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Strano: il vaccino aggrava la suina
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«Influenza A: in una settimana aumenta dell’85% il numero dei morti in Europa».

Inquietante davvero il titolo su Le Monde del 27 novembre (1). Un rialzo «spettacolare» dei casi mortali. La pandemia si accelera ed aggrava in tutto il mondo (con un rialzo improvviso del 16% dei decessi), ma il peggio avviene in Europa: almeno 650 morti più del previsto in una settimana, strilla l’Organizzazione Mondiale di Sanità. Nella sola Francia metropolitana, 76 morti. E due dei deceduti risultavano portatori di una forma mutante del virus H1N1, già segnalata in Norvegia.

Una è una mutazione che crea resistenza al Tamiflu, e l’altra – sempre secondo l’OMS, già noto per le sue azzeccatissime previsioni – «può aumentare le capacità del virus a colpire le basse vie respiratorie e in specie il tessuto polmonare». Insomma, sembra la forma eccezionalmente grave vista in Ucraina. Ma l’OMS ci vuole tranquillizzare: «L’efficacia dei vaccini attualmente disponibili non è diminuita», assicura.

Può ben dirlo, l’autorevole OMS. Efficacissimi, i vaccini. Fin troppo, forse. L’Europa è il posto del mondo dove i governi sono stati più zelanti a comprare milioni di dosi, regalando miliardi alle grandi farmaceutiche; il posto del mondo dove i servizi sanitari sono migliori e coprono  la popolazione intera al contrario, poniamo, rispetto a quanto avviene negli USA, nel Messico e nel Terzo Mondo, e dove dunque le vaccinazioni sono state di massa e capillari. Eppure proprio qui, nell’Europa  iper-immunizzata, un’influenza suina che dapprima è apparsa insolitamente benigna, di colpo diventa mortale, con un aumento fulmineo dei decessi in una settimana. Molto più alto dei decessi delle zone del mondo meno vaccinate.

La domanda sorge spontanea a noi ingenui: la H1N1 diventa più grave «nonostante» i vaccini, o magari «a causa» dei vaccini?

Il sospetto si aggrava se non si ha la memoria troppo corta. Allora qualcuno può ricordare che l’agosto scorso un microbiologo israelo-americano di nome Joseph Moshe è stato arrestato a Los Angeles dopo aver dichiarato ad una radio locale che il vaccino prodotto in Ucraina da Baxter BioPharma Solutions, produttrice massima dei vaccini, era in realtà «un’arma biologica» mascherata da vaccino. Conteneva a suo dire un adiuvante progettato per indebolire il sistema immunitario e RNA replicato del virus della Spagnola del 1918. Ammanettato, Moshe è stato espulso in Israele ed è introvabile. Ma qualche mese dopo, proprio in Ucraina, appare una forma gravissima della influenza suina, caratterizzata da un edema emorragico polmonare, simile se non identico al sintomo della Spagnola.

Nel dicembre 2008, la stessa Baxter era stata colta con le mani nel sacco: la sua filiale austriaca aveva distribuito a 18 Paesi dell’Est europeo un vaccino per la «normale» influenza stagionale H3N2. Ben 72 litri. Un laboratorio scrupoloso della repubblica Ceka aveva provato il vaccino su animali di laboratorio (dei furetti): ne sono morti la metà. Ad un esame accurato difatti, i ceki avevano scoperto che il vaccino della Baxter conteneva sì un mix di virus stagionali morti (il vaccino), ma a cui era stato aggiunto il virus vivo dell’influenza H5N1: la terribile aviaria.

L’aviaria, come si ricorderà, aveva un alto tasso di letalità, ma per fortuna un basso tasso di diffusività nell’uomo: ne furono colpiti in realtà solo lavoranti asiatici (cinesi) degli allevamenti di pollame, a contatto diretto con gli animali. Grande panico mondiale eccitato dall’OMS, rifiuto delle massaie di consumare polli in tutta Europa, ma poi tutto era finito nel nulla: l’aviaria non ne voleva sapere di attaccarsi all’uomo per le vie aeree, diventando così l’auspicata pandemia.

Certo però che se si inocula il virus vivo dell’aviaria direttamente nel sangue degli umani, allora la sua letalità può finalmente manifestarsi in tutta la sua bella potenza. Era proprio questo che aveva tentato la Baxter?

La sua replica alle risultanze del laboratorio ceko fu molto, molto strana. Dapprima  rifiutò di rispondere alle domande invocando il «segreto commerciale». Poi, di fronte alle stringenti pressioni dei giornali austriaci, ammise che il virus vivo dell’aviaria era finito nel vaccino dell’influenza stagionale «per errore».

Un errore assolutamente impossibile date le norme di sicurezza nei laboratori; e che comunque, avrebbe dovuto escludere la Baxter dal grande business della vaccinazione per suina.

Invece no. L’OMS non ha trovato nulla da ridire. E proprio alla Baxter il governo inglese ha ordinato i vaccini per immunizzare la sua popolazione (2).

Strano. Veramente strano.

Tanto più che adesso, a ventilare che il virus dell’influenza suina sia il prodotto artificiale di un «errore» di laboratorio (chiamiamolo così), non è un qualche complottista digiuno di scienza, ma tre noti virologi di fama internazionale, che hanno messo nero su bianco i loro sospetti sul «Virology Journal», una delle più credibili riviste del settore. Il che significa che l’articolo ha superato la «peer review», ossia è stato compulsato da pari scienziati, e trovato plausibile e ben documentato.

Rimandiamo gli addetti ai lavori all’articolo originale del Virology Journal, di cui risparmiamo i particolari tecnici ai lettori non qualificati (3).

Ci limitiamo a dire che gli autori Adrian J Gibbs, John S Armstrong  e Jean C Downie (australiani), rivelano che, all’esame del codice genetico del virus, esso risulta una specie di prodotto ingegnerizzato (ricombinato) di ben tre linee virali suine diverse, apparse in tre diversi continenti, e in anni diversi. Una cosa che pare alquanto improbabile agli scienziati.

«I tre genitori virali possono anche essere stati assemblati per via naturale, magari per l’opera di uccelli migratori o del commercio internazionale di maiali; ma la loro discendenza coerentemente suina suggerisce invece che siano opera dell’uomo».

Testuale.

Dopo di che, i tre virologi passano a discutere la «teoria dell’errore di laboratorio». Ebbene sì, i virus influenzali sopravvivono benissimo nei laboratori, la sorveglianza in questi laboratori non è massima, e «probabilmente sono molti i laboratori nel mondo che si scambiano, e così diffondono, una gran varietà di virus dell’influenza suina provenienti da diverse fonti e continenti, e condividono ed usano anche linee immortalizzate di cellule coltivate».

Che Dio ci guardi dall’OMS.




1) «Grippe A: hausse de 85% du nombre de morts en Europe en une semaine»; Le Monde, 27 novembre 2009.
2) Steve Watson, «Baxter to develop swine flu vaccine despite bird flu scandal», Prisonplanet, 27 aprile 2009.
3) Adrian J. Gibbs, John S. Armstrong, Jean C. Downie, «From where did the 2009 ‘swine-origin’ influenza A virus (H1N1) emerge?», Virology Journal, 24 novembre 2009. Probabilmente pochi sanno che l’Australia ha avuto prima la sua pandemia di suina (il continente è uscito dall’inverno, la stagione influenzale), e l’ha sopportata felicemente senza i vaccini, che non erano ancora preparati quando la diffusione del virus è cominciata nell’emisfero australe.


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