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Voterò Komunista (alle primarie)
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Comunico che la settimana scorsa ho deciso: mi sono recato al circolo del PCI (oggi PD) e, sotto il busto di Togliatti e la foto di D’Alema, mi sono iscritto come votante alle loro primarie.

Voterò per Matteo Renzi. Ed ho portato con me alcuni familiari.

Perché? Il perché lo mutuo dal mio amico e analista finanziario Paolo Rebuffo, il cui ragionamento mi sembra di abbacinante chiarezza e semplicità:

Il PD vincerà le elezioni politiche. Le vincerà perché dalla parte opposta non c’è più nessuno da votare. I sondaggi sono inequivocabili: 30% contro il 15.

In questa situazione, chi vincerà le primarie del PD sarà quasi certamente il capo del prossimo governo delle sinistre. Secondo le previsioni, le vincerà Bersani.

A voi che di sinistra non siete, resta una esile possibilità di ostacolare l’ascesa di Bersani al governo: andare alle primarie degli altri e votare Renzi. Voi, che non potete più scegliere il presidente del consiglio di centro-destra (per colpa di Berlusconi che ha tradito il suo elettorato e ha mandato a puttane la più solida maggioranza della storia italiana), potete ancora scegliere il capo del governo della sinistra. Il meno peggio. Quello che ha possibilità di farcela: Renzi.

S’intende che alle politiche non voterò Renzi, ma voterò (turandomi il naso) Grillo e i suoi grillini. Sperando che, come mera massa sgorgante, faccia da sturacessi del parlamento e della «politica».

Prevedo le obiezioni che mi verranno. Ce ne sono che ben conosco: «Le primarie sono l’ennesimo trucco dei poteri forti, io non ci casco». «Blondet, proprio te, non hai ancora capito che la democrazia è una frode del Bilderberg? Che tutto è già deciso? Che sarà Monti-bis?» Altri: «Renzi e Bersani sono uguali, non c’è differenza». «No, io non vado a votare (variante: non vado mai a votare dal 1970…) perché il sistema mi fa schifo». C’è persino chi dice: «Andare alle primarie significa legittimare il PD, che mi fa vomitare», e financo: «Non è onesto andare a votare le primarie di un altro partito».

Non è onesto? In guerra, quando tutto è perduto e i capi hanno tradito, coloro che non si arrendono possono ancora tentare di infiltrarsi nel campo avverso e lanciare le ultime bombe a mano. Vi devo confessare che è quello che faccio da sempre, scrivendo. Una vittoria di Renzi alle primarie, forse, contribuirebbe a destabilizzare il Partito Komunista che sopravvive dietro Bersani. Per me, è un motivo sufficiente per tentare.

Tutte le altre obiezioni si compendiano in assenteismo, in astensionismo, giustificato dal «io non la bevo»: mi sembrano ispirate da viltà, una tipica viltà «di destra», mascherata sotto la finzione di un’altezzosa consapevolezza. Io non voto nessuno di questi perché «sono contro il Sistema, io»: comodo. «Non partecipo alla politica perché nessuno di questi mi rappresenta, sono troppo inferiori»: così intere generazioni di «destrorsi» non si sono sporcati le mani, sdegnosamente, finchè non scendeva dal cielo, a guidare le loro quadrate legioni, l’Arcangelo Michele in armatura d’oro. Intanto, «gli altri» facevano e disfacevano. L’Arcangelo non scenderà. Non per voi, soprattutto. La politica si fa con le carte che si hanno in mano, non con i sogni.

Sono milioni, oggi, quelli che proclamano: «io non vado a votare, così “quelli” imparano». Che insipienza politica! Se l’astensionismo fosse anche del 90%, quelli farebbero i governi anche col 10%: e sarebbe l’ineluttabile governo Bersani-Casini, con Monti superministro o addirittura al Quirinale, che oggi conta più di ogni governo. Se non Prodi... Sarebbe la continuità di quello che abbiamo già conosciuto e provato: il governo dei parassiti pubblici, perché la sinistra di Bersani è la rappresentanza politica della legione degli insegnanti, dei magistrati, dei super-burocrati da 600 mila euro annui. Insomma, i fancazzisti che succhiano denaro pubblico (che noi gli paghiamo) come corpo sociale, sono con Bersani.

«E Renzi, non è lo stesso?». No, non è lo stesso. Sapete la cosa che mi ha veramente colpito di lui? Che da sindaco di Firenze, una volta, ha detto di provar fastidio per tutti quegli impiegati del Comune che dieci minuti prima sono già lì a far la fila per timbrare il cartellino d’uscita. È uno sputo in faccia ai fancazzisti pubblici che sono il corpo elettorale della sinistra. Alla Leopolda, qualche giorno fa, Renzi ha aggiunto che vuole abolire il finanziamento pubblico ai partiti e i sussidi; ha detto e ripetuto che non farà alleanza con Casini. Mi basta.

Obiezione: «Non farà nulla di tutto questo, si rimangerà le promesse». E chi se ne frega? Io mica lo voto, Renzi, alle politiche. Che attui o no il suo programma, è uno che porta scompiglio nelle «sinistre» e nei suoi apparati. Basta aver assistito alla rabbia minacciosa di D’alema, che vive la propria rottamazione come lesione alla sua divina maestà. Basta vedere l’invidiosa bile di Rosy Bindi di fronte a Renzi: no, lei non si vuol fare rottamare, tanto che chiede la «deroga» (lo statuto del Partito Komunista prevede solo 3 mandati, il candidato che vuole ripresentarsi deve chiedere una deroga): 5 (cinque) mandati in Parlamento non le bastano, vuole il sesto: dice che la nazione ha bisogno della sua intelligenza – ancorché sia più bella che intelligente. E far schiattare la Bindi, non è forse una soddisfazione bastante?

Ed ora, anche Di Pietro invita a votare Bersani. Ed è sceso in campo anche il brontosauro Nobel Dario Fo: «Renzi non mi piace». Ecco un altro motivo per votarlo. Alle primarie.

Insomma: chi non va a votare Renzi, di fatto vota per un governo Bersani. Che avverrà ineluttabilmente, visti i sondaggi. Che significa: coalizione-inciucio con Casini (l’eterno compromesso storico) e il programma, quello di Monti: tasse e niente tagli al grasso pubblico parassitario. Bersani, l’abbiamo già provato nel governo. Sappiamo cosa fa: «privatizzazioni» dei privati, preferibilmente tassisti e benzinai, anziché liberalizzare i fancazzisti pubblici. Imposta patrimoniale. E mantenimento degli apparati parassitari, dei milioni di dipendenti pubblici inadempienti e strapagati, dei magistrati di parte, dei dirigenti pubblici da 600 mila euro annui. Insomma, la continuità del peggio.

Oltretutto, guardate, Renzi perderà le primarie. I vecchi trinariciuti esistono ancora, e sono tutti mobilitati per Bersani; li ho visti, al locale circolino dei Komunisti, già pronti con quintali di manifestini pro-Bersani. Quel che conta, per noi che non siamo di sinistra, è che Renzi non perda «troppo». Che resti come componente notevole, come ostacolo allo status quo in quel campo. Altrimenti il rullo compressore stalinista lo schiaccerà (D’Alema ha fatto le note oscure minacce) e, con lui, ogni prospettiva di cambiamento futuro delle sinistre.

Dinosauri a sinistra. Dinosauri e puttane a destra. E tutti questi rottami (1), mozziconi, residui in briciole svergognati che ingombrano il campo senza aver più nulla da dire agli italiani, Fini, Rutelli, Berlusconi, Di Pietro, ed ora per ultimo Montezemolo – «il nuovo che è avanzato», come l’ha salutato Pubblico: ennesimo giornalùcolo sussidiato, ma la battuta è buona.





1) Colgo qui l’occasione per chiedere ai radicali italiani come mai, loro così «innovativi», non hanno il coraggio di rottamare Pannella. Sarebbe un povero vecchio da compatire, se non fosse per l’evidente cattiveria: vuole distruggere quel che resta del partito, prima di doverlo lasciare per sempre su ordine delle Parche. Ha espresso odio (invidia) per il presidente del partito, Silvio Viale, il medico abortista di Torino, eliminandolo per eresia e lesa maestà del Profeta. Delira per ore intere da Radio radicale, con il solo intento evidente di non lasciare spazio a nessun altro. L’ultima volta, m’è capitato di ascoltarlo a Radio Radicale mentre chiedeva a Grillo di allearsi con lui, si ergeva contro Napolitano, rievocava Ernesto Rossi e Altiero Spinelli e criticava la filosofia di Benedetto Croce (che lui ha conosciuto personalmente) a nome di Karl Popper. Ho spento, sono andato a pranzo con un amico, ho fatto una passeggiata. Tornato tre ore dopo, Pannella era ancora lì a parlare: stava ordinando ai suoi di non votare Renzi, passando poi a dare appoggio alla lotta degli Uiguri per la democrazia; subito dopo ha preteso l’amnistia e l’eutanasia, insegnato alla nuova leadership cinese come deve gestire la Cina, opposto il Papa e la Chiesa a Pannunzio e ai Fratelli Rosselli; ormai rauco, riusciva ancora a contraddire il suo interlocutore – un servetto radicale che non lo contraddiceva affatto, ma si limitava ad adorarlo con squittii di approvazione. A chi non crede a tal delirio di onnipotenza della vecchia checca, riporto una delle sue frasi: «Candidiamo (Emma Bonino) a premier dopo Monti per costituire governi che abbiano come centro motore il mondo e la storia Radicale, che è la storia del popolo italiano, che con i nostri referendum (abolizione del finanziamento pubblico, antiproibizionismo, sistema elettorale anglosassone) ci ha dato fiducia all’80% e al 90%». Dopo di chè, patetico, si domandava come mai gli italiani gli diano solo l’1%, mentre lui aveva avuto sempre ragione in tutto. È evidentemente lui ad impedire i grandi successi. Il partito dovrebbe rottamarlo, ma non osa. Il partito Radicale è il solo partito confessionale rimasto, prostrato tremante davanti a questo ultraottantenne morente e cattivissimo. Che Satana ce lo conservi, perché senza di lui il Partito va subito al 10%.


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