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Tra «i nostri valori» c’è l’iniezione letale
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Varoufakis, come sapete, ha sbattuto la porta: accusa che il testo dell’accordo che era disposto a firmare gli è stato cambiato surrettiziamente, possibilità perfettamente in linea con una «Unione Europea» che si è dato come capo del ‘governo’ Juncker, ossia il governante di un paradiso fiscale, uno Stato che ha in essere accordi sotterranei con multinazionali per truffare gli altri Paesi membri e sottrarre loro le imposte dovute — insomma un incallito farabutto.

Come fare? Come riprendere i negoziati?, si domandano i media. Schaeuble (il tedesco) ha preteso che Varoufakis venga sostituito nei negoziati da Tsipra.

Perché non un sistema più spiccio? La modesta proposta è quella dell’iniezione letale.

Non è un’idea mia, ma della ministra della Sanità della Lituania, che risponde al nome di Rimantė Šalaševičiūtė, che recentemente aveva detto in un’intervista alla tv3: «L’iniezione letale è un ottimo rimedio per i malati poveri», ha precisato: «per quelle persone che non hanno abbastanza soldi per permettersi le cure palliative e che “non vogliono vedere i loro familiari agonizzare” nel dolore».

Rimantė Šalaševičiūtė
  Rimantė Šalaševičiūtė
La chiave è nella frase seguente. La Šalaševičiūtė ha spiegato: «La Lituania non è uno Stato sociale e non può garantire a tutti i malati gravi le cure palliative necessarie a garantire la dignità del fine vita. La soluzione potrebbe essere un’iniezione letale». Non solo, secondo Šalaševičiūtė «la legge sull’eutanasia infantile del Belgio merita di essere presa in considerazione» anche in Lituania.

Come tutti i neofiti, anche questa nuova recluta del liberismo globale e totale porta una carica di entusiasmo che rinfresca. Quante volte le nostre lobbies promotrici dell’eutanasia ce l’hanno gabellata a forza di «casi pietosi»; la vogliono, dicono, per accorciare le sofferenze dei malati terminali, i dolori atroci che tolgono «dignità» alla vita. È tutto un profluvio appiccicoso di «compassione», di lacrime, e di umanitarismo...

No, la ministra lituana dice chiaro il motivo vero: la Lituania «non è uno Stato sociale», ed è precisamente per questo che è efficiente e competitiva. Prendersi cura dei malati poveri è un costo che il suo staterello non si vuole accollare, altrimenti perde competitività sui mercati mondiali, diventa come quegli Stati vecchi del Meridione appesantiti dalla socialità.

Sì, sono gli Stati del Nord Europea da poco usciti dalla gabbia sovietica a dimostrare i vantaggi dello smantellamento dei costi sociali; snelli, efficaci, leggeri, così energetici da volersi gettare (e trascinare noi) in una guerra con la Russia, Polonia e Baltici sono, nella UE, i migliori propagandisti dell’iniezione letale. Col loro successo sui mercati, dimostrano che è la soluzione più efficiente e leggera: lo Stato fornisce la puntura, ultimo sussidio ai «malati poveri». È la soluzione europea del futuro.

Non è esagerazione. La Svezia, già modello di «Stato sociale» ultra-statalista, ne è così sedotta che – tanto per cominciare – ha tolto l’assistenza sanitaria ai suoi cittadini oltre i 75 anni. Non è che vieta ai vecchi di curarsi; ma dopo quell’età, si curi chi ha i mezzi per farlo, privatamente. Dopo quell’età, le cure sono «inutili», non riportano all’efficienza i malati, dunque lo Stato non ha più interesse a fornire i servizi sanitari a degli improduttivi.

È la baldanzosa logica del Nord-Europa quella che impone alla Grecia – che dico? a tutti noi del Meridione europeo – la ricetta dell’austerità; non siete abbastanza efficienti, dovete snellire, tagliare lo Stato sociale (i nostri politici italiani sono ben contenti di tagliare «le nostre» spese sociali, mantenendo altissime le spese loro, sono i più strapagati parassiti europei): ai Greci, la Troika ha proposto ulteriori tagli al salario minimo dal 22 al 32%. È già qualcosa di molto simile all’iniezione letale — la quale ha il “vantaggio” di condurre a rapida fine, rispetto ai tempi lunghi della morte per paghe competitive.

Dovunque in Europa sta avanzando questa idea. Anche in Italia, come sapete, l’idea dell’eutanasia avanza. Ci si può solo chiedere come si concili questa pressione all’efficienza, a liberarsi dalle bocche inutili, a tagliare le pensioni ai poveri da parte dei ricchi-di-Stato, con questo nostro buttare la nostra Marina a raccogliere tanti immigrati africani: ormai arrivano a duemila al giorno, e i nostri «militari» (1) si affannano ad andarli a cercare fin sotto le coste della Libia, li strappano letteralmente dalle mani degli scafisti, fra gli applausi dell’opinione pubblica che non vuole farli soffrire, quei giovanotti eritrei... appena a terra, li scaldiamo, li vestiamo, li rifocilliamo, li nutriamo — al punto che loro, trovandosi così coccolati, fanno i difficili: questo cibo vostro italiota non ci piace, ve lo buttiamo per terra, devastiamo il centro d’accoglienza così imparate...

Questa nostra idiota generosità a fondo perduto, è un costo che non calcoliamo. Appesantisce la nostra concorrenzialità sui mercati mondiali. La ministra lituana deve sghignazzare parecchio, quando la soluzione è così economica e a portata di mano. Non si vuol criticare: ma solo notare il contrasto. È un’altra prova che la UE non è una «comunità di destino», un’altra dimostrazione – se vogliamo – che i nostri governanti-parassiti avrebbero dovuto opporsi all’entrata nella Comunità dei baltici e dei polacchi, mentre ora sono quasi pronti ad accogliere gli ucraini – uno Stato-arlecchino inventato da Lenin mettendo insieme dei cosacchi con un pezzo di Polonia (Galizia) e un lacerto di ex-impero absburgico (Lvov, ex Lenberg) – che adesso siamo tutti impegnati a difendere con la NATO insieme alla sua «identità nazionale», e financo la sua «sovranità»: sovranità ed identità a cui, per conto nostro, abbiamo rinunciato devolvendola al Farabutto del Lussemburgo, e al banchiere centrale, alla Cancelliera.

Non critico, faccio solo notare i contrasti. E segnalare i nostri governanti (parassiti) che ordinando alla nostra Marina «militare» di andare a raccogliere quanti più clandestini possibili in mare, si stanno ponendo in collisione coi valori europei.

I nostri valori

Quali sono infatti «i nostri valori»? La ministra lituana vi è certo più vicina: efficienza, mercato, dunque eliminazione dei malati poveri; liberarsi dal costo delle «bocche inutili».

La citazione di un intento che si attribuisce ad Hitler, il Male Assoluto, può far pensare che nei Baltici e nei polacchi emerga l’ideologia nazista a cui tanti di loro aderirono, e che sia quella che rende accettabile in società l’iniezione letale ai poveri, al punto che può essere serenamente discussa in tv. Un equivoco rafforzato dall’appoggio che il grande Occidente antifascista tributa ai neonazisti di Kiev, coccolati e pagati....ma sempre un equivoco.

Perché – anche se dopo le frasi della ministra Šalaševičiūtė, come minimo, dovremmo fare le nostre scuse al dottor Mengele per averlo tanto calunniato – la matrice non è quella del Terzo Reich. No, l’esito omicida dell’Europa, così palesato dalla ministra, va attribuito a chi lo merita: al Liberismo assoluto e totale, e su scala mondiale senza barriere né confini, preconizzato da Adam Smith e realizzato ormai nel mondo sotto l’autorità di Milton Friedman. È la filosofia di questo Nobel dell’Economia che convinse Reagan e la Thatcher ad imporre la ricetta della competitività mondiale al mondo intero, abolendo tariffe e dazi.

Come si vede adesso, fu un cambio di paradigma fatale: gli Stati, per millenni entità «anti-economiche» (perché dovevano istruire i bambini, armare i soldati, coprire la malattia dei vecchi, tutti «improduttivi») vennero trasformati in aziende: e l’azienda non si accolla scolari né pensionati. Altrimenti sarebbe perdente nella concorrenza. I pesi i costi sociali, li espelle da sé, appunto accollandoli allo Stato. Ma quando la Stato si vive come un’azienda, premuta ad «essere competitiva sul mercato», quando deve «specializzarsi» laddove ha il «vantaggio competitivo», deve per forza – a sua volta – espellere costi, vecchi poveri, malati, bocche inutili.

Naturalmente – come cominciamo ora a vedere, dopo un quarantennio di imposizione dell’ideologia di Friedman, – questo porta alla barbarie.

Dove il Mercato è il dio supremo e la solo indiscutibile istanza da soddisfare, i cittadini sono trasformati in strumenti al servizio della produzione; schiavi umiliabili nel «servizio» (2), ed eliminabili quando perdono produttività. Non li si può espellere, dunque iniezione letale, «è una soluzione».

Non si è più nemmeno cittadini, come infatti ha reso subito chiaro Juncker ai greci che, avendo votato in massa il loro partito della salvezza, speravano di ottenere condizioni migliori dai creditori: «Non ci può essere scelta democratica contro i trattati europei». Ora la ministra ci rende esplicito ciò che era implicito e taciuto, nascosto, nella «costruzione europea». Anche la democrazia è anti-economica. Figurarsi i vecchi malati che non possono pagarsi le cure.

Noi siamo ancora indietro. Siamo ancora nell’illusione che lo Stato sia «per» i suoi cittadini, e che questo lo giustifichi; che i poveri, i deboli, i bambini da istruire, siano ancora meritevoli di garanzia pubblica. Ormai è il contrario: siete voi che dovete giustificare la vostra esistenza, con l’efficienza e la produttività. Altrimenti fate perdere competitività, con i vostri costi.

Si può persino arrivare ad indovinare l’esito seguente, orrendo e paradossale: il Mercato ha tendenzialmente bisogno di eliminare l’uomo, supremamente inefficiente. Il Mercato funziona meglio senza umanità, o almeno così crede; per lo meno, tenderà ad eliminare tutta l’umanità che non sia fatta di consumatori solventi. l’Uomo, per il Mercato, è un nocumento e una complicazione.

Ché poi abbiamo questo strano fenomeno: gli Stati «del secolo scorso», statalisti, pesanti, inefficienti, avevano mezzi bastanti da spendere per educare i giovani, armare i soldati, curare i deboli, persino fare costosissime guerre, ed alleviare i dolori del malati poveri con la morfina. Invece lo Stato d’oggi super-efficiente e super-snello, è sempre a corto di fondi, e sempre bisognoso di indebitarsi presso la finanza. Al punto da non aver i mezzi per il welfare e «dover» ricorrere alla iniezione letale.

Come mai ciò accade?

È interessante la risposta che dà Gilad Atzmon (3): egli vede in questa forma omicida di capitalismo il trionfo dell’ebraismo. Cita Milton Friedman che commenta favorevolmente il saggio di Werner Sombart «Lo spirito ebraico e il capitalismo moderno» – testo bollato come antisemita, naturalmente – scrive: «Se come me considerate il capitalismo competitivo come il sistema economico più favorevole alla libertà individuale, alla creatività tecnologica, alle opportunità più ampie possibili all’uomo medio, allora riguarderete il fatto che Sombart attribuisce agli ebrei il ruolo fondamentale nello sviluppo del capitalismo come un’alta lode. Il suo è un libro filo-semitico».

Oggi, dice Atzmon, «tutti noi paghiamo un prezzo molto pesante alle idee di libera impresa, di zero interventismo (di Stato), di assenza di regolamentazioni, del capitalismo «duro» — e delle teorie di cui Friedman era così entusiasta». Le colossali iniezioni di liquidità alle banche fatte dai poteri pubblici sono «attuati per alleviare il colossale disastro provocato dall’adesione alle idee di Friedman», un tentativo di salvare quel che resta dell’economia occidentale» delocalizzata e desertificata, ridotta a consumi importati, a «povertà e deprivazioni» in Europa ed USA, mentre i pochissimi ricchi diventano sempre più ricchi e più pochi.

Atzmon immagina che Friedman non sapesse, non avesse preveduto questo. Quale il suo errore? «Non capì, allora negli anni ’70, che una economia dei servizi (il terziario, ndr) che era andata molto bene a certe minoranze etniche per due millenni, non sarebbe stata un successo quando adottata come macro-modello», ed estesa a tutta la società.

«Come Friedman intuiva, gli ebrei nella loro storia erano stati molto efficienti a gestire un’economia di servizi (bancari e finanziari,. ndr) all’interno di mercati produttivi. Ma gli ebrei prosperavano perché c’erano gli altri attorno a loro che lavoravano. La trasformazione dell’Occidente in una società di servizi (tutta “ebraica”, ndr) guidata da inesausta avidità, un mutamento che s’è realizzato seguendo i precetti di Friedman, si sta adesso dimostrando una catastrofe. Significa povertà e depressione globale. Si traduce in alienazione dal lavoro e dalla produttività... nell’attuale disastro finanziario».

Lo dice lui, io non avrei osato. È antisemitismo.





1
) Ho messo la parola «militari» tra virgolette perché è evidente che i nostri non lo sono più. È accaduto che una nostra motovedetta ha dovuto restituire il barcone agli scafisti perché questi criminali hanno minacciato l’equipaggio coi kalasnhikov; anche solo l’idea di rispondere alla minaccia con una sventagliata della mitragliatrice di bordo – che avrebbe insegnato ai delinquenti il rispetto una volta per tutte – non ha sfiorato i nostri bravi soldati. Forse non c’era a bordo un solo nastro, un solo caricatore. È la prova che i nostri «militari» ormai si vivono come soccorritori, e la nostra Marina come un servizio di ambulanze nave ed eli-trasportate.
2) In una trasmissione di France-culture (sic) del 13 febbraio, si è parlato del fatto che anche Air France perde competitività sui mercati mondiali. Un esperto «del lusso» di nome Michel Bougier ha spiegato con sufficienza che nelle busines class i francesi hanno ancora molto da migliorare per giungere a somigliare al raffinato servizio che offrono le compagnie asiatiche: sappiate, ha detto, che le hostess in quelle compagnie si mettono in ginocchio davanti al cliente per servirgli il caffè!
3) Gilad Atzmon «The Wandering Who? A study of Jewish identity politics».



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