>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
TUTTI |0-9 |A |B |C |D |E |F |G |H |I |J |K |L |M |N |O |P |Q |R |S |T |U |V |W |X |Y |Z

Archivio Articoli FREE

Fuori Berlino dall’euro! E presto
Stampa
  Text size
Fino a ieri, qui abbiamo avanzato la modesta proposta (o espresso il pio desiderio) che i Paesi mediterranei – a cominciare dal nostro – uscissero dall’euro, ripudiando contestualmente il debito sovrano. Ora però, l’entrata dell’Italia nel mirino della speculazione a fianco della Grecia, e prima ancora della Spagna (un grazie a Bunga-Bunga e ai suoi attacchi a Tremonti, affidati all’intervista su Repubblica di De Benedetti), si prospetta una soluzione per così dire migliore:

Non sono più i disprezzati PIIGS, il deriso Club Med dalle finanze allegre a dover uscire dall’euro; bisogna cacciarne la Germania, e subito.

Il motivo è per sè evidente. Ormai il numero di Paesi danneggiati dall’euro forte (l’euro-marco) è una vasta maggioranza, e supera in popolazione e PIL complessivo quello tedesco. Non più solo Grecia, Portogallo, la piccola Irlanda; ora il rincaro degli interessi ha fatto entrare nella zona di possibile insolvenza l’Italia – la settima potenza economica mondiale – mentre la Spagna c’è già.

Se i piani di salvataggio eurocratici non sono riusciti per la piccola Grecia (di cui si ammette a mezza voce l’inevitabile, anzi opportuno default) che equivale ad una regione italiana, gli strumenti europei di stabilizzazione finanziaria non possono nemmeno fingere di stabilizzare Roma e Madrid, troppo grosse per essere prese in carico. I programmi di austerità che Bruxelles e Francoforte continuano ad imporci sono, dunque, risibili.

Anche in quelle sedi felpate si sa – ma non si dice – che i rigori imposti alla Grecia per rientrare dal debito sono una finzione, perchè superano largamente la capacità dell’economia e della società greca di soddisfarle; e si dà per scontata una qualche forma di default ellenico. Ma a forza di ipocrisia e crudeltà inutile, si avvicina il momento dei default multipli. Un default catastrofico e caotico, inimmaginabile, in cui ciascuno dei Paesi deboli torna alla sua moneta nazionale, dracma, lira, peseta, escudo, ciascuna tormentata da un proprio tasso di svalutazione, ciascuna troppo debole e isolata per difendersi, in balia dei mercati e dei suoi squali.

Molto più ordinata l’ipotesi che avanziamo (l’abbiamo in realtà copiata da Edmund Conway, l’economic editor del Telegraph)

Why Germany must exit the euro:

i Paesi deboli della zona euro, ormai maggioranza, invitino Berlino ad uscire. Sia la Germania a tornare alla sua amata moneta, il marco; noi PIIGS, noi Club Med, ci teniamo l’euro. Un euro che i mercati si affretterebbero a svalutare sul nuovo marco, diciamo di un 30%, alleggerendo del pari i nostri debiti sovrani e accrescendo la nostra competitività.

La Germania perderebbe competitività del pari alla rivalutazione del suo neo-marco; le sue banche prenderebbero un brutto colpo, perchè gli investimenti in euro della banche tedesche cadrebbero in termini reali. Ma d’altra parte, erano cattivi investimenti; le banche germaniche non sono strapiene di titoli pubblici greci, spagnoli e italiani? Non sapevano in che condizioni siamo? Anzi, ci facevano ogni giorno la lezione morale...

La verità è che la banche tedesche hanno impiegato qui e lì i loro surplus finanziari, che non sapevano come impiegare meglio. E come mai questi surplus?

Perchè la Germania ha accumulato e mantenuto un enorme attivo della bilancia commerciale; con le sue esportazioni, ha accumulato euro che ha messo nelle banche, e le banche li hanno messi in Grecia, perchè dalla Grecia la finanza speculativa pretende tassi più lucrosi, proprio in ragione del fatto che Atene è un cattivo creditore. Un cattivo investimento è stato quello delle banche tedesche: e perchè devono scontarlo gli altri? (1)

Con l’espulsione dall’euro, Berlino raccoglierebbe il premio delle sue dubbie virtù. Già Keynes insegnava che in un sistema monetario, coltivare un eccessivo e durevole attivo della bilancia commerciale è ugualmente destabilizante che coltivare un deficit continuo e crescente, come Grecia (e Spagna e Italia).

Ma c’è di peggio: è stata la Germania, coi bassi tassi d’interesse imposti nell’area euro per decenni (fin quando le facevano comodo) ad incitare all’indebitamento gli altri governi (era conveniente...) e dunque a provocare bolle, come quella immobiliare in Spagna, e quella dei parassiti pubblici in Italia. E la Germania, con l’euro forte da lei voluto, ha prosperato sottraendo quote di export agli altri Paesi, definiti «meno competitivi», ma che in realtà non ce la facevano a competere facendo pagare i loro prodotti in marchi anzichè in lire o pesetas, come Italia, Spagna – e non dimentichiamo la Francia.

Parigi continua a puntare sull’antica relazione speciale con Berlino (che risale a De Gaulle e a Adenauer: altri uomini, altri tempi) per motivi di vacuo prestigio; e dicono che Sarko farà di tutto per tenere in vita sotto la tenda a ossigeno l’euro, almeno fino al 2012, per non andare alle elezioni presidenziali subito dopo la catastrofe della moneta europea. Ma la Francia è anche il Paese la cui industria più ha sofferto della indebita concorrenza tedesca: il buco della sua bilancia commerciale supera gli 80 miliardi nell’ultimo anno (un sinistro 4% del PIL francese, un terzo di più del deficit italiano) e quel che è peggio aumenta di 7,4 miliardi di euro al mese, il che induce a valutare che l’anno prossimo aumenterà di un 60%. Per confronto, si pensi che nel 2005 il deficit commerciale francese si elevava solo a 21 miliardi. È evidente che l’economia reale francese è penalizzata persino più di quella italiana dall’euro forte, e che più sarebbe avvantaggiata dall’euro indebolito. La Francia è anche la nazione dove l’opinione pubblica è la più critica dell’eurocrazia, e la più coscientemente determinata alla necessità del protezionismo su scala europea. (Le grand virage protectionniste des Français)

Dunque è solo questione di mesi, se Parigi infine abbandonerà le questioni di vacuo prestigio e si metterà nel novero dei Paesi del Club Med. A questo punto, in Europa ci sarebbe una maggioranza politico-economica assoluta che potrebbe indicare a Berlino la porta d’uscita.

Rifacciamo il conto: Francia (passivo commerciale 86 miliardi) Italia (passivo 50) Grecia (passivo 36,5 miliardi) Spagna (passivo 70 miliardi) Portogallo, Irlanda, Malta, Belgio... la Germania (attivo commeciale annuale 188 miliardi) resta praticamente sola. Magari con l’Olanda (attivo 52 miliardi).

Esiste dunque una maggioranza che, con una iniziativa politica di cui ha la forza, riconquisterebbe l’euro come gli necessita (debole) e la sovranità sul proprio debito.

Naturalmente, non pensiamo che questa modesta proposta abbia la possibilità di essere accettata: in democrazia, i politici – disse Churchill – prendono sempre la soluzione giusta, dopo aver provato tutte le altre soluzioni sbagliate. Ma l’ostacolo principale mi sembra questo: che non esiste in Europa un tavolo comune dei Paesi mediterranei e dei PIIGS, dove costoro possano concertare azioni coordinate secondo il loro – evidente – interesse comune. Anche questa è una conseguenza dell’europeismo burocratico: i governi non si parlano fra loro, parlano a Bruxelles, ciascuno per sè, nella convinzione irresponsabile che la UE troverà la soluzione, o che comunque bisogna cercare la soluzione in Europa. Se non ci fosse la UE, Madrid e Roma, Parigi e Atene e Lisbona si sarebbero già da gran tempo coordinate. L’europeismo ha aumentato l’irresponsabilità e peggiorato la cultura di governo dei governi nazionali, cosa inevitabile dopo tante irresponsabili cessioni di sovranità.

Ma la soluzione qui modestamente proposta – l’espulsione di Berlino dall’euro – è comunque migliore di tutte le alternative. L’altra, sono anni penosi di rientro dal debito per tutta l’Europa (anzi, per tutte le economie ex-ricche dell’Occidente) che hanno esagerato ad indebitarsi per decenni.

Lo ammette l’ultimo numero dell’Economist: il rientro dal debito – deleveraging – è sempre un periodo tristissimo, dove le economie si restringono, mettendo in forse la capacità dei Paesi indebitati di rientrare a forza di crescita economica e dell’export. Prelievi fiscali eccezionali (le finanziarie a catena da 40 miliardi) austerità e stretta di cinghia per risparmiare onde pagare i banchieri, è ciò che consiglia l’Economist (dei Rothschild). Ma ammette che gli USA hanno cominciato a ridurre il peso del debito con l’inflazione e tutta la serie di fallimenti dei proprietari di case che non possono più permettersi di pagarsi il mutuo (i famosi subprime); la Gran Bretagna ha cominciato a ridurre il debito (un pollice, anzi un’unghia) grazie all’inflazione della sterlina.

Il che significa: anche i Rothschild sanno che, alla lunga, i debiti non vengono pagati. In un modo o nell’altro – default sovrani, fallimenti privati o inflazione – il debito viene storicamente alleggerito.
Naturalmente, non è quello che i Rothschild consigliano; non è nell’interesse del banchiere far sapere al debitore che quell’altra soluzione non solo esiste, ma è stata praticata da secoli dagli Stati.

L’euro forte, la deflazione, l’austerità, il continuare a lavorare per i banchieri con la macina di mulino del debito e dei suoi interessi al collo, è ciò che conviene al banchiere. Ma a noi no.




1) Anzi, nel sistema bancario globale, i titoli del debito greco (come i subprime americani) sono accaparrati: perchè, fino a quando la Grecia non crolla, sono più redditizi. Nel linguaggio dei trader, un po’ di obbligazioni greche vanno comprate per «dinamizzare la gestione dei portafogli». Tanto più che l’Europa riduce il rischio agli speculatori, con gli aiuti ad Atene che ha già versato, e gli altri che ha promesso di versare. Finchè il debitore non defunge di fame, l’usuraio ci guadagna. Se al mondo ci fossero solo debitori solvibili, il mestiere usurario non avrebbe interesse, nè
dinamismo.



L'associazione culturale editoriale EFFEDIEFFE, diffida dal copiare su altri siti, blog, forum e mailing list i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright.   


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità