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Noi europei sotto l’età del Terrore Americano
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Il 10 settembre scorso, alle 9 di sera, un’esplosione di immensa potenza ha distrutto il grande complesso chimico della Organo Fluid Gmbh a Ritterhude presso Brema: gigantesco l’incendio, aria piena di gas e solventi chimici, decine gli edifici dell’azienda devastati, 14mila persone fatte evacuare da una zona residenziale di Ritterhude, danneggiata dal titanico scoppio, qualche ferito grave, trecento pompieri impegnati per ore. Danni incalcolabili, anche perché la notizia è presto scomparsa dagli stessi media germanici.

Secondo una fonte russa (Aleksandr Zhilin) non si è trattato di un incidente, ma di un «avvertimento» della Casa Bianca alla Merkel. Si può non crederci, gli impianti chimici a volte scoppiano. Ma si è notato un rovesciamento delle posizioni di Berlino: prima del disastro, Angela Merkel ha cercato di salvare gli interessi tedeschi nel rapporto con la Russia, sotto sanzioni per volontà americana, cercando di chiudere in fretta (qualche settimana) le sanzioni a Mosca; s’è fatta richiamare («due volte») dal presidente Obama, il quale le avrebbe detto a muso duro che la Germania si stava comportando «come una prostituta»: dopo l’esplosione presso Brema, Berlino s’è messa in riga e professato la sua sottomissione agli Stati Uniti.

Di speciali e fortissime «pressioni» americane per obbligare gli europei ad obbedire ha parlato Joe Biden, il vicepresidente-gaffeur, durante il discorso che ha tenuto agli studenti della Harvard Kennedy School giovedì 2 ottobre. La stessa chiacchierata in cui Biden ha «rivelato» che la responsabilità per la crescita dell’IS apparentemente inarrestabile è di Arabia Saudita, Turchia e Qatar, «così decisi a rovesciare Assad» da armare i terroristi a migliaia.

Biden ha poi dovuto scusarsi al telefono con i suddetti regimi, per aver detto questa parte della verità, tacendo la corresponsabilità americana nella sovversione anti-siriana e nel terrorismo islamista. Nessuna scusa invece ha ritenuto di rivolgere ai leader europei, per l’aperta derisione di cui li ha fatti segno. Ha cominciato ad irridere la debolezza economica della UE.

«Signori e signore, alzate la mano se pensate che il nostro competitore principale sarà la UE nel prossimo decennio», ha detto Biden: «alzate le mani» (risate). Non sto facendo lo spiritoso, sono serissimo. Vogliamo – è nostro interesse la UE cresca, che la Cina cresca, perché se loro non crescono, noi non cresciamo tanto rapidamente. Ma, signori e signore, in termini relativi, noi siamo molto ben posizionati se agiamo razionalmente, se investiamo nella nostra gente...».

Poi è passato a ricordare come s’è dovuto «sgridare l’Europa» perché era tanto riluttante ad agire contro la Russia per la sua «aggressione» all’Ucraina, dato che le sanzioni intaccano la già fragile economia europea.

«Abbiamo posto Putin davanti ad una semplice scelta: rispetta la sovranità Ucraina o affronta conseguenze sempre più pesanti. Così abbiamo potuto radunare i Paesi più sviluppati del mondo a imporre un costo reale alla Russia. Che quelli (gli europei) non volevano, è vero. Ma, ancora una volta, è stata la leadership americana e il presidente degli Stati Uniti, a volte dovendo mettere in imbarazzo l’Europa perché si comportasse con dignità e accettasse i contraccolpi economici necessari per imporre i costi (a Mosca)».

La messa in imbarazzo è stata un successo, per Biden: «i risultati sono stati una massiccia fuga di capitali dalla Russia, la paralisi degli investimenti esteri diretti, un rublo in caduta storica sul dollaro, e l’economia russa sull’orlo della recessione». La vacua speranza nutrita in Europa di tornare rapidamente al commercio con la Russia è stata seppellita. Biden ha detto che gli USA vogliono questo dall’Europa; «che stabilisca una volta per tutte una strategia energetica sì che la Russia non possa più usare le sue risorse naturali per tenere ostaggi i vicini». Ciò va ottenuto rafforzando la NATO: «ciò richiede investimenti e sacrificio da entrambe le sponde dell’Atlantico, e questo significa che ogni Paese NATO dedichi il 2% del suo Pil alla Difesa».

La «lunga guerra al terrorismo» serve, in questa fase, a riprendere possesso dei satelliti europei in declino, che si stavano poco a poco integrando con la Russia. Ci domandiamo come mai i leader europoidi accettino pedissequamente questa politica rovinosa e suicida: probabilmente non teniamo in conto il tipo di «pressioni» che subiscono, fino alla minaccia di morte, o di stragi terroristiche: da attribuire ovviamente ai terroristi islamici.

Come l’attentato-strage alla metropolitana di Londra (55 morti, 700 feriti) del 7 luglio 2005, seguito poi, il 21, da un attentato dimostrativo (esplosero detonatori ma non le cariche): avvenuto mentre erano in corso «esercitazioni antiterrorismo» di una ditta privata che simulava esattamente gli stessi attentati, e – soprattutto – mentre ad Edimburgo si riuniva il 31° vertice del G-8. Come l’attentato di Madrid del marzo 2004, strage «islamica» dove i terroristi islamici vennero accompagnati sul posto del delitto da un informatore della polizia politica, attentato musulmano fatto evidentemente per influire sulle elezioni spagnole imminenti.

Non occorre mai dimenticare che il potere americano è stato capace di massacrare oltre 3 mila dei suoi cittadini nell’attentato terroristico (false flag) dell’11 Settembre; che ha armato e formato i terroristi islamici che poi ha finto di combattere, da Al Qaeda all’IS; di questa verità che i media deridono come complottismo di mattoidi, sono ben consapevoli i leader, i Governi, i loro servizi. Loro «sanno» che il vero nemico è l’alleato, sanno qual è il solo vero Sato, o super-Stato-canaglia nel mondo.

Esempio di questa consapevolezza lo ritrovo nel blog di Antonio de Martini, che pare vicino ai nostri servizi, diciamo ai vecchi servizi filo-arabi andreottiani. A proposito degli inefficaci bombardamenti dei caccia americani contro i terroristi del califfato, che imperterriti stringono i kurdi a Kobani in Siria, sotto gli occhi dell’esercito turco

«Chiunque non sia stupido o in malafede si è già chiesto come mai la vasta coalizione democratica non abbia pensato a bombardare questi facili obiettivi (dell’IS) e continua ad accanirsi sui silos di grano che davano tanto fastidio alle manovre di aggiotaggio della CONTINENTAL GRAINS che condiziona le quotazioni della borsa merci di Chicago, è di proprietà non araba ne cristiana. Questi silos per anni hanno impedito ai siriani di essere truffati con questo espediente: una volta fissato il giorno in cui calcolare il prezzo di riferimento per l’acquisto, la quotazione cadeva per poi riprendersi poco dopo. Forti perdite per i siriani e ottimi profitti per CONTINENTAL GRAINS. La distruzione dei grandi silos condanna la popolazione alla fame, lo Stato siriano a svenarsi per comprare grano canadese o australiano ( membri della coalizione vasta) e compromette la possibilità di conservare il raccolto».

La Continental, fondata dall’ebreo belga Simon Fribourg nell’800, è una multinazionale di dimensioni enormi, mai quotata in Borsa, mai dunque scalabile, da sempre in mano a un paio di famiglie di nome Fribourg e Zimmerman. Il bombardamento «per errore» dei silos siriani viene dunque riconosciuto come un atto terroristico commesso dalla super-canaglia per conto della più grossa delle «Sei Sorelle del Grano», che praticano il cartello sui prezzi delle granaglie; fra l’altro, il contrario del «libero mercato» promosso dall’ideologia-canaglia.

Secondo il settimanale Marianne, i servizi francesi sono ai ferri corti col Governo: dicono che per affrontare l’IS e contrastare le minacce di tale terrorismo «islamico» all’interno della Francia, è assolutamente necessario stabilire una collaborazione con il regime siriano di Assad. Ma Hollande e Fabius (il Ministro degli Esteri) sono duri: no, Assad resta il nemico principale. Per la loro vera nazione, Israele, è verissimo.

Solo per caso s’è saputo che all’aeroporto di Fiumicino, in un giorno imprecisato di settembre, sono scomparsi 35 passeggeri algerini: venuti con un volo dalla Turchia e dotati di un biglietto per Algeri, sono sgattaiolati via restando fra noi, da qualche parte. Avevano indossato uniformi e tute del personale di terra dell’aeroporto. Evidentemente «Al Qaeda» o lo IS hanno una bella organizzazione di basisti in Italia. Forse un po’ troppo, per terroristi «islamici», ma certo nelle possibilità del nostro miglior alleato, se ci vuol dare un avvertimento. Magari per ammorbidire le posizioni della nostra Mogherini, giudicate non ben allineate.

Bisogna prendere coscienza che «il terrorismo è divenuto l’essenza della politica estera ed interna USA», come scrive Aleksandr Zhilin. «I servizi USA hanno da molto tempo creato le centrali di terrorismo, le zone di tensione, le organizzazioni. Ed anche quelli che sono comparsi senza loro intervento diretto, li hanno presi finanziariamente in carico. A Langley (sede della Cia, ndr) si ritiene che le organizzazioni terroriste sono strumenti efficaci di promozione degli interessi statunitensi in molte parti del mondo. Soprattutto quando sono utilizzate in congiunzione con le tecnologie d’informazione, con il ricorso ai canali di diffusione dell’informazione istantanea e totale. Questa sintesi costituisce per sé un mezzo strapotente d utilizzare l’orrore su vasta scala, paralizzando i governi, i sistemi di sicurezza dello Stato, fino alla caduta dell’economia e del sistema finanziario».

Una volta assunta questa consapevolezza, a Mosca si è notato con allarmata attenzione il ritorno della nota Victoria Nuland a Kiev – per la prima volta da marzo, quando distribuì incitamenti e dolcetti ai fanatici di piazza Maidan – in coincidenza con il primo dispiegamento di truppe germaniche in Ucraina dagli anni ’40. Ma si tratta di 200 parà destinati a «fornire la sicurezza alla missione OSCE», la quale sta cercando di affermare una zona-cuscinetto di 30 chilometri fra le due parti della guerra civile, onde consolidare la tregua firmata a Minsk il 5 settembre. Trenta chilometri è la profondità che ripara dai colpi di artiglieria.

Questa tregua è ogni giorno violata, e con sempre più forza, dal regime di Kiev che – come sappiamo – è giunto a sparare sulla Croce Rossa internazionale, letteralmente. Con l’uccisione di un membro svizzero della CRI sotto un bombardamento d’artiglieria dell’armata di Kiev su Donetsk, un deliberato atto di terrorismo, il regime sostenuto dagli Usa ha determinato il ritiro di questo testimone scomodo ed autorevole dall’area di conflitto. È la fine di un’epoca, l’epoca della civiltà in cui la Croce Rossa era inviolabile.

L’arrivo di Victoria Nuland è coinciso con un’interessante metamorfosi del presidente e oligarca Petro Poroshenko: lui, il firmatario della tregua di Minsk, ha smesso il gessato e la cravatta ed è riapparso in tv con la mimetica di guerriero, annunciando che la tregua è servita a Kiev a rafforzare le sue forze armate, a migliorarne la «preparedness» ed a rifornirla di nuovi armamenti ed equipaggiamenti in vista di un inverno di guerra. Il Governo ucraino ha l’economia in collasso, deve alla Russia 5,3 miliardi di dollari di gas non pagato, i suoi dirigenti si odiano e si attaccano pubblicamente, sono continuamente sotto la minaccia del Pravi Sektor che li dichiara traditori per aver accettato l’armistizio.



Ma Poroshenko dichiara che il suo nuovo esercito è addestrato «alle moderne tecniche di combattimento», che «l’economia ucraina è oggi trasformata in un’economia di guerra e provvederà a tutto quel che serve per rafforzare l’armata». Andrey Lysenko, il portavoce del Consiglio di Difesa del governicchio, ha dichiarato lunedì scorso: «Siamo riusciti a potenziare i materiali attualmente in servizio, ottenere nuovi armamenti, riorganizzare le industrie della difesa che fabbricano armamenti e li riparano . Abbiamo anche raggruppato le forze, siamo riusciti a fare ricognizioni profonde per aver più informazioni sul nemico. Abbiamo completato la terza ondata di mobilitazione. Abbiamo rimpiazzato le unità che ne avevano bisogno e dato loro un periodo di risposo dopo i pesanti combattimenti, ora sono pronte a tornare».

Un miracolo ottenuto dal ritorno della Nuland. Evidentemente la guerra contro la Russia deve continuare, fino alla guerra totale o al regime change a Mosca. La tregua, come uno straccio di carta, è strappata.

Ciò ha indotto Vladimir Putin ad annunciare un mirato piano di riarmo atomico («raggiunta la parità nucleare con gli USA») e la messa a punto di missili da crociera e sottomarini furtivi – misura necessaria dato che «gli Stati Uniti sviluppano la dottrina dell’attacco preventivo globale». È una risposta razionale; ma dall’altra parte ci sono i messianici ebrei devastatori, in pieno delirio di onnipotenza bellica.

Ovviamente, i terroristi ceceni si sono rifatti vivi in territorio russo, compiendo le loro stragi. Il super-Stato terrorista non dorme mai.

Leon Panetta, già capo della CIA e Ministro della Difesa per Obama, ha detto agli americani che il programma entrato in vigore dopo l’11 Settembre e la «lunga guerra al terrorismo globale» (allora contro Al Qaeda), non è cambiato. La guerra contro lo IS «durerà 30 anni», e si dovrà estendere molto al di là dello Stato Islamico «per includere minacce emergenti in Nigeria, Somalia, Yemen, Libia ed altrove».

«Altrove».



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