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Scannatoio Tremonti-Aspen
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Dò conto di uno scambio di mail tra me e un lettore:

Oggetto: Urge chiarimento su Tremonti

«Salve Direttore, urge un chiarimento da parte Sua sulla figura di Tremonti. Di recente se ne discute molto ed anche sul forum del sito molti utenti si confrontano sul personaggio con passione ed interesse. Di Tremonti sappiamo che è presidente dell’Aspen Italia il che lascia non poche perplessità. Inoltre ha anche partecipato a qualche riunione dei Bildenberg (il che francamente credo significhi ben poco). Però sappiamo anche che è stato uno dei primi a criticare la globalizzazione e ad annunciare questa crisi. In campagna elettorale in TV ha attaccato più volte gli Illuminati ed ha sostenuto la necessità di sbattere in galera gli attuali banchieri che dirigono il mondo. Nel suo ‘La paura e la speranza’ annuncia un programma politico ed economico molto affascinante. Il Papa lo apprezza molto e si incontrano spesso, almeno un discorso del Papa sarebbe stato scritto con la sua consulenza così pure il Vaticano si sarebbe affidato a lui per alcuni investimenti. Recentemente ha proposto l’abolizione del signoraggio bancario e la restituzione agli Stati della sovranità monetaria. Propone l’abolizione a livello mondiale dei paradisi fiscali e la messa al bando di strumenti finanziari speculativi come gli hedge fund e gli equity fund. Una nuova regolamentazione per il mercato oggi troppo deregolamentato. Inoltre ha proposto un nuovo sistema di aiuti ai Paesi del terzo mondo basato non più sugli aiuti ai governi ma ad aiuti a specifici progetti di onlus ed ONG. In sostanza ogni commerciante aderirà ad una onlus con un progetto ben preciso (una scuola, un ospedale, una strada) chi spende presso quel commerciante sa che una quota dell’IVA sarà destinata a quel progetto. Passando a qualcosa di più concreto ed immediato anziché regalare soldi alle banche ha deciso di prestarglieli sotto forma dei famosi Tremonti-bond. Il prestito è vincolato al fatto che le banche non si tengano per loro stesse i soldi ma li prestino ad imprese e famiglie. A vigilare su questo non ci sarà la Banca d’Italia ma le prefetture. Anche questa mi sembra una novità di non poco conto. Draghi non ha mai vigilato sui suoi padroni, dare potere alle prefetture è una bella novità. Insomma a me Tremonti ispira fiducia ma i dubbi restano. Gli abbonati di EFFEDIEFFE sono spaccati tra pro e contro, sul forum ci stiamo scannando su Tremonti tra chi lo difende e chi lo considera tutto il male possibile. Lei spesso lo ha difeso; qualche parola in più sarebbe opportuna. Soprattutto pubblica. Lei non ha la bacchetta magica ma sicuramente ne sa più di noi ed ha maggiori informazioni. Un suo pronunciamento sarebbe molto gradito. Chi è Tremonti? Grazie e saluti,
FT
»


Anch’io cerco di capire. C’è un Tremonti presidente dell’Aspen Italia (non direttore), e un Tremonti che: denuncia gli Illuminati, critica il signoraggio e vuole che la sovranità monetaria torni allo Stato, che vuole mettere al bando gli strumenti derivati e vietare i paradisi fiscali, eccetera eccetera.

Sono due Tremonti in contraddizione? Quel che Tremonti dice e fa (quel poco che può fare) è in rotta di collisione con l’ideologia mondialista incarnata dall’Aspen. Cosa significa?

Non lo so. Noto alcune cose: in questi organismi, il presidente non è importante, è importante il direttore esecutivo; e inoltre, non credo Tremonti abbia oggi molto tempo per guidare davvero l’Aspen Italia (che è poi di poco peso nella «rete Aspen»). Anche il comitato esecutivo di Aspen Italia è una sorta di «parterre du Roy», troppo numeroso e disparato per essere davvero uno «steering committee». Probabilmente alcune di quelle personalità, su richiesta, hanno dato la loro adesione più o meno per cortesia - tanti fiori all’occhiello per Aspen Italia, che può esibire il bouquet ai suoi dirigenti esteri - ma il lavoro lo fa qualcun altro. Chi?

Ritengo sia Marta Dassù: la sua ascesa, misteriosa in rapporto alle sue qualità intellettuali modeste, è spiegata dalla sua crescita nei circoli mondialisti.

dassu.jpgTraggo da una breve biografia: «Studiosa di politica internazionale, dirige il settore dei rapporti esteri della sede italiana dell’Aspen Institute, oltre ad essere direttore della rivista di politica estera Aspenia. Ha collaborato come consigliere per la politica estera con il presidente del Consiglio dei ministri nel Governo D’Alema I, nel Governo D’Alema II e nel Governo Amato II, e con il gruppo di riflessione strategica del ministero degli Affari Esteri. E’ stata direttore del CESPI, Centro Studi Politica Internazionale, ed è componente della Fondazione Italia USA. Scrive come editorialista su vari quotidiani e periodici tra cui Il Corriere della Sera».

E che cosa è il CESPI, in cui la Dassù si è fatta le ossa? Il Cespi si autodefinisce «un’associazione indipendente e senza fini di lucro fondata nel 1985, che realizza studi e ricerche policy-oriented. Il Centro svolge attività di ricerca, consulenza, formazione e divulgazione su alcuni temi centrali delle relazioni internazionali. Più in dettaglio, il CESPI punta fortemente su quattro Assi di ricerca consolidati:
• Cooperazione internazionale, finanza per lo sviluppo e peacebuilding
• Cooperazione decentrata, partenariati territoriali e sviluppo locale
• Mobilità umana, transnazionalismo e co-sviluppo
• Politiche migratorie e modelli di società».

Insomma ci siamo: il CESPI è uno dei think tank addetti a far avanzare il mondialismo. Di solito questi enti non nascono «spontaneamente» in Italia, dove non c’è una legge (come in USA) che permette ai donatori di questi enti di detrarre le donazioni dalle tasse. Se nascono, è perchè qualche potere forte internazionale ne paga le spese, o induce qualche potere italiano a pagarle, per proprio interesse. Ce ne sono pochi altri, come il Club di Roma e lo IAI, Istituto Affari Internazionali (una copia in piccolo del Council on Foreign Relations, ma molto meno influente) che fanno capo alla famiglia Agnelli e alla sua «rete».

Molto tipico di questi ambienti anche il fatto che la Dassù sia dotata di un profilo «progressista» (vedi la sua consulenza ai governi D’Alema), anche se al tempo dell’invasione dell’Iraq ha firmato con Ferrara, Ostellino e Vittorio Emanuele Parsi (un cocco di Ruini alla Cattolica, mondialista e neocon sfegatato) un appello a sostegno dell’intervento europeo a fianco degli «alleati americani».

Dello stesso profilo progressista - un lasciapassare, e anche questa un’imitazione dei grandi think-tank USA, che sono «internazionalisti» e radicali (nel senso pannelliano), punte avanzate della «borghesia illuminata» - gode la faccendiera che co-dirige «Aspenia» con la Marta; Lucia Annunziata.

annunziata.jpgRiporto qui quel che ne dice Miguel Martinez: «Formatasi nella redazione del Manifesto, ex-compagna di Luigi Manconi dei Verdi (de gustibus... ndr), passata al Corriere della Sera a lavorare sotto il suo amico, l’ex-militante di Potere Operaio Paolo Mieli; mentre lavora al Corriere, fa amicizia con Gianfranco Fini e con Maurizio Gasparri. Nel 1988 sposa Daniel Williams, giornalista del ‘Washington Post’, con una grande festa in un club esclusivo newyorchese e 250 invitati. Anche Andreotti le invia un mazzo di fiori alto tre metri. Passa poi a Raitre dove lavora con Letizia Moratti; poi grazie a Massimo D’Alema diventa direttore del TG3, con l’appoggio, si dice, di Gianfranco Fini. Dopo la RAI, passa a lavorare per Il Foglio di Giuliano Ferrara. Aderisce all’USA Day di Ferrara e su Panorama dell’ottobre 2001 esalta Oriana Fallaci. E approda alla presidenza della RAI grazie al sostegno di D’Alema e di Casini. Questa trasversalità la ritroviamo ancora in un pranzo che l’Aspen ha organizzato per festeggiare l’ex-ambasciatore USA in Italia, Richard Gardner, militante del partito democratico, nel settembre del 2004: tra gli ospiti Piero Fassino, Furio Colombo (‘non in qualità di direttore dell’Unità bensì come ex-presidente di Fiat America’), Francesco Cossiga, Tonino Maccanico, Mario Sarcinelli e Lucia Annunziata, Carlo Scognamiglio, Giorgio La Malfa, Ferdinando Salleo (oggi consulente di Capitalia) e Mario Pirani».

tremonti_dibattito.jpgMiguel ci informa anche che il presidente mondiale dell’Aspen «globale» si chiama Walter Isaacson: un ricco signore presente in una mezza dozzina di consigli d’amministrazione (United Airlines, per esempio), che per diventare presidente planetario di Aspen ha rinunciato al posticino di... presidente della CNN. Bush gli ha affidato nel 2007 la presidenza di una incredibile
«US-Palestinian Public Private Partnership», organo che pretende di «creare opportunità economiche ed educative nei territori palestinesi» (sic): spesso, le opportunità educative portano ad un reclutamento di selezionati studenti arabi nella CIA, o come collaborazionisti.

Isaacson è anche membro di un «Bipartisan Policy Center» a Washington: e come si vede, Dassù, Annunziata e l’Aspen Italia sono molto «bipartisan», o meglio molto trasversali; vanno da D’Alema a Fini senza problemi, l’importante è cercare di cooptare, fornire loro idee (di solito non ne hanno in proprio), promettere il lancio nel firmamento dei poteri forti e condizionare le loro azioni: Fini mi pare un prodotto esemplare di questa tattica.
Lo è anche Tremonti?

A me non pare: tutto quel che dice e fa è il contrario del programma mondialista. E mi pare indicativo che egli susciti l’odio di Kippà Compasso Fini, uomo che si dice ormai «di sinistra» ed è, lui sì, propulso a luminose carriere.

Ma allora perchè l’hanno cooptato all’Aspen?

Non lo so. So solo che se a me personalmente, fossi un politico o un ministro, offrissero un posto all’Aspen, a partecipare e sentire quello che si dice lì, ci andrei. Meglio essere dentro che fuori da quei consessi, vedere come agiscono, capire cosa vogliono. E magari ottenere una qualche copertura.

Naturalmente, visto che sul forum i lettori si stanno «scannando su Tremonti tra chi lo difende e chi lo considera tutto il male possibile», una parte dei lettori ne concluderà che io sto ciecamente per Tremonti, che lo scuso, che sono venduto e traditore mentre sto solo elencando fatti e ipotesi, su una situazione molto complessa di cui conosco di fatto ben poco, solo quel che è pubblico e che posso documentare.

Dico che per ora, mi fido più di Tremonti che di Fini, Letta, eccetera; e ovviamente, che la mia fiducia è condizionata, e pronta alla revisione in base a  nuovi fatti.

Però «fatti», non tifoserie da stadio, altrimenti tali «tifosi» sono invitati a leggere, contenti, le notizie di Repubblica e del Corriere o la massimo della Gazzetta.


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