Gesù Cristo causa di dissensi e divisioni
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Particolare di san Martino a cavallo tratto da «Cristo in gloria e i santi Martino, Stefano e Giovanni Battista», 1549, Pomponio Amalteo in San Martino al Tagliamento

L'articolo che segue prende spunto da una lunga lettera pubblicata nell'apposita rubrica il 14/08:

«E' vero quel che è troppo è troppo...».
Sulle questioni riguardanti la religione oggi c'è una spessa cortina di fumo dietro la quale si ode troppo il sussurro che induce la gente a dialogare sulla «crudeltà» della rivelazione divina,
sull'«antisemitismo» dei Vangeli, sull'«ingiustizia» del Limbo, sulle «fantasie» della Risurrezione e via dicendo.
E' l'ora in cui prevale una forma d'apostasia troppo marcata dal dialogo riguardo alla fede cattolica, dialogo che alimenta il dubbio, che a sua volta rivendica l'apertura a una nuova forma d'amore ecumenista verso l'umanità.
Si vuole arrivare alla pace evitando col dialogo ogni dissenso sulla verità, su Gesù, sulla salvezza e sull'interregnum di questi tempi finali.
Ecco il fulcro del dialogo apparizionista che a Medjugorje lascia a Mirjana un messaggio troppo preciso: «Dio è uno solo, sono gli uomini che hanno creato le divisioni».
A questo punto si può capire in pieno quel che Gesù diceva sulla «divisione».
«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma la divisione. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa. Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà». (Matteo 10, 34-36; Luca 12, 51-53)
Quindi è la verità e la religione rivelata da Dio che divide il vero dal falso, che discerne il bene dal male fino al Sacrificio della Croce.
La vera Chiesa, nella sua missione, si vanta solo di questa Croce, «Spes unica» (confronta  Gl 6, 14).

All'insegna della certezza cristiana i missionari della Chiesa di Dio sono andati ovunque nel mondo.
Quale dialogo portò un San Francesco Saverio in Oriente dove arrivò come un naufrago pezzente che non conosceva quelle lingue?
Eppure ha convertito popoli che l'hanno ricevuto come portatore della Buona Novella: il Salvatore si è incarnato nel mondo. Convertitevi al Vero.
Ecco il pegno della salvezza che non dipende da alcun dialogo, ma dalla disposizione a conformarsi al Volere divino.
E' la fede che induce la fede e poi la speranza e la carità per mezzo della grazia.
Il dialogo in genere suscita il dubbio e riguardo alle cose sacre è micidiale.
Quale dialogo può portare all'accettazione della Croce e da essa anche del dolore e dello spregio mondano?
Tale dose di disprezzo del mondo è oggi rincarata per via della sua alleanza con l'impresa ecumenista dei falsi profeti d'avventure.
Così siamo arrivati a quel segno profetizzato da Gesù nel Suo discorso escatologico (Matteo 24, 14): «Frattanto questo Vangelo del regno sarà annunziato in tutto il mondo, perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine».
Cosa può far pensare che ormai questo Vangelo del regno sia già stato troppo annunziato in tutto il mondo?
Oltre la visione geografica di questa diffusione da parte della Chiesa cattolica dell'annunzio del Vangelo del regno nel mondo, si dovrebbe considerare il suo corso storico.
Ebbene, questo sembra ormai finito per non dire invertito.
Negli anni Settanta ho portato sul mio aereo molti «missionari» che dicevano apertamente d'essere andati agli estremi della terra non per predicare ma per imparare dai nativi la bontà della vita comunitaria in comunione con la natura.
Predica che è divenuta predominante nella missione conciliare di comunione perfino con la «religione tradizionale del vodù».
Ecco la nuova grande religione iperuniversale che ammassa tutte le fedi, culture e mitologie, affinché gli uomini non propendano più alle divisioni senza senso, ossia per ragioni troppo religiose!

A questo punto il cattolico deve capire che viviamo proprio quell'interregnum in cui lo spazio del tempio sarà anch'esso diviso: «Alzati e misura il santuario di Dio e l'altare e il numero di quelli che vi stanno adorando. Ma l'atrio che è fuori del santuario, lascialo da parte e non lo misurare, perché è stato dato in balìa dei pagani, i quali calpesteranno la città santa per quarantadue mesi. Ma farò in modo che i miei due Testimoni, vestiti di sacco, compiano la loro missione di profeti per milleduecentosessanta giorni».
Siamo al numero mistico dell'interregnum già profetizzato da Daniele?
Il Luogo santo è dove si celebra il Sacrificio di amore di Gesù Cristo, sole della «vita spirituale e morale di tutti i popoli del mondo».
Il Santo Sacrificio perpetuato nella Santa Messa cattolica è la «fortezza del Cielo».
E Daniele profetizzò che nel tempo in cui «sarà sospeso il sacrificio perpetuo ... sarà eretto l'abominio della desolazione» (Daniele 12, 11).
Sospeso da chi e quando?
Da colui che: «penserà di mutare i tempi e la legge» (Daniele 7, 25) e avrà il suo interregnum con le sue apparizioni e i suoi chierici galoppini per provare a farlo.
Ci riuscirà?

Attenti, quindi, a quel che succede in questo tempo di falsi cristi e falsi profeti.
Troppi pericoli sono in agguato per le anime che hanno paura dell'inevitabile divisione portata da Nostro Signore; il giudizio sarà una divisione definitiva.

Arai Daniele