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Il Papa e il 13 maggio
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Dio non voglia. Ma se il Papa cadrà sotto un attentato durante la sua visita in Israele, ovviamente l’attentato sarà fatto apparire di matrice islamica. E ovviamente, il clamore mediatico renderà impossibile far sentire voci diverse da quelle, potentissime, che strilleranno la «versione ufficiale». Sarà semplicemente impossibile parlare di un «false flag», quale probabilmente sarà.

Diciamo quindi sommessamente adesso, finchè si può, che si dovrà fare attenzione alle simbologie» che accompagnano simili attentati eccellenti. E’ stato il giudice Carlo Palermo, nel suo libro «Il Papa nel mirino» sulle indagini svolte in relazione all’attentato compiuto da Ali Agca, a rilevare che i particolari «significati» e le numerose «simbologie»... non possono, in questa prospettiva, essere trascurati: ci si trova in effetti in presenza non già di azioni delittuose rientranti in schemi di ordinaria criminalità, ma di fatti realizzati da gruppi terroristici «ispirati ed esaltati», da killer fanatici, e, soprattutto, tramite contatti resi possibili dalla massoneria, da entità occulte di raccordo.

Non si trattava, scrive il giudice, di un «comune» complotto, inteso come accordo tradizionale raggiunto tra complici appartenenti a una stessa organizzazione criminale. Ma piuttosto qualcosa di piú complesso... di piú attentati, la cui organizzazione sarebbe stata però diretta, aiutata, assistita, da una pluralità di soggetti interessati - anche se talora tradizionalmente contrapposti -, «uniti», nell’occasione, dal comune obiettivo della eliminazione del Papa, e facilitati, nel raggiungimento delle convergenze, dalla rete occulta della massoneria, e cioè di quella organizzazione segreta trasversale garantita dalla massima segretezza e omertà, che tutela la sua stessa sicurezza e libertà d’azione, non consentendo nemmeno ai propri associati - a livello orizzontale -, di conoscersi direttamente».

Viene chiamata in causa la Massoneria. Ma non solo:

tale delitto fu il risultato di un complotto di alto livello, e cioè che a monte dell’esecuzione, anzi degli esecutori materiali vi furono organizzatori ed entità con ogni probabilità statuali… «tutti i Servizi, non solo quelli dei grandi Stati, si siano occupati di un fatto così grave e unico nella storia degli ultimi secoli… tutti, però, con l’obiettivo di impedire, una volta consumatosi il delitto, l’accertamento della verità, e così agendo... quelle entità sono comunque riuscite a distruggere prove vere, fabbricarne di false, e a chiudere la bocca a tanti che sapevano la verità….».

Vediamo dunque la «simbologia» e il «significato» che risaltano negli attentati a Giovanni Paolo II (due, non uno), premettendo che devo questi suggerimenti e indicazioni all’amica, ed ottima ricercatrice di questo tipo di connessoni, Solange Manfredi.

Tali «simboli» sembrano incentrati sulla data del 13 maggio. L’apparizione di Fatima.

Il 13 maggio 1917 la Vergine appare ai pastorelli di Cova da Iria in Portogallo.

Il 13 maggio 1981 Ali Agca, il sicario professionale turco, spara al Pontefice in piazza San Pietro. Giovanni Paolo II riterrà di dovere la sua salvezza alla grazia della Vergine di Fatima. Ali Agca, nelle sue numerose e ambigue dichiarazioni, dirà di «conoscere il Terzo Segreto di Fatima».

Il 13 maggio 1982 è la data scelta da Giovanni Paolo II  per andare al santuario di Fatima in un pellegrinaggio di ringraziamento per lo scampato pericolo. Il 12 maggio è già a Fatima: e viene aggredito da un prete spagnolo di nome Juan Fernandez  Krohn, che cerca di colpire il Santo Padre con una baionetta lunga 37 centimetri. Viene immobilizzato dagli agenti di sicurezza.

Soltano anni dopo, monsignor Stanislaw Dziwisz - il segretario di Papa Wojtyla, oggi cardinale di Cracovia -  dirà che quel giorno il Papa, che aveva fatto finta di nulla, fu lievemente ferito: «Quando tornammo nella stanza (nel complesso del santuario di Fatima) c’era del sangue» sugli abiti.

pope_may_13_1.jpgChi è Fernandez y Krohn? La classica figura dell’«assassino solitario» (lone assassin), così consueta, per esempio, negli attentati contro presidenti americani: come Lee H. Oswald, ufficialmente ritenuto l’assassino di John F. Kennedy nel novembre 1963; come Jack Ruby, il gestore di night club, con agganci mafiosi, che si trasformò in assassino solitario uccidendo a bruciapelo Oswald il giorno dopo l’attentato a Kennedy; come quel John Hinckley che il 30 marzo 1981 ferì a pistolettate il presidente Ronald Reagan, e che risultò un intimo amico di Neil Bush, uno dei figli del vicepresidente George Bush, ex capo della CIA, poi presidente USA...

Come costoro, Krohn esibisce caratteri di instabilità mentale. Nato in spagna nel 1948,  diventa avvocato in Belgio; poi, entra nel seminario di Econe (Svizzera) come seguace dell’arcivescovo Marcel Lefebvre, dove viene ordinato sacerdote nel 1978. Sarà cacciato dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X dopo l’attentato al Papa; ma a quel tempo era già in rotta con i lefevriani, ed era entrato a far parte del gruppo fanatico «Tradizione Famiglia e Proprietà», il movimento del brasiliano Plinio Correa di Oliveira. Al processo, come Ali Agca, farà il pazzo, farneticherà che Woytyla è un agente comunista, messo dai sovietici alla testa del Vaticano. Gli viene comminata una pena di 6 anni di detenzione: ma solo tre anni dopo, il Portogallo lo espellerà - liberandolo - e il mancato «lone assassin» torna in Belgio.

Da tempo ha abbandonato la tonaca; in Belgio ridiventa avvocato, dove si segnala per atti violenti e inconsulti (schiaffeggia il presidente di Cassazione Eric Carrè); nel 1996 in Spagna è accusato di aver incendiato una sede di Herri Batsuna, il braccio politico legale dell’ETA, ma viene assolto; nel 2000, a Bruxelles, viene arrestato di nuovo mentre cerca di superare uno sbarramento di sicurezza del palazzo reale: vuole uccidere il re Alberto del Belgio, oppure il re Juan Carlos di Spagna, in visita. Ogni volta, viene condannato a mitissime pene (4 mesi con la condizionale); il giudice belga spiega la sua strana clemenza con la seminfermità mentale del soggetto, il suo «pentimento esplicito», e il «migliorato comportamento dopo il trattamento psichiatrico». Oggi continua a vivere indisturbato fra Spagna e Belgio.

C’è un collegamento fra Agca e Krohn? Vago magari, ma è stato messo in luce dalle indagini dei magistrati italiani che si occuparono dell’attentato di piazza San Pietro. E’ un riferimento comune alla famiglia Thurn und Taxis, e precisamente al principe Johannes, massone di rito scozzese (33) e ostile al Papa (la famiglia risulta tra i finanziatori della «Società Thule», ritenuta l’iniziatrice del movimento nazista).

pope_may_13_2.jpgI magistrati di Trento, nel 1983, giunsero a indicare le banche sulle quali doveva avvenire il pagamento - 3 milioni di marchi - promessi ad Ali Agca per l’assassinio del Papa. Una era la Bayerische Vereinbank di Monaco, in cui il principe Johannes Thurn und Taxis era all’epoca dell’attentato (1981)  presente nel consiglio d’amministrazione (detenendo un 15% del pacchetto azionario). In questa banca e nella sua filiale londinese, la Union Bank of Bavaria, il mafioso turco Bekir Celenk doveva depositare il denaro promesso ad Agca. La banca di Monaco aveva strettissime connessioni con la Bulgarian Foreign Trade Bank, considerata la finanziatrice di varie operazioni sporche.

Quanto al prete con la baionetta, Juan Fernández Krohn, «avrebbe trascorso un periodo di tempo nel monastero di Ratisbona, controllato e gestito dall’allora ottuagenario padre Emmeran, membro della famiglia dei Thurn und Taxis. Krohn risultò essere in stretto contatto con il cappellano ufficioso della stessa famiglia, il vescovo Rudolf Graber».

Capisco che si rischia di sconfinare in fanta-cospirazione, sul modello del «Codice da Vinci». Ma la nostra informatrice Solange Manfredi segnala un dato che pare interessante - e pare confermare certe «convergenze» a cui il giudice Palermo allude, «facilitate dalla rete occulta della massoneria, e cioè di quella organizzazione segreta trasversale garantita dalla massima segretezza e omertà.

Il fatto è il seguente: che Papa Benedetto XVI recentemente ha rifiutato il «placet» ad Alvaro Robelo, proposto dal Nicaragua come ambasciatore in Vaticano, nomina apparentemente sostenuta dal cardinal Obando y Bravo.

pope_may_13.jpgDifficile immaginare personaggio più losco: Alvaro Robelo è gran maestro della Loggia autonoma di Nicaragua. E’ stato padrone del Banco Europeo de Centro-America (BECA, appartenuta al defunto Calvi del Banco Ambrosiano), messa in liquidazione coatta nel 1996 e sequestrata dalla magistratura nicaraguense (sentenza recentemente annullata). E’ stato a lungo ambasciatore in Italia (anni ‘90) dove è in intimi legami con Gelli - e il figlio Maurizio Gelli compare tuttora come «aggregato di finanza» nell’ambasciata del Nicaragua, nonchè console onorario nicaraguense ad Arezzo e a San Marino (nonostante sia stato incarcerato a Vienna nel 1999 per sospetto di riciclaggio).

Il nome di Robelo compare nell’inchiesta Telekom-Serbia; la sua banca compare nel fallimento della Parmalat, filiale Nicaragua, di Calisto Tanzi; emerge come «fratello» di Calvi nella loggia massonica di Andorra. Si sospetta che nei suoi spostamenti da latitante, Totò Riina usasse un’auto con targa diplomatica nicaraguense. Pare che certe attività di riciclaggio venissero compiute a favore della mafia.

Attivissimo, Robelo ha fondato un movimento politico, «Arriba Nicaragua» - imitazione di «Forza Italia» - con cui ha cercato di presentarsi alle elezioni del 1996; poteva vincere ma è stato respinto dalla magistratura, per via della sua doppia cittadinanza (una è italiana). Allora ha appoggiato Daniel Ortega (il sandinista, di sinistra) che ha vinto le elezioni, e che appunto lo vorrebbe ambasciatore in Vaticano. Carica utilissima, anzi necessaria, per uno che ha bisogno di immunità diplomatica onde sventare la nube di inchieste giudiziarie internazionali, fra cui quella austriaca sul riciclaggio per la mafia.

Ma non si pensi che Alvaro Robelo sia un appestato, un paria. Al contrario. Sua figlia Monica è ambasciatrice «straordinaria e plenipotenziaria del Nicaragua» presso gli organismi internazionali (la FAO a Roma), e il figlio Carlos è ambasciatore permanente del Nicaragua all’ONU di Ginevra.

Del resto, il Nicaragua è un generoso dispensatore di «immunità» per noti terroristi italiani, lì latitanti. Terroristi apparentemente «rossi», autori di delitti efferati (come quello di Primavalle), ma con strane protezioni diplomatiche e frequentazioni altolocate: si tratta essenzialmente del gruppo di fuoco della «Unione Comunisti Combattenti», che fece concorrenza in atti sanguinosi alle Brigate Rosse.

C’è Alfio Casimirri (delitto Moro), di cui anni fa strani giudici italiani volevano raccogliere «dichiarazioni spontanee» che avrebbero scagionato Adriano Sofri, uno che frequenta la casa del presidente Daniel Ortega; ha un ristorante a Managua, «Magica Roma».

C’è Mario Grillo, condannato per il rogo di Primavalle. Viene da una famiglia di generali dei carabinieri, pare sia parente del defunto generale Dalla Chiesa, Dopo la strage era fuggito in Svezia;
ne esce con un passaporto concessogli da Olof Palme, e con una moglie, per raggiungere il Nicaragua sandinista.

C’è Guglielmo Guglielmi (omicidio Torregiani, con Cesare Battisti), arrivato in Nicaragua dalla Francia su un comodo yacht, insieme alla moglie, terrorista, Rita Cauli. Non si creda che sia gente ridotta a lavare i piatti nei ristoranti o a rifare i letti. Rita Cauli (traffico d’armi, membro della «scuola di lingue Hyperion», un pied-à-terre a Parigi usato da CIA, KGB, Mossad e brigatisti), ha per esempio passaporto diplomatico dell’ONU, con cui viaggia in tutto il Sudamerica con un sacco di soldi, a fare cose come «progetti di scolarizzazione nella foresta amazzonica» per conto, dice, delle Nazioni unite. Sono tutti molto vicini ai governi nicaraguense e brasiliano. Cesare Battisti, dovendo andar via dalla Francia, non a caso è andato prima in Nicaragua e poi in Brasile, sotto la protezione della Cauli.

Il lettore dirà: cosa c’entra tutta questa storia con gli attentati al Papa? Ha ragione, forse niente. E’ solo per mostrare una piccola veduta di quelle “convergenze” di cui parla il giudice Palermo: convergenze fra «una pluralità di soggetti interessati - anche se talora tradizionalmente contrapposti -, «uniti», nell’occasione, dal comune obiettivo della eliminazione del Papa, e facilitati, nel raggiungimento delle convergenze, dalla rete occulta della massoneria». Convergenze capaci di organizzare «un complotto di alto livello», dove «monte dell’esecuzione, anzi degli esecutori materiali vi furono organizzatori ed entità con ogni probabilità statuali».

Se il Papa Benedetto ha rigettato come ambasciatore in Vaticano Alvaro Robelo, il Gelli nicaraguense (e piacerebbe sapere da quali cardinali caldeggiato, il personaggio), certo ha offeso «una pluralità di soggetti interessati». Forse anche «statuali». E anche se «tradizionalmente contrapposti», ben capaci di «unirsi per un attentato di alto livello». A certi livelli, «destra» e «sinistra» sono parole vuote.

Il 13 maggio, Benedetto XVI sarà a Betlemme. Dio non voglia, e questo scritto spera di contribuire a sventare l’irrimediabile. Ma se accadrà, ci si ricordi di questi retroscena.

Perchè, vedete, il film tratto dal romanzo di Dan Brown, «Angeli e Demoni», profondamente ostile alla Chiesa, doveva uscire in prima visione il 15 maggio. Ma in Italia e negli USA, l’inizio delle programmazioni è stato - non si sa perchè - anticipato: al 13 maggio. Data della visione di Fatima. Dell’attentato a Giovanni Paolo II. E quando Papa Benedetto sarà a Betlemme, a pregare nella grotta della Natività.

E’ possibile che ci sia qui una «simbologia», un «significato»? Che il film stesso sia programmato per sostituire alla verità una «verità» da dare in pasto a un’opinione pubblica sgomenta e agghiacciata? Una nube di polvere da aggiungere al polverone mediatico, in modo che realtà e fantasia, sospetti sensati e sospetti fantasiosi si confondano? Un progetto messo in atto da «quelle entità sono comunque riuscite a distruggere prove vere, fabbricarne di false, e a chiudere la bocca a tanti che sapevano la verità»?

Nel film, è questione di un conclave per l’elezione di un nuovo Papa. Mi si dice che due cardinali italiani, delusi dal conclave precedente dove speravano di essere eletti, siano di nuovo in piena fioritura di speranza e di ambizione.

Mi domando anche se il Papa sia o no consapevole dalla valenza «simbolica» della data, in cui si mette in mano ai padroni di Israele. Dio non voglia, e la Vergine lo guardi. Grazie, Solange, per tutte le informazioni.



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