Gesù risorge. Buona Pasqua, con forti grida
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Ai fedeli lettori, Buona Pasqua. Christòs Anésti — veramente è risorto. È la festa della nostra vittoria, e quindi della sconfitta del nemico, che può credersi tanto potente e non lo è. Perché noi – come proclama l’ormai mal sopportato San Paolo – «stravinciamo per virtù di colui che ci ha amati»: non solo vinciamo ma stravinciamo perché sotto il comando del Risorto, anche con i colpi e le sconfitte che il nemico crede di infliggerci – l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada – ci avvicina alla vittoria. Quella definitiva, finale, eterna. Rafforziamo questa certezza.

A questo scopo, sarà utile e bello fornirsi delle armi e delle armatura alla Festa della Misericordia. La prima domenica dopo Pasqua, che ancor si dice in albis per ricordo di un antico uso abbandonato. Il suo nome è: Festa della Misericordia. La istituì Cristo nel 1931, ordinando a Faustina Kowalska:

  
«Desidero che la Festa della Misericordia sia rifugio e riparo per tutte le anime, ma soprattutto per quelle dei poveri peccatori. In questo giorno sono aperte le viscere della mia Misericordia e riverso un mare di grazie sulle anime che si avvicinano alla sorgente della mia Misericordia.

«L’anima che si accosta alla Confessione e alla santa Comunione, [questo giorno] otterrà la totale remissione delle colpe e delle pene. In questo giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le mie grazie: nessun’anima tema di avvicinarsi a Me, anche se i suoi peccato fossero come lo scarlatto!

«La mia Misericordia è così grande, che nessun intelletto, né umano né angelico, potrà sondarlo per tutta l’eternità. Tutto ciò che esiste è uscito dalle viscere della mia Misericordia. Ogni anima, per tutta l’eternità, contemplerà il mio amore e la mia Misericordia.

«La Festa della Misericordia è uscita dal mio Cuore: voglio che sia celebrata solennemente la prima domenica dopo Pasqua. L’umanità non troverà la pace finché non si rivolgerà alla sorgente della mia Misericordia».

Saremmo sciocchi a privarci, per incuria, di un simile mezzo di vittoria. Anzi di stra-vittoria: perché è Cristo che fa tutto (come in realtà scopriremo alla fine che «ha fatto tutto lui», anche i nostri sforzi, quelli che credevamo nostri). Come peccatori, qui abbiamo più che l’indulgenza plenaria: abbiamo la cancellazione delle colpe e delle pene che per sé fornisce il Battesimo: torniamo innocenti come bambini, pronti alla nuova fase della battaglia che ci attende, anzi che è già cominciata. E «sono aperti tutti i canali» di grazia, tutto possiamo chiedere l’impossibile.

Perché è bene prepararsi. L’insegnamento dei «gender», o come si chiama, è ormai introdotto nelle scuole italiane. Comprende dottrine come «tecniche della masturbazione». È evidente che, con la scusa dell’insegnare a non discriminare i pervertiti sessuali, l’autorità vigente – l’ordine viene dall’estero, vale per tutto l’Occidente ormai arreso al maligno – ha fretta di corrompere i bambini fin da piccoli. I nostri figli e nipoti. Bisognerà combattere contro questo, perché dei nostri figli e nipoti saremo chiamati a rispondere nel giorno del giudizio. Apparentemente, dovremmo trovare alleati anche i non credenti: insegnare il male sessuale a scuola, autorizzarlo e promuoverlo, significa mettere una mina esplosiva sotto la società, alle fondamenta stesse della civiltà. Cancellata la coscienza del male e del peccato dalla tenera età, resa «normale», anzi pedagogicamente approvata l’obbedienza cieca ai primi impulsi, si preparano le generazioni al delitto. Una generazione di zombie, di viventi guasti e putrefatti; i nostri nipoti, temo, saranno i nostri assassini.

Dovrebbe essere evidente a tutti la necessità di lottare contro questa deriva. Invece saremo pochissimi. Questa società suicida ci sarà contro, o peggio – vile – la maggioranza tacerà davanti alla rovina, e davanti ai perseguitati ne prenderà le distanze. Eppure bisognerà combattere, rifiutare obbedienza allo Stato (rigettando l’«istruzione obbligatoria»), commettere l’illegalità, visto che i nemici hanno occupato la legalità e la usano per diffondere il male, la putrefazione e la morte spirituale.

Ebbene, è precisamente questa l’ora in cui dobbiamo appellarci, gridando, alla Misericordia. Come ne era ben cosciente Giovanni Paolo II:

«In nessun momento e in nessun periodo storico – specialmente in un’epoca cosi critica come la nostra – la Chiesa può dimenticare la preghiera che è grido alla misericordia di Dio dinanzi alle molteplici forme di male che gravano sull'umanità e la minacciano.(...). Quanto più la coscienza umana, soccombendo alla secolarizzazione, perde il senso del significato stesso della parola “misericordia”, quanto più, allontanandosi da Dio, si distanzia dal mistero della misericordia, tanto più la Chiesa ha il diritto e il dovere di far appello al Dio della misericordia “con forti grida”».

« …per quanto marcata l’eterogeneità della civiltà contemporanea, per quanto grande la negazione di Dio nel mondo umano, tuttavia tanto più grande deve essere la vicinanza a quel mistero che, nascosto da secoli in Dio, è poi stato realmente partecipato nel tempo all’uomo mediante Gesù Cristo. (...) supplichiamo perché, in questa tappa della storia, si riveli ancora una volta quell'amore che è nel Padre, e per opera del Figlio e dello Spirito Santo si dimostri presente nel mondo contemporaneo e più potente del male: più potente del peccato e della morte».

« (...) Anche se ci fossero milioni di tali smarrimenti, anche se nel mondo l'iniquità prevalesse sull'onestà, anche se l'umanità contemporanea meritasse per i suoi peccati un nuovo «diluvio», come un tempo lo meritò la generazione di Noè. (...) Facciamo ricorso a Dio mediante Cristo, memori delle parole del Magnificat di Maria che proclamano la misericordia “di generazione in generazione”! Imploriamo la misericordia divina per la generazione contemporanea! (1).

Bisognerà ricordare ai nostri sacerdoti che la Festa della Misericordia comporta una precisa liturgia (non tutti ne sembrano avvertiti): bisogna esporre alla venerazione pubblica il quadro che fu ordinato a suor Faustina di dipingere, il Gesù dal cui cuore escono i raggi di luce. E bisogna che l’omelia sia sulla Misericordia, sulla «mia insondabile Misericordia». Gesù stesso ha detto necessario «il culto esterno della mia Misericordia con la solenne celebrazione di questa festa e la venerazione dell’immagine». Si dovrà ricordare che ciascuno che voglia onorare la Misericordia deve compiere opere di misericordia con azioni, parole e preghiere. Se ne dovrà ricordare il premio:

«Scrivi, figlia mia, queste parole: coloro che glorificheranno la mia Misericordia e ne diffonderanno il culto, incoraggiando le anime alla fiducia nella mia misericordia, nell’ora della morte non avranno timore. La mia Misericordia li proteggerà nell’ultima battaglia... quando l’anima vedrà e riconoscerà la gravità dei propri peccati, quando le si svelerà tutto l’abisso della miseria in cui è precipitata, non disperi, ma si getti con fiducia tra le braccia della Misericordia come un bambino nelle braccia della madre amata. Queste anime hanno la precedenza nel mio Cuore».

Avere questa fede quando si è invecchiati nel peccato, come chi scrive, significa tornar bambini. È questo che offre la Misericordia nella sua festa: freschi appena battezzati, forti e pronti a qualunque guerra.

Come il puro bambino José Sanchez del Rio. Quello che nella sanguinosa giornata del 6 febbraio 1928 – i cristeros attaccati da forze preponderanti dieci contro uno, stavano cedendo – volle che il generale Morfin Guizar, che aveva perso il suo sotto i colpi nemici, prendesse il suo cavallo e si salvasse, per dirigere la resistenza un altro giorno. Quanto a lui, dietro un sasso, per coprire la ritirata dei suoi, sparò sulla truppa fino a quando restò senza munizioni.

I cristeros da subito l’avevano soprannominato Tarcisio, dal nome del primo giovane martire che s’era fatto uccidere per non lasciar dissacrare l’Eucarestia che portava nascosta nella veste. Al Generale federale Callista Guerrero parve strano che il tredicenne e i suoi amici catturati, poco più grandi di lui, sapessero quel che facevano. Volle interrogarli: «Perché combattete lo Stato? Non sapete che è un delitto punibile con la morte?». A José fu promessa salva la vita, se avesse abiurato la fede. Egli continuò a gridare: Viva Cristo Re! sotto la tortura; portato ad assistere all’impiccagione del quasi coetaneo Lazarus, onde far vacillare la sua risolutezza, egli invece incoraggiò l’amico: presto ci vediamo in Paradiso (2). Lo fecero camminare fino al cimitero dopo avergli tagliato le piante dei piedi, lo presero a pugni, lo colpirono col machete: se dici “Morte a Cristo Re”, sarai salvo. Lui gridò sempre ed ancora: «Viva Cristo Re, viva la Vergine di Guadalupe!». Lo finirono a baionette, il comandante del plotone, per la rabbia, gli sparò un colpo di pistola alla testa. A terra, José ebbe il tempo di tracciare una croce nella polvere, per baciarla.

Non dimentichiamo questo eroe cristiano della persecuzione moderna. Preghiamolo nel giorno della Misericordia, perché ci sostenga. E che siano abbreviati questi giorni.




1) Dives in Misericordia. Altro passo: «Avendo davanti agli occhi l’immagine della generazione a cui apparteniamo, la Chiesa condivide l’inquietudine di tanti uomini contemporanei. Deve anche preoccupare il declino di molti valori fondamentali che costituiscono un bene incontestabile non soltanto della morale cristiana, ma semplicemente della morale umana, della cultura morale, quali il rispetto per la vita umana sin dal momento del concepimento, il rispetto per il matrimonio nella sua unità indissolubile, il rispetto per la stabilità della famiglia. Il permissivismo morale colpisce soprattutto questo ambito più sensibile della vita e della convivenza umana. Di pari passo con ciò vanno la crisi della verità nei rapporti interumani, la mancanza di responsabilità nel parlare, il rapporto puramente utilitario dell’uomo con l’uomo, il venir meno del senso dell’autentico bene comune e la facilità con cui questo viene alienato. Infine, c’è la desacralizzazione che si trasforma spesso in «disumanizzazione»: l’uomo e la società, per i quali niente è «sacro», decadono moralmente – nonostante ogni apparenza. (...) La Chiesa – professando la misericordia e rimanendole sempre fedele – ha il diritto e il dovere di richiamarsi alla misericordia di Dio, implorandola di fronte a tutti i fenomeni del male fisico e morale, dinanzi a tutte le minacce che gravano sull'intero orizzonte della vita dell'umanità contemporanea».
2) Di fatto, Lazarus sopravvisse: i carnefici lo lasciarono pendere dalla forca qualche minuto, ma poi, credendolo morto, recuperarono la corda (servivano corde: i cristiani catturati erano sistematicamente impiccati a tutti i pali telefonici e della ferrovia). Pochi giorni dopo, ripresosi, Lazarus si unì di nuovo ai Cristeros.



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