Renzi l’israeliano. Con Ledeen alle spalle
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Sto proprio invecchiando. Dell’entourage di Renzi m’era sfuggito uno, che invece è stato segnalato da molti blog. Sono stato prevenuto persino da giornali di provincia, piccoli ma attenti e vispi: fra i suoi consiglieri, è apparso (riapparso) Michael Ledeen.

Ed io che mi chiedevo perché a capo della politica estera italiana Renzi (o chi per lui) avesse messo un’ingenua che nel curriculum della sue esperienze vanta – non avendo altro – di «aver fatto l’Erasmus ad Aix-en-Provence», una tesi sul «rapporto fra religione e politica nell’Islam», e di essere «presidente della delegazione parlamentare italiana dell’Assemblea Atlantica» nonché «membro dello IAI» (cioè influenzata da idee atlantiste, filo-americana). È chiaro: il vero ministro degli Esteri non sarà la piccola povera Mogherini.

Si spiega anche perché per consegnare alla sprovveduta inesperta la politica estera italiota, coi suoi dossier roventi (dai due marò all’Ucraina) sia stata sbattuta fuori a calci Emma Bonino, di cui il meno che si possa dire è che è “sperimentata”. La prova è che, scoppiata la crisi in Ucraina, la Bonino aveva chiamato Putin, e più volte ha ripetuto che le crisi attuali – Ucraina, Siria, Iran – non si possono nemmeno pensare di risolvere, escludendo per principio Mosca. La cosa non è sicuramente piaciuta a Washington – o più precisamente, a quella «Washington» che fa capo alle Nuland, ai Ledeen, e che sta con successo seppellendo Barack Obama.

Federica Mogherini
  Federica Mogherini
Non escluderei nemmeno che l’improvvisa fretta con cui Letta è stato rovesciato per mettere su questo governino che per metà è una Crociata dei Bambini, sia dovuta alla necessità di allineare l’Italia sulla politica «atlantica»: assedio e messa sotto accusa della Russia, espansione della democrazia nella sua area d’influenza, destabilizzazione del territorio attraverso cui Mosca ci fornisce il gas, e «Fuck Europe!».

La povera Mogherina dovrà per forza ricorrere all’uomo di esperienza: Michael Ledeen sarà il suo suggeritore, e dunque il vero Ministro deli Esteri: ombra, come preferisce lui. Di esperienza, lui, ne ha da vendere (e se la fa pagare). Israeliano-americano, mestatore sopraffino, Ledeen è sempre apparso e riapparso in Italia a mettere le mani nelle paste più purulente: strategia della tensione, strage di Bologna, Brigate Rosse, rapimento Moro, pistolettata di Ali Agca al Papa, falsa storia dello yellowcake (la «torta di uranio» del Niger che l’Iraq avrebbe segretamente importato – la scusa per attaccare Saddam Hussein e sostenere la menzogna di Bush jr., che l’Iraq aveva armi di distruzione di massa: falsi documenti preparati dai servizi italiani, su suggerimento di Ledeen), praticamente non c’è faccenda in cui Ledeen non abbia depistato e fatto gli interessi di Israele e (subordinatamente) della NATO.

Durante il rapimento Moro, andava e veniva dal Viminale – consigliava il ministro Cossiga (massone britannico) da cui si faceva pure ricompensare come «esperto di terrorismo» – per sviare, con rivelazioni, sedute spiritiche e d varie distrazioni che davano Moro ora qua e ora là – l’attenzione dal fatto che (lo avrebbe appurato la nostra polizia scientifica dopo che il cadavere di Moro fu trovato nella R4 rossa, e scoprì che era coperta di fili di tessuti di vari colori), che il politico era tenuto prigioniero dalla «Brigate Rosse» a pochi metri di distanza da via Caetani dove fu trovato ucciso – altrimenti i filini di tessuti sarebbero stati portati via dal vento di una corsa in auto – Anzi probabilmente dentro palazzo Caetani stesso, ancor oggi sede di vari uffici consolari e di rappresentanza Usa, nonché ( a pianterreno, lato strada) sede di numerosi magazzini di grossisti in tessuti, attività tipica degli ebrei romani…

Quando Agca sparò a Giovanni Paolo II, ariecco Ledeen: allora concepì la «pista bulgara», del tutto falsa, per nascondere verità inconfessabili. La spia Francesco Pazienza, nel processo del 1986-1988, in cui fu imputato per i depistaggi nella strage di Bologna, ha raccontato che Ledeen era nel Supersismi prima che lui ci entrasse. E aggiunse: «Il Supersismi non era una struttura ma un'organizzazione. (...) tra loro c'era Michael Ledeen, che era già lì prima che arrivassi io, e continuò a collaborare con i servizi, tanto che io arrivai a sapere con assoluta certezza che nel 1985 lui ottenne tutto il materiale dell'inchiesta sull'attentato al Papa».

Detto altrimenti, il Supersismi fu la struttura segreta sovrimposta ai servizi militari dalla P2 di Licio Gelli. Dalle indagini sulla strage di Bologna risulta che gli insabbiamenti furono coordinati dalla P2, soprattutto con i suoi uomini nel SISMI. Gelli e Francesco Pazienza sono stati condannati per le loro responsabilità nella vicenda». Per dirla con Reseau Voltaire (area dissidente dei servizi francesi), Negli anni ’70, in Italia, Michael Ledeen è stato collaboratore dei servizi segreti italiani e di quelli israeliani (qual è sicuramente ancor oggi) nonché membro della P2: «insomma un uomo-chiave nella rete occulta della NATO in Europa», negli anni della strategia della tensione in cui tutta una serie di attentati, di «destra» e di «sinistra», delle Brigate Rosse e di «terroristi neri», furono organizzati – in gran parte da quella «rete» – per mantenere l'Italia nel solco atlantista».

Così, quando fu ordinato un repulisti dei cosiddetti «servizi deviati», l’ammiraglio Fulvio Martini, divenuto capo dell’intelligence, dichiarò Ledeen come «persona non grata» in Italia.

Ma niente: rieccolo a metter le dita nelle nostre cose, le più maleodoranti. Scoppia «Mani Pulite»? Ed ecco che Ledeen invita a Washington l’eroico magistrato Di Pietro, nel 19956, un anno prima che Di Pietro decida – mal consigliato – di scendere in politica: a cena a casa, e poi a parlare e farsi applaudire all’American Enterprise, il think tank di cui allora Ledeen era membro di punta.

I più giovani possono non sapere cosa fu l’American Enterprise. Dire che fu una Centrale israeliana-neocon, è riduttivo: fu uno degli organismi che, dopo l’11 Settembre, hanno forzato la politica estera Usa nella attuale e rovinosa «guerra lunga al terrorismo globale», indotto l’invasione dell’Afghanistan, l’occupazione dell’Iraq, provato ripetutamente l’aggressione dell’Iran, operato il frazionamento dei paesi musulmani secondo linee etnico-religiose, attuata col ferro e il fuoco l’espansione della democrazia nell’interesse di Israele e della sua eterna sicurezza, – e soprattutto: ottenuto il riarmo colossale che fu ritenuto necessario dal PNAC (Project fo a New American Century): il think tank che nel 2000 propose al presidente americano la dominazione totale del mondo – con uno sforzo economico e bellicista che gli americani non avrebbero mai accettato, senza «una nuova Pearl Harbor»: quella che si verificò magicamente l’11 settembre di un anno dopo, con il mega-attentato «islamico», così dissero...

Occorre precisare che Ledeen è fra i firmatari di quel documento profetico? Lo fu: con i soliti nomi dell’epoca, Kristol e Kagan, Richard Perle, Daniel Pipes, Wolfowitz, Feith, il rabbino Zakhein... Sempre gli stessi nomi, onnipresenti nelle centrali d’influenza o di forzatura della «politica di guerra permanente» condotta dagli USA.

Come non bastasse, Ledeen ha diretto il Jewish Institute for National Security Affairs (JINSA), ossia la cupola semi-segreta in cui si allacciano i rapporti inconfessabili tra l'esercito israeliano, il Pentagono e l'apparato militare industriale americano, che ha condotto al colpo di Stato neocon e alle successive guerre d'aggressione dei nemici potenziali d'Israele. Qualche amico suo gli ha attribuito, sardonico, una «Dottrina Ledeen», che Ledeen stesso, in una conferenza degli anni ’90, avrebbe enunciato così: «Every ten years or so, the United States needs to pick up some small crappy little country and throw it against the wall, just to show the world we mean business», ossia: «Ogni dieci anni o giù di lì, gli USA hanno bisogno di prendersela con un qualunque piccolo e merdoso Paese e sbatterlo contro il muro, giusto per far vedere al mondo chi comanda».

È un sunto della «dottrina Leo Strauss», in fondo: il segreto maestro rabbinico e talmudico, filosofo doppio, da cui i neocon americo-israeliani hanno ricevuto la predicazione della necessità della violenza permanente, in politica, avvolta nella menzogna umanitaria, democratica, persino cristiana (cristianista).

Nella mobilitazione del popolino protestante americano, «cristiani rinati», a fianco dell’estremismo israeliano visto come acceleratore del Messia, Michael può essere addirittura considerato un precursore di Leo Strauss. Ne fa fede l’articolo che scrisse su New Republic (estrema destra repubblicana) il 18 giugno 1984, insieme alla moglie Barbara. Eccone il titolo: Barbara and Michael Ledeen, «What Do Christian and Jewish Fundamentalists Have in Common? The Temple Mount plot».

Traduzione appena un poco esplicativa: «Ecco che cosa hanno in comune i fondamentalisti ebrei e i fondamentalisti cristiani: il complotto del Monte del Tempio». Nell’articolo si raccontavano gli sforzi segreti di gruppi israeliani, finanziati da «cristiani rinati» americani miliardari, per far saltare la Moschea di Omar a Gerusalemme e ricostruire il Tempio ebraico, onde ripetervi il sacrificio dell’agnello, ed obbligare JHVH a dare ai giudei il potere mondiale.

Ai tempi, sembrava una idea di pochi psicopatici religiosi... Barbara Ledeen, la mogliettina, entrava in questa storia perché, all’epoca, figurava come redattrice della Biblical Archeology Review, rivista dedicata agli studi archeologici (veri e fantastici) che gli israeliani e i neocon , improvvisati Indiana Jones, insieme conducevano per dimostrare che «la Bibbia aveva ragione». Dopo le polemiche suscitate, la rivista ha rifiutato altre «collaborazioni» della coppia. Ma ormai il seme era gettato: da allora, Barbara s’è sempre vantata che l’idea di ricostruire il Tempio è nata da lei: «That's my baby!».

In Italia, Michael Ledeen si è presentato come storico ed allievo di De Felice (come Paolo Mieli, come Stefano Folli, come altri rispettati «suggeritori» di grande politica...) . Nel 1975, l’allievo di De Felice Ledeen ha prodotto, per uso degli americani colti, il saggio: «D’Annunzio, the First Duce».

L’avventura dannunziana di Fiume, come oggi è appurato (da A.A. Mola nella sua monumentale Storia della Massoneria Italiana) fu concepita e finanziata dalla Massoneria per «compensare» oniricamente gli italiani della «vittoria mutilata» – dopo i 600 mila inutili morti nella Grande Guerra massonica – e scaldare i cuori. Ciò che a Leeden piace, e che propone come modello, fu il che il fascismo di D’Annuncio fu «libertario» e trasgressivo (1): tra i legionari di Fiume accorsero, per fondarvi uno stato delle libertà, cocainomani strafatti, finocchioni in look militare con vitini di vespa e pugnali alla cintura, amanti dei suddetti, sessuomani vari, viziosi di ogni genere di proibito: un carnevale col teschio e le tibie incrociate, precursore di quella «cultura della morte» oggi divenuta banale grazie alla propaganda consumista e hollywoodiana. Non stupisce che Ledeen, propagatore di una ideologia che chiama «universal fascism», sia anche amicone dei radicali, e abbia invitato Daniele Capezzone (all’epoca il piccolo favorito di Pannella) al solito American Enterprise («Qui mi sento a casa», esalò estasiato il fantolin pannelliano).

Ma intanto, mai Michael dimentica di fare gli interessi del fanatismo messianico israeliano e della sua utopia di potere mondiale. Non si contano i suoi tentativi di provocare l’aggressione americana all’Iran tanto desiderata da Netanyahu: negli anni in cui Al Zarkhawi, il misterioso successore di Bin Laden a capo di Al Qaeda (così dicono...), faceva esplodere moschee sciite in Iraq, con stragi di 200 morti per volta, Ledeen scrisse che Al Zarkhawi agiva... agli ordini di Teheran, la teocrazia sciita. Le prove? Sono in certi atti processuali custoditi in Germania ed Italia, assicurò Ledeen: lì si dimostra che Al Zarkhawi s’è stabilito a Teheran, da dove sta costruendo una rete terroristica musulmana in Europa...

Peccato che i governi europei siano dei traditori. .. Nel 2003 infatti riecco Ledeen sostenere, in un articolo sulla National Review (il 10 marzo), che Francia e Germania, alleati degli USA, «hanno stretto un patto con l’Islam estremista e gli stati arabi fondamentalisti» per «usare terrorismo ed estremismo come arma a loro disposizione per indebolire gli Stati Uniti» (A Theory, Michael Ledeen, National Review Online, 2003).

«Sembra strano – prosegue l’imperterrito depistatore Ledeen – ma se è vero, allora dobbiamo perseguire la guerra contro il terrore molto al di là delle frontiere del Medio Oriente: nel cuore dell’Europa Occidentale»...«Fuck Europe», nuova fase della politica neocon.

Fatto sta che Ledeen è tornato: insieme a finanzieri super-giudei come Davide Serra, insieme a Yoram Gutgeld e Marco Carrai «molto vicini a Israele» (tanto da averci delle aziende), a consigliare Renzi e fornire le sue false informazioni, teorie dementi e vere direttive alla sprovveduta, candida ministruzza degli Esteri che ha fatto l’Erasmus ad Aix en Provence... E che giusto qualche giorno fa, la Mogherini s’è recata, con «una piccola delegazione NATO, a Kiev». Guarda la combinazione, la Mogherini a fianco della Nuland.

Per forza che Giuliano Ferrara è così contento di Renzi, per forza piace tanto a Mieli, al Corriere, al vecchio amicone Stefano Folli; per forza nella melma del Berlusconi-partito s’è formato il gruppo GAL, allo scopo di portare le borracce al governo Renzi, se la sinistra minacciasse di farlo cadere. È tornato Ledeen, e si vede. Ancor più si vedrà.





1) Nel suo saggio, Ledeen manifesta tutto il suo entusiasmo per «l’uomo nuovo» del fascismo che D'Annunzio cercò di creare e per il suo appello a distruggere le basi filosofiche e culturali degli stati nazionali: «La rivolta guidata da D'annunzio, scrive, era diretta contro il vecchio ordine europeo e si concretizzò a vantaggio della creatività e virilità dei giovani che dovevano far nascere un mondo nuovo, modellato ad immagine dei suoi creatori. L’essenza di una tale rivoluzione era la liberazione della personalità umana, ciò che si può chiamare la 'radicalizzazione' della masse ...».



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