si avvicinano a Dio, li può salvare per sempre. Tale era il sacerdote che a noi occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed innalzato nel più alto dei cieli. Il quale non ha bisogno di offrire vittime tutti i giorni, prima per i propri peccati, poi per quelli del popolo, come i sommi sacerdoti, perché questo egli ha fatto una volta per tutte offrendo Se stesso. Infatti la legge costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza, invece il giuramento, che succede alla legge, costituisce il Figlio, perfetto per l’eternità».
    
Perfezione del ministero sacerdotale di Cristo

«Il punto centrale delle cose che stiamo dicendo è questo: noi abbiamo un tale sommo sacerdote che si è assiso alla destra del trono della Maestà nei cieli, ministro del santuario e del tabernacolo vero, fatto dal Signore, non da uomo. Ogni sommo sacerdote, viene infatti stabilito per offrire doni e sacrifici; perciò è necessario che anche Lui abbia qualche cosa da presentare. Se fosse sulla terra, non sarebbe neppure sacerdote, essendovi quelli che offrono i doni secondo la legge. I quali offrono, in immagine e ombra delle cose celesti, conforme all’oracolo ricevuto da Mosè, quando stava per compiere il tabernacolo: Guarda, disse infatti, farai tutto secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte. Ma ora Cristo ha un ministero tanto più eccellente, quanto più eccellente è l’alleanza di cui Egli è mediatore, fondata su superiori promesse».

Abrogazione della prima alleanza

«Se infatti quella antica fosse stata irreprensibile, non si sarebbe posto per una seconda. E’ un rimprovero che rivolge dicendo: Ecco, vengono i giorni, dice il Signore, e io concluderò con la casa d’Israele e con la casa di Giuda una nuova alleanza. Non come l’alleanza che ho fatto con i loro antenati, nel giorno in cui li ho presi per mano, per trarli fuori dall’Egitto; poiché essi non rimasero nella mia alleanza, anch’io, dice il Signore, li ho trascurati. Ma ecco l’alleanza che contrarrò con la casa d’Israele: dopo quei giorni, dice il Signore: metterò le Mie leggi nella loro mente e le scriverò nei loro cuori e sarò il loro Dio ed essi saranno il Mio popolo. [...] Dicendo nuova l’alleanza, Dio ha reso antiquata la prima. Ora, ogni cosa resa antiquata e vecchia è presso a sparire».

Il sacrificio di Cristo e il sacrificio di espiazione

«Certo, anche la prima alleanza aveva ordinamenti cultuali, come pure un santuario, ma terrestre. Infatti fu preparata una tenda, la prima, nella quale vi erano il candelabro e la tavola e i pani esposti, la quale è detta il ‘santo’. Poi, dietro il secondo velo, vi era una tenda chiamata ‘santo dei santi’, contenente l’altare d’oro dell’incenso e l’arca dell’alleanza, d’ogni parte ricoperta d’oro, nella quale vi erano un’urna d’oro, che conteneva manna, e la verga di Aronne, che era fiorita, e le tavole dell’alleanza. Sopra di quella vi erano i cherubini di gloria che facevano ombra sul propiziatorio. Delle quali cose non è ora da discorrere in particolare. Essendo le cose così disposte, nella prima parte del tabernacolo entrano sempre i sacerdoti, quando hanno da compiere i servizi del culto. Invece nella seconda parte entra solo il sommo sacerdote, una volta l’anno, e non senza sangue, che egli offre per i peccati di ignoranza suoi e del popolo. Così lo Spirito Santo ha voluto mostrare che non era ancora aperta la via al santuario, finché rimaneva in piedi la prima tenda del tabernacolo, la quale è parabola del tempo presente. Secondo essa si offrono doni e sacrifici che non possono rendere perfetto secondo coscienza l’adoratore, consistendo solo in cibi, bevande e molteplici abluzioni: ordinamenti carnali, imposti fino al tempo in cui sarebbero stati riformati. Cristo invece, apparso come sommo sacerdote dei beni futuri, per una tenda più grande e più perfetta, non manufatta, cioè non di questa creazione, né mediante sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue è entrato nel santuario una volta per tutte, perché ha trovato un riscatto eterno. Infatti se il sangue dei capri e dei tori e la cenere di vacca aspersa sui contaminati li santificano, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, il quale mediante uno spirito eterno ha offerto se stesso senza macchia a Dio, purificherà la vostra coscienza dalle opere morte per servire al Dio vivo! Perciò egli è il mediatore dell’alleanza nuova, affinché, essendo intervenuta una morte in redenzione delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, i chiamati ricevessero la promessa dell’eredità eterna».

«Da tutta la Giudea e da tutta la zona adiacente al Giordano venivano da Giovanni Battista e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Vedendo un giorno venire al battesimo molti tra farisei e sadducei, li apostrofò dicendo: ‘Razza di vipere! Chi vi ha insegnato a cercare scampo dall’ira ventura? Fate dunque veri frutti di conversione e non vi illudete dicendo: Abbiamo Abramo per padre. Poiché vi dico che Dio è capace di suscitare figli ad Abramo da queste pietre. La scure sta già sulla radice degli alberi; perciò ogni albero che non porta buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo in acqua perché vi convertiate; ma Colui che viene dopo di me è più forte di me, ed io non sono degno di portarne i calzari; è lui che vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco... fuoco inestinguibile’ (Matteo 3, 5-12)».
 
«Se noi volontariamente pecchiamo dopo aver ricevuto la cognizione della verità, non viene più lasciato un sacrificio per i peccati, ma solo un’attesa terribile del giudizio e il furore del fuoco pronto a consumare i ribelli. Se uno rigetta la legge di Mosè, viene messo a morte senza misericordia, sulla parola di due o tre testi. Di quanto peggior castigo pensate che sarà giudicato degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e avrà stimato cosa volgare il sangue dell’alleanza nel quale egli è stato santificato, e avrà oltraggiato lo Spirito della grazia? Noi conosciamo infatti colui che ha detto: A me la vendetta, io retribuirò! Ed ancora: Il Signore giudicherà il suo popolo. E’ spaventoso cadere nelle mani del Dio vivente!».

Parabola del ricco Epulone da applicare al presente?

«C’era un uomo ricco, che portava vesti di porpora e di bisso e faceva festa ogni giorno con grandi banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, sedeva alla sua porta a mendicare, tutto coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con gli avanzi che cadevano dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Poi morì anche il ricco e fu sepolto. Finito negli inferi tra i tormenti, alzando lo sguardo verso l’alto, vide da lontano Abramo e Lazzaro che era con lui. Allora gridò: ‘Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma’. Ma Abramo rispose: ‘Figlio, ricordati che hai ricevuto la tua parte di beni durante la tua vita, e Lazzaro parimenti le sofferenze. Ma adesso lui è consolato, tu invece sei tormentato. Per di più, tra noi e voi c’è un grande abisso; se qualcuno di noi vuol passare da voi, non lo può fare; così pure nessuno di voi può venire da noi’. E quello disse: ‘Allora, padre, ti supplico di mandarlo a casa di mio padre. Ho cinque fratelli e vorrei che li ammonisca a non venire anch’essi in questo luogo di tormento’. Abramo rispose: ‘Hanno Mosè e i profeti: li ascoltino!’. Quello replicò: ‘No, padre Abramo; ma se qualcuno dai morti andrà da loro, cambieranno modo di vivere’. Abramo disse: ‘Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno convincere neppure se qualcuno risorge dai morti’». (Luca 16,19-31)

Non è quanto avvenuto con la Risurrezione del Redentore? (Marco 12, 26-27)

«Riguardo, poi, ai morti che vengono risuscitati, non avete letto nel libro di Mosè, nel passo del roveto, come Dio gli disse: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe? Egli, dunque, non è Dio dei morti, ma dei vivi. Per questo voi siete gravemente in errore».

Gesù e la Fede di Abramo

«Diceva dunque Gesù ai Giudei che avevano creduto a lui: ‘Se rimanete nella mia parola, siete veramente miei discepoli e conoscerete la verità e la verità vi farà liberi’. Gli risposero: ‘Noi siamo stirpe di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come mai tu dici: ‘Diventerete liberi’? Rispose loro Gesù: ‘In verità, in verità vi dico: chi fa il peccato è schiavo del peccato. Lo schiavo non rimane in casa per sempre; il figlio rimane per sempre. Se il Figlio vi libererà, sarete veramente liberi. So che siete stirpe di Abramo, ma cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi. Io vi dico quello che ho visto presso il Padre: fate dunque anche voi quello che avete udito dal padre’. Gli risposero: ‘Il nostro padre è Abramo’. Disse loro Gesù: ‘Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece cercate di uccidere me, uno che vi ha detto la verità che ha avuto da Dio. Questo Abramo non lo fece. Voi fate le opere del padre vostro’. Gli dissero: ‘Noi non siamo nati da prostituzione. Non abbiamo che un padre: Dio’. Disse loro Gesù: ‘Se il vostro padre fosse Dio, mi amereste, perché io sono uscito e vengo da Dio. Non sono venuto infatti da me stesso, ma lui mi ha mandato. Non comprendete il mio linguaggio perché non siete capaci di ricevere la mia parola. Il diavolo è il padre da cui voi siete e volete compiere i desideri del vostro padre. Quello è stato omicida fin dal principio, e non si mantenne nella verità, perché la verità non è in lui. Quando dice la menzogna, dice proprio ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, perché dico la verità, non credete. Chi di voi può dimostrare che io abbia peccato? Se dico la verità, perché non mi credete?  Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate, perché non siete da Dio’. Gli risposero i Giudei: ‘Non diciamo noi che sei proprio un samaritano e che hai un demonio?’. Rispose Gesù: ‘Non ho un demonio, ma onoro il Padre mio e voi mi disonorate. Io non cerco la mia gloria. C’è chi la cerca e giudica. In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno’. Gli dissero i giudei: ‘Adesso siamo sicuri che tu hai un demonio. Abramo è morto, anche i profeti sono morti e tu dici: ‘Se uno osserva la mia parola, non gusterà la morte in eterno’. Sei tu forse più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi pretendi di essere?’. Rispose Gesù: ‘Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. E’ il Padre mio che mi glorifica, quello di cui voi dite: ‘E' il nostro Dio’.  Eppure non l’avete conosciuto, mentre io lo conosco. Se io dicessi: ‘Non lo conosco’, sarei un bugiardo come voi. Ma io lo conosco e osservo la sua parola.  Abramo, vostro padre, esultò al vedere il mio giorno, e lo vide e si rallegrò’. Gli dissero allora i giudei: ‘Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?’. Disse loro Gesù: ‘In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, io sono’. Presero allora delle pietre per scagliargliele addosso. Gesù però si nascose ed uscì dal tempio» (Giovanni 8, 31-59).

Dopo questi incancellabili passi evangelici e le illuminanti spiegazioni dell’Apostolo San Paolo nella sua Lettera agli Ebrei, concludiamo allora con una visione essenziale per tutte le anime e per tutti i popoli sulla religione del Santo Sacrificio redentore.

Infatti, dall’inizio della storia gli uomini sentono l’intimo impulso religioso verso il «sacrificio»; sentono di avere un debito di lode, di ringraziamento, di espiazione e propiziazione per tante cose straordinarie che è dato all’uomo sperimentare e conoscere. Per l’uomo decaduto, però, pure questo sentimento buono di amore e gratitudine può seguire un corso traviato e anche letale.

E’ dato storico la moltiplicazione «culturale» del sacrificio di Caino; di sacrifici umani nelle più antiche e remote popolazioni del pianeta. Come capire tale universale fenomeno della condotta umana se non come inversione della partecipazione al Bene rivelato, che svela il suo senso culminante nel Sacrificio di amore del Figlio di Dio?

Se questo rappresenta il sacrificio proprio per amore di Dio, per il bene del prossimo, dei suoi, della madre Chiesa e della patria, l’inverso è il sacrificio degli altri per amore di sé, del proprio avere e delle proprie idee, sentimenti e ambizioni, in una parola, idoli divenuti motivi religiosi.

Ecco il sacrificio che abbonda nella società moderna che ha ripudiato il Sacrificio di Cristo: l’aborto dei nascituri a favore del piacere, lo sterminio del prossimo e degli altri popoli a favore dei propri averi, di terre, di poteri e della certezza di una sicurezza terrena che si crede promessa da Dio stesso in tempi ancestrali.

Ecco il sacrificio orrendo praticato oggi a Gaza, che solo non fa inorridire tutto il mondo perché esso è stato «liberato» dal vero Sacrificio da una snaturata dottrina di marchio gnostico e modernista. Ciò perché è stato «tolto di mezzo» l’ostacolo principale all’iniquità insita nell’animo dell’uomo decaduto.

Se Esso non sarà recuperato affinché si ritorni ai sentimenti di fraterna compassione suscitati da Gesù Cristo col Suo Santo Sacrificio, e per gridare contro le ingiustizie che invocano il fuoco dal Cielo, il mondo sarà inevitabilmente avviato a quella tribolazione terminale profetizzata dal profeta Daniele e confermata da Nostro Signore Gesù Cristo.

Arai Daniele


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