don C. Nitoglia 24 Dicembre 2013
«Il Nuovo Ordine Mondiale ora passa anche per Damasco»
1) “La fonte ed il fine delle due guerre mondiali”; “Tre occasioni create dagli usa per entrare in guerra”.
2) Cfr. S. Romano, Anatomia del terrore, Milano, RizzoliCS, 2004.
3) Cfr. P. Serra, Americanismo senza America, Bari, Dedalo, 2002; O. Foppiani, La nascita dell’imperialismo americano, Roma, Settimo Sigillo, 1998; A. Jennings, La creazione dell’America, Torino, Einaudi, 2003; M. Molinari, George W. Bush e la missione americana, Bari, Laterza, 2004G. Alivi, Il secolo americano, Milano, Adelphi, 1996 G. Batault, Judaisme et Puritanisme, rit., Waterloo, Javelot, 1994; A. Donno, Gli Stati Uniti, il sionismo e Israele, Roma, Bonacci, 1932; .
4) Cfr. M. Blondet, Stare con Putin, Milano-Viterbo, EFFEDIEFFE, 2004. In Russia vi sono jihaiddisti ceceni che osteggiano fortemente Putin e che sono entrati in Siria per combattere al-Assad; cfr. M. Adomanis Chechen Volunteers in Syria, in “Forbes”, 24 luglio 2012. Il venerdì 12 ottobre 2012 lo sceicco al-Qaradawi, che nel febbraio 2011 aveva lanciato una fatwa condannando a morte Gheddafi, ha gridato dallo schermo della TV qatarina Aljazeera: “La Russia è il nemico numero uno dell’islam” ed ha incitato i musulmani alla lotta contro russi, cinesi e iraniani perché sostengono la Siria. (Cfr. “Al Madanar”, 13 ottobre 2012).
5) In questo articolo mi baso sull’ottimo libro di Paolo Sensini, Divide et impera. Strategie del caos per il XXI secolo nel vicino e Medio Oriente, Milano, Mimesis, 2013 (mimesis@mimesisedizioni.it) e lo integro qua e là, invitando il lettore a studiare attentamente quest’opera, la quale getta una luce abbastanza forte sulle vicende attuali nel medio oriente, che potrebbero portare a un ‘Nuovo Ordine Mondiale’ sotto l’egida di Israele e Usa con il wahabismo saudita quale vassallo.
6) Cfr. Madawi al-Rasheed, Storia dell’Arabia Saudita, Milano, Bompiani, 2004.
7) S. Ritter, Obiettivo Iran: perché la Casa Bianca vuole una nuova guerra in Medio Oriente, Roma, Fazi, 2007.
8) G. Chiesa, Zero2. Le pistole fumanti che dimostrano che la versione ufficiale sull’11/9 è un falso, Milano, Piemme, 2011; M. Blondet, 11 settembre 2001: colpo di Stato in Usa, Milano-Viterbo, Effedieffe, 2002.
9) Si calcolano circa 4 milioni e mezzo di morti afaghani nella guerra mossa dagli Usa all’Afghanistan il 7 ottobre 2011. Cfr. G. Polya, 4, 5 Millions Dead in Afghan Genocide, in “Afghan Holocaust”, 2 gennaio 2010.
10) Si contano circa 3 milioni e mezzo di morti iracheni nell’invasioni americane dell’Iraq del 17 gennaio 1991 e 20 marzo 2003. Cfr. S. Ross, Us-Uk Genocide Against Iraq 1990-2012 Killed 3, 3 Millions, in “Uruknet.info”, 4 dicembre 2012.
11) P. Sensini, Libia 2011, Milano, Jaca Book, 2011.
12) Cfr. J. Petras, Usa: padroni o servi del sionismo?, Francoforte sul Meno, Zambon, 2007.
13) Quest’articolo è stato tradotto in inglese da Israel Shahak con il titolo The Zionist Plan for the Middle East, Belmont, Association of Arab-American University Graduates, 1982.
14) Ibidem, p. 78.
15) P. Sella, Prima d’Israele, Milano, Edizioni Uomo Libero, 2006.
16) E. Goldstein, Gli accordi di pace dopo la Grande guerra, Bologna, Il Mulino, 2005; Z. Brzezinski, La Grande Scacchiera, Milano, Longanesi, 1998.
17) J. Hamilton, Il Dio in armi. La Gran Bretagna e la nascita dello Stato d’Israele, Milano, Corbaccio, 2006.
18) S. Thion, Sul terrorismo israeliano, Genova, Graphos, 2004; E. Nolte, Il terzo radicalismo, islam e occidente nel XXI secolo, Roma, Liberal Edizioni, 2012; M. Mlecin, Perché Stalin creò Israele, Roma, Teti, 2010; A. Mariantoni, Gli occhi bendati sul Golfo, Milano, Jaca Book, 1991; C. Nitoglia, Sionismo e Fondamentalismo, Napoli, Controcorrente, 2000.
19) M. Galletti, Storia della Siria contemporanea, Milano, Bompiani, 2006; F. Mini, Mediterraneo in guerra, Torino, Einaudi, 2012.
20) Si pensi a Saddam Hussein, Yasser Arafat, Muhammad Gheddafi, Ben Alì ed in parte Hosni Mubarak.
21) Durante la guerra alla Siria il giornalista John Pilger ha rispolverato questo documento nel quotidiano francese “Le Grand Soir”, 9 settembre 2012, in un articolo intitolato La manière libérale de diriger le monde.
22) Madawi al-Rasheed, Storia dell’Arabia Saudita, Milano, Bompiani, 2004.
23) G. Corm, Il mondo arabo in conflitto, Milano, Jaca Book, 2005; M. Mamdani, Musulmani buoni e cattivi, La guerra fredda e le origini del terrorismo, Bari, Laterza, 2005.
24) G. Corm, Il Vicino Oriente. Un montaggio irrisolvibile, Milano, Jaca Book, 2004.
25) Cfr. S. K. Samir, Cento domande sull’islam, Genova, Marietti, 2002.
26) La Salafiyyah è un movimento moderno islamico nato nella metà dell’Ottocento, come il wahabismo, che si rifà agli “antenati” in arabo “salaf”. Il capo dell’ideologia salafita è Jamal al-Din al-Afghani, che nel 1878 fu ammesso nella loggia massonica del Cairo di rito scozzese e nel 1883 fondò la salafiyyah, essa ha avuto l’appoggio della Gran Bretagna e pian piano ha radicalizzato, specialmente nel Novecento, in maniera farisaica e calvinista la sua ideologia (che inizialmente era modernizzante) sotto l’influsso della setta wahabita dei Saud. L’erede principale di queste due scuole di pensiero sono i Fratelli Musulmani nati nel 1928 sotto la direzione di Hasan al-Banna. Oggi i ‘Fratelli Musulmani’ sono il braccio politico e armato del movimento wahabita e salafita (cfr. M. Campanini, Islam e politica, Bologna, Il Mulino, 2003). I salafiti sono stati resi giuridicamente pubblici ed ufficiali a partire dalla fondazione del Regno dell’Arabia Saudita nel 1924-1932, mentre teologicamente sono diffusi anche al di fuori della Penisola arabica (cfr. S. Amghar, Le Salafisme d’aujourd’hui. Mouvements sectaires en Occident, Parigi, Michalon, 2011; B. Rougier, Qu’est-ce que le Salafisme?, Parigi, PUF, 2008). Quando nel 1924 ʿAbd Al-ʿAzīz Ibn SaʿŪd prese il potere in Arabia, e lo consolidò nel 1932, il nuovo Stato adottò il wahabismo come dottrina ufficiale e trasse la sua legittimità dal possesso di due fra i tre grandi luoghi santi dell'Islam, la Mecca e Medina. Ma la sua influenza non sarebbe stata così importante se il suo territorio non avesse custodito, insieme alla Mecca e alla Medina, una straordinaria ricchezza petrolifera. È questa la ragione per cui il Regno della Famiglia Saud, costituzionalmente legittimato dal wahabismo nella sua missione spirituale tipicamente “farisaica” negli affari interni e prodigiosamente arricchito dal petrolio, giuoca un ruolo molto importante nella politica Medio Orientale, alleato - laicisticamente - e modernisticamente, con gli Usa negli affari esteri. I wahabiti sauditi sono religiosamente moralisti/ipocriti e politicamente sono alleati degli Usa, come i farisei dei tempi di Gesù erano alleati di Roma. Questa mentalità farisaica all’interno e libertaria all’esterno propria del wahabismo lo accomuna all’americanismo e al teoconservatorismo, che si sono costituiti su tre principali realtà: il giudaismo post-biblico, il calvinismo supercapitalistico ed il massonismo imperialistico mondialista. La monarchia saudita si è sempre sentita legittimata a proporre un regime di tipo tradizionale, teocratico e fondamentalista quanto ad assetti politici interni e a costumi (rigida separazione dei sessi). Tuttavia la Famiglia reale saudita, in politica estera, ha mantenuto un costante orientamento filo-occidentale. Per questo è tacciata di rigorismo morale ‘farisaico’ interno e di doppiezza politica ‘machiavellica’ esterna: si rigetta all’interno del Paese farisaicamente ogni costume non-musulmano, ma si è alleati in politica estera con l’occidente americanista teoconservatore, il quale è il maggior esportatore dei costumi corrotti, che il wahabismo dice di voler combattere all’interno, mentre in realtà si serve e vive di essi, anche economicamente e militarmente, in politica estera. L'influenza del wahabismo è molto forte sui movimenti militanti contemporanei arabi e islamici, che si propongono di disegnare nuovi equilibri geo-strategici planetari in funzione dell'eccellenza del modello islamico nel medio oriente, ma con l’aiuto degli Usa. Ecco come si spiega il ruolo svolto dall’Arabia Saudita nell’invasione - sotto l’egida di Usa, Israele ed Ue -della Tunisia, Libia, Egitto e Siria. Inoltre il pensiero wahabita riesce ad affrontare positivamente lo spinoso problema del rapporto fra modernità occidentale ossia americanista e islam: rifiuto puramente teorico ed ‘in casa propria’, ma cooperazione pratica e reale nella ‘politica estera’. Il salafismo jihadista qaidista, di carattere rivoluzionario, propugna la guerra santa armata e non ascetica-personale. La Siria è il “banco di prova” a partire dal quale il futuro prossimo del globo può prendere una direzione oppure un’altra. Infatti in Siria si fronteggiano gli Usa ed Israele, che si servono come di bassa manovalanza dei salafiti e wahabiti qaidisti trans- nazionalisti o mondialisti - da una parte - contro l’Iran, la Russia di Putin e la Cina dall’altra, che si ritrovano a fianco di un Regime autoritario locale nazionalista e baathista.
27) A. Vanzan, Gli sciiti, Bologna, Il Mulino, 2008.
28) Cfr. C. Nitoglia, Per padre il diavolo. Introduzione al problema ebraico, Milano Cusanino, Edizioni Barbarossa, 2002, cap. XXIV, “Il sionismo, un magnifico sogno o un terribile scacco?”, pp. 313-346.
29) Cfr. T. Bonazzi, Il sacro esperimento. Teologia e politica nell’America puritana, Bologna, Il Mulino, 1970; T. Iurlano, Sion in America, Firenze, Le Lettere, 2004; A. Hertzeberg, Gli ebrei in America, Milano, Bompiani, 1993; S. Bercovitch, America puritana, Roma, Editori Riuniti, 1992; G. Giussani, Teologia protestante americana, Genova-Milano, Marietti-1820, 2003 .
30) P. Sensini, Divide et impera, Milano, Mimesis, 2013, p. 30.
31) Cfr. F. Imposimato, Terrorismo internazionale, Roma, Koinè, 2002; P. Di Pasquale, Hezbollah, Roma, Koinè, 2003.
32) Cfr. Mohamed Omar, I sunniti sono oppressi in Arabia Saudita, non in Siria, in “Eurasia”, 13 agosto 2012.
33) M. Campanini, I Fratelli Musulmani nel mondo contemporaneo, Torino, Utet, 2010.
34) Cfr. W. Madsen, The Donme, in “Strategic Culture Foundation”, 26 ottobre 2011; M. D. Baer, The Donme: Jewish Converts, Stanford, Stanford University Press, 2010.
35) Cfr. L. Binder, Islamic Liberalism, Chicago, University of Chicago Press, 1988.
36) Cfr. F. Bugart, L’Islamisme en face, Parigi, La Découverte, 2007.
37) Cfr. P. Ménoret, Sull’orlo del vulcano. Il caso Arabia Saudita, Milano, Feltrinelli, 2004.
38) Cfr. M. Blondet, Osama bin Laden, Milano-Viterbo, EFFEDIEFFE, 2003.
39) A. G. Marshall, The Imperial Anatomy of al-Qaida, in “Global Research”, 5 settembre 2010.
40) Cfr. Bathar Kimyongur, Le terrorisme anti-syrien et ses connexions internationales, in «Internationalnews», 16 aprile 2012; Id., Syriana, la conquete continue, Bruxelles, Couler Livres et Investig’action, 2011.
41) Cfr. B. E. Selwan Khoury, Bilad al-Sam, ritorno al Califfato, in “Limes”, n. 2, marzo 2013, p. 125.
42) Cfr. Tariq Ramadan, Il riformismo islamico, Troina, Città aperta, 2004.
43) Negli anni Ottanta durante il conflitto dell’Urss contro i talebani qa ‘idisti Hollywood rappresentava i mujahidin come eroi, combattenti per la libertà. In realtà essi hanno rappresentato allora le “brigate islamiche” della Cia, che li ha addestrati anche in America assieme al loro capo Osama bin Laden mentre a partire dall’11 settembre (le ‘Due Torri Gemelle’) e dal 7 ottobre 2001 (invasione americana dell’Afghanistan) sono diventati il male assoluto e poi con le primavere arabe nel 2011 son tornati ad essere i patrioti della democrazia. In realtà i talebani sono stati sempre controllati dalla famiglia Sudary, che rappresenta il clan più filoamericano e filoisraeliano della famiglia reale saudita Saud; cfr. R. Baer, La disfatta della Cia, Casale Monferrato, Piemme, 2003; F. Heisbourg, Dopo al Qaida. La nuova generazione del terrorismo, Roma, Armando, 2013; W. G. Tarpley, La fabbrica del terrore made in Usa, Bologna, Arianna, 2007; S. Zunes, La scatola esplosiva. La politica americana in Medio Oriente e le radici del terrorismo, Milano, Jaca Book, 2003.
44) Cfr. E. Sivan, Radical Islam, New Haven & London, Yale University Press, 1991; M. Campanini, L’alternativa islamica. Aperture e chiusure del radicalismo, Milano, Bruno Mondadori, 2012; AA. VV., Islam e occidente. Il caso del fondamentalismo islamico, Macerata, Liberilibri, 2005.
45) Cfr. B. Etienne, L’islamisme radical, Parigi, Hachette, 1987.
46) Il Qatar è uno Stato dell’Asia, retto da una monarchia assoluta ereditaria, proteso sulla costa occidentale del golfo Persico, confinante ad oriente con l’Arabia Saudita e a sud con gli Emirati arabi. Il suo territorio consiste in una striscia di 160 km di lunghezza e di 50/80 di larghezza. La sua popolazione (circa 600 mila persone) si è quintuplicata negli anni Settanta con la scoperta del petrolio nel suo sottosuolo e per i 4/5 è costituita da immigrati dal Pakistan e dell’India. In esso vi sono enormi disuguaglianze sociali. La religione di Stato è il wahabismo. Il Qatar si è costituito in sceiccato nel settecento e sino al 1914 ha fatto parte dell’impero ottomano, poi è divenuto uno sceiccato sotto il protettorato britannico ed infine nel 1971 ha ottenuto l’indipendenza e si è legato strettamente all’Arabia Saudita. La sua capitale è Doha. Assieme all’Oman e allo Yemen subisce attualmente una certa influenza dell’Arabia Saudita e notevoli infiltrazioni di qaidisti.
47) Il termine “Nuovo Medio Oriente” è stato coniato da Condoleezza Rice, l’ex segretario di Stato americano dell’amministrazione Bush, nel giugno del 2006 a Tel Aviv in contrapposizione e sostituzione al vecchio concetto di “Grande Medio Oriente”; cfr. A. Macchi, Rivoluzioni SpA. Chi c’è dietro la Primavera Araba, Lecco, Alpine Studio, 2012.
48) Due anni dopo e un giorno prima, in “Limes”, n. 2, marzo 2013, p. 40.
49) Cfr. M. Campanini, I Fratelli Musulmani nel mondo contemporaneo, Torino, Utet, 2010.
50) W. Tarpley, La fabbrica del terrore made in Usa, cit., p. 529.
51) M. Eliade (a cura di), Enciclopedia delle religioni: L’islam, Milano, Jaca Book, 2004; G. Filoramo (diretta da), La storia delle religioni: l’Islam, Bari, Laterza, 2005.
52) M. Buber, Judaisme, Parigi, Verdier, 1982, p 31.
53) E. Lévinas, Difficile liberté, Parigi, Albin Michel, 1995, 3a ed., p. 326.
54) P. Lévy, World philosophie, Odile Jacob, 2000, p. 12.
55) A. Memmi, La Libération du Juif. Portrait d’un Juif, vol. II, Parigi, Gallimard, 1966, p. 127.
56) Cfr. J. Petras, Usa: padroni o servi del sionismo?, cit., p. 42.
57) Sulla dottrina di B. Lewis vedi Edward W. Said, Covering Islam. Come i media e gli esperti determinano la nostra visione del resto del mondo, Massa, Transeuropa, 2012.
58) G. Borgognone, La destra americana: dall’isolazionismo ai neocon, Bari, Laterza, 2004; C. Nitoglia, Dal giudaismo rabbinico al giudeo americanismo, Genova, Effepì, 2008; J. Mearshemeir – S. M. Walt, La Israel lobby e la politica estera americana, Milano, Mondadori, 2007.
60) Secondo uno dei massimi esponenti del neoconservatorismo americano, Max Boot “appoggiare Israele è un principio cardine del neoconservatorismo” (What the Heck is a neocon?, in “The Wall Street Journal”, 30 dicembre 2002).
61) Innanzitutto occorre sapere che Milton Friedman è stato il fondatore della Mont Pelerin Society, che è una “lobby” molto potente composta da economisti, filosofi ed uomini politici molto influenti, riuniti in un “club”, o meglio una ‘Super-Loggia’, per influenzare la politica interna ed estera degli Usa e Gb, promuovere un mercato ed una finanza “assolutamente liberi” da ogni ingerenza dello Stato e dell’etica. La suddetta Society è nata in Svizzera, presso le terme di Mont Pelerin, da cui ha preso il nome, il 10 aprile del 1947 da 36 grandi-fratelli fondatori. La Mont Pelerin Society ha sempre cercato di passare agli occhi dell’opinione pubblica come un’innocua accademia di studiosi e non un think-tank (“serbatoio di cervelli pensanti” capaci di cambiare il mondo) politico/finanziario di tendenza anti cattolico-romana, fortemente democraticista, liberale, liberista e libertaria, quale realmente è. Uno dei suoi obiettivi è la creazione di un “Ordine Internazionale o Mondiale”, che salvaguardi la Libertà (intesa come un assoluto ed un fine e non come un mezzo per raggiungere il Fine ultimo), la Pace (americana) e le Relazioni Economiche Internazionali, ossia il potere dell’alta finanza mondiale, delle Banche, dei bankster e la globalizzazione mondialista anglo/americana. Tra i suoi membri, oltre a Milton Friedman, figurano anche Friedrich August von Hayek, Ludwig von Mises, Karl Popper, Walter Lippman, e per l’Italia Luigi Einaudi, Sergio Ricossa, Antonio Martino, Bruno Leoni. Tra i 76 consiglieri economici del Presidente statunitense Ronald Reagan ben 22 erano della Mont Pelerin Society. Dalla Mont Pelerin Society è nato il pensiero neocon, che ha influenzato la politica estera e la finanza americana dagli anni Ottanta sino all’Amministrazione Bush jr (2008) e continua in maniera strisciante ancor oggi ad influenzare il Presidente statunitense Barac Obama, con le relative guerre geopolitiche di esportazione della democrazia contro l’Iraq e il default o fallimento della finanza mondiale grazie ai mutui ad alto rischio, concessi da Alan Greenspan Presidente della Federal Reserve (Banca Centrale) americana, che non potevano essere pagati dai “beneficiari”, i quali perdevano i risparmi e la casa. Questo default o fallimento è arrivato sino all’Europa, che ne è stata infettata e si trova in una crisi finanziaria mai vista prima, neppure nel 1929. Friedman ha influenzato a partire dagli anni Ottanta sino ad oggi (a sette anni dalla sua scomparsa), potentemente e trasversalmente, la politica (sia democratica che repubblicana) del Presidente statunitense Ronald Reagan, poi di Bill Clinton, di Bush padre e figlio e persino di Barac Obama nell’attuale congiuntura siriana; inoltre ha influenzato anche la politica europea dei Primi Ministri britannici Margaret Thatcher, Tony Blair e David Cameron rifacendosi al pensiero filosofico di Edmund Burke, Karl Raimund Popper, Russel Kirk ed anche la pratica finanziaria della “Banca Centrale Americana”, alla luce del pensiero degli economisti della “Scuola di Vienna” Von Mises e Von Hayeck. Infatti da questi ultimi assieme a Friedman sono nati i Chicago boy’s e i dirigenti neoconservatori dell’Amministrazione Bush (Paul Wolfowitz, Richard Perle, David Roomsfeld, Dick Cheney, eccetera), che analogamente alla “Scuola di Francoforte” (1922-1979) di Adorno & Marcuse son riusciti ad unire (da una posizione di “destra” liberal-conservatrice) il marxismo di Trotskij e il liberismo “mini-archista” (che vuole concedere il minimo spazio al potere dello Stato) se non francamente anarchico/conservatore. Adorno & Marcuse, invece, avevano sposato (da una posizione di “sinistra” anarchico-rivoluzionaria) il Trozkismo con la psicanalisi freudiana. Si può dire, perciò, che mentre Adorno & Marcuse univano sinistra e libertarismo per la conquista psicologica delle menti di tutti gli uomini (la “Rivoluzione intellettuale” del 1968), i neoconservatori sposano il libertarismo liberal-democratico con la “destra” conservatrice angloamericana per la conquista militare e geopolitica del globo (il “Nuovo Ordine Mondiale” dal 2001 al 2013). In realtà il neoconservatorismo, ispirato da Friedman, ha spinto gli Usa (come braccio armato a favore d’Israele) in una guerra totale contro l’Iraq, l’Afghanistan, il Pakistan dalla quale sta uscendo con le ossa rotte, come pure Israele ha subìto una umiliante “vittoria di Pirro” in Libano nel 2006 nonostante che avesse sganciato “oltre 1 milione di bombe a grappolo”(61) ed a Gaza nel 2008-2009 abbia gettato “bombe al fosforo bianco” nella famigerata “operazione piombo fuso”. Sembrerebbe che questi ultimi avvenimenti (assieme alle “Rivoluzioni primaverili” in Tunisia, Libia, Egitto e all’imminente guerra contro la Siria nella quale il pensiero di Friedman si fa ancora sentire anche nell’Amministrazione democratica di Barac Obama) potrebbero segnare l’inizio della fine della supremazia israelo/americana, la quale nell’agosto del 2013 si straccia le vesti (come Anna e Caifa nel 33) per l’uso dei gas tossici in Siria (pur non sapendo con certezza da parte di chi), mentre i caporioni di essa hanno sganciato le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, le bombe al fosforo su Dresda, le bombe all’uranio impoverito sul Kosovo, le bombe a grappolo in Libano ed al fosforo bianco su Gaza. La crisi economico/finanziaria, che ha portato nel 2011/2013 gli Usa e l’Europa sull’orlo del fallimento è iniziata nel 2005/2008, con “la più grande frode finanziaria della storia mondiale” operata dall’operatore di Borsa Bernard Lawrence Madoff e portata avanti dal Presidente della ‘Federal Reserve’ o ‘Banca Centrale’ degli Usa Alan Greenspan, che - ispirato dalle teorie finanziarie di Friedman - ha iniziato con un grandioso boom economico per finire con un miserabile crack, facendo “arricchire” gli americani incitandoli a ‘spendere e spandere’, pur non avendo denaro sufficiente, senza paura di pignoramento, comprando e vendendo case, mediante mutui senza garanzie e coperture, che - si badi bene - non avrebbero potuto essere pagati ed avrebbero condotto infine alla miseria l’incauto compratore il quale si era accollato mutui ipotecari ad alto rischio (subprime), scientificamente studiati ed immessi - a mo’ di liberismo selvaggio - sul mercato da Greenspan, le cui prodezze stiamo ancora pagando e non si sa se riusciremo ad estinguere il prestito ipotecario o a finire ipotecati ed espropriati. Il crack della “Monte Paschi di Siena” in Italia nel 2013 è una delle conseguenze collaterali dell’imbroglio iniziato nel 2005 da Greenspan. L’economia mondiale è sembrata avanzare sino al 2008, mentre era già malata da almeno tre anni ed è entrata in crisi nel 2009 per arrivare al quasi fallimento o al crack (o default, come lo si chiama adesso in maniera più soft) nel 2012. I lavoratori americani, i quali non erano in grado, come previsto, di rendere il denaro, che in realtà non avevano mai posseduto, a causa dell’aumento del petrolio e dei tassi d’interesse non son riusciti più a pagare i mutui. Quindi in brevissimo tempo milioni di case son rientrate in possesso delle banche dalle quali erano uscite solo apparentemente (“sopra la banca la casa campa, sotto la banca la casa crepa!”). Di conseguenza i poveri degli Usa si son ritrovati più poveri di prima. Questo è il risultato della teoria usuraia legalizzata, e promossa con il massonico ‘Premio Nobel’, di Milton Friedman e fratelli. Si può concludere che come Wolfowitz ha rovinato l’esercito americano trascinandolo in guerra contro l’Iraq nel 2003, così Greenspan, ispirato da Friedman, ha disastrato la finanza degli americani trascinandoli nella bancarotta dei mutui ad alto rischio.
62) Si noti che ora in Europa a Bruxelles oltre il parlamento europeo vi è anche quello israeliano; v. First Ever European Jewish Parliament inaugurated in Brusels, in “EJU News”, 16 febbraio 2012.
63) Cfr. A. Joxe, L’impero del caos. Guerra e pace nel nuovo disordine mondiale, Milano, Sansoni, 2002.