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Nessuno tocchi Rush
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Si sapeva che tra i lasciti di George W. Bush vi si trova una nazione economicamente in ginocchio, due guerre ed un partito (il suo) completamente squagliato, ma ciò che si credeva impossibile è divenuto realtà e sta avendo conseguenze enormi per il Partito Repubblicano, per il Partito Democratico e per l’intera politica americana: Michael Steele, capo del partito Repubblicano, ha offeso Rush Limbaugh.

partito_repubblicano_1.jpgPer chi non lo sapesse Rush Limbaugh, classe 1951, è de facto l’esponente più importante dei repubblicani grazie allo show radiofonico, di cui egli è produttore e presentatore, apparentemente seguito assiduamente e fedelmente da oltre venti milioni di americani pronti ad esaudire ogni sua richiesta. La potenza mediatica di Limbaugh è indiscussa, così com’è indiscussa la sua capacità di essere controverso, provocatorio e, spesso, offensivo. Si pensi che solo pochi giorni fa, il 6 marzo, Limbaugh si è detto sicuro che la riforma sanitaria proposta dall’attuale amministrazione per dicembre di quest’anno porterà il nome del senatore democratico Ted Kennedy, che combatte un cancro al cervello, poichè, sempre secondo Limbaugh, per allora sarà deceduto.

Micheal Steele dal canto suo ha già raggiunto un posto nella storia diventando primo presidente del Partito Repubblicano di colore, forse come risposta alla vittoria di Barack Obama e proprio come Obama ha deciso di portare effettivamente cambiamenti al suo partito: ha aperto all’aborto, sta provando a ristrutturare l’organigramma del partito e rischia di essere cacciato a tempo di record (forse già il 31 marzo).

Il vero misfatto che ha messo in ginocchio il Partito Repubblicano, mostrando al Paese la divisione tra le sue fila, è cominciato in realtà il 16 gennaio quando Rush Limbaugh ha dichiarato in diretta di sperare che Obama fallisca, dichiarando sostanzialmente che non gli importa se l’America si riprenda dalla crisi attuale ma che piuttosto i repubblicani tornino al potere quanto prima. Quest’affermazione non è passata inosservata ai più tant’è che il primo marzo è stato chiesto a Rahm Emanuel, democratico e capo dello staff della Casa Bianca, chi è il vero capo del Partito Repubblicano.

La sua risposta è stata un’inaspettata bomba politica: Rush Limbaugh. (Si noti che il laureato Nobel per l’economia Paul Krugman diede una risposta simile durante un’intervista per la rete televisiva MSNBC i primi di febbraio).

Sempre il primo marzo Steele è stato invitato alla CNN per rispondere alla provocazione di Rahm Emanuel (Limbaugh avrebbe risposto il giorno dopo durante il suo solito show) e all’inevitabile domanda su chi è al timone dei repubblicani ha dato una risposta che forse ha segnato la sua carriera: «Sono io il leader de facto del Partito Repubblicano. Rush Limbaugh è un intrattenitore. Tutta la cosa di Rush Limbaugh è intrattenimento. Sì, è incendiario. Sì è grottesco» («I’m the de facto leader of the Republican Party. Rush Limbaugh is an entertainer. Rush Limbaugh’s whole thing is entertainment. Yes, it is incendiary. Yes, it is ugly»).

Apriti cielo. Il giorno dopo, Limbaugh nel suo show radiofonico non ha perso tempo a rispondere duramente mostrando non solo le divisioni dei repubblicani ma anche che egli è veramente il capo (un pò come se Emilio Fede fosse la mente nascosta del PDL). Durante la sua trasmissione ha duramente criticato Steele, definendolo non solo un amico di Obama ma persino della tanto odiata Nancy Pelosi (democratica e presidente della Camera dei Rappresentanti). Peggio ancora, Limbaugh accusa Steele di quello che sarebbe diventato, proprio grazie al presentatore, il peccato più grave per un repubblicano: sperare che Obama abbia successo nel rimettere in piedi gli Stati Uniti.

Esattamente cinquantun minuti dopo la trasmissione Steele ha chiamato in privato Limbaugh per chiedergli scusa, rendendosi conto di aver probabilmente rovinato il proprio futuro politico.

Thomas Friedman, vincitore del premio Pulitzer e autore del bestseller «Il mondo è piatto», nel suo editoriale per il New York Times del 10 marzo ha fatto notare quanto sia allucinante che in un periodo di crisi come quello attuale vi sia anche solo il dibattito sulla leicità o meno della speranza nel fallimento di Obama. Friedman arriva addirittura ad affermare che augurarsi il fallimento di Obama, per un americano, sia l’equivalente di aver augurato a Bush di fallire nella lotta al terrorismo il giorno dopo l’11 settembre 2001.

La questione è diventata così grande che la famosa rivista Newsweek ha deciso di dedicarvi la prima pagina, mostrando una foto di Rush Limbaugh in primo piano la cui bocca è censurata dalla scritta «Enough!» («Basta!»). All’interno vi si trova un lungo articolo da parte di David Frum, giornalista repubblicano e conservatore chiaramente spaventato dall’onda di potere che sta crescendo intorno a Limbaugh e da quello che potrebbe diventare il partito Repubblicano: il partito dello status quo totale.

Questo desiderio di mantenimento dello stato attuale e di vedere il presidente Obama fallire si è visto nella pratica il 12 marzo quando il governatore del Texas Rick Perry, eletto per la prima volta nel 2000 dopo esser stato vicegovernatore sotto George W. Bush, ha sorprendentemente rifiutato ben 555 milioni di dollari che il governo federale aveva messo a disposizione come fondo per aiutare i disoccupati a pagare le assicurazioni sanitarie scatenando, peraltro, le ire dei deputati al parlamento del Texas.

Una situazione simile è venuta a crearsi in Louisiana in cui il governatore repubblicano Bobby Jindal che considerando lo stimolo fiscale inaccettabile ha dichiarato di voler rifiutare 98 milioni di dollari per i disoccupati ma allo stesso tempo è disposto ad utilizzare i restanti 2 miliardi e mezzo di dollari che il piano mette a disposizione allo stato del sud per altri finanziamenti.

partito_repubblicano_2.jpgE’ il caso di soffermarsi un attimo su Bobby Jindal poichè fino al 24 febbraio di quest’anno egli era visto come il futuro del partito Repubblicano: giovane, intelligente, di buona famiglia, operoso e mediaticamente presentabile. Quel giorno ha avuto lo sciagiurato dovere di fare il discorso di risposta allo ‘Stato dell’Unione’ che il Presidente Obama ha fatto al Congresso. Mentre il discorso di Obama è piaciuto ai più, Jindal non è riuscito a dare efficacia alle sue posizioni e si è mostrato mediaticamente debole fino al punto che i commentatori l’hanno definito simile a mister Rogers, un anziano e ormai deceduto presentatore di programmi per bambini, e «Kenneth the Page» personaggio della serie televisiva ’30 Rock’. Insomma un disastro autoprovocato che ha possibilmente causato il crollo di una delle figure di spicco del Partito Repubblicano.

partito_repubblicano.jpgIn tutto questo caos il repubblicano Eric Cantor, altra figura importante e unico ebreo eletto tra le fila repubblicane nella Camera dei Rappresentanti, sta minacciosamente rinforzandosi fino al punto di aver costretto un gruppo d’ispirazione democratica, ’American United for Change’, ad ideare una campagna pubblicitaria che affianca politicamente Rush Limbaugh ed Eric Cantor. Stando alla pubblicità, ma anche al Presidente Obama, Cantor è colpevole di rifiutare senza esitazione il piano di recupero economico proposto dall’Amministrazione (durante una conferenza stampa Obama ha detto che continuerà a parlare ad Eric Cantor e «un giorno, prima o poi, anche lui dirà ’ragazzi, Obama ha avuto una buona idea’»).

Anche alla Casa Bianca non stanno dormendo sonni tranquilli e lo si capisce dalla riunione delle menti che è stata fatta domenica 15 marzo. Tra i presenti vi erano David Plouffe, manager della campagna presidenziale, David Axelrod, stratega democratico e al momento consigliere per la Casa Bianca, Tim Kaine, il governatore democratico del Virginia e Jennifer O’Malley Dillon, direttrice del Partito Democratico. La paura della Casa Bianca è che Obama perda il supporto popolare di cui ora gode (stando ad un sondaggio CNN il rating d’approvazione di Obama è in calo), anche in vista del piano economico che sarà presentato nelle prossime settimane dai repubblicani e che potrebbe essere una vera e propria minaccia per il futuro politico di Obama proprio per mano di Eric Cantor, nemesi del democratico Rahm Emanuel.

Tra le strategie decise vi è il tentativo di riattivare la base del Partito Democratico e degli elettori in quella che potrebbe essere la più massiccia operazione di supporto politico da novembre ad oggi.

Un altro indice del nervosismo a Washington D.C. è la decisione di Obama a partecipare ad uno dei famosi ed importanti ‘Late shows’ televisivi, quello presentato da Jay Leno, nella speranza di poter tenere viva la sua immagine e di riconnettersi con la popolazione. Sostanzialmente ciò che si teme alla Casa Bianca è quello che il già citato premio Nobel Paul Krugman ha scritto il 9 marzo sul New York Times in cui si immagina uno scenario futuro in cui «è settembre 2009, il tasso disoccupazione ha superato il 9% e malgrado il primo stimolo fiscale è destinato a salire ancora. Obama finalmente ammette che uno stimolo fiscale più imponente è necessario. Tuttavia non può far passare il nuovo piano al Congresso perchè il tasso d’approvazione delle politiche economiche è crollato, parzialmente perchè le sue politiche sono viste come fallite e parzialmente perchè le politiche per la creazione di nuovi posti di lavoro sono viste nella mente del pubblico come impopolari salvataggi per le banche. Come risultato, la recessione avanza, incontrollata».

L’attenzione che la vicenda di Rush Limbaugh ha provocato potrebbe essere un vero e proprio boomerang per i democratici proprio perchè il presentatore ha guadgnato parecchio potere tra i repubblicani e ha attirato la curiosità di molti elettori indipendenti. In poche parole i due partiti si accusano l’un l’altro di fare giochi politici in un momento di crisi nazionale e i repubblicani stanno provando a dimostrare di esser loro il vero cambio della politica americana proprio perchè rifiutano gli ultimi otti anni della politica di Bush, è come se dicessero di aver imparato la loro lezione mentre Obama ha troppo poca esperienza.

I repubblicani hanno inoltre messo in moto la propria macchina d’assalto anche in politica estera fino al punto di far dichiarare a John Bolton (ex-ambasciatore alle Nazioni Unite inviato da George W. Bush, esponente della National Rifle Association e del Jewish Institute for National Security Affairs nonchè figura di spicco per l’invasione dell’Iraq) in un articolo per il giornale conservatore New York Post che la politica di Obama è una ‘pessima notizia per Israele’ e che l’Amministrazione corrente sta ‘mettendo sotto pressione Israele mentre tende la mano all’Iran’.

Inoltre gli attacchi si sono fatti così virulenti, a dimostrazione che in questo momento si stanno muovendo diverse forze politiche, da costringere Chas Freeman, ex-ambasciatore in Arabia Saudita, a ritirare la sua nomination per direttore del Consiglio Nazionale di Sicurezza a causa della sua posizione nello studio «The Israel Lobby and U.S. Foreign Policy» («La lobby israeliana e la politica estera USA») in cui si sostiene che uno dei problemi più gravi per gli USA è proprio la lobby ebraica (1).

Per quanto Obama stia provando, almeno di facciata, a fare operazioni il più bipartisan possibile è evidente che la politica americana in questo momento è completamente divisa e gli ordini precedentemente esistenti sono stati quantomeno disturbati. I prossimi mesi potrebbero rivelarsi veramente interessanti anche grazie alle ultime affermazioni di Dick Cheney, durante un intervista alla CNN, secondo cui le politiche di Obama (in modo particolare la chiusura di Guantanamo e lo stop alle torture) sono in realtà pericolose perchè aumentano «di fatto il rischio per il popolo americano di subire un altro attacco terroristico».

Se sia un’opinone, un’accusa o addirittura una minaccia non è affatto chiaro ma è sicuramente interessante notare come questo polverone politico sia stato sollevato da un semplice presentatore radiofonico. Vedremo quali altre sorprese ci riserva il futuro.

Enrico ed Eloisa Accenti, coniugi italo-americani, vivono e lavorano in Texas; lettori di EFFEDIEFFE, scriveranno articoli riguardanti gli USA, il modo di vivere americano, le incongruenze e anche le realtà obiettivamente belle di questo Paese, nel tentativo di contrastare una quasi totale distorsione mediatica e ignoranza delle questioni che riguardano gli Stati Uniti.




1)
Ne parla in maniera più approfondita il direttore Blondet in «ZOG-USA: tentativi di liberazione?» del 9 marzo 2009.
 

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