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USA COPIA ISRAELE: l’assassinio come istituzione di Stato
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C’è qualcosa di hollywoodiano e di orwelliano – e non poteva essere altrimenti, essendo l’ideologia del totalitarismo americano imbevuta di fiction e di eufemismi – nel nome scelto per l’ultima organizzazione segretamente approvata da Obama: «Disposition Matrix». Significa, più o meno, «griglia di eliminazione» o smaltimento. Quel che si «smaltisce» sono esseri umani. «Disposition Matrix» è la nuova agenzia governativa che tiene ed amplia la lista unificata e continuamente aggiornata, e collegata con gli apparati operativi, indica i sospetti da uccidere in tutto il mondo in modo «extragiudiziale», coi droni o altri mezzi (1). Ne ha dato notizia il Washington Post: (Plan for hunting terrorists signals U.S. intends to keep adding names to kill lists)

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Con la creazione di «Disposition Matrix», scrive il principale giornale ufficioso americano, «Obama ha istituzionalizzato la segretissima pratica dell’assassinio, trasformando azioni occasionali in una infrastruttura di antiterrorismo capace di sostenere una guerra permanente (...). Tali operazioni si prolungheranno per almeno un altro decennio. Dato il modo in cui Al-Qaeda continua a produrre metastasi, i funzionari dicono che non c’è un chiaro termine in vista».

E per essere più chiaro, il giornale aggiunge: «È la prima Amministrazione ad adottare l’omicidio mirato su larga scala, ma i suoi funzionari sono fiduciosi di aver escogitato un meccanismo così solido dal punto di vista burocratico, legale e morale (sic), che anche le future Amministrazioni lo manterranno». Infatti Mitt Romney, il candidato avversario, s’è affrettato a dichiarare che continuerà la guerra dei droni.

Riprendiamo il Washington Post:

«Gli Stati Uniti conducono attualmente numerosi programmi coi droni, di cui sono conosciuti i pattugliamenti nelle zone di conflitto in Afghanistan e Libia, e i voli segreti della CIA sopra l’Iran. Ma i colpi contro Al Qaeda sono condotti sotto programmi letali segreti (...). La matrice è stata sviluppata dal NCTC (National Counterterrorism Center), sotto il suo ex direttore Michael Letier».

Questo aspetto è particolarmente allarmante, e dice che la «Disposition Matrix» non sarà usata soltanto contro ignoti «terroristi islamici» in Paesi lontani. Lo NCTC è la stessa agenzia che opera «una gigantesca operazione di raccolta-dati in cui ogni tipo di informazione su cittadini americani viene sistematicamente controllata, archiviata e analizzata: precedenti giudiziari, salute, storia lavorativa, viaggi all’estero e studi». Nessun cittadino americano sa se il suo nome è entrato nella lista, e se in veste di sospetto amico di terroristi, di oppositore politico o di bersaglio. Una sorveglianza ubiquitaria e totale di tutti i cittadini USA, a loro insaputa, e senza alcuna responsabilità legale dei sorveglianti. Da parte dello stesso ente che è incaricato di «smaltire» i sospetti terroristi nel mondo (2).

Ed effettivamente, l’FBI e le varie Polizie di Stato usano ormai comunemente i droni all’interno degli Stati Uniti per sorvegliare sospetti o per scopi di preteso ordine pubblico: Drones over U.S. get OK by Congress.


Obama con Michael Leiter, centro-destra, presso il National Counterterrorism Center


La FAA, Federal Aviation Administration, ossia l’ente voli nazionale, che esitava a concedere le autorizzazioni per il sorvolo di aerei senza pilota nello spazio aereo domestico, ha avuto il via libera dal Congresso. Ed ora la FAA valuta che entro il 2020 voleranno sugli americani 30 mila droni (il Pentagono ne ha attivi 19 mila nelle zone della guerra mondiale perpetua al terrorismo, ossia all’Islam). Molti sono già in uso per sorvegliare il confine col Messico e perseguire gli immigrati illegali. Un numero imprecisato di questi droni sono già armati, come quelli che operano i «targeted killings» in Afghanistan. La American Civil Liberties Union (ACLU) ha protestato, invano. (Groups Concerned Over Arming Of Domestic Drones)

Per capire l’enormità mostruosa di questa nuova «istituzione statale», bisogna ricordare che essa cancella il principio iscritto nella Magna Charta – glorioso fondamento della libertà britannica – e che è stato inserito nella Costituzione americana, Quinto Emendamento: «Nessuna persona sarà privata della vita, libertà o proprietà senza un giusto processo legale».

Questo articolo diventa una curiosità archeologica. Si apre l’alba del tempo nuovo, in cui uno Stato che non si identifica, attraverso una sua agenzia e forse «contractors» privati, con un mezzo non-identificato, dal cielo, può uccidere un essere umano senza prima consentirgli di difendersi in giudizio. La fantasia di George Orwell, nell’immaginare il Grande Fratello, è stata superata dalla realtà.

Il fatto istruttivo è che in America, a parte i blog alternativi (futuri «bersagli»?) i grandi media registrano la cosa senza allarme. Ad allarmarsi è il giornale britannico Guardian, che ospita una protesta del giornalista americano Glenn Greenwald: l’Amministrazione Obama, scrive, «istituzionalizza – ossia rende ufficialmente permanente – il più estremo potere che uno Stato può arrogarsi». Con la cancellazione fattuale del Quinto Emendamento col diritto dell’uomo ad un processo, «semplicemente non può esistere una società libera e un sistema politico: è tolta la garanzia contro l’estremo potere di abuso del potere pubblico». Attenti, aggiunge Greenwald, perché con la scusa della guerra al terrore, «l’acquisizione momentanea di poteri abusivi da parte dello Stato e l’erosione delle libertà civili tendono a diventare stabili, e passare dalle mani di un leader che si può amare (sic), a futuri uomini di Stato meno benigni e più minacciosi». E invita a svegliarsi «i troppi buoni occidentali convinti che l’oppressione sia, per definizione, qualcosa che avviene altrove», in Siria o in Cina... mentre è già sopra di noi. (Obama moves to make the War on Terror permanent)

Il nuovo Grande Fratello ha tutti i mezzi per mantenere i suoi sudditi nel sonno di «non sentire», non accorgersi dell’oppressione in corso. I droni armati, teleguidati da migliaia di chilometri di distanza, che colpiscono senza rumore, sono particolarmente adatti a questa de-sensibilizzazione. Una cosa è vedere arrivare una squadra di assassini di Stato nella casa accanto, un’altra è la silenziosa uccisione dal cielo – qualcosa che ha in sé l’imperiosità dell’atto divino, mentre è l’estrema viltà, l’omicidio messo a disposizione dell’ultimo, burocratico vigliacco. Persino il sito del Council on Foreign Relations (espressione dei poteri forti anti-neocon, i perdenti, come Zbig Brzezinski) cita un anonimo ufficiale americano coinvolto nelle operazioni «speciali» di uccisioni mirate che «per sottolineare come è diventato facile l’assassinio mirato, fa guizzare la mano e dice: «È come scacciare le mosche. “Possiamo farlo per sempre senza che tu te ne accorga”. Del resto, chi ci pensa due volte prima di ammazzare una mosca?». (Institutionalizing America’s Targeted Killing Program)

Già adesso, gli addetti alla teleguida dei droni, quando – dalla loro scrivania al Pentagono – centrano un tizio in Afghanistan, Yemen, Somalia, Iraq o Iran, riferiscono il fatto come «bug splat», spiaccicare un insetto. Lo afferma questa seria inchiesta di Rolling Stones: The Rise of the Killer Drones: How America Goes to War in Secret.

Non sfuggirà la cultura di de-umanizzazione che sta dietro questa espressione; de-umanizzazione tipica del militarismo americano, esaltata all’ennesima potenza dal mezzo. È un’espressione che ricorda in modo sinistro la scena di Blade Runner in cui il capo-poliziotto manda l’agente privato a distruggere dei replicanti: esseri, come si capirà nel corso della storia, che hanno ricordi, pensieri, ansie umane, che sono umani. Il capo-poliziotto li chiama, con spregio, «lavori in pelle». Così la fiction nera hollywoodiana diventa realtà quotidiana in certe postazioni del Pentagono: l’addetto, militare-burocrate, si siede alla scrivania, con la tazza di caffè fumante accanto, e comincia a osservare le immagini che il drone gli manda dal video. Spiaccica l’insetto che vedi nel teleschermo. Innocente? Colpevole? Cittadino americano? Nemico? Che importa. Nessuno ti chiederà mai conto della mosca che hai ammazzato. Sei onnipotente e insindacabile, e persino non-identificabile. Per di più, col didietro coperto perché «è la procedura» e «c’è l’autorizzazione presidenziale»: e avere il dietro coperto è il massimo di certezza per il burocrate. Coi droni, l’assassinio diventa impiegatizio. «Abbiamo solo eseguito gli ordini».





Probabilmente è questa la risposta che avrà un investigatore speciale dell’ONU, l’avvocato internazionale inglese Ben Emmerson QC (Queen Counselor, un titolo onorifico che indica un consulente legale della Corte). Costui ha reso noto l’avvio di una indagine delle Nazioni Unite su questi assassini, ed ha messo in guardia entrambi i candidati alla Casa Bianca: per certe esecuzioni sommarie in Pakistan sono perseguibili come criminali di guerra. Lui e il suo collega Christof Heyns stanno allestendo la causa: «Si ritiene che da quando il presidente Obama ha assunto la carica, almeno 50 civili sono stati uccisi in attacchi (coi droni armati) successivi, mentre accorrevano a soccorrere le vittime (di un primo attacco), e più di 20 civili sono stati colpiti da attacchi deliberati dall’alto durante funerali. Se si prova che queste aggressioni sono avvenute, le riterremo crimini di guerra». Ha aggiunto che attacchi coi droni per uccidere persone «che Washington definisce sospetti terroristi» avvengono «in Pakistan, Afghanistan, Iraq, Yemen, Somalia e Libia» come routine. «Nel 2008, quando Obama ha assunto la presidenza USA, le aggressioni coi droni si sono intensificate diventando prima quasi settimanali, poi quasi quotidiane, e addirittura un fatto stabile della vita per coloro che abitano nelle zone tribali del Pakistan del Nord. Il ministro pakistano agli Interni, Rehman Malik, ha dichiarato che solo il 20% degli uccisi dai droni sono militanti, gli altri sono gente innocente».

Obama, il Nobel per la Pace preventivo.

Emmerson ha poi citato l’indagine «Living under Drones» condotta dalla Stanford University e da gruppi dei diritti civili secondo cui «la guerra americana coi droni in Pakistan ha ucciso più civili di quanti si ammetta, traumatizzato una popolazione e infranto il diritto internazionale (...). Le aggressioni coi droni terrorizzano uomini, donne e bambini, traumatizzando le comunità intere. Il numero dei «militanti di alto livello» uccisi da questa guerra è una percentuale estremamente bassa delle vittime totali, stimata solo al 2%. Sono esecuzioni extra-giudiziali senza alcuna base legale».

Emmerson ha annunciato che, a nome dell’ONU, si indagherà «su altre forme di esecuzione mirata condotte in operazioni anti-terrorismo in cui si è denunciato che sono state inflitte perdite di civili». Emmerson ha dichiarato «indifendibile» la posizione americana che ritiene di poter condurre operazioni contro Al Qaeda dovunque nel mondo.

«Questa schema della guerra globale ha danneggiato immensamente il consenso internazionale, prima ampiamente condiviso, sui diritti umani e sul diritto umanitario internazionale. Ed ha dato una giustificazione spuria a gravi violazioni dei diritti umani».

Ma Emerson tace su un punto: per quanto mostruosa, l’istituzionalizzazione americana di esecuzioni arbitrarie «ovunque nel mondo» non è senza precedenti. Anzi, l’America, che prima almeno tributava un omaggio verbale alla legalità internazionale, dal 2001 non fa che copiare la linea internazionale del suo piccolo e ferocissimo alleato (e servo-padrone) in Medio Oriente.

È Israele che da 40 anni, nel silenzio complice dell’Occidente, conduce «ovunque nel mondo» assassinii mirati ed esecuzioni senza giudizio e senza motivazione nota. L’elenco rischia di essere troppo lungo. Dal tecnico militare Gerald Bull, ucciso a Bruxelles nel 1990 come sospetto di aver studiato un super-cannone per Saddan Hussein, ai capi di Hamas ammazzati qua e là in Libano e a Damasco, fino all’omicidio dello scienziato iraniano Ahmadi Roshan, che è solo l’ultimo di una serie. Dai due alti esponenti dell’OLP trucidati ad Atene nell’83 (da agenti con passaporti falsi) ad Abu Jihad, il braccio destro di Arafat, freddato a Tunisi nell’88. Per non parlare dell’assalto in acque internazionali alla nave di aiuti diretta a Gaza, Mavi Marmara, con l’esecuzione mirata di almeno uno dei passeggeri, il cittadino americano di origine turca Furgan Dogan.

Innumerevole la lista delle persone assassinate nell’assediata ed affamata Gaza, militanti forse, ma insieme ai loro figli, mogli e parenti; mitragliati da elicotteri, centrati da missili mentre erano in auto con la famiglia. Sempre senza preavviso, senza una parola di giustificazione, senza degnarsi di citare un’accusa portata alle vittime. Senza mai una scusa per aver munito i suoi kidonim di passaporti di Paesi civili, australiani o inglesi, onde avvicinare i loro bersagli e trucidarli a pistolettate, con telefoni esplosivi, con auto-bombe. (List of Israeli assassinations)

Occorre forse illustrare da quale mentalità, da quale dottrina, nasca questa istituzione giudaica così stabile e perenne come l’assassinio di Stato? Nasce dalla educazione talmudica che gli altri esseri umani sono «animali parlanti»: alle bestie nocive non si fanno processi, le si elimina. Questa è stata l’agghiacciante logica dietro l’inopinato, inspiegato «disimpegno da Gaza» che Ariel Sharon operò nel 2004, portando fuori a forza alcune migliaia di fanatici coloni ebraici che già avevano cominciato ad insediarsi nelle terre del milione di palestinesi. Di fronte alle pur deboli pressioni di Washington di aprire un negoziato coi palestinesi, Sharon operò da Gaza il ritiro «unilaterale»: che voleva dire questo: non ho negoziati da fare con bestie, insetti e scarafaggi. Da quel momento, Gaza non fu liberata, fu trattata come terra infestata da cimici moleste, da belve ostili che, di tanto in tanto, vengono mitragliate, bombardate, assediate; uno spazio senza legge e senza diritti da colpire a piacere col fosforo, con il divieto di uscita agli studenti palestinesi che hanno vinto Borse di studio in Europa, con gli elicotteri armati di missili, coi droni.

Innumerevoli film di Hollywood hanno raccontato distopie futuriste, dove una residuale civiltà è protetta da alte mura, al di là della quali ruggiscono, fra le rovine, sub-umani infetti, zombies e umanità degradate e mostruose, pericolose e brute, da uccidere per scamparsi. Gaza è già questo terreno di caccia «di fuori», dove l’ebreo superiore può bruciare e sterminare; l’immaginario ebraico ha già reso reale la fantasia filmica americana. L’una ha adottato l’altra, il biblismo protestante e quello talmudico erano fatti per abbracciarsi. Nella loro guerra, biblicamente, il nemico non è «justus hostis», avversario legittimo, ma «inimicus» da trattare in un solo modo: con lo sterminio; egli non ha una civiltà da rispettare; non abita uno Stato sovrano con cui stabilire rapporti, ma un «regime» da «cambiare»; non possiede diritti umani. Quando è preso, non è un prigionieri di guerra protetto dalle convenzioni, ma un «enemy combatant» da torturare, da detenere indefinitamente senza accusa né processo a Guantanamo.

Adesso, per gli Stati Uniti in guerra da dieci anni contro una parte enorme del mondo, questa parte del mondo è una enorme Gaza, è «terreno di caccia» all’uomo; abbandonata ogni pretesa di civilizzare i bruti, li si uccide dall’alto, senza cercare una giustificazione né darla, sulla base delle immagini che i montanari del Khyber danno di sé agli occhi delle telecamere a raggi infrarossi montate sui droni: «sembrano» terroristi, hanno i turbanti, il kalashnikov. Splat the bug, schiaccia il verme. E via.

Le sanzioni e la guerra economica ferocissima condotta contro l’Iran, è della stessa natura. Impossibilitata a rifornirsi di medicinali sui mercati internazionali, la sanità iraniana vede decimare malati gravi di sclerosi multipla, talassemia, emofiliaci, o sotto dialisi; sono ormai impossibili i trapianti renali. Il presidente della fondazione iraniana per le malattie speciali, dottor Fatemeh Hashemi, ha scritto al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon per chiedergli di proteggere i milioni di malati cronici che le sanzioni, e l’impossibilità di comprare merci estere con trasferimenti bancari, avvicina alla morte. Per ottenere un regime change a Teheran, gli USA sono pronti a far morire milioni di persone – ha detto Ismail Salami, un analista strategico iraniano a Press Tv; «è infernale la determinazione di Washington di pervenire ai suoi fini a qualunque prezzo. L’Occidente sa che gli USA sono in procinto di sterminare milioni di malati iraniani attraverso questa sanzioni illegali. È una violenza che contraddice il senso di umanità e vìola il diritto umanitario internazionale», ha detto Salami: «Gli occidentali avranno da render conto delle perdite umane che infliggono alla nazione iraniana; Dio li vede e li punirà». (US committing holocaust for regime change in Iran: Analyst)/

Patetico appello al senso di umanità, al diritto, alla giustizia di Dio – tutti concetti di un’antica civiltà sepolta, di cui ci siamo finalmente liberati. Noi, non abbiamo bisogno di umanità. Anzi, nemmeno abbiamo bisogno di intelligenza; ci bastano i droni, il controllo totale, le intercettazioni. Non vi ascoltiamo, noi. L’Iran è il «là fuori» abitato da mostri e zombies, è parte del gran terreno di caccia e di esecuzione.




1) «Quasi tutti gli americani restano ciechi sul senso e le conseguenze del programma di assassinio illimitato varato dal loro governo, un programma che colpisce chiunque lo Stato scelga di uccidere, per qualunque motivo o rifiutandosi di darne il motivo. Se lo Stato può ammazzare qualunque persona voglia – e lo fa già – non c’è nulla che non possa fare». Così Arthur Silber, un noto blogger, identifica le implicazioni totalitarie della nuova istituzionalizzazione. E a coloro che vogliono votare Obama perché è il «minor male» rispetto a Romney, ricorda: «Non c’è un male peggiore del preteso ‘diritto’ di assassinare per arbitrario editto, di uccidere chiunque, dovunque, in ogni momento. Se sostieni questo speciale male – e se voti Obama, lo sostieni – allora sosterrai qualunque nefandezza».
(Paths of Resistance (I): The Refusal to Identify and Reject Evil)
2
) L’attendibilità delle identificazioni americane di «terroristi islamici» è ben esemplificata dalla sventura di Abu Zubaydah, un palestinese nato in Arabia Saudita. Dichiarato «braccio destro di Bin Laden» dalla Commissione senatoriale sull’11 settembre, catturato nel 2002, è il primo prigioniero di cui si sa che è stato torturato. Le sue confessioni ottenute sotto tortura sono servite a comporre la «narrativa ufficiale» sugli attentati dell’11 settembre 2001, e giustificare la stessa utilità della tortura «per salvare vite umane», da allora ampiamente praticata dai servizi USA. Solo nel 2009, alla chetichella, il governo americano ha riconosciuto che Zubaidah, il preteso «luogotenente di Bin Laden», non è mai stato un membro di Al Qaeda né un talebano. (The truth about Abu Zubaydah)


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