pope_im.jpg
Appena battezzato, e già Papa
Stampa
  Text size
Avrei voluto chiudere il mio ultimo pezzullo su Magdi Allam con una (facile) profezia: questa «conversione» creerà molti imbarazzi alla Chiesa, costerà e molte figuracce. La facile profezia m’è rimasta nella penna; ed ora devo dolermi perché s’è avverata prima ancora che l’avessi scritta.

Padre Lombardi, capo della sala stampa vaticana (come si sente la mancanza di Navarro Valls!) ha dovuto precisare: «Naturalmente ogni credente è libero di conservare le proprie idee su una vastissima gamma di questioni e di problemi in cui vi è fra i cristiani un legittimo pluralismo. Accogliere nella Chiesa un nuovo credente non significa evidentemente sposarne tutte le idee e le posizioni, in particolare su temi politici o sociali. Magdi Cristiano Allam ha diritto di esprimere le proprie idee, che rimangono idee personali, senza evidentemente diventare in alcun modo espressione ufficiale delle posizioni del Papa o della Santa Sede».

Ma sì. Perché l’abbiamo visto tutti il nostro Magdi Cristiano, intento allo sfruttamento intensivo della sua pubblica conversione: non c’è né giornale, né settimanale, né TV anche secondaria dove non sia andato a dire la sua sul perché il Papa lo ha battezzato così clamorosamente e pubblicamente.

E veniamo informati che Allam «ha già messo in tasca un pingue contratto la casa editrice RCS per un libro sulla conversione, che sarà venduto in tutto il mondo». Non c’è male, per uno che oltre al superstipendio di «direttore ad personam» al Corriere, si becca un sacco di quattrini da Mediaset per non so quale «consulenza».

Non credo ci sia mai stato nella storia un battesimo così redditizio; è accaduto, accade anche oggi, che una conversione frutti persecuzioni, martirio e morte; soldi e gloria mediatica, che io sappia, mai. Il bello è che più i media erano laicisti, più si rallegravano della conversione: ed anche questo è strano, o almeno insolito.

Nelle sue infinite comparsate in TV il neo-convertito già dava consigli alla Chiesa su come trattare con l’Islam. Appena battezzato, e già Papa. O almeno, suo interprete autentico. O padre della Chiesa, chissà. D’altra parte, si sarà sentito autorizzato a farlo. Dopotutto, un atto così pubblico come il battesimo-Comunione-Cresima dell’ex (forse) musulmano doveva pur aver avuto un significato. Quale?

Padre Lombardi, che rispondeva al professor Nayef, ad uno dei 138 saggi islamici che hanno fatto il primo passo verso il dialogo, e che evidentemente dava un significato ostile a tale pubblicità, parla di «malinteso». E’ il secondo malinteso, dopo quello di Ratisbona. Su quello, padre Lombardi dice: «Le spiegazioni sulla sua corretta interpretazione nelle intenzioni del Papa sono state date da tempo e non vi è motivo di rimetterle in questione».

Povero padre Lombardi: a «rimette in questione» le interpretazioni tranquillizzanti sul discorso di Ratisbona non è stato il musulmano Nayef; è stato il battesimo pubblico e plateale del ricchissimo Magdi, reso ancor più ricco dalla conversione. Ratisbona poteva ancora essere interpretata come un discorso d’alta cultura.

Ma l’evento Magdi non ha quel livello: ha, ohimè, quello del rotocalco, della «prima serata», del «dibattito» da Gad Lerner e Maurizio Costanzo, dell’instant-book già pronto prima del fonte battesimale, dove il convertito racconta la sua conversione, e che «sarà venduto in tutto il mondo». Forse in Vaticano non hanno bene chiaro l’uso dei media nel mondo post-moderno, non sembrano distinguere bene la differenza tra «Civiltà Cattolica» ed «Eva Express». O c’è chi fa a non capire.

Lo dico per tentare una risposta ad una lettrice che, dopo aver espresso tutto il suo disgusto per come abbiamo trattato Allam, dice cadendo dalle nuvole: «Che male c’è nella conversione di ebrei, musulmani, buddhisti al cattolicesimo... non ce ne si dovrebbe invece rallegrare? Cos’è questa improvvisa paura? I martiri ne ebbero? Nostro Signore ne ebbe? Si fece crocifiggere, e gli altri sbranare dalle belve o accendere come torce e noi oggi nel 2008 a dire: no, non si deve se non in segreto?! Io mi scandalizzo di un cattolicesimo che voglia tornare nel silenzio. E purtroppo lei, come Messori e altri, lo propugna». Qualche precisazione sulla «paura».

Una certa «paura», o forse estrema prudenza, sembra ispirare il Vaticano in altre occasioni. Per esempio, tratta coi guanti il regime di Pechino, perché pensa alle condizioni in cui vivono i cristiani di laggiù. Non ha mai pubblicizzato le conversioni di ebrei in Israele (e sono numerosi, più di quanto si creda), per non offendere il regime sionista, con cui ha delicate questioni aperte di tipo edilizio. Nel mondo islamico, ci è stato sempre ripetuto che i convertiti di laggiù corrono pericolo di morte, che debbono cambiare Paese, nascondersi. Il che è vero.

Insomma in tutte le altre occasioni, il Vaticano cerca di evitare che i cristiani di Paesi dove sono minoranze malviste vengano bruciati come torce, incarcerati e sbranati. Ha fatto di tutto per non rendere più difficile la vita difficilissima delle comunità cristiane nei Paesi islamici. Adesso, solo adesso, si cambia politica. Si compie un atto ostentato in mondovisione, che qualunque musulmano può intendere come provocazione, che lo confermerà nella sua idea che i cristiani facciano proselitismo, e che certo metterà in pericolo cristiani, preti e missionari.

Quanto all’osservazione della lettrice sul fatto che io o Messori propugneremmo una chiesa del silenzio, la lettrice, evidentemente giovane, non sa quello che dice. «Chiesa del silenzio» furono chiamati i cristiani nell’Est comunista, tragicamente perseguitati; e a ridurli al silenzio fu, dopo Pio XII, il Vaticano, impegnato in una Ostpolitik che Messori non ha mai mancato di criticare, ispirata nemmeno tanto da paura o prudenza, ma dalla convinzione - in tanti prelati, anche in un paio di Papi - che il comunismo avrebbe avuto un futuro, che con esso avremmo dovuto convivere nei secoli, o peggio, che c’era nel comunismo un seme cristiano, la famosa «solidarietà», l’attenzione «ai poveri».

Karol Wojtyla, che il comunismo lo conosceva, ebbe il merito di sfidare quel silenzio, e il comunismo crollò. Voglio dire: giornalisti cristiani che hanno vissuto abbastanza a lungo, come Messori (ed io nel mio piccolo) parlano per esperienza. Hanno già visto errori fatali di valutazione compiuti da benintenzionati Pontefici. Non so dove Messori abbia «propugnato una chiesa che torni nel silenzio»; penso che si contenterebbe di una Chiesa meno televisiva, meno da talk-show. Più pudica dell’intimità di una conversione personale, specie se la persona convertita ha una posizione pubblica e pubblicitaria come il ricchissimo Magdi.

Io penso, francamente, che Benedetto XVI commetta verso l’Islam un qualche errore di valutazione, un po’ come Giovanni XXIII ne commise verso il comunismo, al punto da svalutare Fatima (e il suo messaggio anticomunista) e tacitare come «profeti di sventura» coloro che vedevano in quello una manifestazione anticristica. E perché una persona degna e santa, colta e fine, può commettere un simile errore?

Io credo che il discrimine sia l’interpretazione dell’11 settembre. Se uno crede alla versione ufficiale - ossia che l’enorme attentato sia stato commesso da musulmani - è ovvio che veda nell’Islam un potere anticristico, minaccioso per il mondo. Naturalmente se, come credo si possa dimostrare con dati di fatto, si giunge alla conclusione che l’attentato sia un «false flag» tecnicamente molto sofisticato, messo in atto da circoli americani ed ebreo-americani, la conclusione ha da essere opposta: l’incarnazione dell’Anticristo nei nostri tempi è quel gruppo di potere che chiamiamo «neocon», composto quasi esclusivamente di ebrei che manipolano la forza armata americana per le guerre che vediamo infuriare - ormai da cinque anni - in Afghanistan ed Iraq.

Ovviamente, il Papa crede alla versione ufficiale. In perfetta buona fede. Perché è un appartato filosofo e teologo, che nemmeno può immaginare quel nero mondo dei servizi, né le centrali intellettuali dei neocon, dall’American Enterprise, al Project for a New American Century, fino al Jewish Institute of national security Affairs, dove stanno a fianco a fianco gli esponenti del potere militare americano e i militanti della lobby.

Non sa nulla, beato lui, del modus operandi delle centrali di spionaggio, delle loro capacità di provocazione, di strategie della tensione freddamente deliberate con morti e feriti messi in conto; la stessa espressione «false flag», tratta dal gergo delle spie, gli è certamente ignota.

Per sapere questo genere di cose, bisogna aver viaggiato, avere uso di mondo, essere giornalisti d’esperienza (personalmente ho assistito a «false flag» e strategie della tensione qui, in Italia), e un Papa non lo è, oppure uno come Giovanni Paolo II, che aveva visto da dentro quello di cui un certo mondo è capace e l’aveva combattuto. Penso che Ratzinger abbia altri motivi per credere alla versione ufficiale, in quanto intellettuale tedesco.

Un tipo umano in cui la profondità insuperabile è ottenuta grazie ad una grande concentrazione e specializzazione in un precipuo campo di studi, e per cui altre conoscenze sono «distrazione». Un tipo umano altamente impolitico, ossia poco interessato ai giochi del potere, specie se sporchi. Per un tedesco, politica è «l’ordine di Stato», una specie di campo neutro, non un luogo di lotta e bassifondi morali.

Questo elemento del carattere tedesco l’ha colto a fondo Thomas Mann (in «Considerazioni di un impolitico», appunto), a cui rimando. Per conto mio darò un esempio-limite: Albert Speer.

speer.jpg Grande personalità, architetto di Hitler, il quale poi lo mise a capo della logistica bellica dove fece miracoli: ebbene, nelle sue memorie, Speer dice che lui, di politica, non s’interessava. Ha potuto essere una colonna del Reich, senza rendersi conto di «far politica»: per lui, era soltanto collaborare all’ordine di Stato, alla patria. Ancora al processo di Norimberga, dove non si giustificò, disse: «Se Hitler avesse potuto aver amici, io potrei dirmi suo amico».

Capisco che l’esempio può suonare peggio che irriverente. Ma l’intenzione è tutt’altra. Posso capire con simpatia che Benedetto XVI, se legge qualche giornale italiano, legga «Il Foglio»: ha ragione, perché gli altri giornali sono o beceri o sornionamente nulli e pieni di luoghi comuni e idee vecchie ridotte al minimo. Conosco molti cristiani colti che leggono «Il Foglio» per gli stessi motivi.

E non sanno di leggere un foglio neocon, ispirato alla ideologia talmudica di Leo Strauss: la religione è la bella illusione da servire al popolo, per indurlo alla guerra perpetua, la sola e definitiva realtà, nota soltanto agli eletti, agli gnostici.
E se glielo si dicesse, Ratzinger non ci crederebbe: un intellettuale tedesco non può associare la Kultur con l’idea di doppia-verità, né la cultura (quella di Strauss lo era, nutrita di Nietzsche e di Maimonide) come fermento di azione politica nefanda. Si vergognerebbe solo a dubitarne.

Dovrebbe leggere un teologo di nome David Ray Griffin, che ha scritto libri dove dimostra che l’11 settembre è stato un «false flag», ma non lo farà: un teologo che si occupa di «politica» è, per un filosofo tedesco, un dilettante in uno dei due campi, o forse in tutt’e due. Per di più, Griffin è americano… Dunque per Benedetto l’11 settembre l’ha fatto bin Laden. E il mondo è affollato di terroristi islamici che Bush combatte magari malamente, ma degnamente. Ferrara invece è contro l’aborto (e lo sé, sinceramente), Magdi Allam vede giusto… solo non diciamolo troppo.

Ma poi scappano i «malintesi». Anche Speer servì il Reich con tutte le sue notevoli energie, per un malinteso. Sappiamo che ad un certo punto dovette intuire: disobbedì a un solo ordine del Fuehrer, quello che ordinava di distruggere Berlino con tutti i suoi superstiti abitanti. Dunque c’è sempre speranza.


Home  >  Opinioni                                                                                            Back to top