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Massimo allarme
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Mentre continua il massacro di Gaza e da lì praticamente i media non danno notizie, va notato uno sviluppo inquietante, da tener d’occhio col massimo allarme nei prossimi giorni.

Ha dato il via Sallai Meridor, ambasciatore di Israele in USA: «Tutto ciò che vedete a Gaza è fatto dall’Iran (sic) finanziato dall’Iran, i terroristi sono addestrati dall’Iran, i rifornimenti vengono dall’Iran, la tecnologia per fabbricare razzi a breve raggio è iraniana. L’Iran è come un polipo, ha pedine nella regione e oltre la regione, mentre continua a muovere verso l’armamento nucleare».

Non basta. Meridor ha aggiunto: «Questo non è un problema solo israeliano; è collegato alla minaccia di Mumbai (!), di Beer Sheva, o – dio non voglia – a New York, e noi possiamo batterlo solo se abbiamo la volontà unitaria di non lasciare che questi terroristi uccidano i cittadini e distruggano il nostro modo di vita».

Questo non è – o non è solo – delirio ebraico. Può essere parte di un progetto per continuare la «guerra», estendendola all’Iran.

Lo ha detto esplicitamente John Bolton, l’ebreo-americano che Bush tentò di piazzare come ambasciatore all’ONU, ma la cui nomina fu rigettata dal Congresso per l’eccessivo estremismo del personaggio.

Parlando alla Fox, Bolton ha dichiarato che il conflitto in corso a Gaza può portare gli USA allo scontro con l’Iran.

«Stiamo guardando a un potenziale fronte multiplo qui», ha detto, «a un più largo conflitto. A questo punto fra l’Iran e la sua bomba atomica non c’è alcun ostacolo, se non l’uso della forza militare degli USA o di Israele».

Il momento è propizio, ha aggiunto Bolton, perchè gli altri Stati arabi sono ostilissimi a Teheran, e applaudirebbero la distruzione della sua influenza (1).

Ancora più allarmante, la stessa posizione è stata espressa dal JINSA (l’americano «Istituto ebraico per gli affari di sicurezza nazionale»). Questo istituto, luogo di incontro e commistione fra gli interessi militari di Israele e quelli del complesso militare-industriale, potente luogo di potere che ebbe una parte essenziale nel precipitare la guerra all’Iraq, ha detto per bocca del suo direttore esecutivo, Tom Neumann:

«I tiri dei razzi di Hamas sono diventati a più lungo raggio e più letali come effetto dell’assistenza e dell’addestramento iraniano. Il ruolo dell’Iran nel rafforzamento dell’arsenale di Hamas è stato putroppo sottovalutato dai media mondiali e dai leader politici», anche se il piede che gli iraniani hanno preso, secondo lui, in Libano e Siria «dovrebbe essere intollerabile per gli Stati arabi del Mediterraneo come per la Russia, gli europei e tutti coloro che vogliono davvero la pace nella regione» (2).

Che i media occidentali abbiano «sottovalutato il ruolo dell’Iran», è un’accusa ingiusta. Non  possono parlare del massacro di Gaza senza tirarlo in ballo,ovviamente senza alcuna prova. Ho sentito personalmente un giornalista di RAI3 spiegare che un razzo caduto su non ricordo quale villaggio israeliano s’era rivelato essere una katyusha con la scritta Made in China; ma «siccome non si può credere che siano i cinesi ad armare Hamas», il razzo doveva essere stato acquistato dall’Iran per rifornirne i palestinesi.

E tutto ciò mentre gli stessi media israeliani ammettono che i jet di Sion non trovano più bersagli utili da colpire a Gaza, e i comandi israeliani si dichiarano sorpresi dalla «debole reazione di Hamas» agli attacchi; ovviamente priva di ogni mezzo anti-aereo e di aviazione per contrastare le incursioni, Hamas lancia anche meno razzi del previsto.

Persino alcuni giornalisti israeliani, come Hamira Hass e Gideon Levy, esprimono vergogna per l’uso mostruosamente sproporzionato della forza dal cielo contro gli inermi prigionieri di Gaza.

I media occidentali in genere tacciono più che possono sul sangue dei bambini e le distruzioni di scuole e moschee, e si concentrano sui razzi che tanto fanno soffrire i poveri israeliani.

Il numero dei morti a Gaza, per esempio, viene sistematicamente sottovalutato. La stampa «libera» ripete ossessivamente numeri come «427 morti, di cui 72 civili». Ma «la seconda cifra», ha ricordato John Holmes, il coordinatore ONU per gli affari umanitari che è sul campo, «non comprende i civili che sono maschi adulti».

Quindi, tutti i maschi adulti di Gaza sono considerati terroristi. Così ad esempio i quasi 180 cadetti di polizia massacrati il primo giorno mentre ricevevano il diploma, erano parte di un corpo disarmato, diciottenni che avevano trovato «quel che è così raro a Gaza, un salario», ha scritto la Hass. Secondo lei, anche le donne uccise mentre uscivano dalla moschea sono messe nella lista dei terroristi, perchè portano il velo. (3)

Non c’è verso che i giornali italiani riportino e precisino queste notizie. E nemmeno il fatto che quattro importanti rabbini «savi anziani di Sion», Yaakov Yosef, Dov Lior, Shalom Dov Wolpe, Meir Mazuz, abbiano emanato un responso talmudico (l’equivalente ebraico di una fatwa) per condonare l’eccidio dei civili: «Quando una popolazione abitante vicino a città ebraiche manda bombe con l’intento di uccidere vite ebraiche, è permesso dalla legge ebraica lanciare bombe di reazione, anche contro siti abitati da civili».

In compenso, Ferdinando Adornato ha giustificato il rifiuto della tregua da parte di Tzipi Livni, o meglio la motivazione («La tregua legittimerebbe Hamas») sostenendo che infatti con Hamas «non si può trattare, perchè odia Israele» (4).

Sull’odio razziale israeliano per gli arabi, ci proponiamo di fornire ampia documentazione (5). Ma ora, ci basterebbe che i giornalisti italiani che coprono la «guerra» di Gaza da Tel Avi e Askleon, almeno segnalassero due fatti riportati dai media israeliani:

In tutta Israele, gli arabi israeliani di qualche rilevanza (imam, sceicchi, ma anche maestri di scuola) vengono in questi giorni convocati dalla polizia ebraica, o dallo Shin Beth, e minacciati; «minaccia preventiva», per dissuadere manifestazioni a favore dei bombardati di Gaza.

«Gli viene comunicato che saranno ritenuti responsabili di ogni protesta, e per questo sollevati dalle loro funzioni», dice Abas Zkur, membro arabo della Knesset.

A Jaffa, il capo della comunità palestinese Sami Abu Shahada s’è sentito dire dal capo locale dello Shin Beth: «Lei è responsabile di incitamento, di ogni pietra lanciata. Ci sono limiti alla democrazia. Quel che accade a Jaffa è espressione di slealtà verso Israele». A Jaffa, il sabato del giorno dell’attracco, 2 mila palestinesi (in teoria cittadini israeliani) si sono riuniti in silenzio per «commemorare i morti» della Striscia; nemmeno una pietra è stata gettata, nessuna violenza. Ma ci sono limiti alla democrazia, nell’unica democrazia del Medio Oriente (6).

I giornali tacciono anche sul generoso uso di bombe all’uranio impoverito da parte di Israele. La stampa israeliana si vanta dell’alta tecnologia di cui dispone la sua aviazione, spiegando che le GBU39, le bombe intelligenti regalate dagli USA, usate con tanto successo contro i tunnel sotterranei verso l’Egitto, sono leggere – pesano 113 chili – ed hanno una carica esplosiva di soli 22,7 chili, «ma hanno la stessa capacità di penetrazione delle bombe da 900 chili»; la loro piccola taglia consente agli F-16 di portare più bombe ad ogni decollo, dunque di moltiplicare i bersagli di ogni missione. Il meraviglioso segreto di queste armi – veri missili, che una volta lanciate dal caccia possono percorrere 110 chilometri – è il dardo di penetrazione, fatto di uranio impoverito (7).

Come noto, il dardo di uranio impoverito brucia all’impatto, e il 90% della sua massa si riduce in particole ultra-piccole, nanometriche, che passano qualunque tipo di maschera a gas (che comunque i palestinesi non hanno); il contaminante, gas metallico nano-particolato (più sottile del fumo di sigarette) viene inalato e si deposita nelle ossa, per la sua affinità col calcio. Lì, continua per decenni a irradiare, provocando tumori, distruzione del sistema immunitario e mostruose malformazioni dei feti, condannando una intera popolazione – come in Iraq - ad una lenta ma spaventosa estinzione.

E gli agnelli di Sion lanciano questo tipo di bombe sulla striscia di Gaza, il carcere a cielo aperto con la più paurosa densità di popolazione del pianeta: 3.823 abitanti per chilometro quadrato.

Ma di questo equivalente post-moderno del Zyklon B, tanto più efficace per lo sterminio, i nostri media non parlano. Parlano invece dei «razzi di Hamas».

Nè probabilmente i giornalisti inviati hanno tutte le colpe. Essi hanno il divieto di entrare in Gaza; per le loro informazioni, dipendono interamente dall’ente appositamente creatro dai comandi israeliani per manipolare i media: il National Information Directorate, il cui scopo dichiarato è di gestire la «hasbara», ebraico per «spiegazione» (8).

A questo organismo si devono iscrivere tutti i giornalisti che arrivano in Giuda. E ogni giornalista è contattato fin dalla mattina nel suo albergo, con l’offerta di ghiotti servizi speciali: una visita guidata ad Askelon «sotto il fuoco dei razzi di Hamas fatti in Iran», a parlare con «le vittime che vivono nell’angoscia da anni»; una intervista con un generale; ancor meglio, con un intellettuale che spiegherà perchè, nonostante lui sia pacifista, questa guerra è inevitabile.

E’ così per esempio che un TG nostrano ha parlato con Benny Morris, uno storico, e gli ha lasciato dire cose come: noi israeliani siamo come nel 1967, allora ci fecero guerra Siria ed Egitto, oggi siamo parimenti circondati e attaccati da Hamas ed Hezbollah; gli arabi cittadini di Israele sono un problema che non ci lascia tranquilli, perchè fanno più figli di noi (dunque bisogna cacciarli, altrimenti minacciano la nostra identità, diventiamo minoranza nel nostro Paese, perdiamo la purezza razziale).

L’intervista è stata comunque rivelatrice, perchè ha rivelato il fondo psicopatico del bellicismo israeliano; devono fare frequenti guerre per allentare la propria angoscia psicanalitica, bombardano per sentirsi sicuri. Il sionismo è diventato una turba mentale, che usa i caccia come sedativi.

Ma ovviamente il giornalista italiano ha ascoltato in ginocchio, senza far notare che il razzista diceva cose da razzista, raccomandava di fatto il genocidio, e che Hamas non ha nemmeno un millesimo della forza minacciosa di Egitto e Siria, i nemici del ’67, che comunque furono sconfitti in sei giorni. E nemmeno ha fatto notare che Israele, su Gaza indifesa, ha lanciato più bombe e usato più potenza di fuoco di quanto ne usò nel 1967.

Il National Information Directorate è infatti soddisfatto del suo lavoro:

«Molte centrali mediatiche sono parecchio favorevoli ad Israele, mostrando le nostre sofferenze», ha detto il maggiore Avital Leibovitch portavoce del glorioso Tsahal: «E’ il risultato del coordinamento» che il Direttorato assicura fra l’esercito, i ministeri, il governo.

Una statistica del ministero degli Esteri di Tzipi Livni ha preso in considerazione un campione di trasmissioni radio-TV internazionali: in otto ore di notizie, 59 minuti sono andati a interviste di rappresentanti israeliani, e solo 19 ai morti palestinesi.

Per questo il tam-tam neocon – la colpa è dell’Iran, bisogna colpire lì – è particolarmente allarmante. Non ci sarà una obiezione da parte dei media occidentali. I neocon hanno fretta di mettere il governo Obama davanti al fatto compiuto; agghiacciante l’allusione della Meridor ad un possibile attentato iraniano a New York, come secondo lei è stato a Mumbai (dove gli iraniani non c’entrano per nulla, nemmeno secondo la più artificiale delle versioni ufficiali).
Del resto, i poteri forti americani possono vedere nell’ampliamento del conflitto una fuga in avanti dai loro problemi interni.

Il 2009 sarà un «annus horribilis» per l’America. Persino Harper’s Magazine ormai invoca la messa sotto processo dell’intera amministrazione Bush: «Nessuna amministrazione è mai stata così sistematicamente e così apertamente fuorilegge».

Come sfuggire alla giustizia, si domandano il presidente e i suoi manovratori? (9).

Per di più, gli USA dovranno emettere 2 mila miliardi di nuovi titoli di debito nel 2009, effetto dei «salvataggi» falliti e dei «rilanci dell’economia» finanziati in deficit; chi li comprerà?

Nel 2009, tutti gli altri Paesi industrializzati emetteranno 3 mila miliardi di loro debito, perchè anche loro fanno i «keynesiani», ossia accrescono la spesa pubblica per contrastare la depressione in corso.

Ma non si può essere keynesiani tutti nello stesso momento. Ci sarà una concorrenza sfrenata tra sovrani debitori per attrarre un pool di capitale sempre più striminzito. La concorrenza dovrà avvenire sull’aumento dei tassi, e questo rischia di precipitare la rovina USA. Anzi peggio: del capitalismo terminale come sistema.

Ciò a cui pensano i poteri, è ormai salvare il sistema finanziario del capitalismo terminale dalle richieste di una gestione più responsabile della finanza, e dunque della sua messa sotto controllo pubblico.

Difficile. Ma ciò diventa possibile se l’Iran compie un attentato a New York: allora la militarizzazione della popolazione manterrà l’ordine, perchè – di nuovo – «siamo in guerra».

In questo quadro, una breve attenzione merita il discorso del nostro presidente della repubblica. Ha echeggiato certi concetti che vengono ripetuti in cerchie politiche sempre più vaste, a cominciare dalla Banca d’Italia: non ci sarà tolleranza per i «profeti di sventura».

Possono essere strali rivolti verso Tremonti («profeta di sventura», perchè teme a ragione che i nostri poveri BOT non reggeranno la bufera della competizione mondiale fra debitori, e per questo critica Draghi), ma può essere la parola d’ordine del prossimo futuro: d’ora in poi, l’ottimismo è obbligatorio.

«La democrazia ha dei limiti», come dice lo Shin Beth.




1) Paul J. Watson, «Bolton: Gaza conflict could lead to US attack pn Iran», PrisonPlanet, 31 dicembre 2008.
2) «JINSA accuses Iran of facilitating rocket attacks on Israel»,  Yahoo News, 29 dicembre 2008.
3) Matt Brown, «Israel vows to destroy Hamas brick to brick», ABC News, 30 dicembre 2008.
4) «Israeli rabbis: thou shall kill civilian», Press TV, 30 dicembre 2008.
5) Ecco alcuni esempi in inglese: 1. "There is a huge gap between us (Jews) and our enemies ¬not just in ability but in morality, culture, sanctity of life, and conscience. They are our neighbors here, but it seems as if at a distance of a few hundred meters away, there are people who do not belong to our continent, to our world, but actually belong to a different galaxy." Israeli president Moshe Katsav. The Jerusalem Post, May 10, 2001, "The Palestinians are like crocodiles, the more you give them meat, they want more"... Ehud Barak, Prime Minister of Israel at the time - August 28, 2000. Reported in the Jerusalem Post August 30, 2000 3. "[The Palestinians are] beasts walking on two legs". Menahim Begin, speech to the Knesset, quoted in Amnon Kapeliouk, "Begin and the Beasts". New Statesman, 25 June 1982. 4. "The Palestinians" would be crushed like grasshoppers... heads smashed against the boulders and walls". "Isreali Prime Minister (at the time) in a speech to Jewish settlers New York Times April 1, 1988. Qualcuno li traduca ad Adornato.
6) Sharon Roffe-Ofir, «Arab leaders: police threatening us», Ynet News, 31 dicembre 2008.
7) Mireille Deiamarre, «Génocide à l’uranium appauvri à Gaza grace aux GBU 39 fournies par le Etats Unis», Planète non-violence, 29 dicembre 2008.
8) Rachel Shabi, «Special spin body gets media on message, says Israel», Guardian, 2 gennaio 2009.
9) Scott Horton, «Justice after Bush: prosecuting an outlaw administration», Harper’s Magazine, dicembre 2008.


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