Gas di canguro ed altri ecologismi
10 Aprile 2008
E’ ufficiale: i modelli matematici che spiegavano il riscaldamento
globale come provocato dalle industrie umane sono errati. L’ente che
manovra questi modelli, l’Intergovernmental Panel on Climate Change
(IPCC), dovrà correggerli
(1).
La verità era emersa già nella conferenza sul clima indetta a Bali
dall’ONU il dicembre scorso. Allora vari climatologi fecero notare che
il modello IPCC faceva previsioni sbagliate.
Per esempio, prevedeva che i gas ad effetto serra avrebbero prodotto
vasti «punti caldi» nella troposfera tropicale, che avrebbero
rafforzato l’effetto di riscaldamento. Tali punti caldi non si sono
fatti vedere. I satelliti meteo, specie il nuovo «Aqua», non li
registravano.
In quell’occasione il britannico Christopher Monckton e l’australiano
David Evans rilevarono alcuni errori nella «equazione Stefan-Boltman»
usata dall’IPCC. Corretti quegli errori, l’aumento di temperatura
terrestre risulta di due terzi inferiore a quello predetto dai modelli,
diciamo così, ufficiali.
Tecnicismi a parte, la questione si riduce a questo: l’importanza del
CO2 (di presunta origine industriale) nell’effetto serra è stata
ampiamente sopravvalutata, mentre è stato sottovalutato l’effetto del
vapore acqueo.
Secondo i modelli, l’accresciuta evaporazione degli oceani riscaldati
dall’effetto-serra doveva produrre grandi quantità di vapore acqueo che
si stabilizzava nell’alta atmosfera, rinforzando l’effetto calorico e
provocando i mitici «punti caldi» (hot spot) ora dimostrati inesistenti.
Il satellite «Aqua» invece ha mostrato che le nuvole di vapor acqueo si
formano a più bassa quota, e non sono affatto stabili. Anzi, tutto il
vapore in più precipita rapidamente in piogge, che dilavano il vapor
acqueo e insieme il CO2, con il risultato di indebolire, anziché
intensificare, l’effetto-serra. L’indebolimento è accentuato dalle
pioggie che, cadendo più intense, raffreddano gli oceani sottostanti.
Insomma nel mondo è in azione una sorta di auto-regolazione climatica.
Nel complesso, il clima non è molto sensibile alla quantità di CO2
presente, perché lo contrasta con il termostato naturale (il complesso
ciclo del vapore e delle precipitazioni) che tende piuttosto al
raffreddamento. E’ questo il motivo per cui nei millenni ci sono state
numerose Ere Glaciali, ma nessuna Era Rovente: il periodo caldo del
Medioevo fu una benigno tepore, non una torrida estate plurisecolare.
Soprattutto, non esiste il temuto «punto di non ritorno» cui Al Gore,
premio Nobel per il terrorismo climatico, richiama con i suoi allarmi,
tipo: bruciare meno petrolio «prima che sia troppo tardi».
Non c’è un «troppo tardi», perché l’aggiunta di CO2 nell’atmosfera ha
un effetto via via minore. Un po’ come una prima mano di vernice su un
vetro ha un potente effetto sulla trasparenza del vetro, ma mani
ulteriori cambiano poco o nulla.
L’IPCC ha accettato di cambiare i parametri dei suoi modelli matematici
per tener conto di queste nuove scoperte. A questo punto, c’è da
chiedersi se il danno che si tenta di imporre all’economia di tutti i
Paesi sottoponendole a costose misure per contrastare gli effetti
avversi «predetti» dal falso modello abbiano un senso. Ci si può
chiedere anche se quel modello sia solo errato o «falsato»
dall’ideologia, o da inconfessate volontà di «crescita zero» dei poteri
occulti.
Il Nobel dato in fretta e con tanta grancassa all’insignificante Gore,
il politico oggi smentito dai climatologi, può essere una risposta. E
sarà bene ricordare che su questo allarme è nata tutta uno lucrosa
industria per salvarci da un effetto inesistente, una grande offerta di
servizi contro un pericolo fantastico e di una immane regolamentazione
globale, come quella di Kyoto coi suoi calcoli su – «debiti» e
«crediti» di emissioni di carbonio, la cui applicazione necessiterebbe
di un governo mondiale dittatoriale.
Burocrazie transnazionali e fonti alquanto sospette d’autorità - la
britannica Royal Society, sir Nicholas Stern il banchiere che nel 2006
preparò, per volontà di Tony Blair un «Rapporto Stern» in cui proponeva
misure costose per scoraggiare le emissioni, l’ONU, decine di
ambientalisti divenuti famosi per effetto dell’effetto-serra, miriadi
di «competenti» ed «esperti» ben pagati, cattedratici ben finanziati
per allarmare, nonché celebri giornalisti - ora dovranno rimangiarsi
tutto. In attesa di suonare l’allarme generale per l’imminente
glaciazione.
«L’illusione che con la raccolta differenziata, il riciclaggio e i
trasporti pubblici potevamo salvare il pianeta sarà presto
rioconosciuta per quello che è sempre stata: una scemenza infantile»,
ha scritto il giornalista Christopher Pearson del giornale The
Australian il 22 marzo.
In Australia saranno contenti i canguri: scampato pericolo. Che cosa
c’entrano i canguri? C’entrano, se seguite il ragionamento elaborato al
CSIRO, un ente australiano creato e finanziato per studiare come
impedire ai ruminanti bovini e ovini di emettere flautulenze al metano,
altamente inquinanti e tragicamente colpevoli dell’effetto serra (ecco
un bell’esempio di ricerca inutile ma finanziata).
I ruminanti dispongono di quattro stomaci, uno dei quali consente loro
di assimulare la cellulosa, inassimilabile per l’uomo. Ma con un
effetto collaterale sgradevole: il processo che avviene nel rumine
libera metano, che poi esce nell’atmosfera in forma di peti
(2). C’è poco da ridere, specie se siete convinti dell’effetto-serra e sotto la minaccia dei protocolli di Kyoto.
Specie l’Australia, che dispone di cento milioni di pecore (ciascuna
delle quali emette da dietro 7 chili di metano l’anno) e milioni di
vacche (ben 90 chili): i peti del bestiame sono responsabili del 14%
dei gas-serra emessi dall’Australia intera, seconda causa inquinante
del continente dopo le centrali a carbone. Che fare?
Gli scienziati del CSIRO hanno identificato i colpevoli nei batteri
che, dentro il rumine, trasformano la cellulosa in zuccheri, ma come
sottoprodotto producono metano. Da anni gli scienziati stanno studiando
un vaccino che distrugga la metanogenesi attraverso il sistema
immunitario. Con poco successo.
Finalmente uno di loro - sia affidato il suo nome alla storia: Athol
Klieve, capo del programma anti-metano dello Stato del Queensland - ha
fatto la scoperta decisiva.
I canguri.
I canguri, essendo vissuti isolati da centinaia di migliaia d’anni
dagli altri ruminanti, hanno sviluppato una flora intestinale del tutto
differente. I batteri dei canguri decompongono la cellulosa ma non
producono metano, bensì acetati. Il peto del canguro è acido, ma non
contribuisce all’effetto-serra. Il progetto ora è di isolare questi
batteri, poi di innestarli nel tubo digerente di pecore e vacche, per
vedere (da lontano) l’effetto che fa.
Molto canguri verranno sacrificati alla scienza. Ci vorranno tre anni
di duro lavoro e ricerca, dicono gli scienziati. Tre anni di
finanziamenti sicuri per la petologia; e nemmeno la correzione dei
modelli sull’effetto-serra li metterà in pericolo. Perché i petologi
del CSIRO hanno già trovato un valore aggiunto per le loro ricerche: i
microbi acidi dei canguri metabolizzano la cellulosa in modo «più
efficiente» dei loro confratelli metanofili.
I canguri non solo risultano neutrali di fronte ai protocolli di Kyoto,
ma digeriscono meglio e trasformano meglio i cibi in energia.
Trasferiti i loro microbi alle vacche, esse diverranno più reditizie
oltrechè ambientalmente corrette.
1) Roy W. Spencer, «Global
warming and Nature’s Thermostat», WeatherQuestions.com, 7 aprile 2008;
Owen McShane, «Climate change confirmed but global warming is
cancelled», National Business Review, 7 aprile 2008.
2) Catherine Vincent, « Assainir l’atmosphére grace au gas du kangorou », Le Monde, 5 aprile 2008.
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