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Uno zio Tom per Katz?
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Lettori con le antenne ritte, sospettosi. Uno mi manda due righe sulla prima nomina di Barak Obama: Ramh Emanuel come capo di gabinetto.

«Nato il 29 novembre 1959 da Benjamin R. Emanuel (nato a Gerusalemme). Il padre fu membro dell'Irgun. Nel 1991 Rahm e' stato volontario civile in Israele durante la guerra del Golfo. Dal 1999 al 2002 ha lasciato la Casa Bianca e ha lavorato per la Dresdner Kleinwort Wasserstein società finanziaria di investment banking (durante il Terzo Reich la banca fu braccio finanziario delle SS). Nel 2004 ha fatto parte di una cordata insieme a ABN-AMRO, Barclay's, JP Morgan, Morgan Stanley per il finanziamento da parte di Rosneft della Yukos. Il governo russo aveva incaricato la Dresdner di stimare il valore di Yukos».

Oh yes: «Il nostro uomo alla Casa Bianca», come l’ha definito il giornale Ma’ariv israeliano. E come banchiere, Emanuel ha guadagnato 16 milioni di dollari in tre anni. Ha un fratello, Ari Emanuel, grosso produttore di Hollywood.

E pensare che durante la campagna elettorale, è stato rimproverato ad Obama di essere amico di un «terrorista»: Bill Ayers, oggi professore universitario, ieri membro del Weather Underground, organizzazione di estrema sinistra. Magari per contrappeso, gli hanno affiancato il figlio di un terrorista di ben altra preminenza: l’Irgun fu l’organizzazione ebraica segreta che nel luglio 1946 fece saltare il King David Hotel a Gerusalemme, sede dell’amministrazione britannica. Morti, 91.

Nel 1948 Irgun e la sua organizzazione gemella Lehi («Banda Stern», per gli inglesi) compì il massacro di Dei Yasin, 480 palestinesi massacrati deliberatamente nelle loro case, donne e bambini compresi e perfino il bestiame: i terroristi erano del tipo talmudico, allievi del rabbino Avraham Kook, che aveva insegnato loro che quelli erano gli «Amaleciti» ricordati dalla Bibbia, di cui YHWH ordina la distruzione totale. Irgun era famosa per gli attentati indiscriminati contro autobus e mercati.

Contrariamente al Vaticano, i talmudici non si profondono in scuse per questi fatti. Anzi. Nel 2006, l’ex premier Netanyahu ha partecipato, con molti membri ancora vivi dell’Irgun, alla celebrazione del 60 anniversario dell’eccidio al King David. La festa si è tenuta nel Menachem Begin Centre; Begin era stato lui stesso un attivo terrorista dell’Irgun. Da terrorista a capo di governo.

Philip Giraldi, già alto funzionario della CIA, ritiene anche più allarmante la possibilità che si veda comparire a fianco del presidente, in qualche carica, Dennis Ross. Uno degli architetti, per Clinton, degli accordi di Camp David dove (dice Giraldi) «ha dimostrato di essere interessato più ad avanzare gli interessi di Israele che ad una pace durevole coi palestinesi. E’ l’inventore del cosiddetto negoziato ‘no surprises’, consistente in questo: tutte le proposte avanzate dagli USA dovevano essere preventivamente autorizzate da Israele prima di essere poste sul tavolo. Se Israele diceva no, gli USA cancellavano» (1).

Ross il democratico ha attaccato ferocemente l’ex presidente democratico Jimmy Carter quando questi ha pubblicato il suo «Palestine: Peace not Apartheid».

Ma soprattutto, rivela Giraldi, Dennis Ross è il co-autore di un documento-raccomandazione, «Meeting the Challenge: US policy toward Iranian nuclear development», pubbicato il 23 ottobre dal Washington Post, dove istruisce Obama sui seguenti punti: Teheran non ha diritto ad arricchire uranio, nemmeno per scopi civili; Obama dovrà «parlare» con gli iraniani, onde dar loro la possibilità di cedere su tutta la linea prima di subire l’attacco americano. Il nuovo presidente, raccomanda il documento, deve organizzare le forze militari a questo scopo «fin dal primo giorno» di presidenza. E le forze USA devono rimanere nell’area (Iran) anche dopo il bombardamento, onde sopprimere ogni possibile risorgenza del regime dei mullah.

Ora, qualcuno può trovare che questo documento-istruzione abbia una inquietante somiglianza con quello, intitolato «Rebuilding the American Defense», dove nel 2000 un pensatoio chiamato «Project for a New American Century» (PNAC), raccomandava il futuro presidente (Bush jr.) di riarmare l’America per la nuova sfida del «secolo americano» senza nemici di pari pericolosità; e aggiungeva che non sarebbe stato possibile convincere l’opinione pubblica a nuove spese per la difesa, senza «un fatto traumatico come una Nuova Pearl Harbor». Il fatto traumatico avvenne l’11 settembre. I firmatari erano Wolfowitz, Cheney, Perle, Rumsfeld ed altri neocon talmudici, poi diventati famosi e ministri.

E infatti, la sensazione è giusta. Il documento ultimo, «Meeting the Challenge: Us policy toward iranian», eccetera, si è presentato come l’opera di un «Bipartisan Policy Center», ed è firmato da tre ex-senatori dei due partiti, apparentemente non ebrei, George Mitchell, Daniel Coats, e Charles Robb. Ma la «task force» che ha elaborato davvero il documento e fatto le raccomandazioni, informa Giraldi, comprende Dennnis Ross ed altri di un elenco interessante.

Steve Rademaker, marito di Danielle Pletka, analista dell’American Enterprise Institute (AEI, il pensatoio di Richard Perle e del ben noto Michael Leeden); Michael Rubin, un altro membro dello AEI; Kenneth Weinstein, dell’Hudson Institute; Kenneth Katzmann, del Congressional Research Service; e inoltre due generali, un ammiraglio, due ex alti funzionari del Pentagono che hanno lavorato con Paul Wolfowitz e Doug Feith; e infine, un economista della Lehman Brothers (Kuhn & Loeb).

Il direttore del progetto è Michael Makovsky, fratello di David Makovsky, membro di primo piano al Washington Institute for Near East Policy (WINEP), il think-tank israeliano fondato dall’American Israel Public Affairs Committee (AIPAC), ossia il braccio secolare della lobby.

Tutti costoro sono, inutile dirlo, figli di Katz. E il documento, conclude Giraldi, non è altro che l’ultima forma assunta dalla teleguida neocon sulla Casa Bianca. Una teleguida che la volta scorsa adempì con grande successo il suo compito, dalla nuova Pearl Harbor all’aumento enorme delle spese militari, alle due guerre per Israele.

Dennis Ross è un astro pronto a sorgere: aspira alla Segreteria di Stato, ma si accontenta di un posto al Consiglio di Sicurezza Nazionale per le questioni del Medio Oriente, dove può meglio servire la patria. Infatti, dirige a Gerusalemme un Jewish People Policy Planning Institute; in USA ha passato il tempo come dirigente del WINEP e come commentatore di Fox News di Murdoch, tutt’altro che filo-Obama, fino a ieri.

Ma come cambiano le cose… Oggi Fox è tutta dalla parte di Obama. Tanto che, qualche sera fa, un suo commentatore di nome Shepard Smith ha preso a male parole Ralph Nader (il famoso difensore dei diritti dei consumatori contro le grandi industrie); ciò perchè Nader aveva osato dire: attenti, Obama non sarà lo «zio Sam» che la gente crede, ma lo «zio Tom», ossia il sottomesso servo negro del romanzo, che lavorerà per le corporation. Apriti cielo. Smith ha detto chiaro e tondo a Nader che «la sua carriera era finita», ossia che non sarebbe stato mai più intervistato. Una non-persona in più (2).

E’ istruttivo che anche Ron Paul, il candidato più stimato dal web e mai nemmeno nominato dai media (altra non-persona), vecchio e onesto parlamentare, abbia espresso gli stessi dubbi: «Obama non sarebbe dovè se non seguisse la linea», ha detto Paul. E a proposito della «crisi internazionale generata» profetizzata da Joe Biden, da Colin Powell ed ora anche da Zbig Brzezinski, ha avanzato la sua ipotesi: «Penso che sarà l’annuncio di un nuovo ordine monetario; sarà fatto passare come una cosa limitata, certo non diranno che è nato il governo mondiale; ma lo sarà per chi controlla la moneta mondiale e le forze armate... Una Banca Centrale globale, regolamentazioni mondiali e il controllo su tutto il sistema finanziario mondiale, su tutte le materie prime e risorse naturali: che cos’altro si può chiamare un governo mondiale? Sarà l’inizio della fine di quel che resta della sovranità nazionale».

Frattanto un altro lettore dalle antenne sospettose, Alberto L., scrive: «il responsabile della Homeland Security, Chertoff, ha rilasciato delle strane dichiarazioni al Chicago Tribune. Ha ipotizzato un rischio elevato di attentati per la fine dell'anno e i primi due mesi del 2009. Ha affermato che parte dei collaboratori di Obama saranno addestrati per gestire nel modo migliore il caos successivo. La CNN ha riportato queste parole. Le ho lette sul sito dell'emittente mercoledì 5 novembre verso le 24,00. Ebbene il link relativo è scomparso, così come l'intervista sul Chicago Tribune. Mi spiace non aver salvato la pagina web. Era mia intenzione segnarla sul vostro/nostro sito».

Michael Chertoff  ha due passaporti, sua madre era una hostess della El Al. L’11 settembre 2001 era procuratore a New York, e fu lui che fece espellere per visto scaduto il gruppo di «israeliani danzanti», i giovanotti della agenzia di traslochi Urban Moving Systems visti festeggiare per l’incendio delle Towers, e fermati dalla polizia di New York.

Insomma non tutti i neocon sono rimasti a fianco di McCain, anzi. C’è un grosso partito della guerra per Katz che è andato ad affiancare Obama. E se questi non volesse fare la parte dello zio Tom (memore di come la dovette fare Colin Powell, e con quali risultati personali: quando non servì più, fu cacciato), c’è il partito democratico a vegliare che «tenga la linea».

Oggi i democratici hanno una maggioranza assoluta nel parlamento. Eppure John Kerry, lo sfortunato candidato democratico delle precedenti presidenziali, e che si dice potrebbe diventare Segretario di Stato, ha tenuto un discorso singolarmente minaccioso ai suoi co-parlamentari: «La prima minaccia al successo del presidente Obama può venire da certi democratici, imbaldanziti dalla maggioranza che hanno al Congresso... Obama dovrà comunicare loro, nei termini più espliciti: i democratici non hanno avuto un mandato per ‘tutti’ i loro programmi».

Obama, ha aggiunto, «quale che sia la nostra maggioranza, cercherà di raggiungere un più ampio consenso, perchè è il solo modo di governare l’America di questi tempi».

Insomma, Kerry dice - strano, per un democratico - che i democratici non devono usare la loro vasta maggioranza per imporre politiche (sociali) sgradite ai repubblicani, ossia ai neocon e all’alta finanza.

«Non dobbiamo approvare leggi con maggioranza di 51 o 60 voti (il Congresso ha 100 membri, ndr), dobbiamo costruire maggioranze di 85 voti» (3).

Qualcuno ha trovato questo discorso un pochino anti-democratico, in ogni senso. Volto a troncare le speranze di qualche componente di sinistra, convinta che adesso l’America potrà avere un servizio sanitario nazionale, e magari cominciare a tassare i miliardari.

Ma il discorso assume un’altra luce, se si fa memoria del documento stilato da Dennis Ross, «Meeting the Challenge: US policy toward Iraniana nuclear development», insomma la versione 2008 del foglio d’ordini stilato nel 2000 dal PNAC. Questo documento si presenta come «bipartisan, appoggiato da membri di entrambi i partiti». E la politica di Obama, dice Kerry, deve essere «bipartisan».

Del resto la cosa sarà facilitata dal numero-record di ebrei eletti al Congresso, come nota esultante il Jerusalem Post: 13 su 100 senatori (4). Non male per un gruppo che è solo il 2 % della popolazione generale. La bi-partisanship per Sion è assicurata.

A noi italiani, questa ingiunzione di John Kerry può fare venire a mente qualcosa. Le nostre ultime elezioni.

Ricordate tutto il parlare che si fece della necessità di lavorare con l’opposizione, nonostante la schiacciante maggioranza del Polo? Ci sarà il «dialogo», ci dissero. Le leggi non si faranno «a colpi di maggioranza», ma con più larghe intese. Veltroni e  Berlusconi recitarono quel copione, come gli fosse stato dettato dall’alto e da fuori. Poi l’eccessiva maggioranza guadagnata ha fatto cambiare idea a Silvio. Ma Veltroni ha pazienza, aspetta, e ad ogni occasione, come gli è stato insegnato, ripropone il «dialogo».

Yes, we can too.




1) Philip Giraldi, «Obama’s neocon in residence»,  Antiwar.com, 4 novembre 2008.
2) Paul J. Watson, « Fox News Angrily Smears Nader For Daring To Criticize Obama, PrisonPlanet, 5 novembre 2008.
3) «Meet the Press». NBC, 2 novembre 2008.
4) Allison Hoffman, «Record number of Jews elected to Congress»; Jerusalem Post, 5 novembre 2008.

P.S. Un altro lettore attento ci fornisce questa scheda, tratta da Panorama, sulla situazione sociale ed economica che Obama eredita da Bush:


Il Bilancio di Bush

                                            Insediamento (2000)               Oggi

Debito pubblico                       5.700 miliardi di dollari             10.300 miliardi dollari
Disoccupati                             6 milioni ( 4,2%)                        9,5 milioni (6,1%)
Deficit bilancia commerciale     436 miliardi di dollari                794 miliardi di dollari
Reddito annuale pro capite       21.587 dollari                          26.352 dollari*
Proprietari di case                    64,5%                                    68,1%
Milionari                                 6 milioni                                 9,3 milioni*
Poveri                                    31,6 milioni (11,3%)                37,3 milioni (12,5%)
Persone senza assicurazione    38,4 milioni                             47 milioni
Carcerati                                1,9 milioni                               2,3 milioni*
Bilancio della difesa                333 miliardi di dollari                 613 miliardi di dollari

Numero soldati morti in Iraq e Afghanistan 4.775
Spese totali guerra  2 mila miliardi di dollari circa


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