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Verso il caccia comune BRICS
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«Il Brasile spera di sviluppare un aereo da combattimento avanzato con la Russia e di comprare batterie di missili terra-aria da Mosca. Siamo molto interessati a discutere progetti su aerei di quinta generazione con nuovi partner, ha detto il ministro della Difesa Celso Amorim»: così un’agenzia AFP del 16 ottobre. Si tratterebbe del Sukhoi T-50, un progetto dove già è entrata l’India. A metà agosto, il giornale Kommersant aveva reso noto che il ministero della Difesa russo aveva rimandato al 2016 l’acquisto di 37 MiG 35D che erano già stati ordinati. Il motivo, secondo le fonti, è l’intenzione di accelerare il progetto segreto di un aereo da combattimento a decollo-atterraggio verticale (VSTOL) definito anche questo «di quinta generazione».

Per comprendere il legame tra le due notizie, bisogna aggiungere che il ministro della difesa russo Sergei Shoigu era in giro per l’America latina – non certo in vacanza – ed ha parlato al collega brasiliano proprio subito dopo che la diplomazia russa incastrava brillantemente gli americani, impedendo l’attacco occidentale alla Siria. È fin troppo evidente che l’acme parossistico della crisi siriana, e il comportamento americano-occidentale verso la sovranità di Paesi terzi e la minaccia che fanno pendere sulla loro sicurezza è stato ben presente nelle conversazioni e trattative russo-brasiliane. Il Brasile stava per concludere l’acquisto di 36 F-18 della Boeing al prezzo di 5 miliardi di dollari; ma è meglio non avere armamento prodotto da una potenza che domani può diventarti nemica e, come ha detto Shoigu scherzando coi giornalisti, «brandisce una mazza sopra le teste di ciascuno dicendo: ti puniamo domani, poi ti puniamo dopodomani, poi aspettiamo ancora un po’, ci sono dei tizi che devono votare se punirti o no». S’intende che entrambi le parti hanno negato che l’interesse dei sudamericani per l’armamento russo abbia qualcosa a che vedere con l’aggressione alla sovranità siriana. (Russia-S American military cooperation intensifying unrelated to Syria events - defense minister)

Tanto per cominciare il governo brasiliano ha acquistato a Shoigu una fornitura di armi anti-aeree di breve raggio, Pantsir-S1, e pare si sia discusso di missili anti-aerei di lungo raggio, tipo S-300, proprio per contrastare attacchi strategici del genere che gli USA stavano per far subire alla Siria. Nel frattempo, Brasilia ha messo in sospeso il contratto con la Boeing, ufficialmente come protesta del continuo spionaggio e montagne di intercettazioni che la NSA ha fatto contro il Brasile, casi gravissimi rivelati da Snowden, il coraggioso «spifferatore» rifugiato in Russia. La presidentessa Dilma Roussef ha per questo cancellato la visita a Washington che aveva in programma. Il contratto con la Boeing appare molto in pericolo, e tornano in concorso i competitori, il Rafale della Dassault e il Gripen della Saab. L’abbandono da parte di Parigi della politica gaullista di indipendenza militare dagli USA rende però meno appetibile il primo. Quanto al secondo, lo svedese, monta motori ed avionica USA ed è condizionato dalle draconiane costrizioni americane che vietano ogni trasferimento di tecnologie su quasi il 50% del caccia svedese, mentre i brasiliani cercano anche un trasfert tecnologico per la loro industria aeronautica. Inoltre, la situazione sociale in brasile è tesa, con manifestazioni di piazza che protestano contro le spese che la popolazione ritiene inutili – tutt’altro clima rispetto alla passività degli italiani di fronte agli acquisti degli F-35.

Tutto ciò potrebbe indurre ad una accelerazione della collaborazione con Mosca per lo sviluppo congiunto del T-50, per ora dichiarata da Amorim prospettiva «di medio termine». La Russia ha interesse a dare un contenuto strategico al BRICS, a quella che è oggi una lasca associazione tra le cinque grandi economie emergenti – appunto Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica; quindi può fare concessioni più importanti in tema di trasferimenti di tecnologie al Brasile. Tanto più che l’entrata nella partita del gigante sudamericano suddividerebbe i costi dello sviluppo. La dissennata politica di forza bruta praticata da Washington e dai suoi satelliti potrebbe precipitare la «disamericanizzazione» del mondo recentemente auspicata da Pechino?

Staremo a vedere. Ma il fatto che il ministero Difesa moscovita abbia rimandato l’acquisto dei 37 MiG 35D può inserirsi in questa ipotesi. Quel MiG è un aereo «di quarta generazione»; mentre il caccia da costruire in sede BRICS sarebbe di quinta generazione. La dizione ha molto a che fare col marketing militare, suggerendo cambiamenti rivoluzionari fra una «generazione» e la successiva. Ma la macchina (o le macchine) che la Russia può proporre agli amici non manca di caratteristiche rivoluzionarie.

La storia di questo progetto è stata narrata dal pilota ed esperto militare Valentin Vasilescu. L’Unione Sovietica aveva 6 portaerei, due della quali da 61 mila tonnellate di stazza e quattro da 40 mila. Il collasso dell’URSS ha fatto sì che cinque delle sei siano state smantellate. Ciò ha acuito la necessità per il Paese di dotarsi di caccia a decollo verticale, la cui progettazione era già stata avviata anche per le portaerei, con lo sviluppo dello YAK 141 supersonico. Secondo Vasilescu, la Russia ha bisogno di farsi 450 aerei VSTOL di quinta generazione.

Dello YAK 141 a decollo verticale, Mosca aveva già un prototipo funzionante nel lontano 1989, poco prima del crollo dell’URSS. La sua comparsa al Salone di Farnborough nel 1991 deve aver fatto impressione, per la genialità dell’apparato di sollevamento verticale, perché la Lockheed-Martin , approfittando della rovina in cui si trovavano i russi, s’è generosamente offerta di lavorare insieme al costruttore Yakovlev per «modernizzare» lo YAK 141 onde adeguarlo alle norme europee. A quel tempo la Lockheed non aveva esperienza nel progetto e sviluppo di aerei a decollo verticale, una specialità della McDonnell Douglas (oggi assorbita dalla Boeing); sicché promise alla immiserita Yakovlev uno stanziamento di 400 milioni di dollari per l’adeguamento dello YAK 141. Nel 1994, Lockheed ha cessato la collaborazione col costruttore russo, naturalmente dopo essersi impadronita della tecnologia dello YAK 141 e non aver pagato i 400 milioni promessi.



Per di più, due anni dopo Lockheed entra in competizione per la creazione dello Joint Strike Fighter (il futuro F-35); presenta il suo prototipo X-35 e vince sul suo concorrente X-32 della Boeing. Il prototipo Lockheed ha una somiglianza impressionante con lo YAK 141; il 26 ottobre 2001 riceve l’incarico di fabbricare F-35 per l’America e tutti i suoi satelliti europei. Centinaia di esemplari. La famosa «quinta generazione».

Deve esistere una legge del contrappasso. La fortuna della Lockheed si rivela una sciagura. L’F 35 è piagato da miriadi di problemi crescenti e imprevisti, che ne aumentano il costo a livelli proibitivi (i servi italiani al governo hanno accettato di comprarne 90 a 155 milioni di dollari a pezzo) e ne diminuiscono l’operatività fino al ridicolo: i fulmini lo mettono in pericolo, l’atterraggio sul bagnato non è garantito, il casco-visore elettronico sofisticatissimo del pilota-puntatore non è mai a punto, ci sono problemi nell’alimentazione di aria respirabile per il pilota. Per la sua sezione eccessivamente grande, a velocità di Mach 0,8-1,2 la resistenza all’avanzamento raggiunge valori pericolosi... Il Pentagono ha l’interruzione dei voli di prova. Insomma, lo F-35 può essere la tomba della Lockheed.

Al MiG 35 proposto ai brasiliani (nulla di simile al F 35) hanno collaborato i tecnici della Sukhoi, che lavorano al T-50 di quinta generazione. La tecnologia di atterraggio e decollo verticale è quella concepita dal gruppo dell’ingegner Vadim Borisovich Abadin, lo stesso che ha lavorato alla Yakovlev per sviluppare lo YAK 141. L’avionica, la cabina e altri particolari sono in comune con il Su-35 BM; e col T-50 PAK. Di questo Mig, la casa costruttrice Mikoyan valuta un mercato di 400 esemplari: oltre India e Brasile, la Cina, che già dispongono di navi tutto-ponte o piccole portaerei che questi caccia dovrebbero dotare, per la proiezione lontana della forza. L’aerodinamica è migliore di quella dell’F-35. Il prezzo sia dei MiG sia dei T-50 si calcola in 100 milioni di dollari a esemplare, comunque inferiore a quello degli F-35.

Frattanto, in un’altra forma di cordiale «collaborazione» aeronautica, l’Iran ha regalato a Mosca una copia esatta del drone-spia americano Scan Eagle, di cui gli iraniani sono riusciti ad impadronirsi (pare con falsi segnali elettronici) una anno fa; l’hanno smontato, ne hanno capito i meccanismi (reverse engineering) e ne hanno cominciato una produzione massiccia. (Iran gives Russia copy of US ScanEagle drone as proof of mass production)

Si tratta di un apparecchio diverso da quello dall’aspetto «invisibile», probabilmente un RQ 170 Sentinel, di cui gli iraniani dicevano di essersi impadroniti in volo. Resta che la capacità di Teheran (e di Hezbollah) di deviare, controllare elettronicamente e far atterrare i droni nemici sta preoccupando Israele. Si apprende che nel progetto mai abbandonato di attaccare dal cielo le centrali nucleari iraniane, lo Stato ebraico assegnava una parte essenziale a droni che – in enorme numero – avrebbero il compito di neutralizzare le difese anti-aeree iraniane prima del bombardamento massiccio a cui si dedicherebbe l’aviazione. Ebbene, «i Guardiani della Rivoluzione, operando dalla valel della bekaa, hanno compromesso la flotta di droni israeliani a tal punto, che essa non può essere usata per la missione che le è stata affidata», rivela la rivista ebraica dissidente Tikkun Olam. (Iranian Sabotage Compromises Entire Israeli Drone Fleet, Saudi Arabia Stations Israeli Drones for Iran Attack on Its Territory)

«Il più recente sabotaggio di un drone israeliano è avvenuto durante l’esercitazione semi-segreta syoi cieli della Grecia, simulante il bombardamento dell’Iran». Se i droni non riescono a fare il loro lavoro perché controllati da terra dagli iraniani, allora l’attacco con caccia-bombardieri guidati da piloti umani diventerebbe troppo «costoso» in termini di perdite. Israele ha portato i droni più vicini al bersaglio, con la collaborazione di Azerbai jan ed Arabia Saudita che hanno consentito i lanci dal loro territorio: stesso risultato. Secondo lo stesso articolo, Netanyahu, vista l’impossibilità di usare i droni, «sarebbe indotto a lanciare bombe atomiche tattiche BVR (Beyond Visual Range) come arma principale contro l’Iran... Ronen Shoval, uno dei compari di Bibi, ha pubblicato un fondo giornalistico chiedendo un attacco nucleare tattico». Inoltre, c’è stata «una visita segreta del principe Bandar (il capo dei servizi segreti sauditi) in Israele nei giorni scorsi». Lo scopo probabile, «un accordo per stazionare personale ed armamento israeliano sul territorio saudita in vista di un attacco all’Iran». (Iran Hacks Azerbaijan’s Israeli-Made Drone Fleet)


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