Dome-of-the-rock.jpg
L’Anticristo: un promemoria
Stampa
  Text size

E’ difficile che vescovi e cardinali parlino, oggi, dell’Anticristo.
I pochi che lo fanno, lo descrivono sulla scorta di Solov’ev (sarà pacifista, ecologista e filantropico) e di Benson («Il Padrone del Mondo»: sarà umanitario, vieterà la guerra e… i rumori, legalizzerà l’eutanasia).
Stranamente, gli esimi cardinali evitano di citare le Scritture cristiane dei tempi ultimi, dalla II Tessalonicesi di San Paolo (l’uomo d’iniquità che siederà sul trono di Dio, facendo dio se stesso) e l’Apocalisse di San Giovanni: che lungi dal dipingere un Anticristo pacifista, lo avvolge in un’aura di guerra e di fame, di menzogna e di finanza: l’aura del potere terreno dei tempi ultimi.
C’è qualcosa che si vuol evitare di leggere nei testi canonici?
Vediamo.

Il primo a profetizzare l’estrema rivolta fu il profeta Daniele (VII, 8 e seguenti): egli vide «un piccolo corno», e «in questo corno erano occhi, come occhi di uomo, e una bocca che profferiva grandi cose [….] L’Angelo mi spiegò: questi dieci corni saranno re, e quello piccolo alzatosi dopo di loro diventerà più possente dei primi e tutti li abbatterà. Ed esso parlerà male contro l’Altissimo», fino a quando «gli sarà tolta ogni potenza e il suo dominio sarà annientato per sempre».
La metafora del corno sta a indicare il potere politico.
«Cornus» e «corona» derivano dalla stessa radice -kr.
Dunque Daniele parla di un regno «piccolo» che però abbatte dieci grandi re o potenti, e li abbatterà (asservirà?).
La stessa metafora, tipica del «genere letterario» della profezia, adotta Giovanni nell’Apocalisse.

Egli vede salire dal mare la prima Bestia «che aveva sette teste e dieci corna, e sopra le sue corna dieci corone, e sopra le sue teste nomi di bestemmia» […] E le fu concesso di fare guerra ai santi e vincerli. E le fu dato il potere sopra ogni tribù lingua popolo e nazione».
Ma Giovanni vede anche, a fianco di questo potere totale, un falso agnello: «Vidi un’altra bestia che saliva dalla terra, e aveva due corna come quelle dell’Agnello, ma parlava come il dragone.
Ed esercitava tutta la potestà della prima bestia, alla sua presenza».
Dunque questo finto agnello, la finta vittima, non usa un suo proprio potere: strumentalizza quello della Bestia pluricornuta, «in sua presenza».

Anzi, ad un certo punto fa della prima Bestia «un simulacro», cui dà voce come un ventriloquo.
La prima Bestia è dunque solo un potere vuoto, un golem che parla con voce non sua.
E’ il falso agnello che ordina «che nessuno possa vendere né comprare se non avesse il marchio, cioè il nome delle bestia o il numero del suo nome»: il suo potere è sulla moneta e sulla finanza.
Dietro le immagini corrusche, Giovanni alludeva ad una esperienza precisa, sua e della generazione dei primi cristiani: le persecuzioni di Roma.

A questi cristiani era ben chiaro che la prima persecuzione, quella di Nerone, era stata istigata dall’ambiente ebraico, che circondava Poppea, la moglie dell’imperatore, giudaizzante.
Anche San Paolo, quando allude al «katechon», Ciò o colui che trattiene l’Anticristo, allude a un fatto politico preciso e che non ha nulla di misterioso: il veto che Tiberio aveva posto sul senatusconsultus che vietava la religione cristiana.
Come ora sappiamo dagli studi della romanista Marta Sordi, Tiberio - ben informato sui fatti palestinesi - voleva dichiarare «licita» le nuova fede, che prometteva di rendere politicamente meno virulenti i sediziosi ebrei.
Ma il Senato per ripicca - perché l’ammissione di nuovi culti era sua prerogativa - pose il rifiuto alla proposta dell’imperatore.
Solo che il rifiuto, venendo dal Senato, assunse forma di legge: «Non licet esse christianos», così suonava, come attesterà Tertulliano.
Tiberio non potè che porre il veto, con ciò sospendendo la legge finchè avesse vita lui.
«Tolto di mezzo» Tiberio, la legge avrebbe ripreso vigore, costituendo la base giuridica per le persecuzioni.

Paolo è al corrente di ciò che si muove a corte perché è in contatto con convertiti «cesariani», alti funzionari della casa imperiale, e probabilmente con lo stesso Seneca, isitutore del giovane Nerone e di fatto primo ministro in sua vece; Paolo non osa mettere  quel che sa per iscritto ai suoi tessalonicesi in una  lettera che sarebbe passata per molte mani: ricorda che dell’argomento ha parlato loro a voce. «Non vi ricordate che quand’ero in mezzo a voi vi dicevo queste cose? Così ora sapete ciò che lo trattiene, sì che si manifesti nell’ora sua. Infatti il mistero d’iniquità è già in atto: c’è solo da attendere che chi lo trattiene sia tolto di mezzo».

Nerone è infatti, nella tradizione cristiana, la prima figura anticristica, la Bestia con dieci corna e diademi.
Ma è solo una prefigurazione (ci saranno molti anticristi, via via più vicini al modello apocalittico) e solo «un simulacro».
Dietro di lui, allude Paolo, si muovono tutti quelli «che non hanno accolto l’amore della verità per essere salvi», che «non hanno creduto alla verità e si sono compiaciuti dell’ingiustizia».
E chi, se non gli ebrei che non hanno accettato Gesù?
Situazione ricorrente.

«I veri governanti a Washington sono invisibili, e governano dietro le quinte», come disse Felix Frankfurter, ebreo austriaco di nascita, negli anni ‘20, prima che Roosevelt lo nominasse alla Corte Suprema nel 1939.
Frankfurter sapeva bene di cosa parlava: nel 1918 era stato tra i fondatori dell’American Jewish Congress con il rabbino Stephen Wise e il giudice della Corte Suprema Louis Brandeis (questi, seguace del falso messia Jacob Frank).
Nel 1919, delegato alla Conferenza di Parigi, da fiero sionista, Felix aveva convinto il presidente Woodrow Wilson ad incorporare la Dichiarazione Balfour (con cui l’impero britannico riconosceva agli ebrei il «focolare ebraico» in Palestina) nei trattati di pace della Grande Guerra.

Dopo la seconda guerra mondiale propose, stavolta senza successo, la riduzione della Germania a stato agro-pastorale, con la distruzione delle industrie e la castrazione dei maschi tedeschi.
Che dai giudei dovesse nascere l’Anticristo è una costante affermazione dei padri della Chiesa.
Essi lo traevano dalla frase di Gesù in Giovanni (5,43): «Io sono venuto a voi nel nome del Padre mio e non mi riceveste; se un altro verrà nel suo proprio nome lo riceverete».
San Girolamo commenta così: «Non c’è dubbio che in quest’altro che Gesù dice verrà di propria autorità e sarà ricevuto dai Giudei, Egli intendesse l’Anticristo» (Epistula CLI ad Algasiam, comm. i n Dan., II,24).
Il riferimento a Daniele è dovuto ad un passo di questo profeta in cui i Padri hanno riconosciuto una sorta di annunciazione primordiale dell’uomo d’iniquità.
In Daniele (Genesi, XLIX, 17), Giacobbe stesso dice, riguardo ad uno dei suoi figli: «Divenga Dan un serpente sulla strada, nel sentiero un ceraste [serpente cornuto], che morde l’unghia del cavallo per far cadere il cavaliere all’indietro».
Da qui la convinzione, corrente nella letteratura patristica, che l’Anticristo sarà «della tribù di Dan» e promosso e sostenuto dai giudei.
San Giovanni Damasceno allude a quel passo: «Per cui gli ebrei non hanno ricevuto il Signore Gesù Cristo e Dio, anche se Egli era il Figlio di Dio, ma l’impostore che dice di essere Dio lo riceveranno. Perché si farà chiamare Dio, l’angelo che istruì Daniele così dichiara: «Egli non si curerà neppure delle divinità dei suoi padri’ ».

E’ un insegnamento costante nella Chiesa.
Sant’Ireneo scrive: «L’Anticristo ingannerà gli ebrei ad un punto tale che essi lo accetteranno come Messia e lo adoreranno».
Sant’Efrem di Siria: «Costui colmerà certo di favori la nazione giudaica».
In tutti i padri che trattano il tema apocalittico, il trionfo dell’Anticristo è associato alla restituzione del culto ebraico (il sacrificio dell’agnello) nell’unico luogo dove esso può essere compiuto validamente: nel Tempio di Gerusalemme, ricostruito.
Ancora Sant’Ireneo: «Al tempo del suo regno, l’Anticristo disporrà che Gerusalemme venga ricostruita in magnificenza, ne farà una grande e popolosa città, seconda a nessun’altra nel mondo, e ordinerà che il suo palazzo venga costruito lì».
E Sant’Efrem: «Si preparerà l’uomo di iniquità e venendo entrerà in Gerusalemme; riedificherà e stabilirà Sion, si proclamerà Dio ed entrando nel tempio vi siederà, come scrisse l’apostolo, come se fosse Dio».

Sant’Anselmo: «Il tempio che Salomone costruì, essendo stato distrutto..., egli [l’Anticristo] lo riedificherà, si farà circoncidere, e pronuncerà la menzogna che egli è il figlio di Dio Onnipotente».
San Cirillo di Gerusalemme: «Paolo aggiunge: ‘L’avversario s’innalzerà sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto - cioè al di sopra di ogni divinità idolatrica che sarà in odio all’Anticristo -, fino a sedere nel tempio di Dio’. Di quale tempio parla? Di quello giudaico ormai distrutto, non di questo in cui ora stiamo, non sia mai!».
Non mancava infatti chi, tra i santi padri, paventava che il tempio in cui si sarebbe seduto l’uomo d’iniquità potesse essere la Chiesa stessa («non sia mai!»).

Perché nei tempi ultimi, secondo Sant’Ippolito, Padre del terzo secolo, «fra coloro che si professano cristiani sorgeranno allora falsi profeti, falsi apostoli, impostori, seminatori di discordie, malfattori, mentitori gli uni contro gli altri, adulteri, fornicatori, briganti, avidi, spergiuri, mendaci, pieni di odio verso gli altri. I pastori saranno come lupi; i sacerdoti abbracceranno la menzogna; i monaci brameranno le cose del mondo; i ricchi diverranno duri di cuore; i governanti non aiuteranno i poveri; il potente ripudierà ogni compassione; i giudici toglieranno giustizia al giusto e, accecati dalla corruzione, emetteranno verdetti iniqui».

E San Cirillo di Gerusalemme: «Ce lo dice il Signore: ‘Molti allora rimarranno scandalizzati per il fatto che gli uni tradiranno gli altri, e si odieranno a vicenda’. Non turbarti quindi se senti parlare di lotte fino al sangue di vescovi contro vescovi, clero contro clero, laici contro laici. Tutto ciò infatti è stato predetto; non guardare tanto a quel che accade ora quanto a quel che è stato predetto. [...]».

San Tomaso d’Aquino rende conto di questo timore: «Alcuni dicono che l’Anticristo è della tribù di Dan e che perciò gli ebrei in un primo momento lo riceveranno e ricostruiranno il tempio di Gerusalemme, e sarà in questo tempio che egli siederà. Altri, tuttavia, sostengono che Gerusalemme o il tempio non verranno mai ricostruiti e che egli siederà nella Chiesa, nel senso che molti della Chiesa lo riceveranno. Sant’Agostino dice che egli con i suoi seguaci formeranno una Chiesa, come Cristo e i Suoi fedeli sono una Chiesa».
Ma per lo più, come Isidoro di Siviglia, i padri del cristianesimo pensavano che «L’Anticristo prenderà Gerusalemme e rialzerà il tempio ebraico e il regno d’Israele»; ancora Sant’Andrea, nel decimo secolo, profetizzava che il regno d’Israele sarebbe stato ricostituito, e sarebbe stato la base del trionfo mondiale dell’Anticristo.

In generale, i Padri collegano l’imporsi dell’Anticristo con l’affermazione e il temporaneo trionfo del giudaismo.
E non si tratta di visionari, ma di Padri, i cui insegnamenti sono per la Chiesa infallibili.
Sarà per questo che gli esimii cardinali evitano di citarli, come di citare l’Apocalisse?
Perché quelle antiche parole hanno un po’ troppo il segno dell’attualità, e persino della cronaca?

Fatto che credo significativo: la yeshiva, ossia la scuola rabbinica che a Gerusalemme raccoglie fondi per ricostruire il Tempio, e sta già fabbricando i sacri vasellami e persino le vesti dei sacerdoti sacrificatori, minutamente descritte nella bibbia, si chiama «Ateret Cohanim», ossia «Corona dei sacerdoti»: allusione al «corno-corona», al potere anche politico che la restaurazione del sacrificio ebraico darà agli ebrei.
Il sacrificio è inteso infatti come il rinnovamento del Patto Antico, in un do-ut-des molto ebraico. Noi ti sacrifichiamo l’agnello pasquale che ci purifica, e Tu ci dai quello che ci hai promesso, il potere sul mondo.
Infatti anche gli ebrei hanno una loro visione dei tempi ultimi.

Ce l’ha sunteggiata Israel Shamir, lo scrittore ebreo convertitosi al cristianesimo ortodosso (1).
«Secondo gli ebrei, dopo le sofferenze, l’ira di Dio si risveglierà e vendicherà il sangue ebraico versato, e ristorerà la loro buona sorte: i paria diverranno i governanti. Loro sarà il solo centro spirituale del mondo in Gerusalemme, essi metteranno fuorilegge o uccideranno i credenti in Cristo ed altri idolatri, demoliranno chiese, de-spilituarizzeranno e disarmeranno le nazioi; ciascuno di loro avrà sette gentili come schiavi, si approprieranno di tutte le ricchezze materiali e spirituali, e da allora in poi vivranno felici e contenti conducendo il gregge dei docili gentili».
Shamir ha scritto queste frasi dopo un suo ritiro sul monte Athos, dove si leggono ancora i Padri greci, ed evidentemente riecheggia conversazioni avute lassù.
«I Padri della Chiesa sapevano che gli ebrei vogliono restare la sola unità sacra nel mezzo di un’umanità divenuta profana, mentre essi (i Padri) volevano che il mondo traboccasse di sacro come una giara di buon vino».

E subito passa alla lettura dell’attualità:
«Quando un cristiano osserva l’esercito USA e i suoi ausiliari spediti a soggiogare il Medio Oriente e stabilire un dominatore ebreo sul trono di Salomone; quando lo Stato ebraico dichiara
la suprema sovranità sulla terra arrogandosi il diritto di giudicare e condannare chiunque e dovunque; quando primi ministri e presidenti si riuniscono per deliberare se fanno tutto quello che possono per gli ebrei; quando la superpotenza valuta i suoi alleati in base al loro atteggiamento verso gli ebrei; quando principi della Chiesa implorano il perdono dagli ebrei, e quando sono compiuti atti concreti per ripetere il sacrificio a Gerusalemme - non si può non riconoscere che
le profezie si stanno realizzando. Né si può fare a meno di riconoscere che chiunque sostenga questo ‘risorgere degli ebrei’ si mette dalla parte dell’Anticristo».
Questo è il punto.
Il ritorno degli ebrei nella terra promessa, e il loro potere mondiale incontrastato, sono «segni» apocalittici: ma di che genere?
Cristico o anticristico?
Tra gli esimi cardinali c’è una comprensibile riluttanza a rispondere alla domanda.
«Dai frutti li riconoscerete», è la risposta.

Israel Shamir si pone un’altra domanda: ci sono cristiani (i cristiani rinati, i protestanti americani) che stanno dalla parte d’Israele e la sostengono nel suo risorgimento, perché intendono «accelerare» la seconda venuta di Cristo (e la conversione finale del «piccolo resto» ebraico).
Questa posizione è legittima? «Si può rendere più intensa la notte per desiderio dell’alba?».
La risposta, che probabilmente riecheggia una conversazione avvenuta sull’Athos, è questa: «Questo atteggiamento cessa di diventare legittimo quando si traduce in positiva azione a sostegno del male. Si può trarre conforto nell’idea che una brutta situazione sarà presto finita, ma non si può provocare la brutta situazione per ‘farla finita presto’, per esempio sostenendo Bush. Tale azione è pericolosa per l’anima».
Infatti, accelerare con azioni la venuta dell’Anticristo e del disordine mondiale per accelerare
la Seconda Venuta «equivale a ripetere la parte di Giuda», che tradisce Cristo - forse - per accelerare la redenzione.

C’è tutta una letteratura (satanica) che ambiguamente dipinge Giuda come il collaboratore volontario della salvezza, da ultimo la pubblicazione del cosiddetto «Vangelo di Giuda», opera degli ambienti americani del massonico National Geographic.
Anche questo è un segno dei tempi.
Ma per un cristiano, vale la parola di Gesù in Matteo (26:24): «Il Figlio dell’Uomo andrà dove è stato decretato, ma guai all’uomo da cui il figlio dell’Uomo è tradito».
La fonte di questa rivalutazione di Giuda, ricorda Shamir, è il libro «Toledoth Yeshu», opera talmudica, che fa di Giuda un eroe nazionale (2).

V’è qui l’idea, che percorre l’ebraismo, della possibilità di raggiungere «la salvezza attraverso il peccato»: è la corrente «antinomica», che nutre la Kabbalah di Luria, e gli pseudo-messia degli ultimi secoli. Sabbatai Zevi, che nel ‘600 si convertì falsamente coi seguaci all’Islam, predicando che il messia (ossia lui) doveva «scendere oltre le porte dell’iniquità».
Secondo i suoi avversari, egli «sodomizzava un ragazzo indossando i filatterii e cantando inni sacri».
Jacob Frank, il messia galiziano del ‘700, si convertì falsamente al cattolicesimo, mantenendo culti perversi come dottrina interna della sua setta: dall’orgia (cerimonia dello «spegnimento delle luci») dalla omosessualità all’incesto (il messia non è tenuto ad osservare la Legge e i suoi interdetti, e nemmeno i suoi seguaci, l’era messianica essendo interpretata come era di «liberazione» da ogni legge).
La trasgressione come erotismo pervertito (omosessuale, «in vase innaturali», in ogni caso sterile) è infatti - come ben vide Georges Bataille, l’apostolo del mondo nero sub-naturale, ben consapevole del valore anticristico di questo eros - ben più che lussuria.
Essa è «profanazione», che desidera la bellezza umana «al fine di corromperla».

E’ «la soppressione del limite» che «apre la via alla morte»: l’erotismo diventa, in questa visione, un culto a-teologico (Bataille scrisse una Summa A-teologica come cosciente parodia della Summa Teologica dell’Aquinate), un’ascesi verso il basso, il cui fine è la propria morte non solo fisica ma spirituale (la seconda morte): «seduzione, potenza, sovranità sono necessarie al me-che-muore: bisogna essere un dio per morire».
Con ciò l’asceta rovesciato e antinomico afferma (dice sempre Bataille) che «il diritto fondamentale dell’uomo è quello di non significare nulla».
In aperta sfida alla Provvidenza, per cui ogni vita è significativa.

Capisce il lettore che questo è il punto a cui ci troviamo?
Intuisce perché ogni anormalità viene promossa come «da accettare», e fin nelle scuole elementari si insegna che non c’è nulla di male ad avere «due papà» o «due mamme»?
E perché per essere cooptati a certi altissimi centri di potere si richieda al candidato o adepto lo stupro di bambini?
La pedofilia, prima che un gusto, è una profanazione, la profanazione dell’innocente.
La prova iniziatica del «superamento di ogni limite», la prova che la Legge è stata abolita, che ogni kathecon è stato «tolto di mezzo».
Questa corrente antinomica ha un forte collegamento con la violenza del tempo.

Violenza che Bataille raccomanda sia «insensata»: perché «La violenza ridotta a mezzo è un dio divenuto servitore»,  mentre «la violenza è fine in sé», a cui «non può essere dato alcun limite, alcuna misura»; «crudeltà senza regole dell’universo, crudeltà di una carestia, di un sadismo senza pari».
I campi della morte, i gulag, i seicentomila morti iracheni di cui nessuno parla, il supplizio imposto a Gaza, non dicono qualcosa?
E Israel Shamir: «Il capo spirituale della scuola cabbalista, rabbi (Avraham) Kook, anch’egli credeva che stermini di massa, fiumi di sangue e una vita di peccato sono messaggeri di salvazione, anche se non incitò mai direttamente all’azione antinomica - questa fu un’aggiunta dei suoi discepoli che vennero dopo».

L’allusione è qui al prima rabbino askenazita della Terrasanta (1865-1935), primo rabbino capo di Gerusalemme.
Contro i rabbini della sua epoca che diffidavano del movimento sionista, promosso da socialisti atei  e che  secondo loro - volendo lasciare la religione fuori dalla rinascita nazionale - facevano della nazione una conchiglia vuota, rabbi Kook  replicava che «per accedere alla pienezza della santità e far venire l’era messianica è necessario passare attraverso il profano ed anche attraverso
la profanazione» (3).
I pionieri sionisti irreligiosi sono «a loro insaputa, agenti zelanti di un piano divino il cui obbiettivo è, favorendo la riunione degli ebrei nella loro terra, di realizzare la redenzione di Israele».
Essi operano «una distruzione in vista di una costruzione» (harissa tzorekh binyan), raccomandata dalla Cabbala: «L’utilizzazione delle forze vive e negatrici che operano nel profano al fine di elevarlo verso la sua sorgente superiore, la santità».
Insomma, la salvezza attraverso il peccato.

Ciò perché per Kook le azioni degli ebrei «qualunque sia la forma - sacra o profana - che assumono, attestano il disegno di Dio», anche il peccato negli ebrei è cosa sacra e divina.
Non stupisce che i suoi primi seguaci militassero poi nelle organizzazioni terroriste israelite, la Banda Stern in primo luogo, che si produssero in massacri contro i palestinesi.
Massacri «religiosi».
Perché per i discepoli armati di Rav Kook, «Lo Stato ebraico è equivalente al regno di David ed è dunque posto sotto il sigillo della santità», per quanti fiumi di sangue faccia scorrere: «Essi percepiscono lo Stato ebraico come una ierofania per il cui mezzo l’ebraismo si realizzerà pienamente. Questo appoggio neo-messianico è venuto ad essere accentuato nel 1967, interpretata come la manifestazione della presenza divina presso il popolo ebraico, e con la conquista di Gerusalemme e della Giudea-Samaria che, permettendo agli ebrei di appropriarsi dell’integralità della terra d’Israele, annunciava l’era messianica».

Sarebbe interessante sentire cosa pensano i cardinali e la Chiesa di questa teologia, che sottende l’attuale orgoglio ebraico ed ogni sua manifestazione.
E’ un segno anticristico, oppure cristico?
E quando il Tempio sarà ricostruito e il sacrificio ripetuto, ricorderanno che l’ultimo Agnello è stato sacrificato una volta per tutte, e che da allora la ripetizione  dell’antico rito è «profanazione» e parodia del sacramento?
Perché sarebbe terribile per la Chiesa sbagliarsi sull’Anticristo, o anche solo tacerne l’avvento.
«Sapete interpretare l’aspetto del cielo e non sapete distinguere i segni dei tempi?» (Matteo, 16, 3).




1) Israel Shamir, «The Secon Coming», 17 ottobre 2004.
2) E’ il famoso testo talmudico dove si asserisce che Maria fu messa incinta da un soldato romano di nome Pandera, e Gesù è dipinto come uno stregone. Il potere di Gesù di fare miracoli viene attribuito al fatto che Egli avrebbe rubato il «vero nome di Dio» dal Tempio: l’eroe del racconto è Giuda Iscariota, che s’impossessa del Nome di Dio per combattere Gesù  in un combattimento che avviene nell’aria; Giuda vince e Ges, ormai impotente, è arrestato e impiccato, poi sepolto.
I Discepoli sottraggono il cadavere e ne proclamano l’ascensione, ma il corpo viene trovato e trascinato a Gerusalemme.
3) Questa e le altre citazioni di rav Kook sono in David Banon, «Il messianismo», Giuntina, 2000, pagine 106 e seguenti.