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I “fatti dogmatici”: Bergoglio è papa
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I Fatti dogmatici

La sana Teologia cattolica insegna che vi sono alcuni fatti (ad esempio, la legittimità e la validità di un Pontificato o di un Concilio Ecumenico), i quali pur non essendo oggetto di Rivelazione divina diretta - come, per esempio, la Natività di Gesù a Betlemme (Mt., II, 1; Lc., II, 4 e 7) - tuttavia, sono connessi strettamente con il Dogma rivelato (cfr. Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1950, V vol., coll. 1058-160, voce “Fatti dogmatici”, a cura di Gabriele De Rosa; molto interessante anche E. Dublanchy, voce “Eglise”, in “DThC”, IV vol., coll. 2188-2199).

In breve: «Lo scopo del Magistero ecclesiastico è quello di, custodire fedelmente e di dichiarare infallibilmente, le Verità rivelate (DB 1800). L’oggetto primo e specialissimo della proclamazione della dottrina della Chiesa sono le Verità e i fatti immediatamente rivelati (p. es., la Trinità e la Natività del Verbo a Betlemme). Tuttavia, questo Magistero infallibile si estende anche a tutte quelle Verità e a quei fatti che sono una deduzione dalla dottrina rivelata o un presupposto della stessa (oggetto secondario dell’Infallibilità). Ora, queste Verità e questi fatti, pur non essendo direttamente e formalmente rivelati, tuttavia, sono talmente strettamente connessi con la Rivelazione, che il negarli comprometterebbe la Rivelazione stessa (DB 1836-1839). Perciò, esse, teologicamente, si definiscono: Verità cattoliche o Dottrine della Chiesa, per distinguerle dalle Verità o Dottrine divinamente rivelate. I fatti dogmatici, inoltre, sono i fatti storici non rivelati direttamente, ma strettamente connessi con la Rivelazione divina e con una Verità divinamente rivelata, per esempio, la legittimità di un Papa o di un Concilio ecumenico. […]. Ora, se la Chiesa potesse sbagliare nel suo giudizio su questi fatti o verità, che sono indirettamente connesse con la Rivelazione; ne deriverebbero conseguenze inconciliabili con la sua Istituzione divina e con la sua santità” (L. Ott, Compendio di Teologia Dogmatica, Torino, Marietti, IV ed., 1969, p. 20-21 e 502).

Per fare un esempio concreto, non è un fatto rivelato direttamente da Dio che, dopo le dimissioni di papa San Celestino V (29 agosto - 13 dicembre 1294)[1], Bonifacio VIII (1294 - 1303) sia stato il Sommo Pontefice legittimo; tuttavia, il suo essere Papa è un fatto connesso strettamente con il Dogma rivelato e, perciò, è infallibilmente certo che Bonifacio fosse Papa; poiché questo fatto (la sua elezione canonica al Sommo Pontificato esercitato validamente) è richiesto teologicamente per la formulazione, la difesa e l’applicazione di un Dogma rivelato e definito: la Chiesa è stata fondata da Gesù su Pietro e i suoi successori (i Papi), i quali sono il fondamento e i Pastori o i Capi universali di essa; per cui da questo principio dogmatico direttamente rivelato, ne segue il fatto dogmatico (connesso indirettamente con la Rivelazione divina diretta e formale) che il Papa regnante ed accettato dalla Chiesa (docente e discente) è veramente Papa; infatti, se non lo fosse vi sarebbero enormi conseguenze teologiche e dottrinali, che annullerebbero praticamente il Dogma del Primato di Pietro e dell’Apostolicità della Chiesa: ecco perché da un principio dogmatico ne segue immancabilmente un fatto dogmatico, che è indispensabile per illustrare il principio, calarlo nella pratica e farlo vivere ai Cristiani.

Insomma - nel corso della storia della Chiesa - bisogna, non solo annunciare il Dogma rivelato direttamente, ma anche a) spiegarlo, approfondirlo, difenderlo contro coloro che lo negano o lo contestano e, infine, b) applicarlo ai casi pratici; per esempio, papa Alessandro VI (1492 - 1503) che ha comprato, l’11 agosto 1492, in maniera simoniaca (quindi ereticale e, dunque, con una scomunica conseguente) l’elezione al Sommo Pontificato, è stato veramente Papa?[2] Oppure, San Pio X (1903-1914), il quale è subentrato in Conclave al cardinal Mariano Rampolla del Tindaro (1843 - 1913), che stava per essere eletto (2 agosto 1903) ma ricevette il veto da parte dell’Imperatore d’Austria, perché ritenuto anti-austriaco; è stato eletto validamente Papa? Oppure, Giovanni XXIII (1958 - 1963), che è subentrato al cardinal Giuseppe Siri (1906 - 1989), il quale dovette rinunciare all’elezione già avvenuta da parte del Collegio cardinalizio[3], perché quasi l’altra metà dei Cardinali minacciava uno scisma, qualora fosse stato eletto Papa l’Arcivescovo di Genova, ritenuto troppo tradizionalista (Benny Lay, Il Papa non eletto: Giuseppe Siri, cardinale di Santa Romana Chiesa, Roma-Bari, Laterza, 1993); è stato realmente Papa?

Se costoro non fossero stati “veri” Papi (fatto dogmatico e giudizio storico), che non significa “buoni” Papi (giudizio di valore[4]); che fine avrebbe fatto il Dogma dell’Apostolicità della Chiesa; ossia la successione ininterrotta di un Papa da un altro a partire da San Pietro sino alla fine del mondo?

Ora, a) se - da una parte - il Dogma rivelato e definito: “Il Papa è il fondamento e il Capo visibile della Chiesa di Cristo” è chiaro e netto; b) dall’altra parte, occorre anche sapere - in concreto e nelle contingenze storiche - se il fatto dell’elezione di “Tizio” (Bonifazio VIII), “Caio” (Alessandro VI) o “Sempronio” (Giovanni XXIII) al Sommo Pontificato sia stato valido e se costoro siano stati veramente Papi oppure no.

Tutto ciò, non è stato rivelato direttamente da Dio, ma, è un fatto dogmatico connesso con la Rivelazione divina, riguardo al principio dogmatico del Primato di Pietro e dei Papi, quali successori di San Pietro. Infatti, la spiegazione, la difesa e l’applicazione del Dogma rivelato è legata strettamente, anche se solo indirettamente ed estrinsecamente, con il fatto dogmatico che Bonifacio VIII (Alessandro VI / Pio X / Giovanni XXIII …) sono stati veramente Papi; altrimenti, non solamente tutti i loro atti sarebbero invalidi, ma la successione apostolica (o Apostolicità della Chiesa, che è un Dogma di Fede rivelata e definita: “Credo la Chiesa; una, santa cattolica e apostolica”), si sarebbe interrotta e avrebbe cessato di esistere e, dunque, le “porte degli inferi” avrebbero prevalso contro la Chiesa e la promessa di Gesù (“portae inferi non praevalebunt adversus eam”, Mt., XVI, 18) sarebbe stata vana… Ma ciò - secondo la Rivelazione e la Fede cattolica per le quali Gesù è Dio e, dunque, non può né sbagliarsi, né ingannarci - è impossibile.

Papa dubius, Papa nullus?

I teologi si chiedono se, si dubitasse dell’elezione di un Papa (per esempio l’elezione del cardinal Bergoglio dopo le dimissioni di Benedetto XVI) o del fatto che sia veramente Papa poiché non ortodosso (come i neo-modernisti Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco), come bisognerebbe risolvere questa questione?  Ebbene, la soluzione data comunemente dalla sana teologia è che “l’accettazione pacifica di un Papa da parte di tutta la Chiesa (non solo docente, ma anche discente) è il segno e l’effetto infallibile di un’elezione e di un pontificato validi[5].  Quindi, nel caso nostro, l’accettazione di Francesco rende praticamente certa la sua elezione.

Il cardinal Louis Billot (1846 – 1931), uno dei massimi teologi ed ecclesiologi del Novecento, insegna: “Nel caso dell’ipotesi della possibilità di un Papa ritenuto eretico[6], l’adesione della Chiesa universale sarà sempre, in se stessa, il segno infallibile della legittimità di tale o tal altro Pontefice”[7] (De Ecclesia Christi, Roma, Gregoriana, 1903, vol. I, pp. 612 - 613)[8]. Quindi, la sanatio in radice di un eventuale Papato dubbio c’è, eccome (con buona pace dei “latrinisti”).

Infatti, se la Chiesa nella sua totalità morale (non matematica[9]) aderisse ad un falso Pontefice “le porte dell’inferno” avrebbero prevalso contro di Essa poiché l’erronea adesione  ad un  falso Pontefice sarebbe la stessa cosa di un’erronea adesione ad un falsa regola della Fede. Infatti, il Papa e il Magistero vivente nel Papa regnante sono la regola prossima (“Credo, tutto ciò … e che la Santa Chiesa mi propone a credere”) dell’atto di Fede[10], mentre l’Autorità di Dio che rivela (“Credo tutto ciò che Dio ha rivelato…”) è la regola remota di esso; per cui se si aderisse a un falso Papa, si aderirebbe implicitamente ad una falsa Fede.

Dio può permette un dubbio (e, di fatto, è successo varie volte nel corso della storia della Chiesa, specialmente durante il Grande Scisma d’Occidente dal 1378 al 1417) sull’elezione di un determinato Pontefice (v. anche San Celestino V / Bonifacio VIII; Alessandro VI…), ma non potrebbe permettere che la Chiesa intera accetti come Papa colui che non lo è realmente[11].

Realtà e validità di un Concilio Ecumenico

Un altro fatto dogmatico (oltre la legittimità di un Papa) è quello della realtà e validità di un Concilio Ecumenico; ossia, ci si chiede, il Concilio di Gerusalemme (49), Vaticano I (1869/1870) o II (1962/1965) sono stati veri Concili della Chiesa?

Il principio dogmatico è che il Papa e i Vescovi riuniti assieme in Assise, formano un Concilio Universale o ecumenico (il Papa con tutti i Vescovi del mondo, riuniti in Assise, che insegnano alla e per la Chiesa universale).

Ora, al Concilio Vaticano I (1869/1870, sotto Pio IX) e al Concilio Vaticano II (1962/1965, sotto Giovanni XXIII e Paolo VI) erano presenti il Papa regnante con la maggior parte dei Vescovi di tutto il mondo ed erano riuniti in Assise; quindi, essi sono stati veri Concili ecumenici, altrimenti delle due l’una: o San Pietro, Pio IX e Giovanni XXIII/Paolo VI non erano Papi, oppure l’Episcopato riunito nella basilica di San Pietro in Vaticano (1869/1870 e 1962/1965) non era un vero Episcopato.

Tuttavia, occorre specificare che il Concilio Vaticano II volle per esplicita e formale decisione di Giovanni XXIII e Paolo VI (i due Papi che hanno aperto, guidato e concluso il Concilio) essere pastorale e non dogmatico;[12] ossia non ha voluto definire nessuna verità né obbligare a crederla sotto pena di peccato; quindi, non ha voluto impegnare l’assistenza infallibile di Dio ed è per questo motivo che nei suoi 16 Decreti si possono trovare degli errori teologici molto gravi, i quali non si possono trovare negli altri Concili dogmatici e infallibili della Chiesa - a partire dal Concilio di Gerusalemme (anno 49) sotto San Pietro, il quale definì, contro l’eresia dei Giudaizzanti, che per salvarsi basta la Fede in Gesù e osservare i 10 Comandamenti, senza dover essere sottomessi al cerimoniale giudaico del Vecchio Testamento - sino al Concilio Vaticano I (1869/1870) sotto Pio IX, che definì a) l’Infallibilità del Papa  - a quattro determinate condizioni: 1°) se il Papa parla come Pastore universale; 2°) in materia di Fede e di Morale; 3°) definisce e 4°) obbliga a credere la definizione sotto pena di peccato contro la Fede - e b) il Primato di Giurisdizione del Papa.

Assieme a questo tema del fatto dogmatico, oggi molto attuale e dibattuto, che riguarda 1°) il Concilio Vaticano II e l’ermeneutica della continuità con la Tradizione apostolica[13] va, strettamente congiunto, quello - forse oggi ancora più acceso e pungente - 2°) del fatto dogmatico, se Bergoglio sia Papa, oppure no.

Occorre dire che, non tanto le dimissioni di Benedetto XVI (28 febbraio 2013) quanto la sua creazione, o meglio, invenzione della figura inesistente del “Papa emerito”, hanno creato una certa confusione nell’ambiente ecclesiale, la quale rende ipotizzabile il dubbio positivo e puramente speculativo sulla possibilità remota che il Papa regnante sia ancor oggi Benedetto XVI.

Da quanto esposto sopra, si evince chiaramente che questo fatto (“Francesco è Papa?”) non è solo un fatto puramente umano o storico; non è neppure un Dogma rivelato direttamente; ma è, tuttavia, un fatto dogmatico e teologicamente certo ed ecclesiologicamente infallibile, ossia strettamente correlato al Dogma del Primato del Papa, dell’Apostolicità della Chiesa romana, della subordinazione dell’Episcopato al Pontefice romano.

Infatti, è un “fatto ecclesiastico” o ecclesiologicamente rilevante, se vi sia un Papa in atto a governare la Chiesa (se “bene o male”, non è questo il problema in questione qui); se Essa possa sussistere senza un Papa in atto, se il Papa e l’Episcopato riuniti in Vaticano - dall’11 ottobre 1962 all’8 dicembre 1965 - per discutere sulla teologia pastorale, senza definire né obbligare a credere la definizione, sia stato un vero Concilio e, precisamente, il XXI Concilio ecumenico della Chiesa (pur se solo pastorale e non dogmatico); oppure, se non lo sia stato assolutamente e quindi il Papa e l’Episcopato riuniti in Assemblea non formano (contrariamente all’insegnamento comune della Teologia e del Diritto canonico) un Concilio universale o ecumenico; ma allora, cosa sono?

Tutti i Trattati di Ecclesiologia o di Teologia dogmatica che trattano il tema della Chiesa fondata da Cristo[14], ammettono che il fatto dogmatico fa parte dell’oggetto secondario dell’Infallibilità della Chiesa, la quale - nel fatto dogmatico - è indirettamente scevra da errore e ci dà (indirettamente) un’infallibile certezza fattuale (il fatto o l’avvenimento che il Concilio Vaticano II è un vero Concilio della Chiesa; che Francesco è un vero Papa); ma, Essa non si pronuncia sulla bontà e rettitudine dottrinale o meno di essi. Si limita a enunciare un fatto e “contro il fatto non vale l’argomento”.

Quod erat demostrandum!

d. Curzio Nitoglia



[1] Da un punto di vista storico e giuridico/canonico, alcuni esperti ancor oggi stanno studiando (de jure et ipotetice), se le dimissioni di papa Celestino V, allora (13 dicembre 1294), furono legittime e spontanee oppure forzate e illegittime. Tuttavia, essi ammettono che - dopo l’accettazione successiva da parte della Chiesa gerarchica (Papa ed Episcopato), del Collegio cardinalizio e dei Sacerdoti con i fedeli battezzati (Chiesa discente) dell’elezione di papa Bonifacio VIII (1294 / 1303) - è un fatto dogmatico che il Papa legittimo, vero e realmente regnante - dopo le dimissioni di Cestino V - sia stato Bonifacio VIII. Infatti, “contra factum non valet argumentum”; inoltre, per quanto riguarda l’elezione del Papa, il fatto non è un semplice accadimento storico umano, ma un fatto dogmatico ed ecclesiasticamente rilevante.

[2] Per esempio, fra Girolamo Savonarola (1452-1498) lo negava esplicitamente, ma volle appellarsi al Concilio Ecumenico contro papa Alessandro VI per farlo dichiarare eretico e deporlo. Quindi, fu condannato - in quanto negava il Primato del Papa sull’Episcopato - verità che era divinamente Rivelata ma non ancora definita dalla Chiesa. Inoltre, era insegnata comunemente dai teologi, soprattutto dai Tomisti, ma non era ancora stata definita in maniera solenne come avvenne durante il Concilio Vaticano I nel 1870. Quindi, questa verità era di Fede divina, cioè rivelata, anche se non ancora definita e la sua negazione era eretica.

[3] Come lui stesso rivelò, sotto registrazione, al giornalista vaticanista Benny Lai, nel 1987, a condizione che fosse pubblicato solo dopo la sua morte (2 maggio 1989).

[4] Padre Innocenzo Colosio (1910 – 1997) scriveva: «Un “Papa buono” non è necessariamente un buon Papa». Egli metteva in dubbio su La Rivista di ascetica e mistica e su La Palestra del Clero la bontà del Pontificato di Giovanni XXIII, adducendone le prove, essendo stato nominato “Avvocato del diavolo” nell’apertura del processo per dichiarare “Servo di Dio” papa Roncalli, onde arrivare a nominarlo “Venerabile” e giungere poi al “Processo di Beatificazione” conclusosi nel 2000; ma padre Colosio non si è mai sognato di dire che non fosse Papa legittimo e reale.

[5] F. X. Wernz – P. Vidal, Jus canonicum, Roma, Gregoriana, 3 voll. 1923-1938, tomo II, p. 437, nota 170; cfr. F. Suarez, De Fide, disp. X. Sez., V, n. 8, p. 315, L. Billot, De Ecclesia Christi, Roma, Gregoriana, 1903, vol. I, p. 624.

[6] Anche se l’Ecclesiologia reputa tale opinione una pura ipotesi possibile, ossia non ripugnante, poco probabile, anzi molto improbabile e per nulla certa.

[7] Per esempio, il fatto che la Chiesa gerarchica (Cardinali, Vescovi) e della Chiesa discente (preti e fedeli) lo abbia accettato come Papa “è segno infallibile della sua legittimità” (L. Billot, De Ecclesia Christi, cit., ivi).

[8] Le prove le troviamo nella promessa di Gesù del primato fatta a Pietro: “Le porte dell’Inferno non prevarranno contro la Chiesa” (Mt., XVI, 25; XVII, 18; Gv. XXI, 15); “Io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt., XXVIII, 20).

[9] Vi son sempre le eccezioni che confermano la regola.

[10] J. Bainvel, De Magistero vivo et  Traditione, Paris, 1905.

[11] S. Alfonso M. de’ Liguori, Verità della Fede, in “Opera Omnia”, Torino, Marietti, 1887, vol. VII, p. 720, n. 9; Gaetano, De Comparata Auctoritate Papae et Concili, ed. Pollet, 1936, p. 295 ss.

[12] Cfr. Giovanni XXIII, Allocuzione nella solenne inaugurazione del Concilio, 11 ottobre 1962: Paolo VI, Omelia durante la IX Sessione del Concilio, 7 dicembre 1965, ripetuta il 16 gennaio 1966; J. Ratzinger, Discorso alla Conferenza Episcopale Cilena, Santiago del Cile, 13 luglio 1988, in “Il Sabato”, n.° 31, 30 luglio-5 agosto 1988: «Il Concilio Vaticano II si è imposto di non definire nessun dogma, ma ha scelto deliberatamente di restare ad un livello modesto, come semplice Concilio puramente pastorale».

[13] Brunero Gherardini, Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2009; Id., Tradidi quod et accepi. La Tradizione, vita e giovinezza della Chiesa, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2010; Id., Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, Torino, Lindau, 2011; Id., Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e Tradizione a confronto con la storia e la teologia, Torino, Lindau, 2011; Id., La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana, Torino, Lindau, 2011. In questi libri il valente ecclesiologo ha dimostrato apoditticamente la rottura tra la dottrina del Concilio Vaticano II e la Tradizione apostolica.

[14] Cfr. A. Piolanti, Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1953, vol. X, coll. 6-19, voce “Primato di San Pietro e del Romano Pontefice”; inoltre cfr. San Tommaso d’Aquino, S. Th., III, q. 8; Id., In Symbolum Apostolorum expositio, aa. 7-8; si consultino i migliori Trattati classici di Ecclesiologia: Gaetano, Bañez, Johannes a Sancto Thoma, Suarez, Bellarmino, Billuart, Ballerini, Passaglia, Franzelin, Mazzella, Billot, Vellico, Zapelena, Lattanzi, Salaverri, Lang; si vedano pure i grandi Trattati classici di Teologia dogmatica: Hugon, Zubizzarreta, Tanquerey, Billot, Garrigou-Lagrange, Parente, Piolanti, Bartmann, Ott.


 
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