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La UE scopre che c’è una «Russian Lobby». Sul web.
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Qualche settimana fa Nigel Farage (il celebre fondatore del partito UKIP, anti-UE) e il vice-Primo Ministro Nick Clegg si sono scontrati in un dibattito televisivo: oggetto, la questione ucraina. Farage ha osservato fra l’altro che la Russia è stata provocata dall’Europa, che gli eurocrati hanno fatto male a costringere gli ucraini fra Occidente e Russia, e che Vladimir Putin è «obbiettivamente» (senza necessariamente prenderne le parti, ha aggiunto) uno stratega politico di prima grandezza. Insulti, derisioni, persino minacce sottintese, attacchi violenti e grossolani in modo poco british hanno seguito il giorno dopo i commenti del media inglesi (vedete per esempio il Guardian del 31 marzo): quasi che la stampa fosse già in guerra.

Il moderato The Independent, a questo punto, ha avuto l’idea: lanciare un sondaggio fra i suoi lettori. «Il leader mondiale preferito da Farage è Putin. Lo stesso Putin che sta aiutando Assad in Siria, che s’infischia del diritto internazionale per annettersi la Crimea. Questo, Farage lo trova ammirevole. Diteci: qual è il vostro leader preferito?».

Idea malaugurata. Ecco i risultati del sondaggio: Barak Obama 4%, David Cameron (il capo del Governo) 2%, Angela Merkel 8, Francois Hollande 1%.... e Vladimir Putin, 82%.

Questi i dati del sondaggio il 5 aprile alle 16.30. Un controllo al 7 aprile (ore 17) vedeva Cameron fermo al 2%, Obama retrocesso al 3%, la Merkel al 6%, e Putin salito ancora: 86%. Ammirevole la tenuta di Hollande, inchiodato all’1% (e piacerebbe conoscerli ad uno ad uno, questi per i quali La Pera è il miglior leader mondiale). E si noti che la preferenza è espressa da cittadini britannici, la quintessenza dell’occidentalismo.

Non è solo che il sondaggio annuncia una valanga di voti per Farage, nonostante i tentativi dei media per ridicolizzarlo e screditarlo (o forse proprio per questo). Si ha un bel dire che non è un vero sondaggio con criteri «scientifici», che i fan di Vladimir si siano messi a cliccare cento volte ciascuno «Putin Putin Putin»; come nota il blogger di Vineyard Saker, «bisognerebbe ancora capire come mai non ci sono i fan boys di Obama o di Cameron a fare lo stesso. O Putin è ammirato da un sacco di gente, oppure è ammirato un sacco da poca gente; gli altri leader, chiaramente, né questo né quello».

Il fenomeno è travolgente e pan-europeo, se anche in questi giorni il francese Le Figaro si è domandato: «Come mai ci sono tanti commenti favorevoli a Putin sul web?».

Il commentatore, l’analista internazionale Pierre Henry D’Argenson, sottolinea acutamente:

«Ciò che colpisce non sono tanto la quantità di posizioni pro-russe, quanto il rifiuto implicito di tanta gente di piegarsi all’ingiunzione mediatica che bolla la Russia di Putin come il regno del Male. Si tratta di una rivolta intellettuale, portata da una corrente di fondo di rigetto dell’ordine ideologico regnante...».

Interessante ammissione: i media non riescono più a manipolare l’opinione pubblica, ad imporre i «valori» voluti dal Sistema di cui sono strumenti, né le demonizzazioni obbligatorie. Ma in un senso più profondo, è l’opinione pubblica europea che del Sistema (USA-UE capital-globalista) non riconosce più la legittimità. In questo senso, i miseri 2-6% riscossi dai «leader occidentali» nel sondaggio dell’Independent non sono solo un giudizio della loro incapacità o nullità, ma la sanzione più radicale, esprimibile pressappoco così: «Questi non hanno il diritto di comandarci».

La grancassa propagandistica che accompagna Obama (l’abbiamo vista a livelli di servilismo adorante-scompisciato nel suo viaggetto in Italia) e il rispetto mediatico per Bruxelles o Francoforte, non riescono più generare alcun consenso; costoro spariscono e rimpiccioliscono nella percezione comune della normale gente d’Europa.

Per contro, la percezione su Putin è, come dice il sito Dedefensa, al di là delle doti vere o presunte del personaggio, quella di una «visione che si riferisce a princìpi», non alla brodaglia del politicamente corretto, dei «diritti umani», della mondializzazione, del pensiero unico e alla finzione di «democrazia» che ci viene ammannita da troppi anni. Anzi, quelli che traspaiono nell’azione di Putin sarebbero i «fondamenti metastorici»: la Russia come entità reale e col suo destino storico, coi suoi valori non creati dalla pubblicità-progresso. Ciò darebbe alla sua azione quella particolare fermezza di fronte alla quale i nostri sembrano un pollaio starnazzante. La percezione di ritorno al reale, insomma, di una legittimità politica da noi scomparsa (o a noi sottratta) – ma di cui la gente sente ancora, oscuramente, la fame. E che riconosce quando compare.

Che gli eurocrati non riescano nemmeno ad intuirlo, lo rivela un articolo di EuObserver: riuniti i Ministri europei degli Esteri per decidere più dure sanzioni (in obbedienza a Washington) contro Mosca, è stato tutto un dire «sì, sì» in via di principio, ma uno squagliarsi qua e là in pratica appunto come in un pollaio nevrotico. Effetto che un diplomatico anonimo (un eurocrate, immagino) non ha trovato di meglio che attribuire a una «Russian Lobby» secondo lui operante in Europa. «C’è un blocco di politici filo-russi, di imprenditori, di giornalisti, di intellettuali che sono stati coltivati dalla Russia per anni e che si stanno mobilitando a suo favore». A Bruxelles come a Washington sono così abituati a trattare solo con lobbies facendo finta che siano «l’opinione pubblica» o loro rappresentanti legittime, a ad avere a che fare solo con consenso manipolato da interessi «coltivati», che non sanno spiegarsi l’insuccesso della linea dura se non con l’esistenza di una lobby: la lobby russa, questa volta.

La demenza di questo anonimo diplomatico risalterà più limpida quando si legga il seguito della sua dichiarazione, che EuObserver diligentemente riporta: dopo aver detto che il progetto di fare dell’Ucraina uno Stato federale (proposto da Lavrov: puro buon senso in un Paese bilingue e bi-religioso) «serve agli interessi russi rendendo l’Ucraina ingovernabile e azzerando le prospettive di integrazione nella UE, il “nostro” aggiunge: «L’Occidente sa cosa fare: dobbiamo dare completa solidarietà. Dobbiamo mandare aiuto militare. Dobbiamo riempire l’Ucraina di esperti in economia, per le riforme economiche, come abbiamo fatto nei Balcani. E dobbiamo mettere centinaia di truppe UE, in missione di mantenimento della pace o di monitoraggio, sul confine ucraino-russo. Ma ci manca la volontà politica di sfidare la Russia...». Un dottor Stranamore impotente, che contro le sue farneticazioni vede opporsi una «lobby Russa».

Coglie molto meglio l’essenza del problema (ovviamente) Patrick Buchanan, americano ma palo-conservatore (così si definisce in opposizione ai neo-conservatives). Già in una delle sue colonne s’era domandato, a dicembre: «Putin è uno di noi?», citandone alcune frasi memorabili sulla distruzione dei valori tradizionali che è in corso in Occidente: «L’obbligo legale di riconoscere l’uguaglianza fra il bene e il male» (ossia matrimoni omosex, «diritti» dei pervertiti, aborto legale, pornografia) questa «distruzione dei valori tradizionali è ordinata dall’alto», ha detto Putin, «ed è intrinsecamente non-democratica, perché è basata su idee astratte e contraria alla volontà della maggioranza del popolo». Come dargli torto?, si chiedeva Buchanan.

Ora, con un altro articolo, Buchana va oltre. Cita un passo nel discorso di Putin sulla Crimea: «luogo dell’antica Kersones, dove il principe Vladimir fu battezzato. E la sua audacia spirituale di adottare l’Ortodossia ha determinato la cultura, la civiltà e i valori umani che uniscono Russia, Ucraina, Bielorussia», Putin sta dicendo, spiega Buchanan, che la Russia è una nazione cristiana. E che si oppone a «tante nazioni euro-atlantiche che hanno strappato le loro radici cristiane, perseguono politiche che mettono sullo steso piano famiglie con figli e coppie dello stesso sesso, la fede in Dio e la credenza in Satana; la via della degradazione». Come noto, Putin, citando lo scrittore religioso Berdiaev, ha dichiarato di stare dalla parte del «conservatorismo», quel conservatorismo «che impedisce il movimento verso il basso e l’indietro, nel bio del caos e nel ritorno ad uno stato primitivo».

Queste sono parole di civiltà, dice Buchanan, e civiltà cristiana. La guerra di Putin contro l’Occidente è culturale e spirituale. «E in questa nuova guerra delle fedi, dice Putin, è la Russia che sta dalla parte di Dio. L’Occidente è Gomorra».

Ammettiamolo: nessun commentatore europeo (non si dice italiano) avrebbe il coraggio di dare un tono così fortemente religioso ad un suo articolo. Ma in USA, è un colpo basso magistrale: l’America è notoriamente il Paese dove 70 milioni di cristiani rinati, guidati dai loro telepredicatori, hanno incontrato «personalmente» Cristo, e credono fortemente, veramente e fondamentalisticamente che Cristo ha benedetto il libero mercato globale, i valori americani, un’arma da fuoco in ogni casa, e la missione degli Stati Uniti come protettore messianico di Israele e diffusore divino della «democrazia» verso la «fine della storia». Insomma, a farla breve, l’America ha bisogno di credere che «Dio è con noi» (God is with Us, Gott Mit Uns), che la sua legittimità poggia sulla «religione» fondamentalista protestante, ossia che è impeccabile e benedetta da un compito ricevuto da Gesù. Ora, Buchanan getta un dubbio: «Da che parte è God, adesso?». Dalla parte di Putin, forse?

Se vi sembra strano mettere la questione ucraina sul piano religioso, sentite questa. Qualche giorno fa ricevo l’invito ad una conferenza sul tema: «Europa vs. Russia: la Madonna di Fatima e la pace». Invita il noto Mario Borghezio. Per curiosità, vado. I relatori sono padre Nicholas Gruner, un ingenuo e candido prete canadese tradizionalista, e «l’avvocato cattolico Christopher Ferrara», americano, i quali espongono questa tesi interessante: la Russia è il nemico della fede cattolica, il nemico della Cristianità e la sua occupazione della Crimea è il primo atto della conquista del mondo, che Mosca vuol compiere al servizio del Signore delle Tenebre. Tutto questo è stato predetto dalla Madonna di Fatima. Come?

Ecco il sillogismo dei due fedeli cattolici:

a) la Vergine di Fatima ha chiesto (nel 1917) la consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato, altrimenti – ha predetto – «la Russia spargerà i suoi errori nel mondo».

b) I pontefici non hanno mai eseguito la consacrazione della Russia.

c) Ergo, la Russia continua a «spargere i suoi errori nel mondo». Prima, con Stalin, oggi con Putin.

Ho chiesto: quali errori? Che gli omosessuali non devono poter adottare i bambini? Mi hanno risposto che, stante la profezia, la Russia continua ad essere il regno dell’Anticristo. E i due fedeli venuti dall’altra parte dell’Atlantico lo dimostrano: fanno omaggio ai presenti di ben due volumi, «La Battaglia Finale del Diavolo» a cura di padre Paul Kramer, e «Il Segreto ancora nascosto» (sarebbe il terzo segreto di Fatima), dell’avvocato Christopher Ferrara. «Ne stiamo diffondendo 400 mila copie», dicono. E tutte gratis. Chi paga? Non vorrei fosse il Dipartimento di Stato.

Non ho avuto tempo di ascoltare le risposte dei due convinti assertori della Verità e della Lux Americana. Ho avuto la vaga impressione che – in perfetta buona fede, sia chiaro – applichino quel particolare fondamentalismo americano, più o meno dispensazionalista (1), che travolge i loro 70 milioni di concittadini «born again christians». Anche questi credono alle profezie in modo letterale, e i loro telepredicatori sono in grado di precisare le date in cui gli eventi apocalittici si realizzeranno. Anche loro sono manipolati grazie al loro fondamentalismo e letteralismo biblico a sostenere Israele fino all’Armageddon, la famosa battaglia finale dove il Male sarà sconfitto dal Bene, che coincide – avete indovinato – con gli Stati Uniti d’America.

Che un Borghezio si faccia strumento di una così patente e stupida strumentalizzazione, chissà perché, non mi stupisce. Fortuna che ad ascoltare i due «cattolici» eravamo in pochi; e la maggioranza, come s’è visto alla fine, era piuttosto filo-Putin.

Direi che in Italia, certi usi del «religioso» non funzionano.




1) Dispensazionalismo: è la concezione teologica anglosassone che suddivide la storia umana e quella del Popolo di Dio in particolare, in differenti periodi, età, ere o "dispensazioni". Alcune forme più radicali di dispensazionalismo, quelle che afferiscono al cosiddetto "Sionismo cristiano", credono che uno dei maggiori obiettivi della chiesa oggi sia quello di sostenere l'Israele etnico (lo Stato di Israele). Tutto questo sarebbe basato sulla promessa di benedizioni e di maledizioni date ad Abramo ed alla sua discendenza. Secondo questo punto di vista, gli ebrei etnici (il popolo di Israele) si distinguono radicalmente dalla chiesa (hanno finalità diverse nei piani di Dio, sono due realtà distinte): essi governeranno la terra di Israele per mille anni dopo che Cristo sarà tornato ed avrà "rapito" (portato via con sé) i cristiani. La chiesa, in questo sistema, deve attendere il sorgere del nuovo cielo e della nuova terra dopo il compimento di questi mille anni (da Wikipedia).




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