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L’insurrezione sociale globale
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Disoccupazione strutturale di massa; austerità insostenibile imposta a Paesi come Grecia e Spagna per pagare i debiti ai banchieri, austerità che uccide ogni prospettiva di ripresa; smantellamento dei sistemi di previdenza sociale nell’illusione di acquisire competitività.

Le ricette del liberismo globale applicate con inflessibile dogmatismo stanno producendo «una insurrezione sociale globale», di cui i governi devono tenere conto: «Le politiche economiche attualmente applicate hanno effetti sulla sanità, listruzione e lalimentazione, che penalizzano la crescita a lungo termine».

Per i lettori di questo sito, non sono idee nuove. La novità è che oggi le afferma un rapporto dell’ONU, The Global Social CrisisReport on the World Social Situation, 2011, che è un atto d’accusa al sistema della ultraliberalizzazione dominata dalla finanza privata, e un implicito richiamo alla necessità di tornare a politiche pubbliche di economia. (PDF)

Sha Zukang
   Sha Zukang
Il lato paradossale è che il team che ha stilato il rapporto è guidato dal cinese Sha Zukang, che prima di diventare un capintesta delle Nazioni Unite è stato ai vertici del ministero degli Esteri di Pechino, ossia del Paese che più ha approfittato del liberismo globale imposto dall’alto. Ma oggi, il rapporto ONU smentisce l’asserzione propagandistica secondo cui il liberismo globale, se penalizza Paesi europei (resi non competitivi dal costo dei loro sistemi di previdenza sociale e dai salari troppo alti), sta però accrescendo il benessere dei Paesi del Terzo Mondo. In realtà, i rincari degli alimentari e dei carburanti, in parte provocati dalla speculazione selvaggia, hanno aumentato il numero di affamati nel mondo, che nel 2009 erano un miliardo, e stanno ancora crescendo. Nel 2010 il numero dei disoccupati nel mondo è salito a 200 milioni, e questi disoccupati sono rimasti per lo più senza aiuti nè assistenza.

Occorrono «politiche socialmente inclusive» – così il Rapporto, nel gergo onusiano – per recuperare quegli esclusi e perdenti. Altrimenti, vedremo una insurrezione sociale globale di cui i disordini in Grecia, gli indignados in Spagna, le folle in protesta nel Nordafrica (e gli scioperi e le proteste di massa in corso in Gran Bretagna contro i tagli di stipendi e pensioni, che i media censurano perchè avvengono nel santuario dell’ideologia privatista) sono solo un aperitivo. (Four million public sector workers could walk out this autumn, PCS union warns)

Ciò che si teme nei salotti alti, senza dirlo, è il crollo brutale e improvviso del «principio di legittimità» che ha retto il sistema fino ad oggi, sotto la maschera di democrazia e la concessione di libertà inutili post-politiche, come le nozze gay e i diritti ai transessuali.

Si teme una replica delle sei settimane terribili che nel 1789 seguirono, a Parigi, alla presa della Bastiglia: quando non ci fu più Polizia, nè esercito, nè amministratori, nemmeno un clero funzionante.

«Come presi da stupore, più nessuno obbediva, più nessuno eseguiva le sue funzioni, più nessuno sapeva perchè doveva continuare a fare quello che aveva sempre fatto.... Avvenne allora, letteralmente, la sparizione del potere, dei suoi mezzi e della sua legittimità; tutto un sistema di gerarchia, di organizzazione politica e sociale, sera volatilizzato... Tutti erano sospesi nel vuoto».

Seguì una guerra civile permanente, dove il vuoto di legittimità non fu riempito che dalla costrizione ideologica (Guglielmo Ferrero, Potere. I geni invisibili della città, 1942).




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