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Bertolaso for premier, invece di Draghi
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L’uomo che dovrebbe essere in galera per tradimento è oggi alla massima poltrona di Bankitalia. E da lì critica pubblicamente le misure dell’attuale dirigenza. Draghi sta preparando così la sua nomina a capo governo «tecnico» post-berlusconiano. E i media sono tutti ai suoi piedi, mentre Berlusconi strafà, esagera, straparla.

(Articolo profetico di giugno 2009)
 


Tutta la cosiddetta sinistra fa il tifo per Draghi. Più precisamente, tutta la sinistra fa il tifo per i giornali inglesi che raccomandano Draghi al posto di Berlusconi. Spettacolo italiano ricorrente, e ridicolmente triste: la fazione chiama il nemico esterno perchè la liberi dall’avversario interno.

La sinistra (cosiddetta) sente che il Salame è indebolito, che s’è impigliato nelle sue scemenze; ma non ha alcuna speranza di succedergli in modo regolare, col voto. Così, spera che siano gli inglesi a fare il lavoro per lei, le massoneria, i poteri forti transnazionali.

E’ già accaduto, come sappiamo. Nel 1992, il 2 giugno, Mario Draghi, allora funzionario del Tesoro, salì sul Britannia, il panfilo della regina strapieno di banchieri della City, che si presentò al largo di Civitavecchia: era stato dato l’ordine delle privatizzazioni, e la finanza britannica voleva mettere le mani sui gioielli industriali dell’IRI. Per brevità, diamo la parola al gruppo Larouche, che rivelò quell’incontro segreto:

«Draghi tenne un discorso in quella riunione, in cui disse esplicitamente che il principale ostacolo ad una riforma del sistema finanziario in Italia era rappresentato dal sistema politico. Guarda caso, dopo la crociera sul Britannia partì l’attacco speculativo contro la lira e l’uragano di Mani Pulite che proprio quel sistema politico abbatté. Negli anni successivi, Draghi fu il regista di tutte le privatizzazioni, che hanno trasformato il panorama economico italiano in modo molto simile a quello pre-1936, con un fitto intreccio tra banche e imprese monopoliste in mano a vecchie e nuove famiglie oligarchiche» (1).

L’attacco speculativo contro la lira fu scatenato da Georges Soros; ma la sua scommessa sul ribasso della nostra moneta fu aiutato da Moody’s, l’agenzia di rating americana, che poco prima aveva declassato il debito pubblico italiano. Guarda caso. E quarda caso, al governo c’era allora Amato (non eletto da nessuno, un «tecnico» come sempre) e a Bankitalia, il venerato Ciampi.

Deliberatamente, Ciampi dilapidò l'equivalente di 20.000 miliardi di lire delle casse italiane per una «difesa» della lira che sapeva di non poter vincere. Georges Soros, che agiva sui derivati, insieme a Goldman Sachs e alle altre finanziarie di Wall Street, rischiò solo 3 milioni di dollari. I giornali inglesi sottolinearono la gravità della crisi economica italiana; alla fine dell’operazione, Soros, che aveva venduto lire senza averle, potè riacquistarle con uno sconto del 28%, prima che scadessero i contratti. Si calcola che ne abbia ricavato un profitto del 560% sulla somma investita.

Amato accelerò le privatizzazioni, secondo i giornali inglesi ormai «necessarie», dopo la svalutazione della lira, per ridurre il deficit pubblico.

«Ciò che Amato non ha mai detto - scrisse il Gruppo LaRouche - è che la svalutazione della lira nei confronti del dollaro ha dato agli avventurieri della Goldman Sachs e delle altre finanziarie di Wall Street un grande ‘vantaggio’. Calcolato in dollari, l’acquisto delle imprese da privatizzare è diventato, per gli acquirenti americani, circa il 30% meno costoso» (2).

Non stupisce che Giuliano David Amato sia stato risparmiato dalla tempesta giudiziaria che travolse Craxi, di cui era braccio destro.



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La complicità delle procure di Mani Pulite nell’operazione-svendita è comprovata. Il 12 maggio del 1993, su ordine di Antonio Di Pietro, viene arrestato Franco Nobili, il galantuomo succeduto a Prodi alla testa dell’IRI. Di Pietro lo tiene in galera due mesi e mezzo senza levare alcuna accusa, e facendo un solo interrogatorio (Gabriele Cagliari, presidente dell’ENI, restò in carcere preventivo quatro mesi: vi pose fine, lui o qualcun altro, con un sacchetto di plastica che lo asfissiò a San Vittore).

Il perchè dell’arresto di Nobili si è capito molto dopo. Poichè era obbligato a «privatizzare», Nobili aveva dato a Merrill Lynch l’incarico di valutare il Credito Italiano (Credit), banca pubblica, per la vendita. Durante la sua detenzione, qualcuno tolse l’incarico a Merrill Lynch e lo affidò a Goldman Sachs. Secondo Merrill Lynch, Credit si poteva collocare a 8-9 mila miliardi di lire; per Goldman Sachs valeva solo 2.700 miliardi, e a tanto fu venduta. Persino L’Espresso di Debenedetti e Scalfari, che era in combutta, scrisse: «E’ dunque un regalo quello che l’IRI sta facendo al mercato? Dal punto di vista patrimoniale è così». D’altra parte, aggiungeva a mo’ di scusa, «l’IRI sta vendendo la banca a risparmiatori, che devono guardare ai redditi, nelle banche spesso modesti». Modesti, i profitti delle banche (3).

Tutto questo, omicidi e «suicidi» compresi (4), avvenne sotto gli occhi vigilanti di Ciampi, di Amato e di Draghi. Draghi poi passò a Goldman Sachs (Prodi c’era già) in attesa di più alto seggio. L’uomo che dovrebbe essere in galera per tradimento è oggi alla massima poltrona di Bankitalia. E da lì critica publicamente le misure del governo, di Tremonti in particolare: dovete fare di più, la crisi peggiora...

In un Paese normale, anche l’opposizione gli intimerebbe di tacere: non è eletto, non ha responsabilità, al massimo può fornire al governo indicazioni in via riservata. Ma ovviamente, Draghi sta preparando così la sua nomina a capo del governo «tecnico» post-berlusconiano. E i media sono tutti ai suoi piedi.

Berlusconi, che sente la minaccia, reagisce come gli consiglia il suo disturbo istrionico: strafà. Si è precipitato a Corfù al vertice NATO-Russia, riunione non al suo livello istituzionale (non c’erano capi di governo, solo ministri) e si è prodotto in sceneggiate incredibili. Ai giornalisti, sull’aereo, «Una sera vi invito ad una delle mie feste (a villa Certosa) così vedete la qualità degli interventi artistici». Si è vantato di aver risolto lui la crisi russo-georgiana: «Il buon Sarkozy, mio avvocato di tanti anni fa, andò a Mosca a mediare sul conflitto, mentre io ero al telefono col mio amico Putin per ricomporre le cose». Sempre più euforico e baldanzoso, a Corfù ha detto ai ministri riuniti di avere telefonato a Medvedev, «il quale mi ha pregato di rappresentare la volontà della Federazione Russa di riprendere la collaborazione con lOccidente e la NATO». Insomma, di fronte agli europei e americani, ha voluto fare la figura del fiduciario del Cremlino. Essendo presente tra l’altro il ministro degli Esteri russo Lavrov, probabilmente ammutolito di tanto scavalcamento.

Più si sente insidiato, più il Salame strafà, esagera, straparla, si mette da solo alla berlina. Conta di rafforzarsi con maggiori dosi della sua superficialità grossolana e della sua improntitudine improvvisatrice, a cui precisamente deve il suo discredito. Nello stesso tempo, lui e i suoi yes-men  parlano di complotto internazionale contro di lui, perchè lui sarebbe pericoloso, troppo amico di Putin, troppo bravo...

Ridicolo contrappasso. Dopo aver deriso e demonizzato come complottisti chi osava dubitare della versione ufficiale dell’11 settembre, Il Giornale, Libero, Panorama, Chi (ed Emilio Fede), insomma tutti i servi sciocchi del Salame sono diventati complottisti, segnalano l’attacco di non identificati poteri forti di marca britannica, si aspettano una sorpresa dalla magistratura durante il G-8, sospettano di Tremonti come congiurato.

L’ignoranza di costoro non consente loro di capire che, a livello internazionale, il complotto è permanente. Appena i poteri forti anglo-finanziari ti sentono debole, ti attaccano e si mettono d’accordo con i loro complici interni per farti cadere; e Berlusconi non fa che offrire il fianco.

Gli inglesi, al contrario di noi, hanno la memoria lunga: si ricordano che siamo stati loro nemici. Detestano ancora come nel 1939 anche i tedeschi e i «jap», e se possono li scalciano, e li ridicolizzano. Ma dei tedeschi hanno paura, di noi no. A Corfù, con le sue battute «spiritose», il Salame s’è fatto dei nemici importanti, che gliela faranno pagare. La politica internazionale e le sue insidie sono cose che non s’imparano al compleanno di Noemi da Casoria, nè da Emilio Fede.

C’è forse bisogno di complotto? Il complotto contro Berlusconi è Berlusconi stesso.

Così si avvicina la facile profezia di Cossiga: «Sembra che Mario Draghi, già socio della Goldman & Sachs, nota grande banca daffari americana, oggi Governatore della Banca dItalia sia il vero candidato alla presidenza del Consiglio dei ministri di ungoverno istituzionale’. E così avrà modo di svendere, come ha già fatto quando era direttore generale del Tesoro, quel che resta dellindustria pubblica a qualche cliente della sua antica banca daffari».

Draghi, funzionario del Tesoro infedele (sul Britannia lavorò contro l’Italia), Berlusconi avrebbe dovuto attaccarlo prima. Avrebbe potuto magari scatenare i suoi giornali contro l’ascesa di personaggi che hanno una poltrona permanente a Goldman Sachs. Oggi è tardi.

Se Berlusconi fosse costretto a dimettersi, magari da gente con la testa sul collo nel suo partito, giustamente allarmata dall’aggravarsi della sua psicopatia, chi mai potrebbe prendere il suo posto e i suoi voti? La sinistra certo no, e lo sa. Napolitano ha detto che non farà un governo «tecnico», come quelli che fece Oscar Luigi Scalfaro. Allora si andrebbe ad elezioni? No, non c’è bisogno di far rischiare i cari ragazzi democratici, i Bersani, i Prodi, i D’Alema e i Franceschini.

Perchè c’è Fini. Il Kippà così istituzionale. Da quando è diventato ragazzo-spazzola del Council on Foreign Relations, non c’è dubbio che è disponibile al nuovo ribaltone. Napolitano non avrà da indire elezioni, darà l’incarico a Kippà. Non è forse del Pdl? Anzi personalità eminente del partito berlusconiano, venerato dalle sinistre?

Ecco: un governo con Fini a premier, che si affretterà a nominare Draghi super-ministro dell’Economia al posto di Tremonti. Sarebbe una nuova fase del saccheggio dei beni italiani (cosa avranno ancora da rubarci?), applaudito da Bersani, Franceschini, Prodi e loro servi.

Contro questa manovra ne vedrei solo un’altra, anche se so che il Salame non la farà: lui ha un «tecnico» da proporre come premier al suo posto. Chi?

Guido Bertolaso. E’, lui sì, un «uomo del fare», contrariamente al Salame, uno che si sbatte, che parla poco e pensa prima di parlare, che va sui disastri anzichè dalla D’Addario. L’Italia è un disastro perenne, deve farsi amministrare dalla Protezione Civile.

Bertolaso for president, invece di Draghi.

Maurizio Blondet
(Pubblicato su EFFEDIEFFE.com il 29 giugno 2009)


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1) «Mr. Britannia alla Banca d’Italia», EIR, 5 gennaio 2006. Con Draghi, sul Britannia, c’erano ‘alcuni esponenti di maggior conto del mondo imprenditoriale e bancario italiano: rappresentanti dell’ENI, dell’AGIP, Riccardo Gallo dell’IRI, Giovanni Bazoli dell’Ambroveneto, Antonio Pedone della Crediop, alti funzionari della Banca Commerciale e delle Generali, ed altri della Società Autostrade’. Da parte inglese è accertata la presenza ‘di nomi illustri del mondo finanziario e bancario inglese: dai rappresentanti della BZW, la ditta di brockeraggio della Barclay’s, a quelli della Baring Co. e della S.G. Warburg».
2) «La strategia anglo-americana dietro le privatizzazioni in Italia: il saccheggio di un’economia nazionale», Movimento Solidarietà (MoviSol), 14 gennaio 1993.
3) Citato da Massimo Pini, «I giorni dell’IRI», Mondadori, 2000, pagine 239-257. Massimo Pini è stato nel consiglio di amministrrazione dell’IRI per indicazione di Craxi.
4) Come contributo aggiuntivo, aggiungo qui lo strano caso di Edoardo Agnelli, come riferito da uncorrispondente della nostra Milena Spigaglia: «Edoardo Agnelli (figlio del senatore Agnelli) era musulmano e fu assassinato? Nel 2003 è stato presentato in Iran un film documentario dal titolo ‘Edoardo’ sulla sua morte misteriosa avvenuta il 15 novembre 2000. In Italia un pesante velo di censura è stato steso dai mass media su questo avvenimento. Nessuno ha parlato dell’entrata nell’Islam di Edoardo e nessuno ha scritto che in Iran è stato prodotto un film documentario su di lui, nè tanto meno che gli iraniani considerano Edoardo un martire dell’Islam. In Iran è stato creato un sito internet dedicato a lui. Il sito contiene la copia di un suo manoscritto dedicato ad Allah e le foto della sua partecipazione alla Preghiera del Venerdì a Teheran con l’Ayatollah Khamenei, Guida della Rivoluzione islamica (...). Con la sua morte la sua eredità va alla sorella che ha 4 figli dal suo primo marito ebreo. Tramite lei, la ricchezza e la direzione della FIAT vanno nelle mani di John Elkann e dei suoi fratelli ebrei. In Italia si è attuato, con successo, un grande golpe economico, la ricchezza di Agnelli e la direzione delle aziende sono passate nelle mani degli ebrei e nessuno si è accorto di nulla o forse tutti hanno taciuto. Si sospetta che anche il cugino di Edoardo sia stato ucciso da loro per impedire che assumesse la direzione della FIAT e di tutte le altre attività ad essa collegate (...). Dopo il matrimonio con una sionista, per una strana coincidenza, una serie di disgrazie investono la famiglia Agnelli, e i beni della famiglia, passano gradualmente, per diritto ereditario nelle mani dei nuovi parenti ebrei! Edoardo aveva detto ai suoi amici iraniani che egli temeva per la sua vita che, prima o poi, i sionisti l’avrebbero ammazzato facendo passare la sua morte per un suicidio o un incidente. Il pericolo esiste per le figlie della sorella di Edoardo avute dal marito cristiano, se a loro dovesse capitare qualche disgrazia, la loro parte di eredità toccherebbe ai figli avuti del secondo marito ebreo, cosa estremamente interessante per i sionisti. Edoardo, quando era uno studente ventenne viveva a New York, leggendo il Corano divenne, dopo la Rivoluzione Islamica in Iran, musulmano e dopo 5 anni sciita. In quegli anni fu anche ricevuto dall’Imam Khomeyni. Certamente, i fatti esposti ci pongono un interrogativo. Perché nessuno ha il coraggio di rompere il muro di omertà steso attorno alla morte di Edoardo? Si può trovare un gruppo che chieda alla magistratura di indagare sul caso per accertare, senza ombra di dubbio, se si sia trattato di suicidio o di assassinio? Perché nessuna televisione italiana ha trasmesso il film documentario sulla vita di Edoardo Agnelli presentato dalla TV iraniana? Perché la stampa italiana non ha mai parlato dell’entrata nell’Islam di Edoardo Agnelli? All’indomani dell’assassinio di Edoardo, l’agenzia di stampa ANSA in Teheran fu informata della sua conversione, ma gli addetti risposero che non erano interessati a tale notizia». Commenta la Spigaglia: «Lascio a chi legge la libertà di farsi un’idea, se si tratti dell’ennesima tesi complottistica o se i dati riportati superino la mera suggestione; a me sembrava comunque interessante riportare queste considerazioni che possono essere approfondite visitando i seguenti siti: http://blog.edoardo.ws/ - www.ilpuroislam.net.
Recentemente è uscito anche un libro sulla misteriosa morte di Edoardo Agnelli: «Ottanta metri di mistero la tragica morte di Edoardo Agnelli», di Giuseppe Puppo. (video).


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