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Morti per globalizzazione
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Un vagone polacco. Una compagnia americana proprietaria del vagone polacco e in carico alle revisioni. Le FFSS diventate Trenitalia azienda privata, SpA. E’ perfino banale dirlo, il rogo di Viareggio è il prodotto finale del capitalismo terminale: finanziario, globalizzato, delocalizzato, sub-appaltato e irresponsabile.

Nel capitalismo terminale, il profitto finanziario a breve è la misura del successo, e si ottiene tagliando i «costi». Personale competente è un costo. Vagoni Made in Poland sono un costo tagliato. La manutenzione è un altro costo. Da tagliare, specie quando si è in recessione e il volume trasportato cala.

Lo dice chiaro Brian Kenney, il presidente della GATX (General American Transportation), su sito di questo colosso della logistica, fondato nel 1928 da tale Max Epstein:

«Ci troviamo nel mezzo di una profonda recessione globale. I mercati dei capitali sono di fatto inaccessibili per la maggior parte delle imprese (...). Le nostre azioni si sono deprezzate, chiudendo il 2008 a meno 13% nonostante la GATX abbia toccato risultati operativi record e dato un eccellente ritorno finanziario, risk-adjusted. Nel 2009, puntiamo particolarmente a tenere  basse le spese di manutenzione e SG&A».

Le spese SG&A (Selling general and administrative expenses) sono stipendi, salari, ed altri costi del personale, commissioni e pubblicità, spese non direttamente destinate alla produzione.

LA GATX noleggia vagoni a clienti privati, è una monopolista di fatto, ma nel capitalismo terminale si dice che «è leader di mercato» ed ha liquidato tutti i concorrenti. Solo di vagoni-cisterna ne ha 20 mila in giro per l’Europa, affittati a clienti di vario tipo, con contratti di varia durata.

A venti ore dalla tragedia, la GATX di Vienna non sa ancora a chi ha affittato il vagone polacco con l’asse rotto, ma già mette le mani avanti: «Sono i clienti finali ad essere responsabili delle sostanze trasportate e della manutenzione del mezzo».

E’ cominciato lo scaricabarile, altro trucco costante del capitalismo terminale. E’ avvenuto nella finanza: chi doveva controllare che i mutui non venissero accordati a persone capaci di pagarli? Nessuno, perchè quei mutui irresponsabili erano poi rifilati velocemente ad altri, a terzi investitori ignari.

Chi doveva sorvegliare Madoff, i derivati tossici venduti ai Comuni, le banche che si impegnavano oltre il prodotto interno lordo del loro Paese in prestiti dubbi?

Gli enti di controllo hanno sempre la scusa: un eccesso di sorveglianza inceppa il business e riduce i profitti, non si può ficcare troppo il naso in contratti fra due privati, la dispersione delle responsabilità disperde il rischio (e per anni il rischio è stato venduto e rivenduto, come fosse un valore economico, con le cartolarizzazioni dei debiti fallati).

E infine c’è la scusa suprema: il mercato si auto-regola, non serve un controllo centrale anzi è dannoso, ogni attore economico privato sa meglio dello Stato qual è la sua convenienza.

Già: chi sarà così cretino da affittare vagoni polacchi e riempirli di GPL?

Alla GTX conviene, perchè – come i Credit Default Swaps – disperde il rischio; non c’è bisogno di essere padroni di un vagone-cisterna (è un costo) quando si può affittare a prezzi competitivi. Quindi non si è responsabili dello stato del vagone.

«E’ come quando noleggi un’auto», dice Werner Mitteregger capo della GATX di Vienna, per scaricare il barile. E non sa di pronunciare un atto d’accusa: un’auto noleggiata non viene trattata con la cura con cui si tratta la propria, si va fuori giri, si saltano i rabbocchi e i controlli, «tanto fra una settimana la riconsegno».

Il capitalismo globale terminale è – come sappiamo – un’ideologia totalitaria. In nome di una efficienza del profitto, ha imposto la violazione di certi fondamenti dell’economia, quelli a cui sostiene di tributare un’adorazione perpetua.

Per l’economia classica, le ferrovie sono un monopolio naturale. Il che significa che, anche se le trasformi in società per azioni e le quoti in Borsa, restano un monopolio. Adesso però privato, deve esibire profitti trimestrali. Significa anche che le ferrovie, da impresa pubblica altamente «verticale» e integrata, diventa orizzontale e dis-integrata: tutto ciò che si può viene esternalizzato, affidato ad altri, sub-appaltato. La ristorazione come la manutenzione. Le aziende sub-appaltatrici sono in concorrenza sui costi, si aggiudicano la commessa tagliando: ristorazione, pulizia, manutenzione. Di cui nessuno, alla fine fine, è responsabile.

Nel caso di Viareggio, assistiamo all’incontro patologico del capitalismo saccheggiatore con lo statalismo italiano più retrivo ed egoista. Trenitalia SpA  s’è liberata della cultura stessa del servizio pubblico – coltivata per decenni da ogni ferroviere nazionale – come un «costo» fra i più inutili. Solo in Italia abbiamo binari che passano fra le case e sulla spiaggia, risultato di un antico appalto che al neonato Regno d’Italia strapparono aziende inglesi: mica volevano aumentare i loro costi traforando montagne; le spiagge sono pianeggianti e demaniali, stendiamo i binari lì, sulla sabbia, e abbassiamo i costi.
Savoia e Inghilterra hanno abortito il turismo prima della nascita.

Ora, la GATX avrà davanti la magistratura italiana. Potenza globale multinazionale contro la casta più irresponsabile e provinciale: il gioco è facile e prevedibile. Dopo cinque anni e mezzo dallo scandalo Parmalat, i processi relativi continuano, i danneggiati non sono ancora risarciti, gli irresponsabili colpevoli sono ancora ricchi e liberi sui loro yacht.

Del caso GATX, riparleremo ancora fra 10 anni, fra scaricabarili, perizie di parte e d’ufficio, e richieste formali di documentazione a Vienna e a Chicago, in carta bollata, con traduzione giurata. Non trattenete il fiato. Non s’è mai visto che la magistratura italiana abbia fatto pagare qualcosa a un grosso inadempiente americano.

Naturalmente si dirà (Giavazzi & Alesina, dove siete?) che le ferrovie di Stato sono un nido d’inefficienza e di corruzione. Magari è anche vero. La Corte dei Conti ha calcolato in 60 miliardi di euro il costo della corruzione della pubblica amministrazione. E non è solo in Italia: secondo Deloitte & Touche, lo stimolo all’economia di 700 miliardi in opere pubbliche sarà scremato di 50 miliardi di tangenti, corruzione e sprechi.

E’ inevitabile. E’ il «costo» della democrazia; è la ragione addotta per privatizzare tutto ciò che per secoli è stato pubblico. I soldi, i pubblici dipendenti e i politici, se li intascano. E’ inevitabile.

Nemmeno possiamo ricordare che non fu sempre così.

L’8 dicembre 1928 fu approvata la legge detta della Bonifica Integrale: il progetto di bonificare 1,6 milioni di ettari paludosi, non solo l’agro pontino ma le aree  umide di Cremona e del Parmense, Ferrara e Ravenna, le paludi joniche e Torralba in Sardegna. Furono stanziati 2 miliardi e 300 milioni dell’epoca, cifra colossale per un’Italia infinitamente più povera, eppure scarsa in confronto ai costi attuali delle opere pubbliche: quasi 3 mila miliardi di lire del 1998. Allora, mille lire valevano 1 milione e 300 mila lire d’oggi.

Cosa oggi incredibile, lo Stato affidò la cifra e la bonifica all’Opera Nazionale Combattenti. L’idea guida era quella del  legionario romano, che in pace costruiva.

Se ne può ridere. Ma furono impiegati 60 mila lavoratori da tutte le regioni, che lavorarono senza respiro, fra l’altro facendo brillare nei primi sette mesi 4 mila mine al giorno, per sradicare le ceppaie delle canne troppo saldamente piantate sott’acqua. Il lavoro era duro e pericoloso per la malaria (1), ma a tutti i lavoratori vennero date, oltre al salario operaio, gratifiche speciali in misura delle prestazioni eccezionali.

A questo scopo, l’Opera Nazionale Combattenti emise una moneta propria, buoni corrispondenti a valori in lire, che però erano nominativi: venivano intestati direttamente al lavoratore meritevole.

Nel dicembre 1932, quattro anni dopo, Mussolini già inaugurava Littoria. E non era una città di cartone, era stata costruita completamente in 180 giorni. Simultaneamente, cominciò la prima assegnazione fondiaria, 515 case coloniche costruite entro il 1932, altre 850 nel 1933.

In tutto, in tre anni di lavori, furono costruite 2.500 case coloniche con servizi igienici, stalle e il pezzo di terreno: oltre alle città nuove, furono completati 14 borghi rurali. E canali per l’irrigazione in fitta rete, e strade di congiunzione. Ciascuna famiglia contadina insediata (per lo più veneti) trovò nelle case quintali di grano per il consumo e per le sementi, e gli attrezzi.

Alla fine, contro le preventivate 5.500 lire per ettaro bonificato (7 milioni di lire del ’98), risultò che l’Opera Nazionale Combattenti ne aveva spese meno di 4.500.  Evidentemente, il prezzo della corruzione non era ancora inevitabile.

Apparentemente, agiva un certo spirito, il senso di un destino comune. La responsabilità non era stata ancora delocalizzata nè subappaltata. Dico apparentemente, perchè è impossibile persino ricordarci come fu.

Per questo non sarebbe una soluzione ristatalizzare, oggi, le ferrovie. Manca  nello Stato e nello statale quel certo spirito, la responsabilità personale, l’orgoglio del lavoro ben fatto, l’onore alla competenza e la convinzione di lavorare per il bene comune.

Come ricostruirlo? Come si costruisce un popolo?




1) Nel primo anno morirono di malaria 39 lavoratori, nel secondo 12, nel terzo più nessuno. Ciò perchè prima di cominciare i lavori s’irrorava l’acquitrino di una sostanza velenosa per le zanzare (il «Verde di Parigi») mescolata a polvere stradale. Questa formava una patina che rendeva impermeabile l’acqua stagnante per le zanzare (Oscar A. Marino, «Il Viaggio Interrotto», Messina 2006.



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