Pilato ed il re di Edessa
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Proseguiamo la nostra carrellata investigativa sulla storicità dell’evento storico Gesù/cristianesimo. Una nuova importante pietra miliare possiamo rinvenirla in alcune testimonianze di indubbio valore e trasversalmente riscontrabili fuori dal mondo cristiano.

Sant' Abgar V Ukama
  Sant' Abgar V Ukama
«Esiste ad Edessa (attuale Sanliurfa Turchia) una particolare immagine su stoffa del volto di Gesù. Nella sua ‘Storia Ecclesiastica, Eusebio narra che Abgar V Ukama (il Nero), re di Edessa allepoca di Cristo, era malato. Saputo dellesistenza di Gesù di Nazareth che operava miracoli, mandò a lui un suo inviato per chiedergli di recarsi alla corte di Edessa. Gesù non andò, ma inviò una lettera. Una tradizione parallela è raccolta nella Dottrina di Addaï(forse una deformazione del nome dellapostolo Giuda Taddeo), che risalirebbe alla fine del IV secolo, oppure, secondo altri autori, allepoca dellassedio di Edessa del 544. È una composizione siriaca che include varie leggende; secondo questa versione, Abgar inviò il suo archivista e pittore Hannan che tornò a Edessa con unimmagine di Cristo dipinta da lui e con una lettera in cui veniva promessa da Gesù lincolumità della città» (LA STORIA DELLA SINDONE).

Si discute molto sull’attendibilità storica di tali documenti. Sembra tuttavia da rivalutare almeno il nucleo storico della corrispondenza tra Abgar e Tiberio. Essa è conservata nella siriaca Doctrina Addai ed è certamente databile intorno al 35/37 dopo Cristo.

Abgar chiede in sostanza a Tiberio di punire i giudei, a suo avviso responsabili della morte di Gesù, e di destituire il pretore Pilato, che ad essi aveva ceduto. Tiberio, che secondo Tertulliano (Apol. 5,2) era stato informato di quanto accaduto da parte del medesimo Pilato e, come noto, avendo cercato inutilmente di far riconoscere il Cristianesimo, mediante un senatoconsulto del 34/35 dopo Cristo, dà atto di aver già fatto destituire Pilato, per opera del suo legato Vitellio, promettendo al contempo di punire i responsabili.

Fece infatti deporre anche Caifa, sommo sacerdote in carica. Entrambi i provvedimenti, contro Caifa e contro Pilato, sono attestati da Flavio Giuseppe (AI XVIII 89-90; 122), dando pertanto forte credibilità all’intera faccenda.

Lo stesso senatoconsulto immediatamente susseguente la morte (e risurrezione) di Gesù è provato dal fatto che non avrebbero altrimenti avuto luogo le persecuzioni nei confronti dei cristiani. Occorreva un titolo per reprimere la nuova Fede. Di essa Tiberio chiedeva la legittima introduzione del culto: ma, la risposta del Senato fu un: non licet; illeicità, che costituì il fondamento giuridico delle seguenti repressioni anticristiane, impedite, finché visse Tiberio, dal suo veto imperiale.

Persecuzioni attestate ed abbondantemente documentate. Una su tutti: quella di Nerone, di cui Tacito narra anche l’episodio dell’incendio. Lo storico romano infatti non può certo dirsi di parte; nella sua testimonianza – (attendibilissimo resoconto, proprio per le fonti di prima mano, che egli poteva consultare: gli atti del Senato stesso), trasuda odio e disprezzo nei confronti dei seguaci di Gesù, che ispirano, dal suo punto di vista, al massimo, un pò di pietà – non può rinvenirsi alcuna faziosità a favore dei cristiani. Nulla di nulla.

Si tratta di una narrazione obiettiva. Pilato fu un governatore tribolato e combattuto; l’avvenimento di Cristo, deve aver segnato profondamente la sua vita. Forse la punizione che gli fu assegnata fu utilizzata da Dio per espiare la sua colpa di codardia ed ignavia, che diedero carta bianca all’odio giudaico di colpire Gesù, tramite il braccio del paganesimo romano.

Questo succede paradossalmente anche ai nostri giorni: il giudeo (chiaramente non tutto il popolo, ma l’estrazione elitaria di esso) che comanda, ammalia il pagano o lo minaccia, affinché sferri i suoi attacchi contro la Chiesa.

Vorrei chiudere con un ricordo: la moglie del Governatore romano, quella di cui si narra l’episodio del sogno, si dice sia Santa Procula, Claudia Procula. Le fonti non sono perfettamente concordi. Elementi comuni coincidenti tuttavia sono i seguenti: donna romana, di nobile stirpe, convertita al cristianesimo, probabilmente amica di San Paolo (citata dall’Apostolo nella seconda lettera a Timoteo). Alcuni la vogliono anche madre di San Lino, Papa.

Non sappiamo di preciso. Sappiamo, però, che la nobiltà romana conobbe bene la diffusione del cristianesimo; ad essa aderì, a volte con entusiasmo, a volte, dando la vita. Ma di questa storia, scriveremo ancora, a Dio piacendo.

Stefano Maria Chiari


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