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Lo sterminio fiscale: a chi giova?
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Un lettore:

«Gentile direttore,

Scrivo questa lettera per mostrare l'assurdità della legge italiana. Mio padre ha un'azienda di apparecchi elettronici con poco più di una dozzina di dipendenti a vario contratto assieme ad altri due soci. Il mese scorso sono arrivati i finanzieri e hanno controllato da cima a fondo tutta la contabilità. Non hanno trovato nulla di evaso perché mio padre non è un criminale e lui e i suoi soci riescono anche in questi tempi a tirare avanti discretamente facendo una buona politica commerciale (non di lavoro, nel senso che non sottopagano i dipendenti), tranne 6 o 7 errori tipo un timbro mancante dalla dogana sulle ricevute e un'IVA scritta nel posto sbagliato dal commercialista. Di queste piccolezze hanno dovuto pagare pochi migliaia di euro di multa... anche se non è errore loro, ma comunque lo Stato su queste piccolezze ci mangia. I finanzieri si sono addirittura complimentati con loro. Se non che l'azienda di mio padre compra qualche materiale anche da Singapore perché costa meno, peccato che è rientrato nella lista nera dei paradisi fiscali. Cosa c'entrano i paradisi fiscali con la compravendita di merce? Nulla. Sta di fatto che gli hanno appioppato 1,6 milioni di euro perché dal 2005 al 2009 si doveva fare una contabilità diversa per questi venditori: si doveva chiedere all'azienda di Singapore se non sfrutta i bambini, se paga i contributi ai propri dipendenti, se non ricicla soldi, se non fa strani maneggi, eccetera. Mio padre così dovrebbe farsi gli affaracci degli altri che ovviamente dovrebbero dirgli che sono dei criminali incalliti... a Singapore? Ma allora le ambasciate a cosa servono? In pratica è caduto in una trappola simile a quella di concorso esterno di tipo mafioso, senza che neanche lui lo sapesse. Il regalo di Natale è che l'azienda probabilmente chiuderà. Anzi, mio padre ha sfanculato tutti e dice che se non vincerà il ricorso metterà i soldi nei paradisi fiscali, magari proprio a Singapore, così lo Stato non gli ciuccerà il 50% e rotti dei depositi e della pensione
»
.

Sempre più di frequente apprendo eventi del genere, da gente spaventata e messa alla disperazione dalla macchina fiscale. Con metodi simili a quello descritto dal lettore, la macchina Agenzia delle Entrate-Guardia di Finanza-Equitalia sta sistematicamente strangolando imprese private sane, stroncando imprenditori onesti, distruggendo posti di lavoro, in definitiva – poichè ogni impresa che chiude, ogni lavoratore che resta disoccupato per questa persecuzione tributaria è un contribuente che scompare – riducendo la stessa base fiscale che paga gli stipendi di lorsignori. L’effetto finale di una torchiatura così disumana è la fine stessa dell’economia privata.

Il solo precedente che ricordo è quello dell’Unione Sovietica 1917-22; allora Lenin usò questi sistemi per distruggere le imprese russe, grandi e piccole, messe alla disperazione da esazioni e multe colossali; ma ovviamente, nella prospettiva rivoluzionaria di abolizione della proprietà privata e della collettivizzazione forzata dei mezzi di produzione.

E’ anche il progetto del governo Berlusconi? Della Lega? Di Tremonti? Pare incredibile. Ma i fatti sono fatti. C’è qui qualcosa di perverso, di patologico e di inspiegabile.

L’aprile scorso, Report ha mostrato vari casi del genere. Un noto professore, Marco Revelli, per una serie di multe non pagate per aver vissuto un anno all’estero (700 euro in tutto) s’è visto ipotecare la casa da Equitalia. Un altro, per non aver pagato il canone RAI per un anno, si è trovato la cartella lievitata fino a quasi 3.000€ e il pignoramento della casa. Lo stesso è accaduto al costituzionalista Michele Ainis, che ha ricordato il suo calvario sul Sole 24 Ore. Chiede un fido alla sua banca, dando come garanzia la propria abitazione. Dalla banca lo chiamano: «'Professore, per quella pratica di fido ci siamo dovuti fermare. Lei ha unipoteca sulla casa. Unipoteca legale'. Per un attimo mi manca il fiato in gola. Poi chiedo: 'Da quando? E chi lavrebbe iscritta?' Equitalia». Dopo un angoscioso vagare per uffici, il costituzionalista scopre che per otto multe mai ricevute oppure contestate e una tassa sui rifiuti non pagata, è stata iscritta ipoteca per oltre 6 mila euro. Senz’altra via d’uscita che pagare: «Per cancellare lipoteca devo prima estinguere il debito o in alternativa aspettare per qualche secolo le risposte giudiziarie».

Nel 2009, sono stati 180 mila gli immobili ipotecati da Equitalia (e 90 mila gli automezzi in fermo amministrativo) per cartelle esattoriale spesso contestate e discutibili, cartelle pazze che vengono lanciate a migliaia sulle teste dei contribuenti. Presto, quando le vittime che non potranno precipitarsi a pagare aumenteranno, le case saranno sequestrate e il Fisco diverrà il più grosso proprietario immobiliare del Paese e forse del mondo: il comunismo realizzato con mezzi legali.

Equitalia sostiene che si ricorre alle ipoteche «dopo avvisi, preavvisi, solleciti». Il costituzionalista Ainis dice di non aver mai ricevuto alcun preavviso; e con lui migliaia di cittadini disperati. Risulta che in genere i contribuenti ricevono le cartelle dopo mesi, a volte anni, da che la casa è stata pignorata a loro insaputa: con tassi d’interesse usurari.

«Cittadini senza nome e senza strumenti per reagire, per imposizioni spesso contestate, si vedono caricati di una sanzione del 30%, più un 6% di mora dopo 90 giorni. Con un aggio incassato da Equitalia che è del 4,6% entro i 60 giorni, ma che al sessantunesimo giorno diventa del 9%».

Ecco forse una prima riposta: Equitalia ci guadagna, a far andare in mora i contribuenti. Ha tutto l’interesse a non mandare preavvisi e solleciti, ma anzi a tacere e mettere le mani sulle loro case, per poi costringerli, terrorizzati, a pagare subito multe esosissime, per tornare proprietari del loro bene essenziale. Mi dicono che anche il personale dell’Agenzia delle Entrate riceve una percentuale su ogni accertamento emesso, vada a buon fine oppure no (ossia anche se l’imposta, alla fine, non risulta dover essere pagata): forse è questo che giustifica tanti errori e tante migliaia di cosiddette cartelle pazze.

Altro che pazzia: c’è del genio criminale, in questa follia. I profitti intascati dal personale devono essere enormi, perchè anche la Guardia di Finanza ha preteso la sua parte del bottino: «Siccome tutto avviene su accertamenti che facciamo noi, anche noi vogliamo qualcosa», è stato l’argomento.

Per incredibile che possa parere, le benemerite Fiamme Gialle hanno acceso e vinto una vertenza: riceveranno 20 milioni di euro. Che si distribuiranno fra i 68 mila benemeriti, 250 euro a testa in media (ma naturalmente con differenze per vari gradi).

Ho detto si distribuiranno? Mi correggo subito: come militari, non possono ricevere denaro (la legalità prima di tutto). Riceveranno invece, con quei fondi, materiale informatico. E siamo sicuri che quel materiale informatico non prenderà mai la forma di prosciutti e bottiglie di spumante. Ma resta il fatto che nel settore privato, con la depressione economica che già devasta le aziende, non ci sono bonus in materiali, nè nessun altro bonus per i dipendenti privati. Ancora grazie se mantengono il lavoro e il salario, nonostante tutti gli sforzi della macchina fiscale.

Una cosa mi sembra certa: c’è qui un enorme conflitto d’interesse. Il personale tributario guadagna direttamente dall’esecuzione del terrorismo fiscale più spietato, folle e distruttivo dei contribuenti e del bene comune.

Temo che s’illuda il padre del lettore, quando minaccia che «se non vincerà il ricorso, metterà i soldi nei paradisi fiscali». Quali soldi? Non gliene rimarranno, ho paura. Le cartelle che i suoi e nostri carnefici emettono sono immediatamente esecutive. Il malcapitato può cercare di chiedere una sospensione, che generalmente non gli verrà accordata (le commissioni tributarie sono nominate, mi dicono, secondo certi criteri). Dovrà dunque implorare da Equitalia un concordato per pagare a rate – nel caso descritto dal lettore, 1,6 milioni di euro per una ditta con 18 dipendenti, già le rate saranno impagabili – in attesa di vedersi dar ragione nei successivi gradi di giudizio, fino al Consiglio di Stato; campa cavallo.

Se e quando si vedrà dar ragione, quel milione e 600 mila di euro dovrà chiederlo... allo Stato. Che paga con la rapidità e lo scrupolo che sappiamo. Ma a quel punto il contribuente non dovrà più preoccuparsi, probabilmente sarà passato a miglior vita: anzi è il caso di augurarglielo, perchè l’alternativa è la vita sotto un ponte a dormire coperto di cartoni, inseguito magari dalle banche a cui aveva dovuto chiedere fidi (indebitarsi) per pagare le tasse e le multe indebite.

Qualcuno potrebbe trarre la conclusione che la macchina fiscale operi come gruppo criminale. Gli indizi di violazione delle leggi non mancano: la legge 22 maggio 2010 numero 73, di conversione del decreto-legge numero 40 del 2010, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 25 maggio 2010 vieta all’agente della riscossione di iscrivere ipoteca sulla casa se il debito complessivamente a ruolo è inferiore a 8 mila euro. Già la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 4077 del 2010 stabiliva il divieto, da parte dell’agente di riscossione, di iscrivere ipoteca ai contribuenti per una somma inferiore agli 8 mila euro. Ciò invece accade puntualmente, come leggo in un’interrogazione dell’onorevole Scilipoti (quello che da Di Pietro è passato a Berlusconi), e possono testimoniare i professori Ainis e Revelli.

Ancor peggio: Equitalia stronca i privati signori nessuno, ma pratica una manica larga, larghissima, verso i potenti. Il Fatto Quotidiano ha pubblicato una lista, inviata da Equitalia alla Gerit (una sua filiale in Lazio), in cui un anonimo funzionario indica: «Per i contribuenti sottoindicati... astenersi da eventuali solleciti di pagamento». I contribuenti sottoindicati sono Alleanza Nazionale, Forza Italia, DS. Poi, fra i graziati dalla torchia, spicca LUnità Editrice Multimediale, partecipata dai DS, dalla famiglia Angelucci e da Alfio Marchini. Per la società si prescrive: «Tenuto conto delle modalità di notifica della cartella da euro 711 mila relativa all’anno 2001, notificare solo intimazione di pagamento (che determinerà l’opposizione della debitrice) e notificare correttamente le cartelle ancora da notificare (alla società e al liquidatore)».

Dunque come vede, caro lettore, nessuna pietà del mostro per la ditterella di suo padre, 1,6 milioni di multa, e subito; ma molta indulgenza e pazienza per i 700 mila dovuti dai miliardari Angelucci (un impero della sanità, edilizia e media, con qualche rinvio a giudizio per truffa a danni di ente pubblico, corruzione e illecito finanziamento a partiti) e il palazzinaro di lusso Alfio Marchini, un tempo detto Calce e Martello ma oggi ammanicato con tutti e tutto.

Sembra di intravvedere una serie di reati. E probabilmente lo sarebbero, per un ente pubblico: abuso d’ufficio, omissione di atti d’ufficio, eccetera, eccetera. Ma Equitalia non è un ente pubblico: è una società per azioni, una privatissima SpA, che ha l’appalto dell’esazione. I suoi soci azionisti sono due privati, anzi privatisimi: l’Agenzia delle Entrate (col 51%) e l’INPS, ossia i sindacati, col 49.  Come società privata di questi due privatissimi soggetti, Equitalia è esente dai controlli e dalle regolamentazioni cui sono assoggettati gli enti pubblici. E’ a questo scopo, e di questo tipo, che sono avvenute miriadi di privatizzazioni all’italiana.

Vedo che tempo fa il suddetto Alfio Marchini, come segnala Radio Radicale, ha partecipato a un convegno (patrocinato dall’avanzatissimo Comune di Napoli) dal titolo: Il liberismo del XXI secolo. Il liberismo del ventunesimo secolo dev’essere questo: soldi ed esenzioni per lorsignori, e leninismo per tutti noialtri.

Ma resta la domanda: perchè? Si rende conto Tremonti che la macchina che formalmente presiede sta strangolando le piccole imprese, la piccola borghesia, la stessa massa dei contribuenti e dei produttivi? Che sta gettando nella diperazione e nella miseria l’elettorato della Lega e del PDL, fatto di piccoli imprenditori, operai del privato, partite IVA?

Perchè questo omicidio della nazione non-parassitaria? Che cosa ci guadagnano, i pretesi liberisti anticomunisti?

Una mia amica ipotizza che ciò sia deliberato, che si vogliano distruggere le piccole imprese, farle chiudere, per lasciare spazio alle grandi multinazionali. Può darsi. Io avanzo un’altra ipotesi più benigna: la macchina agisce per conto suo, e tiene in ostaggio anche il governo e il ministro dell’Economia.

Proviamo a pensare ad uno sciopero di questo macchinismo, come protesta contro chi voglia rimetterlo in riga: sarebbe il crollo dell’introito tributario, che nessun governo – e men che meno l’Italia – si può permettere.

Dunque siamo tutti ostaggi? Può essere. Ma accetto ogni altra ipotesi.


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