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La Slovenia riceve le consegne da Washington
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La Slovenia (2 milioni di abitanti) ha assunto la presidenza dell'Unione Europea, e la terrà fino al 30 giugno.

Dirigerà la politica comunitaria per tutti noi.

O meglio: la dirigerà in nome e per conto degli Stati Uniti.

Lo ha rivelato in tutti i dettagli il quotidiano Dnevnik, che ha pubblicato un «documento interno» USA fatto avere ai responsabili sloveni con le direttive di Washington.

Daniel Fried, segretario di Stato aggiunto agli affari europei, ha consegnato le suddette consegne a Mitja Drobnic, direttore politico del ministero degli Esteri sloveno, mentre questi era a Washington il 24 dicembre scorso.

In esso, si suggerisce (o ordina) che Lubiana «sia fra i primi in seno alla UE a riconoscere l'indipendenza del Kossovo», per superare i dubbi di alcuni Paesi europei.

Ne bastano 15 su 27, dicono gli americani.

Fra le mosse, l'americano avrebbe suggerito il dispiegamento di poliziotti e giuristi dell'Unione Europea in Kossovo «nonostante le resistenze di Mosca e di Belgrado» onde accelerare l'indipendenza.

Si suggerisce anche che la UE, durante la presidenza del servitorello, condanni pubblicamente Iran, Siria, Cuba e Venezuela.
Ecco cosa succede ad ammettere nell'Unione ex Paesi satelliti: satelliti restano, cambiando padrone.

In seguito alle rivelazioni del giornale, il direttore Drobnic ha dovuto dimettersi, ma non si è dimesso il ministro degli Esteri del paesetto, Dimitrij Rupel.

Il quale ha invece deplorato la stampa per la fuga di notizie: «In seguito a questo avremo delle difficoltà coi nostri interlocuori, segnatamente americani» (sic).

Il capo di Stato, Danilo Turk, ha invitato il governo ad essere «più prudente», specie sulla questione del Kossovo.

Il primo ministro Jansaz ha invitato a non esagerare, la Slovenia non ha intenzione di eseguire tutte le direttive USA «per farne la politica della UE».

Ma sì, che cosa sarà, non facciamone uno scandalo.

E infatti la libera stampa europea non ha dedicato alla vergognosa scoperta nemmeno una riga; silenzio totale anche a Bruxelles, naturalmente.

Se veniamo a sapere di questa faccenda è perché ne parlano in rete anche vari siti italiani, e il sito belga Dedefensa, che ha buone fonti informative nell'alta eurocrazia.

Una di queste fonti (1) ha ammesso che lo scandalo sepolto crea tutta una tempesta di sussurri nei corridoi, alla Commissione, al Parlamento.

«L'affare sloveno è nella mente di tutti e in tutte le conversazioni, anche se l'agitazione rimane discreta», dice la fonte, segnalando però gli strani motivi del disagio eurocratico.

«Non è che venga accusata la Slovenia, che non è quasi mai nominata. Il fatto è che tutti si sentono colpevoli, presi con le mani nel sacco, come se quello che è accaduto alla Slovenia possa accadere a un qualunque altro Stato membro o a qualunque amministrazione comunitaria. Questo comportamento americano per pressioni, intromissioni, eccetera, è così normale', abituale...

E l'Europa è così abituata a non reagire, a lasciar fare, ad ottemperare».

Il punto è che «è la prima volta» che accade «la fuga di un documento irrefutabile, da un canale diplomatico, che dimostra senza ombra di dubbio una ingerenza diretta e formale degli americani negli affari europei».

Nel palazzo della trasparenza europea, si teme che «si sia aperto il vaso di Pandora».

Che ad «altri diplomatici, di altri Paesi membri», la fuga slovena «dia delle idee», e che si mettano a rivelare i fogli d'ordine di Washington agli eurocrati-satelliti, perché allora «sarebbe macchiata l'immagine dell'Europa».


Perché, insomma, obbediscono («ottemperano») tutti.

Mica solo i Paesi di due milioni di abitanti abituati a leccare gli stivali, ma quelli delle grandi capitali storiche,  antifascisti, liberisti e liberali, con la loro libera stampa.
Perciò, silenzio (il nemico ti ascolta), vigilanza sulle fughe, zitti con i media.


Benvenuti nell'Europa di Solana, Barroso, Padoa Schioppa, Monti e Frattini.

Benvenuti nell'Europa finalmente libera.

Da ogni sovranità.

E da ogni dignità.



1) «La Slovénie et l'Europe, même combat»