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Che bravo, Santità. Non perdete un colpo
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Mi stavo occupando d’altro, quando un amico mi chiama: «Uscirà a fine mese l’enciclica sul riscaldamento globale. Greenpeace ha già ufficialmente ringraziato Papa Francesco. Greenpeace, capisci? I crescita-zeristi». Sto ancora cercando di placarlo, quando che giornali-radio annunciano l’ultima: «Il Papa: è un puro scandalo che le donne siano retribuite meno degli uomini». Lo ha detto nell’esortare i cristiani a una miglior «tutela sociale della dignità del matrimonio». Come difendere la dignità del matrimonio cristiano, effettivamente offesa? «Per esempio sostenere il diritto alla eguale retribuzione per eguale lavoro, perché si dà per scontato che le donne devono guadagnare meno dell'uomo?». Ecco: la parità salariale, e il matrimonio cristiano riacquista dignità.

Anche se non so se ridere o se piangere, il cinico vecchio sperimentato giornalista che è in me non può reprimere un moto di ammirazione: che bravo, il Papa: che infallibile fiuto, che senso della notizia! Dal «chi sono io per giudicare» ai cattolici che «fanno figli come conigli», non perde un colpo per strappare l’approvazione dell’ideologia dominante e dei suoi ispiratori. Appena ottenuto l’applauso di Greenpeace, ecco la dichiarazione che lo farà ringraziare dalla Boldrini, portare ad esempio dalla Camusso – che dico? da Landini della Fiom. Le femministe, Emma Bonino, che dico? le Femen saranno a favore della pronuncia.

E solo l’altro ieri, ricordate?, il compianto sui clandestini affogati che dobbiamo amare perché «cercavano la felicità»: diritto alla felicità che, se non vado errato, è iscritto nella Costituzione americana, anche se non nel Vangelo, che essendo stato stilato prima di detta Costituzione, ha bisogno dell’aggiornamento per coordinarlo col sacro testo di Washington.

Bravo, bravo, non c’è che dire.

Non v’è dogma del politicamente corretto imperante che Papa Francesco non riconfermi, riconfermando nelle loro certezze i filistei che leggono Repubblica (o che la editano), che non lisci per il loro verso le buone coscienze dei potenti farisei. Tanto è vero, che il concetto «Basta con le donne pagate meno degli uomini», era stato già proclamato dal presidente Obama: nel 2014, alle elezioni di medio termine, quando si appellava al voto dell’elettorato femminile. Ma Obama è un dilettante al confronto.

Perché, in fondo, come non essere d’accordo? Chi avrà il coraggio mostruoso di dichiararsi a favore dell’inquinamento, di professarsi indifferente al clima e ai migranti, di guastare la festa del buonismo ricordando che il diritto alla felicità non esiste? Chi sarà tanto insensibile da opporsi alla perequazione salariale? Nemmeno l’ufficio-studi di Confindustria negherà il diritto. Tutto ciò dimostra che quel che il Papa – furbo – dice, è luogo comune vigente. È il politicamente corretto: ossia il linguaggio lenitivo, buonista falso e narcotizzante di chi ha il potere di imporre il Pensiero Unico («I padroni del linguaggio», li chiama l’ortodosso Israel Shamir). Il Papa non sfida mai i padroni del linguaggio, ossia coloro che con la neo-lingua tengono sotto controllo le masse legandone le opinioni (Orwell ha detto tutto su questa tecnica), e censurando e perseguitando coloro che non vi si attengono; anzi sono le masse stesse che, aizzate, si lanciano nelle operazioni di psico-polizia richieste dall’alto. Non si deve dire «negro» (ma lo si può ammazzare), non si deve dire «invertito» ma gay, non ci sono perversioni ma stili di vita, non sessi ma generi, non siamo contro la religione islamica ma solo contro i terroristi (che paghiamo e addestriamo), siamo nell’Europa civile e democratica, quindi non ammettiamo le «colpe collettive», però strangoliamo i greci per debiti, come facevano gli assiro-babilonesi.

Chi può negare che viviamo nel pluralismo e nella libertà? Tutto è perfetto, più che cristiano realizzato: il divorzio breve è salutato così da tale Mauro Magatti, che il vaticanista dell’Espresso segnala come “firma ricorrente” di Avvenire ma ancor più del grande quotidiano laico di via Solferino – il Corriere – ordinario di sociologia all’Università Cattolica di Milano, docente anche alla facoltà teologica dell’Italia settentrionale. Ma è soprattutto intellettuale di riferimento di primo piano della conferenza episcopale italiana rappresentata dal suo segretario generale Nunzio Galantino. E cosa dice il Magatti cattolico del divorzio breve? «L’essere umano ha straordinarie capacità di adattamento. Si adatterà anche a un modello sociale in cui dal matrimonio a vita si passa al matrimonio a termine… Più libertà di scelta individuale, minori vincoli sociali».

La dignità del matrimonio è dunque salva. Se qualcosa la minaccia, è il fatto che le donne prendano meno stipendio dei mariti. Ecco il problema. Avete dei dubbi? Pensate che la causa della perequazione salariale esuli dal mandato petrino? Che Cristo non abbia incaricato Pietro di lottare contro il riscaldamento globale? È colpa vostra. Come ha detto il Papa nella Messa a Santa Marta, “Apriamoci alle sorprese dello Spirito Santo", esortando i fedeli a «non fare della vita cristiana un museo di ricordi»: un colpettino, quest’ultimo, ai «tradizionalisti», che accusa, attacca con allusioni del genere, e stronca senza spiegazione e che possano difendersi, perché nella Chiesa d’oggi tutto è permesso, salvo questo: essere «integralisti». Questo è proprio vietato, e chi ci prova come i Francescani dell’Immacolata — viene perseguitato, distrutto, commissariato da commissari pontifici che cercano i soldi: dove sono i soldi? Padre Mannelli nasconde un tesoretto... «Nel nostro seminario non c’è proprio niente di tradizionale», vantava un rettore. Eh sì, e si vede.

Ma non mi scandalizzo. È così evidente il tentativo papale di «riposizionare sul mercato» la Ditta, che qualunque pubblicitario o manipolatore di opinioni, non può che restarne ammirato. Oggi che la domanda di perdono dei peccati è calata a zero (l’uomo d’oggi non pecca più) la Chiesa si riposiziona come ONG per soddisfare le nuove esigenze psicologiche delle masse. Ha molti concorrenti, è vero, ma l’ardimento della virata merita per sé rispetto: tardando troppo la seconda venuta di Cristo, ed essendosi la platea stufata di aspettare, la gerarchia progressista sta trasformando la Chiesa in agenzia transnazionale del benessere; non più richiesta come dispensatrice di salvazione, si ricicla come dispensatrice di salute, serenità e carezze. Come ha detto il cardinal Maradiaga: «L’azione sociale della Chiesa non è solo filantropia, ma una carezza d’amore, la carezza di Dio per i poveri». Non è solo filantropia, insomma non è solo Massoneria. Siamo contenti. In più, dà anche la carezza di Dio per i poveri: è questo il suo, diciamo, vantaggio competitivo sull’Inps, sulla CGIL e su Greenpeace.

Quanto a questo vedo che Antonio Socci ha perso proprio le staffe per un’altra frase del Papa, in un videomessaggio alla Caritas:
Francesco ha auspicato: «Come vorrei che quando un povero entra in Chiesa, la gente si inginocchi come si fa con il Signore!». «Sinceramente – sbotta Socci – vorrei che ci si inginocchiasse a Gesù Cristo nostro Salvatore, specialmente Cristo Eucaristico, visto che Bergoglio non si inginocchia alla consacrazione come dovrebbe fare, né all’adorazione Eucaristica!». Quanto all’adorazione dei poveri, Socci ha visto come il Papa ha trattato il marito e la figlia di Asia Bibi, la perseguitata, poverissima famiglia, venuta apposta a Roma per incontrarlo: «solo un saluto fugace, in piedi, dietro le transenne», e nessuna udienza privata. E sì che il papa Francesco riceve in udienza privata Scalfari, Maradona, il transessuale spagnolo con la fidanzata...

Da ciò deduce che «l’adorazione per i poveri» sia solo ideologia e demagogia. Ma invece è proprio questa parificazione assoluta dei «poveri» con Dio la teologia di Bergoglio. È una teologia implicita – sarebbe difficile dogmatizzarla in una enciclica – ma ci tiene. Già un’altra volta, consigliò i vescovi di punire «severamente» i preti che si ostinano a dare la Comunione in bocca invece che nelle mani, con questo sorprendente motivo: «Non si può, per onorare il Corpo di Cristo, offendere il Corpo Sociale di Cristo».

Dunque, si afferma che dare la Comunione in bocca offenderebbe i fedeli che la prendono; fedeli che sono il corpo sociale di Cristo, ossia Cristo stesso – da trattare da pari a pari – anzi più di Cristo stesso. Perché se si deve proprio offendere qualucuno, è meglio offendere il Cristo Eucaristico, che il Corpo Sociale. Parimenti, in questa visione, i «poveri» sono il Corpo di Cristo: incondizionatamente e senza residuo, non per metafora ma veramente. Il Papa vuole che ci inginocchiamo davanti a loro, adorandoli, non davanti al Tabernacolo.

Come spero si capisca ancora, questa parificazione senza residuo non è affatto desumibile dalle parole di Cristo. «I poveri li avrete sempre con voi, me invece non mi avrete sempre», tranquillizzò quando una certa donna gli versò sui capelli un profumo dal vaso di alabastro. Tranquilli, i poveri non vi mancheranno, ma l’onore supremo spetta a Lui, ossia a Dio. Persino i poveri e affamati possono aspettare, il costo degli onori a Dio non è spreco. Come sappiamo, fu Giuda a «indignarsi: Perché questo spreco? Lo si poteva vendere a caro prezzo per darlo ai poveri!». E che fu la risposta di Gesù a decidere Giuda ad andare dai sommi sacerdoti: «Quanto mi volete dare perché lo consegni?». Eh sì, facciamola finita con Questo che non si propone di eliminare la povertà, che ama i poveri meno di me, Giuda zelota! E ci facciamo sopra anche un guadagnetto, nel frattempo.

Da quel momento, l’accusa alla Verità di ostacolare la carità fu una costante di tutte le ideologie rivoluzionarie che volevano servire il popolo. Dal marxismo ai dekabristi e alla teologia della Liberazione, la scelta fu: la carità a danno della Verità.

Lo so, ma io non riesco a scandalizzarmi. Forse ho esaurito tutte le riserve di indignazione in anni lontani, quando papa Giovanni XXIII, il Papa Buono, invitò al Concilio il B’nai B’rith, la Massoneria riservata agli ebrei, e si fece scrivere da questa organizzazione le linee di quello che sarebbe uscito come il documento Nostra Aetate: che sradicò dalla catechesi e dalla liturgia ogni concetto anti-ebraico, e decretò che non sono stati gli ebrei ad uccidere Gesù Cristo, intimando che non si levi più contro di loro l’accusa di deicidio.

Ora, sapete, Gesù Cristo accusa in persona gli ebrei di questo: «Perché cercate di uccidermi?» (Giovanni 7, 20), «Siete discendenza di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi» (Gv 8 31). Anche San Pietro, apostolo e papa, nonché testimone oculare, dice ai giudei: «Gesù, che Voi avete ucciso».

Dunque è questo: il Concilio non è che dia torto agli «antisemiti», ma dà torto a Pietro; la nuova dottrina cattolica non sbugiarda gli «integralisti», sbugiarda Gesù Cristo stesso. Da lì comincia l’autodemolizione della Chiesa, e lì già si completa.

Volete che adesso mi scandalizzi del Papa che esige la perequazione salariale e scrive una enciclica lodata da Greenpeace? Serenamente, divertendomi, aspetto la sorpresa dello Spirito Santo, che non mancherà di farci. Nel frattempo ammiro: che bravo, Papa Francesco. Non perde un colpo. Sempre sull’attualità.




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