Obama e Putin: stessi nemici (ma Obama non può dirlo)
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Uno degli scopi che si prefiggono i neocon americani cercando di staccare l’Ucraina dalla Russia e integrandola nella NATO è «interno»: sgretolare la figura di Obama, e del partito democratico, impedendogli di fare una politica estera diversa da quella di Bush. Questa è una delle ipotesi che circolano sempre più tra gli analisti USA. William Pfaff, il columnist residente a Parigi,

«È sempre stato difficile capire quale politica estera intende avere Obama», scrive Pfaff: «ha riempito la sua amministrazione di anti-guerra e di interventisti... Dopo la sua vittoria nel 2008 [secondo mandato presidenziale] voleva un «reset» delle relazioni tra Russia ed America: però ha continuato le politiche del suo predecessore, soprattutto continuando a sviluppare lo scudo antimissile che a parole doveva proteggere Europa e Russia da un attacco missilistico iraniano assurdamente improbabile, ma che intanto facilitava il “primo colpo” americano contro la Russia – cosa contro cui Mosca ha sempre protestato».

Obama «ha anche consentito ai neoconservatori di persistere nel loro sforzo di staccare l’Ucraina dalla Russia e integrarla nella NATO». Un colpo che i neocon avevano già fallito, ricorda Pfaff, quando provocarono la Rivoluzione Arancio (2004-5) «violando le assicurazioni date a Mikhail Gorbaciov» che, avendo sciolto il Patto di Varsavia, la NATO non si sarebbe espanda ad Est sugli stati che erano appartenuti al Patto...».

Già dopo quel fallimento, dice Pfaff, «Obama avrebbe dovuto licenziare i neocons presenti nella sua amministrazione»: invece sono ancora lì, a cominciare da quella Victyoria Nuland (Nudelman, sposata Kagan) (1) che «è stata intercettata in una famosa telefonata a dare all’ambasciatore USA in Ucraina istruzioni di quello che, secondo ogni evidenza, era un colpo di Stato pianificato».

Obama ha anche accettato la richiesta delle forze armate USA di «ritirarsi da Iraq e Afghanistan, però mantenendo truppe per le missioni contro il terrorismo: che diavolo di ritiro è?». Verso la Cina, Obama ha lanciato una inutile provocazione... e via così.

Il tutto, però, con l’aria di non volerlo fare, di ritrarsi dopo le minacce più estreme (come ha fatto in Siria, cogliendo al volo l’occasione offertagli da Putin di rinunciare all’intervento). (Ukraine and U.S. Militarism)

Anche Pat Buchanan (l’acuto columist «paleo-conservative») scuote il capo alla notizia, diramata il 28 febbraio, che «La Casa Bianca sta ripensando all’opzione di intervenire nella guerra in Siria». Di nuovo! Dopo essersi seduti al tavolo di Ginevra 2? Ma andiamo!... (http://buchanan.org)

Victoria Nuland e H. Clinton
  Nuland e Clinton
Nell’insieme, i commenti dei ben informati sembrano attribuire ad Obama non la volontà di perseguire deliberatamente la politica di Bush jr. e dei neocon che lo «gestivano», ma una sua politica più pacifica e accomodante; c’è chi arriva ad attribuirgli una «nuova politica estera basata sulla collaborazione con Vladimir Putin per raffreddare i punti roventi come Siria ed Iran»; una politica che i neocon e la Washington ufficiale, annidati nel suo stesso Governo, gli mandano continuamente a monte. Secondo Pfaff, Obama è fatto per la politica interna, ma non per la estera... nell’insieme, queste giustificazioni – che attribuiscono ad Obama buone intenzioni – sono forse le peggiori per lui: lo descrivono come un povero negretto inceppato, in mano ad altri che stanno dietro le quinte, e a cui non può opporsi. http://rinf.com/alt-news/breaking-news/neocons-want-ukraine-crisis/

Obama accetterà di passare alla storia come un deficiente totalmente condizionato dai poteri altrui? Che viene demolito ogni giorno dai suoi presunti sottoposti? Pare di sì.

Qualche tempo fa, alluse anche alla sua paura di essere ammazzato – un classico per la presidenza USA, bisogna ammetterlo – se avesse sfidato certi poteri troppo forti. Così, eccolo prendere il telefono per fare una falsa, pateticamente «energica telefonata» a Vladimir Putin minacciandogli «conseguenze» per la sua «totalmente illegittima» invasione della Crimea — dopo avergli fatto simili telefonate per protestare contro l’asilo concesso a Snowden, e soprattutto avergli impartito le note lezioni sui «diritti degli omosessuali» al matrimonio e all’adozione.

Patetico. Tutti capiscono che una guerra americana in Siria già aveva qualche controindicazione; figurarsi rischiare una guerra alla Russia. Ovviamente, si ricorrerà a qualche «sanzione», si minaccia l’espulsione di Mosca dal G-8, la solita diserzione di Francois Hollande dalla prossima riunione del medesimo G-8 a Sochi... tutto ciò non fa che accrescere il lato patetico della tragedia: tragedia per gli ucraini, commedia a Parigi La Poire.

Tutto perché Obama non ha il coraggio, non può, non riesce forse nemmeno a concepire che deve sbatter fuori Victoria Nudelman e Susan Rice (la National Security Adviser), e magari sprecare una telefonata per sollevare di peso Samantha Power, sua ambasciatrice all’ONU, grande promotrice di continui interventi militari per ragioni umanitarie...


Obama, Sausan Rice e Samantha Power


Sono tutte donne che aveva portato con sé Hillary Clinton: lei, la Clinton, se n’è dovuta andare dopo aver compiuto l’orrendo, sanguinoso, mai chiarito complotto che costò la vita, a Bengasi, all’Ambasciatore americano. Ma le altre sono lì a fare danni. Soprattutto uno: impedire un accordo di fondo fra Valdimir e Obama per una politica estera diversa, meno dipendente da Sion, dal complesso militare-industriale, e dall’ossessione imperiale britannica per debilitare e dissolvere la Russia, storica «heartland» che bisogna sgretolare per poter dominare «l’isola-mondo».

Ed Obama, eccolo costretto a minacciare per finta, al telefono, quello che potenzialmente è il suo migliore alleato, in quanto i due hanno i nemici in comune.

Pensate solo all’alternativa: lasciare in pace la Russia, smettere di provocarla, non contrastare il suo destino manifesto e i valori che Putin legittimamente vuole alla base della ricostruzione post-sovietica... che rischio sarebbe? La Russia non è un pericolo, non aggredisce, per proclamato principio non s’ingerisce negli affari altrui, riconoscendo le sovranità degli Stati così come sono: in Crimea è intervenuta solo perché il Governo di Kiev (Nuland) effettivamente minaccia i diritti della componente russofona, e gli interessi strategici di presidio navale del Mar Nero.

È l’America che conduce operazioni coperte in oltre cento «punti caldi» del mondo, che fornisce armi ai wahabiti in Siria, che ha rovesciato Gheddafi per ottenere una destabilizzazione permanente della Libia, che bombarda con droni montanari afghani, che «ripensa all’opzione militare in Siria» e sparge miseria e sangue — come appunto ora in Ucraina.

L’Europa, se non fosse composta di servi e robot, dovrebbe staccarsi da questa follia, a cui lo stesso Obama pare trascinato – ridicolo e tragico burattino – contro la sua presunta volontà.





1
) Questo Robert Kagan (j, nato nel 1958 ad Atene) oggi finanziato dalla Brookings Institution, è stato tra i fondatori del Project for the New American Century., il gruppo ebraico neocon che, nel suo rapporto del 2000, ‘Rebuilding America’s Defenses: Strategy, Forces and Resources for a New Century’, un mostruoso progetto di riarmo, profetizzò che l’opinione pubblica americana non avrebbe mai accettato una tale spesa, «senza un catastrofico evento catalizzatore, una nuova Pearl Harbor». Quella nuova Pearl Harbor che !»Al Qaeda» (leggi: Bandar bin Sultan col Mossad) realizzò l’11 Settembre di un anno dopo. Oggi, gli stessi ambienti stanno predicando che «una crisi straordinaria è necessaria per preservare il nuovo ordine mondiale»: queste le parole scritte sull’Atlantic Council da Harlam Ullman, analista strategico principe del «Brent Scowcroft Center on International Security», senior adviser dell’ Atlantic Council, membro importante della National Defense University. Questo Ulmann scrive «sommovimenti tettonici stanno dfando forma nuova al sistema geostrategico internazionale»; non solo «superpotenze militari come la Cina» minacciano il nuovo ordine mondiale «conformato dal presidente Bush venti anni fa», ma «attori non-statali come Edgar Snowden» (sic), i quali «incoraggiano gli individui a diventare autonomi eviscerando il controllo statale» (eviscerating: lo dice lui). In pratica e in consuntivo, Ullman propugna un conflitto abbastanza grave, da giustificare la censura marziale sulle informazioni, e il controllo totale dello stato sugli individui e il web, che non obbedisce agli imperativi del media mainstream.



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