>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
TUTTI |0-9 |A |B |C |D |E |F |G |H |I |J |K |L |M |N |O |P |Q |R |S |T |U |V |W |X |Y |Z

Archivio Articoli FREE

quarto_reich.jpg
Noi complici del Quarto Reich
Stampa
  Text size
Ad una radio, sento il ministro Frattini dire: «..Hamas ha violato il cessate-il-fuoco...».

Ovviamente è una menzogna. Un ministro degli Esteri dovrebbe dire che «Hamas non ha rinnovato il cessate il fuoco». Quella tregua, mediata dall’Egitto, era scaduta una settimana fa, e Hamas non l’ha rinnovata accusando Israele di averla violata, non alleviando il blocco che strema i prigionieri di Gaza. C’è una bella differenza, in diplomazia, tra il violare una tregua e non rinnovarla.

Ma tutto il mondo occidentale ormai non fa caso a simili sottigliezze. In Occidente sono diventate lecite tante cose prima incivili: la tortura, la carcerazione senza accusa e senza avvocati, le deportazioni occulte, i massacri di inermi. E’ il Quarto Reich, cui ci inchiniamo.

A Radio Radicale, sento la corrispondente da Israele (osservatrice neutrale, si chiama Simona Katz)   che dice: «Hamas vuole che ci siano sempre più perdite tra i civili».

Dunque, se Israele massacra bambini all’uscita da scuola, è sempre colpa di Hamas. «Le fa comodo». (Del resto, poche ore dopo, da Radio Radicale sento uno che mi pare proprio Massimo Teodori parlare a un convegno della Massoneria, scagliandosi contro «il clericalismo» e incitando all’azione i «fratelli»: ormai non hanno più  bisogno di nascondersi, tutto è più chiaro).

Qui, l’Occidente partecipa alla «guerra» (parola abusiva: quella di armati che ammazzano coi caccia e gli elicotteri da combattimento degli inermi, non si chiama «guerra») come si può: alzando sbarramenti fumogeni mentre lo sterminio è in corso.

I media e le cancellerie sono stati arruolati. «Israele monta un uno sforzo di pubbliche relazioni d’emergenza internazionale per la campagna di Gaza», titola Haaretz. E poi:

«Il ministro degli Esteri Tzipi Livni ha istruito sabato il ministero degli Esteri di prendere misure di emergenza per adattare le relazioni internazionali di Israele alla escalation in corso nella striscia di Gaza. Livni ha istruito gli alti funzionari del ministero di aprire una campagna internazionale aggressiva e diplomatica, allo scopo di ottenere un maggior sostegno internazionale per le operazioni della Israeli Defense Forces in Gaza».

Può essere contenta Tzipi, la campagna ha avuto successo, i media e le cancellerie europee stanno  rispondendo bene. Utilizzano la terminologia consigliata, o prescritta:

«Hamas vuole distruggere Israele», «Hamas ha violato la tregua», Israele «sta solo rispondendo ai razzi» perchè «la sua popolazione ha il diritto di vivere tranquilla»; riportano la frase di Olmert: «Non è il popolo di Gaza il nostro nemico, è Hamas». Ricordano che «Israele si è ritirata unilateralmente da Gaza», ed ecco come viene ricompensata…

Nessuno naturalmente ricorda perchè quel ritiro fu «unilaterale»: lo volle così Sharon, per non riconoscere come legittima una autorità pubblica palestinese. Ce ne siamo andati da una zona di sub-umani, che è troppo costoso mantenere occupata; e abbiamo chiuso le belve in gabbia.

«Unilateralmente», così ci prendiamo le terre che vogliamo da quella striscia, senza dover negoziare con qualche preteso «governo», accettare qualche condizione.

«Unilateralità» è l’atto ultimo di disprezzo verso un popolo: non vi riconosco come umani, non avete nessuno con cui ci si può degnar di parlare. Vi lasciamo lì e, a volontà, quando ci gira, vi martelliamo con gli F-16 e gli Apache. Non avete nessun diritto.

Con quanta equanimità l’Occidente osserva i massacri, con quanta prontezza si adegua al Quarto Reich. In attesa che Hamas, ossia il governo votato dai palestinesi, venga rovesciato con una violenza spropositata.

(Simona Katz spiega: la violenza spropositata è un metodo, Israele lo usa per far capire che ogni resistenza è inutile, per risparmiare vite umane).

Anche molta gente accetta di buon grado. Qualche lettore mi ha scritto di suoi conoscenti, persone con la testa sul collo, che sputano sulle vittime: ma sì, questi terroristi hanno il fatto loro, Hamas non è difendibile...

Si tratta, caro lettore, di un fenomeno ben noto, già sperimentato - a quanto ci dicono e ci ripetono -  Terzo Reich. Si chiama «de-umanizzazione dell’avversario».

A forza di descrivere altri uomini, di cui si è progettato lo sterminio, come sub-umani, come belve irrazionali senza il bene della parola - gente che lancia razzi inutili contro la quinta potenza militare del mondo, non è forse irrazionale? - si finisce per far accettare il massacro di quelli, all’opinione pubblica.

I media disumanizzano, fra l’altro, riempiendo i loro notiziari di interviste e di informazioni da interlocutori israeliani, mai dai palestinesi. Cosa dicono i capi di Hamas? Emettono comunicati, forniscono giustificazioni? Non si sa. Tolta la parola ad esseri umani, è facile farli passare per belve.

Probabilmente, la maggior parte dell’opinione pubblica non sa che quel milione e mezzo di palestinesi previamente disumanizzati sono chiusi in un lager coi valichi sbarrati, e ricevono poco cibo e nessun mezzo di sussistenza umana fin dal gennaio 2006, da quando hanno avuto la colpa di votare per Hamas.

Non sa, la gente, che quelli su cui cadono le bombe sono esseri umani allo stremo, che da quasi due  anni subiscono la fame, la denutrizione, la mancanza di luce, carburante, acqua pulita, medicinali; una punizione collettiva, vietata dalle Convenzioni internazionali e dal diritto umanitario, un tipico crimine imputato ai protagonisti del TerzoReich.

Ora, il Quarto Reich lo può fare. Mai del resto le SS usavano bombardare i loro lager; lo fanno le nuove SS, soldati sionisti.

L’opinione pubblica non lo sa, perchè non lo ha mai sentito in TV nè letto sul Corriere; e aspetta equanime che Hamas venga rovesciato, perchè poi, forse, ci sarà «la pace».

Del resto, Hamas spara i razzi...

Anche fosse, la gente non sa che la Carta della Nazioni Unite riconosce ad un popolo sotto occupazione il diritto di usare tutti i mezzi, compresa la lotta armata, per liberarsi dall’occupante. La disumanizzazione ha tolto alle vittime anche questo diritto.

Ma noi siamo più disumanizzati di loro. Occorre un certo occhio, una certa memoria ed esperienza, per scoprire la verità sotto la menzogna spessa e totale.

Per esempio, la versione ufficiale: Hamas ha violato la tregua, e infatti ha ricominciato a sparare razzi Kassam, e questo - i razzi -, il motivo per cui Israele ha scatenato il massacro, è smentito da un lettore di buona memoria:

«Il primo maggio 2008, nell’edizione pomeridiana del TG3, ho ascoltato personalmente con stupore l’inviato di RAI3, pronunciare parole molto simili a queste: ‘Il governo israeliano non è incline ad accettare la tregua proposta dai rappresentanti di Hamas. Infatti, secondo i generali dell’esercito israeliano, accettare questa tregua significherebbe ritardare l’invasione di Gaza prevista per quest’estate…».

Nel maggio 2008 la tregua stava per cominciare. Era Hamas a proporla. E Israele non la voleva, perchè aveva già pianificato la re-invasione di Gaza.

Aggiunge il lettore: «Ciò è confermato da un recentissimo articolo del quotidiano israeliano moderato ‘Haaretz’ www.haaretz.com/hasen/spages/1050426.html ove viene detto che l’aggressione era pianificata da almeno sei mesi, quando l’atmosfera era molto più distesa e addirittura (viene ribadito) Hamas proponeva un cessate il fuoco».

I lanci di razzi Kassam sono solo una scusa. Se davvero fossero lanciati da Gaza, o da militanti islamici, Israele avrebbe tutti i mezzi per neutralizzare quella vacua minaccia. Lo conferma senza volere Simona Katz, dicendo la sua a Radio Radicale:
Migliaia di palestinesi hanno ricevuto telefonate, in cui voci israeliane avvertivano: uscite dalla vostra abitazione, stiamo per colpirla. E’ vero? Domanda l’intervistatrice? (Inquieta, forse ricorda che anche le SS del Terzo Reich talora annunciavano le loro rappresaglie; affiggevano manifesti, annunciavano con gli altoparlanti le distruzioni preordinate). E’ vero, risponde la Katz «ma non lo si fa per terrorizzarli», bensì per salvare vite umane.

D’accordo, Katz: l’Agnello di Sion fa tutto e solo per salvare vite umane. Ma evidentemente Israele conosce i numeri di telefono di ogni casa palestinese, conosce ogni singola famiglia, ogni singolo abitante della striscia di Gaza; nulla sfugge ai suoi satelliti-spia, ai suoi intercettori elettronici; ascolta tutte le telefonate; sa dunque benissimo chi sono «militanti» e chi no, chi tira i razzi (se li tira) e chi no.

Chiaramente, ha altri mezzi per stroncare quegli individui che i bombardamenti indiscriminati, a ondate, che provocano scientemente stragi massicce. Pianificate da sei mesi, ossia da prima che la tregua venisse accettata anche da Israele, controvoglia.

Quando ci si chiama Simona Katz, si possono dire cose che esulano dal linguaggio prescritto, parole vietate a noi occidentali:

La Katz si lascia sfuggire che uno degli scopi degli attacchi così sanguinosi è «restituire all’esercito israeliano la sua ‘deterrenza’,  perduta dopo il fiasco del Libano».

Dopo il pugno sul naso ricevuto da Hezbollah, Israele teme di aver perso la sua amata «deterrenza», ossia di non far più abbastanza terrore ai suoi vicini. Il mezzo più diretto sarebbe stato un nuovo attacco ad Hezbollah; ma siccome non è sicuro di non prendere un altro pugno sul naso, qual è la via scelta dal glorioso Tsahal?

Sterminare con armamenti schiaccianti gli inermi di Gaza: disarmati, indeboliti dalla fame, spiati dal cielo e intercettati in ogni parola, non rappresentano nessun pericolo militare. Apposta per questo vengono picchiati a sangue. E’ più facile; magari un po’ ripugnante, bassamente vile. Ma il Quarto Reich può.

Il vero scopo - rivesciare Hamas, che continua ad avere l’appoggio della popolazione, per sostituirla con un governo-fantoccio di Fatah - non viene enunciato esplictamente, rimane sosttinteso, è quello che tutto l’Occidente aspetta, dopotutto.

Debka, il sito di disinformazione vicino al Mossad, può permettersi di essere più esplicito:

«In quattro minuti, decine di bombardieri ed elicotteri israeliani hanno spianato 30 siti ‘di alto profilo’ (edifici e siti del governo Hamas). Almeno 350 palestinesi sono stati uccisi, il 90% operativi di Hamas, e tra 700 e 800 sono stati feriti. Il colpo sofferto dai terroristi islamisti è gravissimo sotto ogni punto di vista militare».

Tuttavia non basta, dice Debka. Mentre tutti i media occidentali, istruiti da Livni, badano a ripetere che Israele «non ha nessuna intenzione» di far seguire alle bombe un’incursione via terra, Debka può permettersi di dire che una massiccia incursione terrestre è «imperativa». Perchè, benchè colpite, le forze di Hamas hanno rivelato una capacità di sopravvivenza deplorevole.

«Rimangono attive, dopo che da più di un anno unità israeliane e forze speciali di Mahmoud Abbas (il capo-fantoccio di Fatah, ndr) addestrate da istruttori USA e britannici hanno sferrato pesanti azioni repressive per schiacciarle».

Dunque durante la tregua, israeliani palestinesi rivali, addestrati da americani e inglesi, hanno continuato la «guerra» contro Hamas. Non è bastato. Dice Debka: non si deve rischiare lo stesso errore che commettemmo contro Hezbollah, quando il generale Dan Halutz, il capo supremo di Tsahal, pensò che bastasse a stroncare Hezbollah l’attacco aereo.

Quindi ci sarà una massiccia offensiva di terra.

«Il primo obbiettivo - scrive Debka - delle forze di terra nelle prossime ore sarà di distruggere ‘la Gaza bassa’, la città sotterranea progettata da un generale iraniano (sic) e diffusa sotto la maggior parte dell’enclave. Questo santuario sotterraneo  ha protetto il grosso dell’esercito (sic) di Hamas, 15 mila uomini, coi loro ufficiali e capi, durante l’offensiva aerea israeliana di sabato. Questa  resistenza deve essere stroncata, prima che Hamas si arrenda, altrimenti continuerà a battersi».

Questa guerra dei cunicoli «può durare settimane»; la Livni avrà il suo daffare a istruire i media occidentali. Vedremo il gran fiato alle trombe della propaganda, della campagna di PR internazionali.

Ma forse no, i nostri media sono già pronti, scodinzolanti, a giustificare. Tutti sanno già, anche se non lo dicono, qual è lo scopo di questo piano, da lungo tempo preordinato.

Lo ha scritto Sara Roy, che insegna al centro studi per il Medio Oriente di Harvard, sulla London Review of Book (numero 1 gennaio 2009, ma già disponibile):

«L’assedio di Israele (i 17 mesi di «cura dimagrante», ndr) ha due obbiettivi. Il primo è di assicurare che i palestinesi non siano visti che come un problema puramente umanitario, come dei mendicanti senza alcuna identità politica, che per conseguenza non possono avere alcuna rivendicazione politica».

Sì, ecco cos’è stato: una catastrofe umanitaria da offrire agli europei vogliosi di «soccorsi umanitari», per tenerli occupati nel loro «umanitarismo». L’uso politico della fame. Ma il secondo scopo del feroce assedio?

«Il secondo è di rifilare Gaza all’Egitto. Per questo gli israeliani tollerano le centinaia di cunicoli tra Gaza e l’Egitto, lungo i quali si è cominciata a stabilire un’attività commerciale quasi regolare... Il 5 novembre, il governo israeliano ha completamente chiuso tutti i punti di passaggio di Gaza».

Il 5 novembre, come preparazione dell’attacco del 27 dicembre.

Spiega la Roy: «Cibo, medicamenti, carburante, i ricambi per i sistemi di approvvigionamento idrico e per l’evacuazione delle acque nere, i fertilizzanti, i fogli di plastica, i telefoni, la carta, le scarpe non arrivano più in quantità sufficiente. Secondo Oxfam, in novembre sono stati autorizzati ad entrare a Gaza solo 137 camion di alimenti; una media di 4,6 camion al giorno da confrontare con i 123 camion al giorno di ottobre, e i 564 al giorno del dicembre 2005. I principali fornitori di cibo per Gaza sono l’UNRWA (l’agenzia ONU di soccorso ai rifugiati) e il WFP (World Food Program) che danno da mangiare a 750 mila abitanti di Gaza, ciò che necessita 15 camion al giorno. Tra il 5 e il 30 novembre, solo 23 camion hanno potuto entrare, ossia il 6% dell’alimentazione giornaliera. In novembre, l’UNRWA ha mancato di cibo per tre giorni, per cui, per ciascuno di questi giorni, 20 mila persone non hanno potuto ricevere la razione; il WFP ha incontrato gli stessi problemi (...). Per di più, il WFP deve pagare per mettere in magazzini israeliani gli alimenti che non possono essere introdotti a Gaza. Solo a novembre, questo gli è costato 215 mila dollari».

L’occupante e bombardatore sionista ricava dunque un profitto dal blocco con cui affama i palestinesi. Ci guadagna; chiede i soldi all’ONU, per i soccorsi che non lascia entrare a Gaza.

Un qualunque altro Stato che facesse questo verrebbe espulso dall’ONU, dai consessi internazionali. Il Quarto Reich se lo può permettere. Il Quarto Reich è particolarmente abbietto.

(Padre Lombardi, capo ufficio stampa vaticano: «Hamas è prigioniera di una logica di odio. Israele di una logica di fiducia nella forza come risposta all’odio». Equanime, padre Lombardi. Con quanta equanimità guarda alle sofferenze altrui).

Poi di colpo, nell’imminenza dell’attacco, Israele ha lasciato entrare un po’ più di cibo e camion. 
Il perchè lo ha spiegato Haaretz (www.haaretz.com/hasen/spages/1050359.html ):

«Prima dell’attacco, Israele ha indotto Hamas ad abbassare la guardia, dandogli in vari modi un falso senso di sicurezza, ad esempio permettendo il giorno prima l’apertura del valico di Gaza…».

Un altro modo per cogliere Hamas di sorpresa lo racconta l’agenzia Ynet (del 27 dicembre): l’aggressione è stata decisa dal gabinetto israeliano mercoledì, ma - affinchè la dirigenza islamista non entrasse in clandestinità - hanno fatto dire alla stampa che il gabinetto (Olmert, Livni e Barak) si sarebbe riunito domenica per prendere una decisione. Così hanno potuto sterminare i 170 cadetti della polizia di Gaza nel loro cortile, mentre ricevevano i diplomi. Militanti, per i media: a Gaza, arruolarsi è uno dei pochi modi per avere un modesto salario.

L’attacco è avvenuto sabato. Sabato di Hanukka, grande festa ebraica. Un’altra astuta sorpresa.

Il sabato, in Israele, non si alza un telefono, per paura di far scoccare una scintilla. Il sabato, il Talmud vieta di accendere fuochi, e dunque avviare motori, girare interruttori, premere pulsanti; proibisce di cuocere i cibi, di camminare per più di un paio di chilometri. Guai a chi accende una sigaretta per strada, rischia il linciaggio.

Ma il pio popolo ebraico non ha esitato, il sabato, ad accendere i reattori vomitanti fuoco, ad avviare i motori di elicotteri e carri armati, ad accendere schermi elettronici, a far nascere fontane di fuoco da bombe: il sabato si può violare, per uccidere.

C’è qui un punto di essenziale importanza. Il sabato è in qualche modo il «dio» degli ebrei, santificare il sabato la loro «giustificazione».

Il rabbino Jacob Neusner, nel criticare il libro di Benedetto XVI su Gesù, ha scritto: «Ricordare di santificare il sabato è ciò che rende l’Eterno Israele ciò che è: il popolo che, come fece Dio quando creò il mondo, si riposò il settimo giorno». E ancora: «Il sabato è per il giudaismo la celebrazione della creazione e la liberazione degli schiavi dall’oppressione, la libertà per l’umanità. Il riposo del sabato rappresenta un’offerta a Dio. Tutto questo non può essere desacralizzato, laicizzato».

Ma chi desacralizza il sabato? No, non le bombe, l’accensione dei reattori, il fuoco delle mitragliere.

Chi desacralizza il sabato, per Neusner, è Gesù. Per quella sua frase, detta ai farisei dopo aver guarito un malato: «E’ lecito fare il bene di sabato». Un’affermazione che Neusner trova «scioccante», perchè con ciò Gesù si dichiara «signore anche del sabato».

Solo se Gesù fosse Dio, ammette Neusner, potrebbe dire una cosa del genere: Dio è il Signore del Sabato. Andare a cercare il malato, il sabato, lo descralizza. Il sabato, dice Neusner, «Israele deve stare a casa, nel suo villaggio, nel suo Stato».

Per questo rabbi Neusner rifiuta Gesù come Cristo; perchè dovrebbe rinunciare al sabato. Qui, dice, è il «conflitto inconciliabile» fra i cristiani e gli ebrei. «L’alternativa è fra: Ricordati di santificare il sabato, e fra: Il Figlio dell’uomo è Signore del sabato. Non si possono scegliere entrambi».

Ora abbiamo visto coi nostri occhi che il Quarto Reich, «l’Israele Eterno», si dichiara padrone del sabato. Lo infrange, e non «per fare il bene».

Israele è dio per se stesso.

Israele, che «filtra il moscerino e ingoia il cammello», che di sabato non accende una sigaretta ma accende i reattori degli F-16 e innesca i missili sotto le ali.

C’è bisogno d’altro per capire, se si è cristiani, «chi» è Israele?

«Figlio della perdizione, colui che si innalza su tutto ciò che è chiamato Dio o che è oggetto di culto, fino a sedersi egli stesso nel tempio di Dio, dichiarando se stesso Dio».

L’afasia della Chiesa, in queste ore, è la più triste e tragica: è ovvio che chi ha cominciato col non dire più che gli ebrei hanno ucciso, nel Messia, il Dio Figlio (e sono obbligati a farlo anche oggi, come confessa rabbi Neusner), è ovvio che non trovi la voce giusta per gridare che ammazzano innocenti.

Chi ha scelto il deicidio, ha scelto la parte di colui che Cristo chiamò «l’Omicida fin dal principio».

Non poterlo nemmeno dire, è un grave peso, qualcosa che la Chiesa pagherà; e sta già pagando, spettro di se stessa.

«Se il sale diventa insipido», è buono solo ad essere calpestato.

Ma proprio questo ci dice che i tempi sono vicini, e l’Anticristo ha poco tempo.

Un lettore mi ha scritto: «Nel suo articolo "Hamas ha rotto la tregua" lei dice: ‘Non è difficile capire che è la forza di un sogno - quel sogno che permette agli affamati di Gaza di non piegarsi - a riempire Sion di rabbia e di paura. E’ un’arma che Israele non possiede’. Da quando ho letto questo articolo continuo a chiedermi cosa Israele non possegga. O meglio: cosa abbiano ‘in più’ gli affamati di Gaza (ai quali unisco anche la popolazione libanese). Mi spremo le meningi ma non ci arrivo... (...). Cerco di immaginare Agar. Lei, la schiava, che ha dato alla luce il piccolo Ismaele. Immagino il ripudio, e la vedo accovacciata ai margini della storia, seduta di spalle, silenziosa e con le lacrime agli occhi, mentre tiene tra le braccia il suo bambino. A consolarli c’è un Angelo, carezza dell’onnipotente misericordia di Dio. Questa immagine mi ‘pungola’. Gentile direttore, le domande che mi pongo - e le pongo - sono: chi è Agar oggi? Chi è Ismaele? Dove vive? A Gaza? In Libano? E cosa hanno i palestinesi - musulmani, si, ma non dimentichiamoci dei tantissimi cristiani - che Israele non ha? E’ la follia di una illusione? E’ la forza di un sogno? O è la consolazione dell’Arcangelo Michele, potente contro il male? Cosa accadrò domani a Gaza, sotto le bombe, mentre la Chiesa ricorda i Beati Martiri Innocenti?».

Agar, caro lettore, è la madre del primogenito di Abramo: Ismaele, il figlio poi rifiutato. E’ il capostipite degli arabi, e più specificamente dei beduini, dei palestinesi. Gente che si dice figlia di Abramo ed è per tre quarti khazara, sta versando sangue di Abramo.

Il mistero è in questo nodo, profetizzato da profeti e veggenti. Una lotta di famiglia a Gerusalemme; e persino i bambini palestinesi sanno che «versare sangue per Al-Qudsi» (Gerusalemme) è gradito a Dio. E’ il compito che è stato dato loro, perchè devono difendere la Roccia di Abramo - che sta sotto la cupola d’oro della moschea di Omar - dall’ultimo sacrilegio (1).

Ma siamo alle ultime giornate di questa difesa.

Nella vigna del Signore, i lavoratori dell’ultima ora stanno spremendo l’ultima uva - è il loro sangue, sangue genetico di Abramo. Presto anche questo velo di difensori disarmati, stremati, traditi e disumanizzati da noi, sarà spazzato via.

Allora Israele trionferà.

Fino ad oggi non ha voluto fare «pace», perchè prima pretendeva di avere «sicurezza». Mai abbastanza sicuro, e dunque niente pace. Si avvicina il momento in cui avrà, finalmente, tutt’e due.

E’ il momento profetizzato da Paolo, fariseo fulminato dal Signore del Sabato: «Quando diranno  ‘pace e sicurezza’ allora di colpo cadrà su loro la rovina, come le doglie alla donna incinta, e non avranno scampo» (I Tessalonicesi, 53).

Il trionfo, l’asservimento del mondo al Reich Eterno, renderà chiaro questo: che a colpire non sarà qualche popolo «malvagio», non saranno i tedeschi o gli arabi, o gli iraniani. Nessuno è abbastanza armato e abbastanza deciso da rovesciare i Signori del Sabato. Tranne Colui che ha detto: «Che ti vale conquistare il mondo, se poi perdi l’anima tua?».




1) Forse non è noto a tutti che l’obbligo della difesa della Terra Santa incombeva tradizionalmente  alla dinastia Hashemita, i re beduini di Giordania. Essi hanno il titolo di protettori della roccia di Abramo, analogo a quello di cui si fregiarono i Templari per qualche tempo. Ma le Crociate le vinsero loro, e a loro è stato assegnato il compito estremo. Il re Hussein, il padre dell’attuale regnante, ha formalmente rinunciato al titolo diversi anni fa, spaventato dalla forza di Israele, ed ha creduto di poter compensare la sua diserzione pagando l’oro per la cupola della moschea di Omar. Da allora, a difendere la Roccia, non sono rimasti che i poveri palestinesi. «A voi è prescritta la guerra, sia che vi piaccia sia che vi dispiaccia», disse loro Maometto.


Home  >  Medioriente                                                                                     Back to top


La casa editrice EFFEDIEFFE ed il direttore Maurizio Blondet, proprietari
dei contenuti del giornale on-line, diffidano dal riportare su altri siti, blog,
forum, o in qualsiasi altra forma (cartacea, audio, etc.) e attraverso attività di spamming e mailing i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright ed i diritti d’autore. Con l’accesso al giornale on-line riservato ai soli abbonati ogni abuso in questo senso, prima tollerato, sarà perseguito legalmente. Invitiamo inoltre i detentori,a togliere dai rispettivi archivi i nostri articoli.
 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità