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Ucraina: ma Putin ha perso, o no?
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Deep State (Stato profondo) è il concetto con cui in Turchia si allude al sistema di potere «dietro» lo Stato (in Turchia la rete militare laicista) che davvero governa, senza appello alla volontà dei governati, né passare per il processo politico pluralista. Il Deep State decide a porte chiuse e il regime «democratico» ne esegue le direttive. Ogni «democrazia» ha il suo Deep State (inutile parlare di quello italiano, che adesso emerge senza scrupoli (1), mettendo a governarci suoi più o meno diretti agenti...); in USA è lo «Stato di sicurezza nazionale» affiancato da tutti gli organismi informali (da Hollywood ai grandi media, dalle mega-corporations a Facebook fino alla criminalità organizzata) ausiliari e gestori del potere globale.

La Russia di Putin ha anch’essa il suo «Stato profondo», da Gazprom ai siloviki, i vecchi compagni del Kgb sistematisi nel potere economico, «oligarchi», una rete di relazioni ed interessi che non siamo in grado di esaminare, che a prezzo dell’inefficienza economica garantisce un equilibrio in cui le parti trovano il loro tornaconto.

Ora, un’analisi di Zero Hedge analizza la crisi in Ucraina dal punto di vista del Deep State americano, e di quello russo.

Il settore energetico è la ovvia posta in gioco per entrambi. In Ucraina passano le tubature che portano gas e greggio russo all’Europa; il controllo energetico è «interesse vitale» per Ucraina e Russia come per Unione Europea, Polonia, Romania. La Russia soprattutto, dipende per la sua influenza geopolitica e il buon bilancio pubblico, quasi esclusivamente dall’energia che vende.

E gli americani? Novità: grazie alle tecnologie fracking, la Chevron ha adesso interesse in esplorazioni e sfruttamento di aree non solo nell’Ucraina occidentale, ma anche in Romania e Polonia.

Polonia: Chevron ha ottenuto quattro concessioni (a Frampol, Grabowiec, Krasnik and Zwierzynie), un milione di acri, che cominceranno presto a «produrre».

Romania: Chevron ha 2 milioni di acri in concessione (Barlad Shale), più tre accordi di concessione nella Romania sud-orientale. Exxon con Chevron sono anche in procinto di sfruttare giacimenti «shale» offshore nel Baltico...

«Lo sviluppo di simili giacimenti minaccia direttamente la posizione semi-monopolistica di Gazprom», scrive Zero Hedge: «Ucraina, Polonia, Romania, UE hanno un potente interesse a sviluppare queste fonti energetiche fuori dal controllo di Mosca».

Minaccia geopolitica: Putin deve la sua forte posizione presso l’Europa al quasi monopolio delle forniture. E minaccia economica, perché la competizione dei Paesi vicini limerebbe i prezzi che Gazprom ci fa: oggi, il «consenso» che Putin mantiene presso il suo popolo (e più decisivamente, presso il suo Deep State) poggia su prezzi energetici alti e stabili onde finanziare la spesa pubblica, senza dover fare «riforme» e praticare austerità.

Molto interessante la valutazione che le Centrali americane fanno delle debolezze comparative di Mosca. Putin «non ha più alcuna ideologia rivoluzionaria che offra un’attrattiva di massa , né in religione né in politica né in economia. E non possiede una sfera di egemonia ufficialmente riconosciuta sul piano internazionale, come quella chw ottenne Stalin a Yalta nel 1945» (concessagli dal grande amico Roosevelt).

E l’esercito russo? Quelle 150 mila truppe che Putin ha ammassato oltreconfine? Gli allarmi che l’Occidente alza, sono materia per la propaganda (i grandi media). Il Deep State americano, della forza russa, ha un giudizio sprezzante. Diversamente da Stalin, Putin «non ha più un vasto esercito di terra con cui intimidire i vicini». La prova? È costretto ad affidare la repressione dell’insorgenza musulmana in Cecenia a «kontraktniki», professionisti ben stipendiati, sul modello del mercenari (contractors) americani. «Se Putin tentasse di intervenire con le truppe, una forza di coscritti praticamente non addestrati, innescherebbe una esplosione nella politica interna russa». D’altro canto, «se apparisse come l’uomo che ha perso l’Ucraina, si troverebbe nei guai con il Deep State russo».

La strategia di fondo del Deep State americano è ancora quella dettata da McKinder, il teorico della geopolitica che vedeva nel controllo dell’Est europeo la chiave del controllo della «Isola Mondo», l’Eurasia . Bisogna vanificare dunque le ambizioni di Mosca di dominare l’Eurasia, e legare sempre più strettamente al potere atlantico la UE, e gli altri Stati dell’Europa centrale, oggi in via di giungere a una indipendenza energetica. «È dagli anni ’80 i neocon sono profondamente allarmati dalla dipendenza della NATO dalla Gazprom e dai gas-oleodotti orientali».

Inoltre, l’Ucraina in rivolta vuol essere un «esempio per l’opposizione interna in Russia» , galvanizzandola. Secondo questa analisi, «prima che ciò avvenga, il Deep State della Federazione Russa metterà un nuovo leader» al posto di Putin.

Dunque Putin ha perso? Non ha frecce al suo arco? Nient’affatto. Probabilmente, non ha che da rivolgere verso l’Occidente (e la insurrezione ucraina occidentalista) le sue proprie armi. Uomini armati hanno occupato il parlamento della Crimea: ebbene, non hanno fatto lo stesso gli armati di piazza Maidan? E l’Europa non li ha «legittimati», riconoscendoli come «Governo»? Alle proteste occidentali, il ministero degli Esteri ha avuto agio a replicare: «L’accordo mediato dalla UE per risolvere la crisi, firmato dalle parti il 21 febbraio e certificato dai Ministro degli Esteri di Germania, Francia e Polonia, non è stato osservato: gli insorti non hanno consegnato le armi (come avevano promesso) e continuano a occupare i palazzi governativi, anzi hanno annunciato la loro intenzione di portare l’ordine alle altre regioni ucraine». Dunque, anche gli uomini armati in mimetica non hanno motivo di lasciare gli edifici pubblici a Sinferopoli...

Dopodiché, a Mosca basta aspettare. Aspettare che i rivoluzionari ucraini comincino a provare le gioie della «libertà» europea. Quelle che greci e italiani conoscono bene.

Il «nuovo» parlamento di Kiev, coi suoi 450 membri, ha scelto come governante ad interim (con 371 voti contro 1) Arseni Yatsenyuk, ex banchiere centrale e tecnocrate. Strano, perché nel favore popolare Yatsenyk viene dietro Vitali Klitsko, il pugile preferito da Berlino, e Oleh Tyahnybok, il capo del partito Svoboda, di estrema destra. A chi piace dunque l’ex banchiere centrale?





Arseniy P. Yatsenyuk


A Victoria Nuland, che l’ha nominato come suo preferito nella famosa intercettazione Fuck Europe; e Berlino, Parigi e Bruxelles l’hanno accettato, perché il personaggio ha già promesso lacrime e sangue, austerità, riforme. Il cacciato Yanukovich aveva detto «no» alla richiesta del Fondo Monetario di svalutare la valuta e aumentare le tasse: Yatsenyuk non avrà alcuna remora. Ha detto chiaramente che guiderà «un governo kamikaze», che mai più sarà votato dalla popolazione (evidentemente, a lui è stato già assegnato il posto fra le tecnocrazie non elette). «Farò di tutto per scongiurare la bancarotta. Se il Fondo Monetario e gli USA ci assistono finanziariamente, lo farò... La cosa più importante è stabilizzare la situazione».

La famosa stabilità. Vi ricorda qualcosa? «Yatsenyk è il tipo alla Mario Monti: non eletto, parte della élite eurocratica, e zelante a fare la volontà del FMI» come Monti della BCE e della Germania, scrive la rivista Forbes. (Washington's Man Yatsenyuk Setting Ukraine Up For Ruin)

«Mario Monti»: agli italiani che l’hanno provato, basta la parola. Arseni Yatsenyuk farà la sua prova montiana: «stabilità» e «pagare il debito», dunque «austerità» e privatizzazioni. L’Ucraina ha le casse vuote. E a marzo, deve trovare 2 miliardi di dollari per rimborsare il precedente prestito del FMI. Magari Obama firmerà l’assegno? La Ashton ha già solo fatto promesse. Gli eurocrati «riflettono» su un prestito di 1,5 miliardi... insomma, braccini corti. E intanto, la Russia aveva invece impegnato 15 miliardi, ora ovviamente trattenuti.

Frattanto, gli eroi delle barricate si stanno irritando: vedono il riassegnarsi di ministeri e portafogli, sopra le loro teste (2). Varrà la pena di ricordare che – essendo la polizia sparita – il Pravi Sektor coi suoi armati ha il monopolio della violenza, e il partito Svoboda anche il posto di procuratore generale, ottimo per condurre una persecuzione giudiziaria contro i cittadini sgraditi al nuovo potere. Evaporato l’entusiasmo e l’euforia della «vittoria», pare ribollano altri sentimenti, di dispetto e di delusione. Le prospettive sono lacrime e sangue, più tasse e tagli di salari; mentre la prospettiva di «entrare in Europa» (nelle speranze di costoro, la possibilità di emigrarci senza visto) si rivela quello che è sempre stato, un miraggio. L’ha ammesso Gernot Erler, il coordinatore per il governo tedesco della cooperazione con Russia, Asia Centrale e i Paesi della partnership orientale:

«Mi ricordo quando, dopo la prima rivoluzione arancione del 2004, il presidente Viktor Yuscenko e la Prima Ministra Julia Timoshenko cercarono di aprire le porte della UE per l’Ucraina. L’Unione Europea inizialmente propose un programma in dieci punti, poi un accordio di ‘associazione’: era perfettamente chiaro che si trattava di un surrogato dello status di Paese membro della UE, che non volevano certo dare all’Ucraina. Nessuno desidera in Europa aprire le porte ad un Paese così grosso con problemi così grossi...».

Già nell’autunno scorso il Council on Foreign Relations tedesco (DGAP) spiegava che l’Ucraina avrebbe richiesto «aggiustamenti sociali seri ed estremamente dolorosi» (sic), l’apertura ai mercati avrebbe atto «salire la disoccupazione alle stelle» essendo «pochissimi i prodotti competitivi» di quel povero Paese. (Problems of Eastward Expansion)

In breve, la rivoluzione colorata appare sempre più senza sbocco: esaspera tutti i problemi del Paese, senza risolverne alcuno. «È solo questione di tempo perché il pendolo oscillante vada dall’altra parte»: almeno questa è l’analisi dello Strategic Culture Foundation (russo). (The Ukrainian Pendulum: Has Russia Lost and the West Won?)

Che cosa induce Mosca a pensarlo? Chissà, forse la lettura del rapporto che diversi euro-parlamentari hanno stilato, dove si accusa esplicitamente la Troika (Commissione Europea più BCE più FMI) di aver provocato, con l’austerità, la rovina di Grecia ed Irlanda, Portogallo e Cipro, non solo: di aver violato gli stessi princìpi giuridici, poliutici e morali dell’Unione Europea per imporre feroci austerità, che hanno avuto esito contrario a quello che si proponeva la Troika stessa con le sue cure da cavallo alla Monti. (Un rapport dénonce les abus de la troïka européenne)

Anzitutto, non solo il mandato della Troika a «raddrizzare» Grecia, Irlanda e Portogallo «non è chiaramente definito e manca di trasparenza»: peggio, «non esisteva alcuna base giuridica per la sua creazione» nei trattati dell’Unione, scoprono adesso i neuro-parlamentari (del resto, privati di ogni potere nell’eurocrazia). La Commissione è stata in flagrante conflitto d’interessi, perché da pretesa custode dei trattati, ne ha gestito la violazione: come quando ha imposto la riforma del sistema sanitario a Grecia, Irlanda e Portogallo, in violazione dell’articolo 168 del Trattato di Lisbona che prescrive che questo campo è di esclusiva competenza degli Stati membri.

Quanto alla BCE di Draghi, il conflitto d’interessi è patente e scandaloso: è stato contemporaneamente consigliere tecnico della Troika e creditore dei quattro Paesi. E quanto ai risultati delle «cure» della Troika, ecco: l’Irlanda esce «risanata», ma con un debito sul Pil del 120%, mentre prima era al 30% (fu Trichet ad obbligare lo stato irlandese di accollarsi le perdite delle sue banche). La Grecia ha una disoccupazione di massa, per chi trova un lavoro corrono stipendi da 350 euro mensili, eppure il suo debito è cresciuto al 170% del Pil, benché nel 2012 le sia stata cancellata metà dei suoi debiti bancari, ed ha pure bisogno di un nuovo intervento di «aiuto» (ossia prestito ad alto interesse) nel corso di quest’anno. Di fatto, la Grecia sta dissanguandosi per pagare e far guadagnare la BCE e le banche tedesche... L’Ucraina ha di fronte l’esaltante prospettiva della Grecia-in-Europa.

E Pechino? Può sembrare fuori tema, ma non se si tiene conto che nei suoi uffici strategici ben si studia la «teoria di MacKinder», imperiale britannico-americana, secondo cui «chi controlla il cuore (heartland) dell’Europa Centrale controlla l’Isola-Mondo (ossia anche l’Asia). Ebbene: ecco parte del discorso tenuto dal presidente del Marine Institute For Security And Cooperation, il professor Dai Xu, che è anche docente all’Università della Difesa Nazionale:

«... La nuova Cina è nata nel sangue e nel fuoco, e non solo non teme la guerra, ma saluta con coraggio il legittimo conflitto, perché difendere la nazione accresce lo sviluppo del potere statale. La nazione cinese ama la pace, ma non c’è dubbio che la gloria intrisa di sangue aprirà la strada alla rivitalizzazione della Cina. Questa è la gloria di cui le generazioni avvenire faranno tesoro. Suona l’allarme della preparazione bellica, riplasma le nostre ferme convinzioni, risveglia il popolo senza paura, e ridà vita alle nostro industrie strategiche: il nostro Paese avanza e il nostro futuro è luminoso!». (President Of China's Marine Institute For Security: Glory Drenched In Blood Will Pave China’s Road To Revitalization)





1) Non stupisce constatare che il Deep State italiano è composto di poteri in gran parte situati «fuori dallo Stato» nazionale, com’è ovvio quando si è un’espressione geografica. Il Deep State ci ha dato tre Governi non eletti, Monti, Letta, Renzi. Al solo Renzi, adesso, viene concesso di ottenere un «successo» e un «rilancio dell’economia» con un semplicissimo accorgimento: egli può attingere ai fondi della Cassa Depositi e Prestiti, prendendo da lì addirittura decine di miliardi. L’uovo di Colombo, anche se non farà che aumentare il debito complessivo, se l’esborso non innesca una qualche ripresa che aumenti il Pil: ma come mai non è stato concesso a quelli di prima? Monti probabilmente non ha voluto, avendo appreso dalla Merkel la teoria che gli italiani vivono sopra i propri mezzi, e andavano sottoposti alla sofferenza purificatrice; ma perché non è stato concesso di rompere il salvadanaio al povero Letta, al super-tecnocrate Saccomanni, condannandoli alla figura di cretini che abbiamo visto? Bella domanda: chiedete al Deep State.
2) Nelle ultime ore, probabilmente per acquietare il nervosismo degli eroi delle barricate, alcune cariche ministeriali sono state assegnate agli esponenti della piazza: il Ministro della Sanità era l’uomo che gestiva i servizi medici di pronto intervento a Maidan durante gli scontri. Il Ministro dell’istruzione è il rettore dell’università di Kiev che aveva sostenuto il diritto degli studenti a partecipare agli scontri. Il Ministro della cultura, è l’oratore che ha animato il podio di piazza Maidan quando bisognava «tenere» e non disperdersi. Agli Esteri, un diplomatico che aveva sostenuto apertamente la contestazione. Il Consiglio di Sicurezza Nazionale è andato al comandante dei gruppi d’autodifesa di Maidan...




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